GASLINI RIVISTA DI PEDIATRIA E SPECIALITÀ PEDIATRICHE

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1 GASLINI RIVISTA DI PEDIATRIA E SPECIALITÀ PEDIATRICHE Direttore Responsabile Lorenzo Moretta Coordinamento Redazionale Ubaldo Rosati Comitato di Redazione Silvio Del Buono, Giorgio Dini, Pasquale Di Pietro, Alberto Ferrando, Vincenzo Jasonni, Renata Lorini, Alberto Martini, Giovanni Melioli, Carlo Minetti, Francesco Perfumo, Giovanni Rossi, Paolo Tomà, Vito Pistoia, Giacomo Pongiglione, Giovanni Serra International Board Max D. Cooper (Howard Hughes Medical Institute Research Laboratories, University of Alabama at Birmingham, Alabama, USA) Anthony S. Fauci (National Institute of Allergy and Infectious Diseases, NIH, Bethesda, Maryland, USA) Alain Fischer (Groupe Hospitalier Necker-Enfant Malades, Paris, France) Alberto Mantovani (Istituto Mario Negri, Milano) Sergio Romagnani (Istituto di Clinica Medica III, Servizio di Immuno-Allergologia, Università di Firenze, Firenze) Segreteria Angela Carbonaro (Direzione Scientifica) Stefano Canu (Direzione Scientifica) Chiara Giuliano (Centro Controllo Direzionale e Servizio Qualità) Istituto Scientifico Giannina Gaslini L.go Gerolamo Gaslini, Genova - Tel int. 461/807/688 This journal is PEER REVIEWED Direzione, redazione, ufficio grafico, ufficio pubblicità, fotocomposizione, amministrazione - Edizioni Minerva Medica - Corso Bramante Torino Tel. (011) Fax (011) minervamedica@minervamedica.it Web Site: Stampa - Edizioni Minerva Medica - Tipografia di Saluzzo - Corso IV Novembre Saluzzo (CN) - Tel. (0175) Fax (0175) Abbonamento annuo: Italia - Individuale: Cartaceo 82,00, Cartaceo+Online 86,00; Istituzionale: Cartaceo 115,00, Online (Small 216,00, Medium 247,00, Large 288,00, Extra Large 300,00), Cartaceo+Online (Small 227,00, Medium 272,00, Large 317,00, Extra Large 330,00); il fascicolo 40,00. Unione Europea - Individuale: Cartaceo 140,00, Cartaceo+Online 147,00; Istituzionale: Cartaceo 215,00, Online (Small 216,00, Medium 247,00, Large 288,00, Extra Large 300,00), Cartaceo+Online (Small 227,00, Medium 272,00, Large 317,00, Extra Large 330,00); il fascicolo 74,00. Paesi extraeuropei - Individuale: Cartaceo 153,00, Cartaceo+Online 160,00; Istituzionale: Cartaceo 237,00, Online (Small 238,00, Medium 272,00, Large 317,00, Extra Large 330,00), Cartaceo+Online (Small 249,00, Medium 299,00, Large 349,00, Extra Large 360,00); il fascicolo 80,00. Gli abbonati possono utilizzare le seguenti forme di pagamento: a) conto corrente postale intestato a Edizioni Minerva Medica, Corso Bramante 83-85, Torino; b) assegno bancario; c) carte di credito Diners Club International, Master Card, VISA, American Express. I cambi di indirizzo vanno segnalati tempestivamente inviando nuovo e vecchio indirizzo e una targhetta di spedizione I reclami per i fascicoli mancanti devono pervenire entro 6 mesi I fascicoli e le annate arretrati vengono maggiorati del 50% Edizioni Minerva Medica - Torino 2009 Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, trasmessa e memorizzata in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo Pubblicazione quadrimestrale. Autorizzazione del Tribunale di Genova n. 18/69 del Iscrizione nel registro nazionale della stampa di cui alla legge n. 416 art. 11 con il numero vol. 2 foglio 377 in data Pubblicazione periodica quadrimestrale - Poste Italiane S.p.a. - Sped. in a.p. DL 353 (conv. in L N 46) art. 1, comma 1, DCB/CN

2 GASLINI RIVISTA DI PEDIATRIA E SPECIALITÀ PEDIATRICHE Vol. 41 Aprile 2009 N. 1 INDICE 1 RICERCA CLINICA APPLICATA La genomica funzionale ha portato all identificazione della proteina-canale TMEM16A: nuove opportunità per la fibrosi cistica e altre patologie Caputo A., Caci E., Ferrera L., Pedemonte N., Sondo E., Pfeffer U., Ravazzolo R., Zegarra-Moran O., Galietta L. J. V. 5 Un approccio evidence-based alla diagnostica molecolare delle febbri periodiche ereditarie Gattorno M., Federici S., Caroli F., Caorsi R., Pelagatti M. A., Solari N., Baldi M., Ceccherini I., Martini A. 13 FORUM: ASPETTI CLINICI DEL BAMBINO IMMUNODE- PRESSO Diagnostica di laboratorio delle immunodeficienze primitive Melioli G., Pistoia V. 19 Le infezioni nel bambino immunocompromesso Castagnola E., Sala I., Mularoni A., Moroni C. 27 Patologia polmonare nel bambino emato-oncologico sottoposto a trapianto di cellule staminali ematopoietiche (TCSE) Panigada S., Gardella C., Ullmann N., Faraci M., Castagnola E., Fioredda F., Sacco O. 35 CASO CLINICO Un caso di ematuria e proteinuria Barbano G. 39 DIAGNOSTICA I test allergici di terzo livello Melioli G. 43 Acne volgare: le 10 domande più frequenti Montinari M., Viglizzo G., Occella C. 49 QUIZ DERMATOLOGICO Una sindrome indimenticabile Montinari M., Viglizzo G., Nemelka O., Bleidl D., Occella C. 51 QUIZ RADIOLOGICO Una lesione osteolitica diafisaria Damasio M. B., Gambini C. 55 CORSI, SEMINARI, CONVEGNI Il bambino maltrattato: dal dire al fare Eventi organizzati dalla Scuola Internazionale di Scienze Pediatriche Translational Research in Paediatric Rheumatology- TRiPR Piano di formazione aziendale Vol N. 1 GASLINI III

3 RICERCA CLINICA APPLICATA GASLINI 2009;41:1-4 La genomica funzionale ha portato all identificazione della proteina-canale TMEM16A: nuove opportunità per la fibrosi cistica e altre patologie A. CAPUTO 1, E. CACI 1, L. FERRERA 1, N. PEDEMONTE 1, E. SONDO 1, U. PFEFFER 2 R. RAVAZZOLO 1, O. ZEGARRA-MORAN 1, L. J. V. GALIETTA 1 1Laboratorio di Genetica Molecolare, Istituto Giannina Gaslini, Genova 2S. S. Genomica Funzionale, Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro, Genova Nel periodo è stato raggiunto un obiettivo impensabile fino a pochi anni prima: il sequenziamento di tutto il genoma umano. In poco tempo, l enorme mole di informazioni relativa alla sequenza di basi nucleotidiche, che costituiscono il DNA in ogni nucleo di una cellula veniva resa disponibile a tutti i ricercatori con un semplice clic di un mouse. Quasi da un momento all altro, progetti di ricerca che in precedenza avrebbero richiesto mesi o anni di lavoro, ad esempio la sequenza di un gene, la sua struttura in esoni e introni, la sua posizione su un determinato cromosoma, potevano essere sostituiti da una semplice sessione al computer in cui le stesse informazioni erano ottenute attraverso Internet da banche dati pubbliche. Il sequenziamento del genoma umano ha anche permesso lo sviluppo di una serie di tecnologie e strumenti molto utili per comprendere il ruolo di ciascun gene 1. In effetti, uno dei principali argomenti della ricerca biomedica attuale è lo studio della funzione dei diversi geni che compongono il genoma umano e il modo in cui questi interagiscono tra loro, la cosiddetta genomica funzionale 2, 3. A questo riguardo, uno strumento molto importante a disposizione dei ricercatori è rappresentato dai cosiddetti microarray di DNA 1-3. I microarray sono costituiti da lastrine su cui sono depositate in maniera ordinata decine di migliaia di piccoli frammenti di DNA. In una delle applicazioni più frequenti, i microarray sono utilizzati per valutare l espressione di migliaia di geni contemporaneamente. In questo caso i microarray sono messi a contatto con RNA, estratto da cellule in coltura, tessuti od organi, e reso fluorescente mediante marcatura con opportune molecole. Dopo la reazione di ibridazione, ogni molecola di RNA, corrispondente a un gene, lega il frammento complementare presente in una posizione ben precisa del microarray. Il risultato viene letto con uno strumento specifico chiamato scanner che misura l intensità della luce emessa e quindi il livello di espressione di ciascun gene. Un altro strumento molto importante è rappresentato dal silenziamento genico mediante sirna (small interfering RNA) 4. I sirna sono corti frammenti di RNA a doppio filamento che possono essere sintetizzati in maniera da essere complementari ad un determinato gene bersaglio. Una volta introdotto in una cellula mediante transfezione, un sirna va ad appaiarsi all RNA messaggero complementare determinandone la degradazione. La tecnica di silenziamento mediante sirna permette quindi di ottenere lo spegnimento selettivo di un gene in mezzo a migliaia di altri geni espressi in una cellula. L analisi dell espressione genica con microarray e il silenziamento mediante sirna sono stati alla base di uno studio da noi recentemente pubblicato sull identificazione di TMEM16A quale proteina costitutiva dei canali del cloruro attivati da calcio 5. Canali del cloruro Ogni cellula possiede nella propria membrana plasmatica una serie di proteine che hanno la funzione Autore di contatto: Luis J. V. Galietta, Laboratorio di Genetica Molecolare, Istituto G. Gaslini, Largo G. Gaslini 5, Genova. Vol N. 1 GASLINI 1

4 CAPUTO GENOMICA FUNZIONALE di canali ionici. Tra queste ci sono i canali del cloruro (o canali anionici) che assicurano il trasporto di cloruro e di altri piccoli anioni quali il bicarbonato, il tiocianato e lo ioduro 6. Esistono diversi tipi di canali del cloruro che si distinguono per struttura, per le proprietà biofisiche e farmacologiche e per il meccanismo di regolazione. Uno dei primi canali del cloruro ad essere stato identificato è CFTR, la proteina mutata nei pazienti con fibrosi cistica (FC) 7. Infatti, la fibrosi cistica è causata da un difetto di trasporto di elettroliti e di acqua a livello di diversi organi tra i quali i polmoni, il pancreas, il fegato, le ghiandole sudoripare e l apparato riproduttivo maschile. Il deficit di secrezione nei pazienti FC provoca la disidratazione della superficie di molti epiteli. Nelle vie aere questo problema causa l arresto della funzione mucociliare creando un ambiente favorevole per la colonizzazione da parte di batteri. Il gene CFTR fu identificato nel 1989 mediante la strategia di positional cloning 7. La scoperta del gene mutato nella FC ha permesso ai ricercatori di studiare la funzione della proteina corrispondente. Infatti, diversi studi hanno dimostrato che la proteina CFTR è un canale del cloruro regolato dai livelli intracellulari di camp. Negli ultimi anni è stato possibile anche comprendere il meccanismo con il quale le mutazioni che colpiscono i pazienti FC provocano la perdita di funzione della proteina CFTR. Queste informazioni sono state utilizzate per la ricerca di farmaci in grado di ripristinare la funzione della proteina mutata 6. Oltre a CFTR, esistono altri tipi di canali anionici, tra i quali i canali del cloruro attivati da calcio (CaCC). Questo tipo di canali ionici è stato descritto per più di venti anni in diversi studi effettuati su cellule epiteliali, muscolari, endoteliali e neuronali 8. Tecniche elettrofisiologiche quali il patch-clamp hanno rivelato la presenza, in tutte queste cellule, di canali anionici accomunati dal fatto di essere regolati dal potenziale di membrana e dal calcio intracellulare. Seppure noti dal punto di vista funzionale, i canali CaCC sono rimasti sconosciuti dal punto di vista molecolare per molti anni. In effetti, l identificazione delle proteine che costituiscono i canali CaCC è stato un filone di ricerca piuttosto controverso costellato da studi con risultati contrastanti 9. L interesse verso i canali CaCC ha diverse motivazioni. Nelle cellule epiteliali la secrezione di cloruro dipendente dal calcio rappresenta una via alternativa al trasporto di cloruro mediato da CFTR. Quindi, nei pazienti FC la stimolazione dei CaCC con opportuni farmaci potrebbe essere una strategia per aggirare l ostacolo rappresentato dalla proteina CFTR mutata. Questi stessi farmaci potrebbero essere utili anche in pazienti con altre patologie dell apparato respiratorio quali la broncopneumopatia cronica ostruttiva. I canali CaCC sono anche espressi nelle cellule muscolari lisce dove il trasporto di cloruro attivato da calcio è parte essenziale del meccanismo di accoppiamento tra eccitazione e contrazione. Pertanto, l inibizione farmacologica di CaCC potrebbe essere utile per il trattamento dell ipertensione. Identificazione di TMEM16A Il nostro gruppo di ricerca è coinvolto già da molti anni nello studio del trasporto di cloruro nelle cellule epiteliali e delle proteine-canale corrispondenti. Da un lato siamo interessati alla scoperta di molecole con attività farmacologica sulla proteina CFTR nativa e mutata. Dall altro cerchiamo di scoprire i meccanismi con i quali le cellule regolano il trasporto di anioni. Nel 2002 avevamo effettuato un osservazione interessante che riguardava l effetto dell interleuchina-4 (IL-4) sulle cellule epiteliali bronchiali in coltura 10. In pratica avevamo scoperto che il trattamento per 24 ore delle cellule bronchiali con IL-4 provocava un aumento della secrezione di cloruro mediata dai canali CaCC. Diverse evidenze indicavano che l effetto di IL-4 fosse causato da un aumento di espressione del gene o dei geni che codificano per i canali CaCC. Abbiamo quindi deciso di sfruttare questo meccanismo per identificare le proteine che costituiscono tali canali. A questo scopo abbiamo effettuato un analisi globale dell espressione genica mediante microarray confrontando l RNA estratto da cellule trattate con IL-4 con quello estratto da cellule non stimolate. L obiettivo era l identificazione di geni per proteine di membrana a funzione sconosciuta la cui espressione fosse aumentata da IL-4 (Figura 1). L analisi con microarray ha dimostrato che IL-4 ha un impatto notevole sull espressione genica nelle cellule bronchiali. Infatti, l espressione di centinaia di geni risultava aumentata anche di decine o centinaia di volte. Abbiamo ipotizzato che tra questi geni potesse trovarsi il gene corrispondente ai canali CaCC. Il lavoro successivo è stato facilitato da programmi disponibili su internet che calcolano la probabilità 2 GASLINI Aprile 2009

5 GENOMICA FUNZIONALE CAPUTO sirna Cellule epiteliali bronchiali 20 µa UTP Linee cellulari Controllo Anti-TMEM 16A Estrazione di RNA (+/- IL-4) Silenziamento genico con sirna Microarray Proteine di membrana a funzione scinosciuta indotte da IL-4 Figura 1. Strategia per l identificazione della proteina-canale TMEM16A. Cellule bronchiali polarizzate sono state stimolate per 24 ore con IL-4 (10 ng/ml) oppure con terreno di coltura di controllo. Dopo il trattamento, l RNA è stato estratto dalle cellule, reso fluorescente per marcatura e ibridato su microarray Affymetrix contenenti sonde. L espressione di ciascun gene è proporzionale all intensità della luce emessa in corrispondenza di ciascuna sonda. I geni stimolati da IL-4 e codificanti per proteine di membrana a funzione sconosciuta sono stati ulteriormente valutati mediante silenziamento genico. A questo scopo, cellule con attività endogena di canali del cloruro attivati da calcio sono state transfettate con small interfering RNA (sirna). Le cellule sono state poi stimolate con UTP, un agonista che attiva i canali del cloruro attraverso un aumento intracellulare di calcio. Solo i sirna contro la proteina TMEM16A hanno determinato una significativa riduzione delle correnti di cloruro indotte da UTP. che una determinata proteina sia in effetti localizzata nelle membrane cellulari. Questo tipo di analisi ha ristretto a sei il numero di geni interessanti, cioè geni che codificano per proteine di membrana a funzione sconosciuta (TMEM16A, TMTC3, TSPAN8, CDH26, KIAA1126, SIDT1). La fase successiva del progetto doveva servire per capire se tra le proteine sopra citate ci fosse quella che costituisce i canali CaCC. Per questo obiettivo abbiamo adoperato il silenziamento genico con sirna, effettuato su cellule epiteliali che hanno attività endogena di tali canali. L ipotesi di lavoro era che il silenziamento di uno dei geni rivelati dai microarray avrebbe dovuto portare alla scomparsa dei canali CaCC. Abbiamo quindi introdotto per transfezione, in cellule CFBE41o- (bronchiali) e cellule CFPAC-1 (pancreatiche), molecole di sirna silenzianti. Il risultato è stato che i canali CaCC scomparivano solo quando veniva silenziata la proteina TMEM16A. Questo risultato, confermato più volte anche su cellule epiteliali bronchiali in coltura primaria, ha indicato TMEM16A come un possibile canale del cloruro. Per confermare questa conclusione abbiamo indotto l espressione di TMEM16A in cellule che normalmente non hanno attività di canali CaCC. In questo caso l ipotesi era che l espressione (eterologa) di TMEM16A dovesse causare la comparsa di canali del cloruro. Abbiamo quindi transfettato cellule HEK-293, COS-7 e FRT con plasmidi contenenti la sequenza codificante del gene TMEM16A. Il risultato di questi esperimenti, effettuati con tre saggi funzionali diversi (fluorimetria, camera di Ussing, patch-clamp), è stato sempre lo stesso: l espressione di TMEM16A provocava la comparsa di flussi e correnti di cloruro regolate da calcio. In particolare, la tecnica del patchclamp rivelava che i canali del cloruro associati ad espressione di TMEM16A avevano le caratteristiche biofisiche e farmacologiche tipiche dei canali CaCC. In conclusione, i nostri studi hanno dimostrato che i canali CaCC, a lungo studiati per diversi anni, sono costituiti dalla proteina TMEM16A 5. I nostri risultati sono stati confermati da altri due gruppi di ricerca che sono arrivati alla stessa conclusione attraverso strategie diverse 11, 12. Prospettive La proteina TMEM16A fa parte di una famiglia composta da altri nove membri (da TMEM16B a TMEM16K). Rimane ora da verificare se anche le altre proteine TMEM16 siano dei canali anionici. Questo interrogativo è particolarmente interessante perchè rimangono dei tipi di canali del cloruro ancora da scoprire. In particolare TMEM16C è una proteina espressa principalmente nel sistema nervoso centrale dove potrebbe rappresentare un canale del cloruro di particolari tipi di neuroni. TMEM16F, TMEM16H e TMEM16K hanno invece un espressione ubiquitaria e potrebbero quindi funzionare da canali ionici con una funzione essenziale per la vita e il funzionamento delle cellule. L identificazione della proteina TMEM16A permette l avvio di una serie di filoni di ricerca rivolti alla comprensione del suo ruolo fisiologico e all identificazione di modulatori farmacologici. In particolare rimane da capire se i canali CaCC, che ora possiamo chiamare TMEM16A, abbiano un ruolo nel determinare la gravità della malattia polmonare nei pazienti FC. Infatti, Vol N. 1 GASLINI 3

6 CAPUTO GENOMICA FUNZIONALE si può ipotizzare che una maggiore attività di TMEM16A in pazienti FC, dovuta a fattori genetici, possa compensare il deficit di trasporto di cloruro e quindi rendere il fenotipo meno grave. In conclusione, la strategia che è stata seguita per identificare la proteina TMEM16A dimostra le potenzialità della genomica funzionale. L applicazione dei nuovi strumenti e informazioni a disposizione dei ricercatori, sviluppati soprattutto dopo il sequenziamento del genoma umano, saranno sempre più utili per comprendere il ruolo fisiologico di geni a funzione sconosciuta. Bibliografia 1. Seo D, Ginsburg GS. Genomic medicine: bringing biomarkers to clinical medicine. Curr Opin Chem Biol 2005;9: Quackenbush J. Extracting meaning from functional genomics experiments. Toxicol Appl Pharmacol 2005;207: Wang S, Sim TB, Kim YS, Chang YT. Tools for target identification and validation. Curr Opin Chem Biol 2004;8: Kassner PD. Discovery of novel targets with high throughput RNA interference screening. Comb Chem High Throughput Screen 2008;11: Caputo A, Caci E, Ferrera L, Pedemonte N, Barsanti C, Sondo E et al. TMEM16A, a membrane protein associated with calcium-dependent chloride channel activity. Science 2008;322: Verkman AS, Galietta LJ. Chloride channels as drug targets. Nat Rev Drug Discov 2009;8: Riordan JR, Rommens JM, Kerem B, Alon N, Rozmahel R, Grzelczak Z et al. Identification of the cystic fibrosis gene: cloning and characterization of complementary DNA. Science 1989;245: Hartzell C, Putzier I, Arreola J. Calcium-activated chloride channels. Annu Rev Physiol 2005;67: Eggermont J. Calcium-activated chloride channels: (un)known, (un)loved? Proc Am Thorac Soc 2004;1: Galietta LJ, Pagesy P, Folli C, Caci E, Romio L, Costes B et al. IL-4 is a potent modulator of ion transport in the human bronchial epithelium in vitro. J Immunol 2002;168: Schroeder BC, Cheng T, Jan YN, Jan LY. Expression cloning of TMEM16A as a calcium-activated chloride channel subunit. Cell 2008;134: Yang YD, Cho H, Koo JY, Tak MH, Cho Y, Shim WS et al. TMEM16A confers receptor-activated calcium-dependent chloride conductance. Nature 2008;455: GASLINI Aprile 2009

7 GASLINI 2009;41:5-11 Un approccio evidence-based alla diagnostica molecolare delle febbri periodiche ereditarie M. GATTORNO 1, S. FEDERICI 1, F. CAROLI 2, R. CAORSI 2, M. A. PELAGATTI 2, N. SOLARI 2, M. BALDI 3, I. CECCHERINI 2, A. MARTINI 1 1Unità Operativa di Pediatria II (Unità di Reumatologia), Istituto G. Gaslini, Genova e Dipartimento di Pediatra Università di Genova, Genova 2Laboratorio di Genetica Molecolare, Istituto G. Gaslini, Genova 3Laboratorio di Genetica, Ospedale Galliera, Genova Le malattie autoinfiammatorie sono un gruppo di malattie ereditarie, ad esordio generalmente precoce, causate da mutazioni di geni coinvolti nella regolazione della risposta infiammatoria, identificate con il termine di malattie autoinfiammatorie (Tabella I) 1. Alcune di queste malattie assumono un andamento periodico o ricorrente (Febbri periodiche), caratterizzato da accessi febbrili spesso accompagnati da sintomatologia muco-cutanea, gastrointestinale e articolare. Si tratta della Febbre Familiare Mediterranea, la sindrome TRAPS e la sindrome da difetto incompleto di mevalonato-chinasi (già nota come Sindrome da IperIgD). In un secondo insieme di patologie l infiammazione sistemica è dominata da un caratteristico rash urticarioide, che si accompagna a varie altre manifestazioni cliniche (Tabella I). A questo gruppo appartengono la sindrome autoinfiammatoria familiare da freddo, la sindrome di Muckle-Wells e la sindrome cronica infantile neurologica, cutanea e articolare (CIN- CA) 2, 3. Queste tre malattie rappresentano in realtà un ampio spettro fenotipico legato a differenti mutazioni di un unico gene, denominato cold-induced autoinfammatory syndrome 1 (CIAS-1) che appartiene alla famiglia dei recettori intracellulari NALP (ed è pertanto denominato anche NALP3) 4. Recentemente è stata individuata anche una sindrome infiammatoria associata all esposizione al freddo anche in alcuni soggetti portatori di mutazioni di un altro membro della famiglia NALP, il gene NALP12 5. Altre condizioni sono connotate dalla formazione di tipiche lesioni granulomatose (malattie granulomato- se). Nella sindrome di Blau (o granulomatosi giovanile sistemica familiare) i granulomi si localizzano a livello della cute, delle articolazioni o dell uvea oculare (da cui deriva, rispettivamente, la triade clinica di dermatite, artrite e uveite). Queste malattie sono associate a mutazioni del dominio NACHT del gene CARD15 (o NOD2) 6, 7. L elemento distintivo dell ultimo gruppo di patologie, assai rare, è rappresentato dallo sviluppo di ascessi piogenici sterili prevalentemente a carico della cute, delle articolazioni e delle ossa (malattie piogeniche). Di questo gruppo fanno parte la sindrome artrite sterile piogenica, pioderma gangrenoso e acne (PAPA), legata a mutazioni del gene per la proteina 1 legante il CD-2 (CD2BP1, denominato anche PSTPIP1) 8, e la sindrome di Majeed, causata da mutazioni del gene LPIN2, nella quale si osservano osteomielite cronica multifocale ricorrente associata ad anemia congenita diseritropoietica e dermatosi neutrofilica 9. Caratteristiche cliniche delle febbri periodiche I pazienti con FP presentano episodi febbrili ricorrenti associati ad un vario corteo sintomatologico (rash cutaneo, dolori toracici e addominali, artro-mialgie ecc.). L esordio degli accessi febbrili avviene in pieno benessere, senza alcun prodromo infettivo e può essere spesso associato a brivido. La durata degli episodi è variabile a secondo della malattia. Gli episodi sono intervallati da periodi di completo benes- Autore di contatto: M. Gattorno, Unità Operativa di Pediatria II, Unità di Reumatologia, Istituto G. Gaslini, Largo G. Gaslini 5, Genova. marcogattorno@ospedale-gaslini.ge.it Vol N. 1 GASLINI 5

8 GATTORNO FEBBRI PERIODICHE EREDITARIE: APPROCCIO EVIDENCE-BASED TABELLA I. Basi genetiche e caratteristiche cliniche delle sindromi autoinfiammatorie ereditarie. Malattia Gene Ereditarietà Caratteristiche cliniche Febbri periodiche Febbre familiare mediterranea MEVF AR Breve durata degli episodi febbrili associati a dolori addominali e toracici Rash simil-erisipela al dorso del piede, artrite Risposta alla Colchicina Sindrome da Iper IgD MVK AR Esordio precoce Durata episodi febbrile di 3-5 giorni Rash cutaneo e interessamento addominale TRAPS TNFRSF1A AD Lunga durata degli episodi febbrili (>10 giorni) Edema periorbitale, mialgie, dolore scrotale Sindromi associate alla famiglia NALP FCAS AD Orticaria e febbre scatenata dall esposizione al freddo S. di Muckle-Wells NALP3 (CIAS1) Orticaria cronica, sordità neurosensoriale, amiloidosi CINCA Come sopra e displasie ossee, ritardo intellettivo, meningite cronica Sindrome periodica associata a NALP12 NALP12 AD Lesioni orticarioidi, artro-mialgie e febbre scatenati dall esposizione al freddo, sordità neurosensoriale Malattie piogeniche PAPA CD2BP1(PSTPIP1) AD Episodi ricorrenti di artrite asettica responsiva a FA/steroide, pioderma gangrenoso, acne S. di Majeed LPIN2 AR Osteomielite cronica multifocale ricorrente associata ad anemia congenita diseritropoietica e dermatosi neutrofilica Malattie granulomatose Sindrome di Blau CARD15 (NOD2) AD Artrite poliarticolare granulomatosa ad esordio precoce Rash cutaneo, panuveite TRAPS: tumor necrosis factor (TNF) receptor-associated periodic syndrome; TNFRI: recettore per TNF tipo I; FCAS: familial cold autoinflammatory syndrome; CINCA: chronic infantile neurological cutaneous articular syndrome; PFAPA: periodic fever, aphthous stomatitis, pharingitis, adenitis; PAPA: pyogenic sterile arthritis, pyoderma gangrenosum, acne. sere, durante i quali il paziente può svolgere senza problemi le normali attività quotidiane con un normale accrescimento. La febbre mediterranea familiare (FMF, OMIM ) è trasmessa con una modalità autosomica recessiva. Il gene responsabile (MEFV) è stato identificato nel 1997 e codifica per una proteina (denominata pirina o marenostrina) che è coinvolta nella risposta infiammatoria e nel controllo dell apoptosi cellulare 10. In più del 75% dei casi la malattia si manifesta entro i 10 anni di vita. Gli episodi febbrili hanno breve durata (1-3 giorni) e sono molto spesso accompagnati da dolore addominale intenso (peritonite asettica). Frequente è anche la presenza di artralgia o artrite assai spesso monoarticolare e localizzata a una delle grandi articolazioni degli arti inferiori. La FMF è particolarmente frequente negli ebrei non-ashkenazi, arabi, turchi e armeni (con indice di carrier che può arrivare a 1 su 3 individui nella popolazione armena). Nelle popolazioni caucasiche la sua frequenza è decisamente inferiore. Il deficit parziale di mevalonato-chinasi con febbre periodica (o sindrome da Iper IgD) (OMIM ) è trasmessa con una modalità autosomica recessiva ed è determinata da una alterazione del gene della mevalonato-kinasi (MVK) (enzima chiave nella via metabolica di sintesi del colesterolo e degli isoprenoidi) con deficit enzimatico parziale 6 GASLINI Aprile 2009

9 FEBBRI PERIODICHE EREDITARIE: APPROCCIO EVIDENCE-BASED GATTORNO 11. La malattia si manifesta assai spesso nel primo anno di vita e comunque prima dei 10 anni di età. Gli accessi febbrili hanno esordio improvviso, sono preceduti da brividi e durano circa 3-6 giorni. Una sintomatologia gastroenterica è molto comune e si caratterizza per la presenza di dolore addominale, diarrea e/o vomito. La comparsa di linfoadenomegalia, specie laterocervicale, è un altro sintomo di frequente osservazione. Le manifestazioni mucocutanee sono molto comuni e comprendono macule eritematose, lesioni simil-orticarioidi e, più raramente, aftosi orale. Un interessamento articolare sotto forma di artralgie o di artrite oligoarticolare, asimmetrica, è piuttosto comune 12. È opportuno sottolineare che gli elevati livelli circolanti di IgD, sebbene suggestivi, non sono patognomonici, in quanto un incremento delle IgD può non essere osservato, specie sotto i due anni di vita, o può essere osservato sebbene più raramente in pazienti con altre forme di febbre ricorrente. La Tumor Necrosis Factor (TNF)-Receptor Associated Periodic Fever Syndrome (TRAPS, OMIM ) è una malattia a trasmissione autosomica dominante causata da mutazioni nel gene codificante il recettore di tipo I del TNF (TNFRSF1A) 13. Questa affezione, descritta nel 1982 in una famiglia irlandese e quindi già nota come Hibernian fever, si caratterizza clinicamente per la presenza di accessi febbrili di durata variabile da un giorno a parecchie settimane e che ricorrono con frequenza anch essa variabile, in genere 2-4 volte all anno. Altri sintomi spesso associati alla febbre comprendono dolore addominale, pleurite, artrite o artromialgie, linfoadenomegalia. In alcuni casi si osservano lesioni eritematose fisse, calde e dolenti, con infiltrato sottocutaneo tali da assumere un aspetto di simil-panniculitico. Approccio diagnostico alle febbri periodiche nell infanzia L indagine molecolare rappresenta ovviamente un elemento fondamentale per la diagnosi di queste malattie. Tuttavia, in considerazione degli alti costi connessi a tali indagini è necessario razionalizzarne l indicazione ai casi veramente meritevoli. Per arrivare a ciò bisogna partire da alcune importanti considerazioni di fondo, che potremmo così riassumere: TABELLA II. Principali cause di febbre periodica in età pediatrica. Malattie infettive Infezioni ricorrenti delle alte vie respiratorie Infezioni delle vie urinarie Virali (EBV, Parvovirus B19, HSV 1 e 2) Batteriche (infezioni occulte, Borrelia, Brucella) Parassitarie (Malaria) Difetti immunitari congeniti Immunodeficienze primitive Neutropenia ciclica Malattie infiammatorie multifattoriali Malattia di Behcet Lupus eritematoso sistemico Malattia di Crohn Malattie autoinfiammatorie ereditarie Febbre Familiare Mediterranea Deficit parziale di mevalonato-chinasi (Iper IgD) Sindrome TRAPS Sindrome di Muckle-Wells Malattie neoplastiche Leucemia linfoblastica acuta Leucemia mieloide acuta Linfoma (Febbre di Pel Epstein) Forme idiopatiche Sindrome PFAPA 1) la presenza di una febbre periodica o ricorrente non è esclusiva di una forma su base ereditaria, ma può caratterizzare anche una serie di patologie di altra natura (Tabella II); 2) una volta escluse le altre cause di febbre periodica, bisogna considerare che solo una modesta percentuale dei pazienti con caratteristiche compatibili con una febbre periodica ereditaria risulta essere positivo al test genetico (8-15% a seconda delle casistiche); 3) tale situazione è particolarmente vera in età pediatrica nella quale esiste una forma di febbre periodica idiopatica, non legata cioè ad alcun difetto genetico noto, denominata con il termine di sindrome PFAPA (Periodic Fever, Aphthosis, Pharyngitis and Adenitis) (Tabella III). Le caratteristiche degli accessi febbrili di questa condizione, la cui eziologia e definizione nosografica è tuttora oggetto di un acceso dibattito, sono del tutto sovrapponibili a quelli già descritte per le forme periodiche ereditarie nel paragrafo precedente 14 ; 4) nell ambito delle stesse FP ereditarie esiste un ampio grado di sovrapposizione clinica che rende difficile la scelta del test genetico da effettuare. Vol N. 1 GASLINI 7

10 GATTORNO FEBBRI PERIODICHE EREDITARIE: APPROCCIO EVIDENCE-BASED TABELLA III. Criteri diagnostici per la sindrome PFAPA. 1. Episodi febbrili ricorrenti con esordio prima dei 5 anni di età 2. Sintomi costituzionali, in assenza di infezioni delle alte vie respiratorie con almeno uno tra: Stomatite aftosa Linfadenite cervicale Faringite 3. Esclusione della neutropenia ciclica mediante controlli seriati dei globuli bianchi prima, durante e dopo i periodi sintomatici 4. Periodi asintomatici tra gli accessi febbrili 5. Normale crescita staturo-ponderale e normale sviluppo psico-fisico Da Marshall et al. Pediatr Infect Dis J 1989;8:658. Uno score diagnostico per le febbri periodiche ereditarie Fin dal 2002, il nostro Istituto ha avviato uno studio multicentrico su base nazionale mirato alla caratterizzazione clinica e genetica dei pazienti pediatrici affetti da una sospetta malattia autoinfiammatoria. Nell ambito di tale studio è stato offerta la possibilità della diagnostica molecolare per i principali geni associati alle malattia autoinfiammatorie, in collaborazione con il Laboratorio di Genetica del Galliera (per il gene MEFV). Nel corso di questi anni abbiamo ricevuto informazioni cliniche relative alle manifestazioni associate agli episodi febbrili e alla loro frequenza, nonché il materiale biologico di oltre 900 pazienti con sospetta malattia autoinfiammatoria. Sulla base delle considerazioni sopra esposte abbiamo pensato di prendere spunto da questa esperienza unica per mettere a punto uno strumento evidencebased di facile utilizzo e basato esclusivamente su aspetti clinici che possa aiutare il pediatra ad orientarsi nel percorso diagnostico di fronte ad un bambino con febbre periodica o ricorrente, tenendo conto di queste tre fondamentali domande: quando sospettarla? Quando è indicato il test genetico? Che gene analizzare? Lo studio 15 è stato condotto analizzando i dati clinici di un totale di 244 pazienti con sospetta febbre periodica di cui sono analizzati tutti e tre i geni (MEFV, MVK e TNFRSF1A). Per poter entrare nello studio i pazienti dovevano presentare un febbre periodica o ricorrente (>38 C) di natura sconosciuta (esclusione delle condizioni riportate nella Tabella II) con periodi intercritici liberi da sintomi clinici, incluso la normalità degli indici di flogosi 15. TABELLA IV. Variabili incluse nel calcolo dello score diagnostico (Var i ), la codifica delle variabili che meglio discrimina i soggetti geneticamente positive da quelli geneticamente negative e relativi coefficenti (β i ). Vari Codifica βi Età all esordio Mesi Dolore addominale Mai= Talvolta o spesso=2 Sempre=3 Aftosi Mai= Talvolta o spesso=1 Sempre=2 Dolore toracico Assente= Presente=1 Diarrea Mai= Talvolta Spesso=1 Sempre=2 Familiarità Negative= Positive=1 Score diagnostico (0,067 età) + (1,494 dol add) (1,504 aftosi) + (1,958 dol torac) + (0,901 diarrea) + (1,503 familiarità) Lo studio è stato condotto dividendo la casistica in due sottogruppi. Un primo sottogruppo di 173 pazienti (Training set) è stato utilizzato per sviluppare l ipotesi, ovvero per la creazione dello score diagnostico. In questo sottogruppo vi erano 18 pazienti con IperIgD, 7 pazienti TRAPS e 12 pazienti con FMF (pazienti geneticamente positivi) e 136 pazienti risultati negativi a tutti i test genetici effettuati (pazienti geneticamente negativi). Tramite una analisi di regressione logistica univariata sono state identificate le manifestazioni cliniche in grado di distinguere i soggetti geneticamente positivi da quelli geneticamente negativi. Le variabili così ottenute, sono state inserite in un modello di analisi multivariata che ha permesso di individuare un insieme di 6 variabili indipendenti in grado di identificare i pazienti a più alto rischio di essere portatori di una mutazione di uno dei tre geni. Le sei variabili incluse nel modello multivariato erano le seguenti: età di esordio, storia familiare positiva, presenza di dolore addominale, dolore toracico e diarrea nel corso dell episodio, assenza di stomatite aftosa 15. È stato creato uno score diagnostico con una combinazione lineare di queste variabili, pesate ciascuna con il coefficiente stimato dal modello logistico utilizzato (Tabella IV); lo score determina il grado di probabilità per un determinato paziente di risultare 8 GASLINI Aprile 2009

11 FEBBRI PERIODICHE EREDITARIE: APPROCCIO EVIDENCE-BASED GATTORNO Figura 1. Flow-chart diagnostica per la Febbre periodica di sospetta natura autoinfiammatoria. Per il calcolo dello score diagnostico vai a positivo al test genetico ed è consultabile al sito La sensibilità e la specificità di questo score diagnostico sono state quindi verificate sul secondo sottogruppo di 71 pazienti (Validation set). Di questi, 31 erano geneticamente positivi (13 IperIgD, 6 TRA- PS, 14 FMF) and 40 negativi. Utilizzando il 15% di probabilità di risultare positivo al test genetico come il valore soglia di discriminazione tra individui a basso e ad alto rischio, lo score permetteva di identificare correttamente 27 su 31 pazienti geneticamente positivi (sensibilità 87%) e 28 su 40 soggetti geneticamente negativi (specificità 72%) 15. Ci siamo successivamente chiesti se, una volta identificato un paziente ad alto rischio di essere portatore di mutazioni per i geni associati a febbre periodica, esistessero delle variabili cliniche in grado di orientare verso il test genetico da effettuare. Una analisi di regressione a fasi multiple ha permesso di individuare le manifestazioni cliniche maggiormente correlate alle diverse malattie nei pazienti con score diagnostico ad alto rischio geneticamente positivi. In particolare, la durata dell episodio febbrile inferiore a 2 giorni è risultata significativamente associata alla FMF, mentre una durata superiore ai 7 giorni si associava alla TRAPS. La maggior parte dei pazienti geneticamente positivi che presentavano una durata degli episodi tra i 3 e i 6 giorni era affetto da IperIgD o FMF. In questi pazienti, la presenza di vomito e il riscontro di una splenomegalia al momento dell accesso febbrile sono risultati fortemente associati ad una sindrome da IperIgD (Figura 1) 15. Vol N. 1 GASLINI 9

12 GATTORNO FEBBRI PERIODICHE EREDITARIE: APPROCCIO EVIDENCE-BASED Una flow-chart diagnostica per la febbre periodica in età pediatrica Sulla base dei risultati sopra riportati abbiamo quindi proposto una flow-chart diagnostica che possa servire come strumento per l indicazione al test genetico nei bambini con febbre periodica o ricorrente (Figura 1), una volta escluse le altre possibili cause elencate nella Tabella II. Dal punto di vista pratico si suggerisce, per ogni paziente per il quale si sospetta una febbre periodica, di calcolare il risultato dello score (facilmente eseguibile al sito in modo di individuare il grado di rischio di essere portatore di una mutazione dei geni noti. I pazienti ad alto rischio dovrebbero essere sottoposti ad analisi genetica, orientandosi sul gene da studiare con la flow-chart riportata in Figura 1. Nei pazienti a basso rischio si consiglia invece di procrastinare la richiesta di tale approfondimento diagnostico. In questo caso si propone di seguire il paziente longitudinalmente per valutare l eventuale comparsa di nuove manifestazioni cliniche o la tendenza alla risoluzione spontanea degli episodi febbrile, come spesso si osserva nei pazienti PFAPA geneticamente negativi. Anche se la maggior parte dei pazienti pediatrici portatori di mutazioni del gene NALP3 presenta un andamento cronico, alcuni di essi possono avere un andamento ricorrente (sindrome di Muckle- Wells), rientrando di fatto nella diagnostica differenziale delle febbri periodiche. In questi pazienti, la presenza di un rash simil-orticarioide, unitamente ad una temperatura solitamente inferiore ai 38 C dovrebbe aiutare ad orientarsi facilmente verso questa patologia. Il nostro studio è stato eseguito su una casistica prevalentemente di origine italiana. Per tale motivo non ha potuto analizzare l influenza dell etnia come variabile discriminante. Questo dato è indubbiamente molto rilevante per la FMF che, come abbiamo ricordato è particolarmente frequente nelle etnie turca, araba, armena ed ebraica. In questo caso il suggerimento è quello di iniziare lo screening genetico dal gene MEFV in tutti i pazienti appartenenti alle etnie sopra citate che presentano uno score diagnostico ad alto rischio. Sulla base di questa nostra esperienza riteniamo che lo score diagnostico possa rappresentare uno strumento molto utile per il Pediatra di base ed ospedaliero per la corretta impostazione dell iter diagnostico nei bambini con febbre periodica. Da circa un anno abbiamo iniziato ad utilizzare lo score come strumento di screening per la decisione di sottoporre i pazienti con febbre periodica a test genetico, con un indubitabile vantaggio dal punto di vista della razionalizzazione del ricorso a tale procedura diagnostica. In questo momento è in corso la validazione di questo strumento in popolazioni diverse da quella italiana. Bibliografia 1. Gattorno M, Federici S, Pelagatti MA, Caorsi R, Brisca G, Malattia C et al. Diagnosis and management of autoinflammatory diseases in childhood. J Clin Immunol 2008;28(Suppl 1):S73-S McDermott MF. Autosomal dominant recurrent fevers. Clinical and genetic aspects. Rev Rhum Engl Ed 1999;66: Caroli F, Pontillo A, D Osualdo A, Travan L, Ceccherini I, Crovella S et al. Clinical and genetic characterization of Italian patients affected by CINCA syndrome. Rheumatology (Oxford) 2007;46: Hoffman HM, Mueller JL, Broide DH, Wanderer AA, Kolodner RD. Mutation of a new gene encoding a putative pyrin-like protein causes familial cold autoinflammatory syndrome and Muckle-Wells syndrome. Nat Genet 2001;29: Jeru I, Duquesnoy P, Fernandes-Alnemri T, Cochet E, Yu JW, Lackmy-Port-Lis M et al. Mutations in NALP12 cause hereditary periodic fever syndromes. Proc Natl Acad Sci U S A 2008;105: Miceli-Richard C, Lesage S, Rybojad M, Prieur AM, Manouvrier-Hanu S, Hafner R et al. CARD15 mutations in Blau syndrome. Nat Genet 2001;29: Rose CD, Wouters CH, Meiorin S, Doyle TM, Davey MP, Rosenbaum JT et al. Pediatric granulomatous arthritis: an international registry. Arthritis Rheum 2006;54: Lindor NM, Arsenault TM, Solomon H, Seidman CE, McEvoy MT. A new autosomal dominant disorder of pyogenic sterile arthritis, pyoderma gangrenosum, and acne: PAPA syndrome. Mayo Clin Proc 1997;72: Ferguson PJ, Chen S, Tayeh MK, Ochoa L, Leal SM, Pelet A et al. Homozygous mutations in LPIN2 are responsible for the syndrome of chronic recurrent multifocal osteomyelitis and congenital dyserythropoietic anaemia (Majeed syndrome). J Med Genet 2005;42: A candidate gene for familial Mediterranean fever. The French FMF Consortium. Nat Genet 1997;17: Drenth JP, Cuisset L, Grateau G, Vasseur C, van de Velde-Visser SD, De Jong JG et al. Mutations in the gene encoding mevalonate kinase cause hyper-igd and periodic fever syndrome. International Hyper-IgD Study Group. Nat Genet 1999;22: GASLINI Aprile 2009

13 LATTANTE CON VOMITO RICORRENTE E ARRESTO DELL ACCRESCIMENTO PONGIGLIONE 12. D Osualdo A, Picco P, Caroli F, Gattorno M, Giacchino R, Fortini P et al. MVK mutations and associated clinical features in Italian patients affected with autoinflammatory disorders and recurrent fever. Eur J Hum Genet 2005;13: McDermott MF, Aksentijevich I, Galon J, McDermott EM, Ogunkolade BW, Centola M et al. Germline mutations in the extracellular domains of the 55 kda TNF receptor, TNFR1, define a family of dominantly inherited autoinflammatory syndromes. Cell 1999;97: Marshall GS, Edwards KM, Butler J, Lawton AR. Syndrome of periodic fever, pharyngitis, and aphthous stomatitis. J Pediatr 1987;110: Gattorno M, Sormani MP, D Osualdo A, Pelagatti MA, Caroli F, Federici S et al. A diagnostic score for molecular analysis of hereditary autoinflammatory syndromes with periodic fever in children. Arthritis Rheum 2008;58: Vol N. 1 GASLINI 11

14 FORUM: ASPETTI CLINICI DEL BAMBINO IMMUNODEPRESSO GASLINI 2009;41:13-8 INTRODUZIONE AL FORUM I n questo numero apriamo una finestra su alcuni aspetti clinici del bambino affetto da immunodeficienza. L argomento è di grande interesse e comprende patologie congenite e forme secondarie acquisite. Non era nostra intenzione proporre al lettore una revisione di un campo di tale ampiezza e con risvolti fisiopatologici, clinici, terapeutici e di ricerca estremamente interessanti, ma anche talvolta complessi e non del tutto definiti. Tuttavia, poiché l argomento è uno di quelli con cui il pediatria si ritrova a confrontarsi, abbiamo ritenuto interessante affrontarlo pur limitando la presentazione ad alcuni aspetti molto pratici quali la diagnostica di laboratorio delle immunodeficienze, con il protocollo adottato presso l Istituto Giannina Gaslini per la diagnostica delle immunodeficienze primitive, che si basa su alcuni test elementari (primo livello), che, in caso positivo, possono essere ulteriormente approfonditi con test di livello superiore (secondo, terzo e quarto livello). Il secondo aspetto è un inquadramento delle infezioni nel bambino immunocompromesso, tenendo presente che la comparsa di un infezione opportunistica in un bambino apparentemente sano, il ripetersi con frequenza di infezioni, o la comparsa di infezioni gravi da patogeni usualmente poco aggressivi o di riattivazioni di infezioni endogene o pregresse può rappresentare la prima manifestazione clinica di un deficit immunologico. Infine una revisione sintetica, ma basata su una grande esperienza, delle infezioni polmonari, avendo presente che i polmoni sono gli organi più soggetti alle infezioni nel bambino immunocompromesso, e che in tali condizioni le complicanze polmonari presentano spesso evoluzioni molto rapide e potenzialmente fatali se non vengono diagnosticate in tempo e adeguatamente trattate. Diagnostica di laboratorio delle immunodeficienze primitive G. MELIOLI 1, 2, V. PISTOIA 1, 3 1Dipartimento di Medicina Sperimentale e di Laboratorio, IRCCS G. Gaslini, Genova 2Laboratorio di Analisi Cliniche, IRCCS G. Gaslini, Genova 3Laboratorio di Oncologia, IRCCS G. Gaslini, Genova Sono noti, ad oggi, oltre 150 differenti tipi di immunodeficienza primaria (IP), che riguardano virtualmente tutte le funzioni note del sistema immune 1. Anche se alcune IP sono relativamente frequenti, (per esempio, un deficit selettivo di IgA è presente in 1:300-1:700), altre, come la X-linked severe combined immunodeficiency, hanno una frequenza tra 1: e 1: Chiaramente non tutti i pazienti con infezioni ricorrenti hanno un IP. Infatti, nella diagnosi differenziale, è necessario considerare anche altri fattori (per esempio difetti anatomici, diabete, malnutrizione ecc.) che possono condizionare la capacità del paziente di rispondere in maniera immunologicamente adeguata ai patogeni. Peraltro, una diagnostica di laboratorio delle IP deve essere messa in atto ogni volta che è necessaria una diagnosi differenziale accurata. Da un punto di vista della sintomatologia, i difetti della produzione di anticorpi non sono apparenti nei primi mesi di vita, quando la risposta nel piccolo Autore di contatto: G. Melioli, Clinica Pediatrica, Università di Genova, Centro Regionale di Diabetologia Pediatrica, Istituto G. Gaslini, Largo G. Gaslini 5, Genova. Vol N. 1 GASLINI 13

15 MELIOLI DIAGNOSTICA DI LABORATORIO DELLE IMMUNODEFICIENZE PRIMITIVE TABELLA I. Immunodeficienza primaria. Famiglia Patologia Emocromo Ig seriche Fenotipo C Fagocitosi Difetti delle cellule B e degli anticorpi X-Linked Agammaglobulinemia (XLA) Common Variable Immunodeficiency (CVID) (hypogammaglobulin emia) e Selective IgA Deficiency Hyper-IgM Syndrome IgG Subclass Deficiency Linfopenia Apparentemente normale Neutropenia Apparentemente normale Ipogammaglobulinemia Ipogammaglobulinemia, deficit di IgA IgM elevate, assenza di IgA IgG totali spesso normali deficit di una o più sottoclassi (IgG1, IgG2, IgG3, IgG4) Linfociti B virtualmente assenti, ricerca proteina BTK in CMF B normali ma funzionalmente difettose T con vari difetti Deficit combinati T e B Severe Combined Immunodeficiency (SCID) X-linked SCID ADA Deficiency Purine nucleoside phosphorylase (PNP) Deficiency Bare Lymphocyte Syndrome (MHC-II deficiency) Omenn s syndrome Linfopenia T ed NK (grave) Linfopenia grave Leucocitosi, eosinofilia, linfocitopenia Ipogammaglobulinemia Iper IgE Linfociti B Funzionalmente danneggiati, pochi linfociti T Deplezione T, B ed NK Difetto selettivo e grave della funzione delle cellule T Difetto di espressione di HLA I e HLA II per deficit di TAP Deficit grave T e B Partial Combined Immunodeficiencies Wiskott-Aldrich Syndrome (WAS) Ataxia-Telangiectasia (AT) Piastrinopenia IgM basse, IgG e IgA normali, IgE alte Ipogammaglobuline mia (incostante) Modesto deficit T e B T cell deficiencies DiGeorge Linfopenia Spesso normali ma sottoclassi di IgG e IgA possono essere modificate Difetto T isolato, cellule B normali (Continua) 14 GASLINI Aprile 2009

16 DIAGNOSTICA DI LABORATORIO DELLE IMMUNODEFICIENZE PRIMITIVE MELIOLI TABELLA I. (Segue). Famiglia Patologia Emocromo Ig seriche Fenotipo C Fagocitosi Difetto della fagocitosi Cartilage Hair Hypoplasia Difetto T Chronic Granulomatous Disease (CGD) Leukocyte Adhesion Defect (LAD) Chediak-Higashi Syndrome (CHS) Neutrofilia Granuli giganti nei neutrofili NBT test patologico Ridotta espressione di CD18/CD15 NBT test patologico Difetto Difetto Difetto Difetti del complemento Hyper-IgE Syndrome Forte aumento delle IgE Possibile Altre Chronic Mucocutaneous Candidiasis paziente è supportata dagli anticorpi materni passati attraverso la placenta ed il latte. Successivamente, il paziente soffre di una patologia infettiva grave, causata prevalentemente da batteri in grado di ricoprirsi di una capsula mucopolisaccaridica, come lo Streptococcus pneumoniae. In questi pazienti, la concentrazione di immunoglobuline circolanti è ridotta nella maggior parte dei casi. Al contrario, i difetti del numero o della funzione dei linfociti sono caratterizzati da mughetto, diarrea e difetto di crescita. Successivamente, vengono diagnosticate infezioni ricorrenti da virus (Varicella zoster virus, virus di Epstein-Barr EBV, citomegalovirus, adenovirus), da miceti o da parassiti. In questi pazienti, è evidente una linfopenia dalla nascita. Esempi selezionati di IP con indicazione dei relativi difetti sono contenuti nella Tabella I. Diagnostica di primo livello Il protocollo adottato presso l Istituto Giannina Gaslini per la diagnostica delle immunodeficienze primitive si basa su alcuni test elementari (primo livello), che, in caso positivo, possono essere ulteriormente approfonditi con test di livello superiore (secondo, terzo e quarto livello). In genere, i test di primo livello consentono di identificare i pazienti con una reale immunodeficienza. Questi test consistono nel conteggio delle cellule del sangue periferico e nel dosaggio degli anticorpi IgG, IgA ed IgM nel siero. Il conteggio delle cellule nel sangue periferico viene normalmente effettuato con strumentazioni ad elevata automazione che identificano le popolazioni leucocitarie (in particolare granulociti e linfociti) dopo lisi dei globuli rossi, sulla base delle loro caratteristiche fisiche: infatti, i linfociti circolanti sono cellule piccole e caratterizzate da una complessità molto bassa, a differenza, per esempio, dei granulociti che sono più grandi ma, soprattutto, caratterizzati dalla presenza di granuli facilmente rilevabili con le moderne strumentazioni basate sugli scatter della luce. Un conteggio di linfociti inferiore a 1000 cellule/mmc (3000 sotto i due anni) indica che siamo in presenza di una linfocitopenia. È anche evidente che una neutropenia ed una trombocitopenia devono Vol N. 1 GASLINI 15

17 MELIOLI DIAGNOSTICA DI LABORATORIO DELLE IMMUNODEFICIENZE PRIMITIVE immediatamente suggerire un ulteriore approfondimento diagnostico. Il dosaggio delle immunoglobuline circolanti è un test routinario che consente di documentare la funzionalità del sistema immune adattativo. I valori attesi per le IgG sono 700 mg/dl, per le IgM sono 70 mg/dl e per le IgA sono 40 mg/dl. Valori più bassi indicano che potrebbe esistere un immunodeficienza e consigliano l esecuzione di indagini di secondo livello. In qualche caso, può essere utile misurare le IgE circolanti. E peraltro importante ricordare che la concentrazione di immunoglobuline si modifica con l età e per questo motivo è determinante utilizzare controlli adeguati per ogni intervallo di età. La valutazione delle sottoclassi delle immunoglobuline poteva essere considerata un test di secondo livello ma da quando queste sono disponibili su strumentazioni ad elevata automazione, nulla osta a associare l indagine delle sottoclassi alla misura delle immunoglobuline circolanti. Diagnostica di secondo livello Le indagini di laboratorio di secondo livello prevedono un approfondimento mirato allo studio delle popolazioni e delle sottopopolazioni di linfociti del sangue periferico. In particolare, è essenziale contare la percentuale ed il numero assoluto dei linfociti T, dei linfociti B e delle cellule NK. Nell ambito dei linfociti T, è importante conoscere la percentuale ed il numero assoluto dei linfociti T con fenotipo CD4+ e con fenotipo CD8+. Questi rappresentano rispettivamente le cellule con funzioni prevalentemente di tipo helper e le cellule con funzioni prevalentemente di tipo citotossico. L indagine fenotipica deve essere effettuata sempre contemporaneamente ad un test emocromocitometrico, in maniera che i conteggi assoluti siano corretti e standardizzati. In alcuni casi (per esempio, la ALPS), è necessario che l indagine fenotipica sia molto approfondita, consentendo di identificare sottopopolazioni rare (per esempio, le cellule CD4- CD8- TCR a/b positive) che sono rappresentative di una data patologia. Esistono altre indagini di laboratorio che possono essere effettuate con metodi di routine e quindi rientrano di fatto nel secondo livello delle indagini per la diagnosi di una IP. Tra queste, la valutazione sierologica della capacità di rispondere ad agenti patogeni (per esempio, anticorpi diretti contro il virus della rosolia, del morbillo, della parotite, della varicella, dell influenza ecc.) o rispondere adeguatamente a stimoli di tipo vaccinale (tossoide tetanico, virus polio ecc.). Infine, visto l impatto che il sistema del complemento ha con le capacità di fagocitosi e di killing, un analisi delle frazioni (C3 e C4) seriche del C può essere effettuata facilmente e a basso costo. Diagnostica di terzo livello I test di primo e secondo livello forniscono importanti informazioni sulla presenza o la riduzione numerica fino all assenza di specifiche popolazioni di cellule immunocompetenti. Al deficit numerico di tali cellule corrispondono precisi difetti funzionali responsabili della sintomatologia; la combinazione di questi due ordini di informazioni consente di formulare un sospetto diagnostico. Tuttavia le patologie da immunodeficienza primitiva non sempre dipendono da difetti differenziativi che si traducono in deficit numerici di cellule immunocompetenti; esistono infatti situazioni patologiche in cui tali cellule sono normalmente rappresentate nel sangue periferico ma funzionalmente compromesse. I test di terzo livello rispondono quindi all esigenza di smascherare immunodeficienze primitive in cui una mutazione a carico di un gene cruciale per il funzionamento della cellula colpita provoca aumentata suscettibilità alle infezioni senza alterarne il programma differenziativo. Presso l Istituto Giannina Gaslini vengono routinariamente eseguiti di tre tipi di test: 1) test di riduzione del colorante nitro blu di tetrazolio (NBT), 2) test di citotossicità delle cellule natural killer (NK) e 3) test di proliferazione linfocitaria. NBT test La funzione primaria dei granulociti neutrofili nella resistenza alle infezioni è l uccisione intracellulare dei microrganismi. Questa rappresenta l ultima tappa di una serie di eventi costituiti dalla migrazione dei neutrofili nella sede di infezione, il riconoscimento dei batteri, la loro ingestione e la degranulazione. NBT è un composto giallo idrosolubile che in seguito a riduzione precipita sotto forma di formazano, un colorante blu scuro. I neutrofili sono in grado di ridurre NBT dopo ingestione di particelle di lattice o simili; durante questo processo viene attivato il burst metabolico attraverso la via dello shunt degli esoso-monofo- 16 GASLINI Aprile 2009

18 DIAGNOSTICA DI LABORATORIO DELLE IMMUNODEFICIENZE PRIMITIVE MELIOLI sfati. Il formazano viene quantizzato mediante lettura spettrofotometrica dopo estrazione dai neutrofili con il solvente organico piridina. Poiché la generazione di attività riducente nei neutrofili vitali va di pari passo con le attività metaboliche cellulari indotte dall ingestione, la riduzione di NBT costituisce un utile strumento per determinare complessivamente l integrità metabolica dei neutrofili fagocitanti. La mancata riduzione di NBT da parte dei neutrofili che hanno ingerito particelle è un importante anomalia di laboratorio che caratterizza la malattia granulomatosa cronica (CGD). Mutazioni in diverse componenti della NADPH ossidasi provocano l impossibilità di produrre H 2 O 2 o radicali superossidi e quindi l incapacità di uccidere alcuni patogeni intracellulari obbligati. Test di citotossicità NK I linfociti NK sono dotati di attività citotossica naturale che si esercita soprattutto contro cellule infettate da virus (in particolare herpesvirus) e cellule tumorali. Morfologicamente le cellule NK appaiono come linfociti granulari di dimensioni superiori alla media; le granulazioni azurofile citoplasmatiche contengono fattori citotossici (perforina, granzyme B) necessari per l uccisione delle cellule bersaglio. Un meccanismo alternativo, anche se meno importante, di killing utilizzato dai linfociti NK è mediato da molecole di superficie della superfamiglia del tumor necrosis factor (ad esempio Fas ligando) che si legano a recettori complementari sulla membrana delle cellule bersaglio (ad esempio Fas). Il classico test di attività citotossica NK viene effettuato incubando per 4 ore cellule mononucleate del sangue periferico (all interno delle quali i linfociti NK rappresentano in condizioni fisiologiche il 5-15% circa) con la linea eritroleucemica K562 preventivamente marcata con l isotopo 51Cr. L uccisione delle cellule target marcate da parte delle cellule NK viene quantizzata misurando con uno scintillatore la radioattività liberata nel sopranatante della co-cultura e rapportando questo valore alla radioattività presente nel sopranatante di cellule K562 marcate incubate da sole e sottoposte o no a lisi osmotica ( lisi totale e lisi spontanea, rispettivamente). Il test di citotossicità NK viene realizzato cimentando concentrazioni scalari di cellule effettrici con una concentrazione fissa di cellule K562 marcate (si parte ad esempio da un rapporto di 100:1 per scendere fino a 3:1); in tal modo si ottiene una curva che consente di valutare qualitativamente la potenza dell attività NK. Attualmente il test di citotossicità NK può essere effettuato usando coloranti che si legano alla superficie delle cellule K562 ed essere analizzato quantitativamente con lettura spettrofotometrica. L interpretazione dei risultati dei test di attività NK non è ovvia. In primo luogo essi vanno ripetuti almeno 2-3 volte nell arco di un mese prima di concludere che il campione in esame è privo di attività citotossica; un difetto occasionale non fa testo ed il dato deve essere ricontrollato. E necessario accertarsi che il paziente non sia in trattamento farmacologico al momento del test ed almeno due settimane prima; ad esempio, corticosteroidi ed immunosoppressori possono azzerare l attività NK. Inoltre i risultati del test di citotossicità vanno confrontati con quelli dello studio immunofenotipico delle cellule NK nello stesso campione (test di secondo livello); è plausibile che a bassi numeri di linfociti NK corrisponda un attività citotossica bassa anche in soggetti non affetti da sospetta immunodeficienza. Test di proliferazione linfocitaria I test di proliferazione linfocitaria vengono effettuati per valutare la funzionalità dei linfociti T in pazienti affetti da infezioni ricorrenti provocate da virus o patogeni intracellulari. Tali test possono essere realizzati utilizzando mitogeni policlonali o, alternativamente, antigeni ubiquitari o di richiamo. I mitogeni policlonali, i più noti dei quali sono la fitoemoagglutinina (PHA), il pokeweed miogeno (PWM) e la concanavalina A (Con-A) sono sostanze di origine vegetale capaci di attivare tutti i linfociti T in seguito a legame con glicoproteine della superficie cellulare. Gli antigeni sono molecole che stimolano la proliferazione dei linfociti T legandosi specificamente al T cell receptor. Gli antigeni ubiquitari sono molecole ampiamente rappresentate nell ambiente, ad esempio la candidina della Candida Albicans. Gli antigeni di richiamo sono antigeni contro i quali il paziente in esame è stato vaccinato e che pertanto sono per definizione capaci di stimolare una risposta anamnestica nei linfociti T. I test di proliferazione linfocitaria vengono solitamente condotti incubando cellule mononucleate del sangue periferico con PHA, marcando le cellule con 3H-timidina circa 16 ore prima della fine del test e contando la radioattività con uno scintillatore al termine della coltura (72 ore). I test di proliferazione linfocitaria in risposta ad antigeni ubiquitari o di richiamo sono eseguiti per rispondere a specifici quesiti diagnostici in condizio- Vol N. 1 GASLINI 17

19 CASTAGNOLA LE INFEZIONI NEL BAMBINO IMMUNOCOMPROMESSO ni sperimentali identiche a quelle sopra descritte, con l unica differenza che il tempo di coltura è prolongato a 6-7 giorni. Come già discusso per il test di citotossicità NK, prima di emettere un referto, è bene riconfermare il risultato del test in 1-2 test supplementari nell arco di un mese, accertandosi che il paziente non sia o sia stato nelle ultime due settimane in trattamento farmacologico e correlando i risultati a quelli dello studio immunofenotipico delle cellule T. Il problema dei controlli normali Questo problema che è già stato discusso per i test di primo e secondo diventa ancora più complesso per quelli di terzo livello che si basano sul confronto dei risultati ottenuti dallo studio del paziente con quelli dei controlli normali. I valori di riferimento non possono essere tratti dalla letteratura poiché esiste grande variabilità sia nelle condizioni sperimentali adottate in ciascun laboratorio sia nella risposta individuale. È quindi necessario studiare preventivamente una popolazione di controlli normali scelti in base alla fascia di età ed all assenza di patologie significative al momento del test e nei due mesi precedenti. Le condizioni dei test dovranno essere rigorosamente standardizzate così da poter essere comparabili anche quando effettuate in tempi diversi. Questo approccio metodologico permette di generare un range di valori normali ai quali riferirsi per analizzare i risultati dei test condotti con materiale biologico dei pazienti. Diagnostica di quarto livello I test di quarto livello si basano sul sequenziamento del DNA nelle regioni che, sulla base dei dati della letteratura e delle evidenze cliniche e di laboratorio, sono candidate ad essere le portatrici del difetto genetico. Ad oggi sono note oltre 130 mutazioni 1 che non possono essere esaustivamente analizzate in questa sede. Bibliografia 1. Fischer A. Human primary immunodeficiency diseases. Immunity 2007;27: GASLINI Aprile 2009

20 GASLINI 2009;41:19-26 Le infezioni nel bambino immunocompromesso E. CASTAGNOLA, I. SALA, A. MULARONI, C. MORONI Unità Semplice di Infezioni nel Paziente Immunocompromesso Dipartimento di Ematologia ed Oncologia, Istituto G.Gaslini, Genova, Italia Le infezioni rappresentano un frequente problema in età pediatrica e possono rappresentare il primo segno di una incapacità a difendersi dalle infezioni. Le immunodeficienze in generale o comunque le condizioni patologiche che condizionano un aumentato rischio infettivo possono essere primitive o acquisite. Le forme primitive, spesso congenite, riguardano principalmente l età pediatrica anche se casi meno gravi possono essere diagnosticati anche in età adulta. Le immunodeficienze sono caratterizzate da infezioni dovute sia a patogeni comuni, sia a patogeni opportunisti (che cioè traggono vantaggio dalle ridotte capacità di difesa). La comparsa di un infezione opportunistica in un bambino apparentemente sano, il ripetersi con inusuale frequenza di infezioni, o la comparsa di infezioni gravi da patogeni usualmente poco aggressivi o di riattivazioni di infezioni endogene o pregresse può rappresentare la prima manifestazione clinica di un deficit immunologico congenito fino ad allora ignoto. L immunodeficienza legata ad un alterazione genetica e dello sviluppo del sistema immunitario è definita come primitiva. La maggior parte dei difetti alla base di una immunodeficienza interessano linee cellulari linfoidi, mieloidi (macrofagi, granulociti) o entrambe. La Tabella I riassume i diversi quadri di deficit immunologico congenito 1, 2. Tuttavia, poiché le infezioni ricorrenti sono un problema frequente in età pediatrica, specie nei primi anni di vita, può essere utile possedere indicazioni, ancorché grossolane, per sospettare o meno la presenza di un deficit immunologico (Tabella II) 3. In linea di massima, il paziente con deficit immunologico, oltre a quadri infettivi gravi e ripetuti, potrà presentare altre alterazioni carat- teristiche della malattia (ad esempio eczema, diarrea cronica e deficit di accrescimento) oppure infezioni causate sempre dagli stessi patogeni e/o a carico degli stessi apparati (ad esempio polmoniti ed infezioni cutanee da S.aureus o Aspergillus nei pazienti con malattia granulomatosa cronica). La ricorrenza di infezioni a carico degli stessi organi o apparati deve far pensare anche alla presenza di malformazioni (cisti polmonari o reflusso vescico-ureterale) o altre malattie (fibrosi cistica) che rappresentano condizioni predisponenti alla riduzione delle difese anti-infettive d organo, anche se non strettamente di tipo immunologico. Per quanto riguarda le situazioni acquisite, è indubbio che alcune malattie acquisite e, soprattutto, la loro terapia sono accompagnate da un aumentata frequenza di infezioni da agenti patogeni opportunisti o un aumentata gravità di infezioni da patogeni comuni. È il caso, per esempio, delle infezioni in soggetti leucemici trattati con chemioterapia antineoplastica o dei trapianti. In questo caso esistono anche correlazioni tra alcuni farmaci (o la loro dose somministrata) e il rischio di sviluppare particolari infezioni. Accanto alle immunodeficienze cosiddette iatrogene perchè legate a farmaci immunsoppressivi, non vanno dimenticate le imunodeficienze acquisite di origine virale, prima fra tutte, ma non unica, l infezione HIV. Rapporti tra condizione predisponente e patogeni associati Esistono correlazioni abbastanza strette tra il tipo di difetto del sistema immunitario e le infezioni che si Autore di contatto: E. Castagnola, Istituto G. Gaslini, Largo G. Gaslini 5, Genova, Italia. Vol N. 1 GASLINI 19

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