Legame al GMPciclico COOH

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1 Moduli strutturali delle proteine Nelle proteine è possibile individuare alcune strutture caratterizzate da omologia, che svolgono particolari funzioni, e che si ritrovano in proteine diverse. Si può parlare di proteine modulari. Ovvero in una determinata proteina si possono individuare più moduli, ciascuno dei quali assolve a determinate funzioni. La funzione di una determinata proteina è espressione della integrazione delle funzioni dei singoli moduli che concorrono alla formazione della proteina stessa. In genere un modulo strutturale costituisce un dominio. Possiamo fare l esempio della proteina cinasi dipendente da GMP ciclico (PKG): esiste un dominio che lega il GMP ciclico; esiste un dominio con attività enzimatica che lega l ATP (che è suddiviso in almeno 8 subdomini strettamente analoghi a quelli di altre proteine cinasi - vedremo più avanti l importante classificazione di Hanks, Quinn, Hunter, pag.83-85); esiste un dominio di legame che determina il riconoscimento, ovvero il legame, con la proteina che in ultima analisi sarà fosforilata: ovvero la PKG si lega a tale proteina e la fosforila in una particolare serina o una treonina. Tali domini sono contigui nella struttura proteica, e possono essere rappresentati mediante lo schema a blocchi. Quindi, partendo dall N-terminale, esisteranno i seguenti moduli strutturali: H 2 N Legame ad altra subunità di PKG Legame al GMPciclico Legame al substrato e all ATP COOH (vedi in dettaglio pag.90) In altre proteine possiamo trovare ciascuno dei singoli domini con la stessa funzione ma, essendo integrati con altre parti funzionali della proteina, avremo proteine con diverse funzioni. Per esempio il domino che lega il GTP presenta una stretta analogia (cioè possiede una struttura primaria molto simile) con il dominio di altre proteine che legano GTP: per esempio le Proteine-G. Si possono citare diversi moduli strutturali noti e ben caratterizzati. Esistono moduli di: proteine intracellulari ( vedi esempio sopra riportato della PKG) proteine extracellulari (per esempio la fibronectina). Tra le proteine extracellulari è riscontrabile una ridondanza di strutture modulari (vedi matrice extracellulare). Citiamo alcuni esempi (da Baron e coll. TIBS 16,13,1991). Nella Figura di pag.2 è rappresentato: (a) modulo di controllo del complemento. Il complemento è un sistema alquanto complesso che comporta diverse entità molecolari; è così denominato perché complementa l azione degli anticorpi. Nel siero esiste una serie di proteine che possono essere attivate dai complessi antigene-anticorpo e subire, quindi, delle reazioni proteolitiche a cascata, il cui risultato finale è l assemblaggio di complessi di più proteine che formano dei fori nelle membrane, distruggendo cellule bersaglio, per esempio batteri. (b) modulo fibronectina di tipo 1. La fibronectina è un importante componente della matrice extracellulare. E formato da 5 tratti beta antiparalleli. (c) modulo del fattore di crescita-tipo G (da Growth, crescita), che è presente in diversi fattori di crescita. Per esempio è presente nell EGF (Epidermal Growth Factor) e nel TGF-α. E formato da tre catene β antiparallele. Tale dominio è presente nell EGF, nell urochinasi (simile all Attivatore Tissutale del Plasminogeno, pag.55) (d) modulo tipo immunoglubulina. E formato da 3 catene beta antiparallele che formano un foglietto che è parallelo ad un secondo foglietto formato da 4 catene beta antiparallele. (e) modulo fibronectina di tipo 3, che deriva dal modulo tipo immunoglobulina (vedi pag.67) (f) modulo tipo kringle, che è presente in forma ripetuta nell attivatore tissutale del plasminogeno (vedi pag.55) 1

2 (g) moduli tipo SH-2 (vedi pag.212) (h) moduli tipo SH-3 (vedi pag.213) Tali moduli possono essere di tipo in line con l inizio (all N-terminale) separato dalla porzione terminale (al C-terminale). Tale inizio e fine è indicata da due sferette nella figura. Di tipo in line sono a, b, c, d, e. Evidentemente tali moduli non sono inseribili in strutture preformate, perché ne altererebbero il ripiegamento. Spesso si dispongono uno di seguito all altro ed è il caso dei moduli della fibronectina, sia di tipo 1 che 3, con il risultato che si formano strutture sviluppate in lunghezza, tipico delle proteine fibrose. La struttura definitiva della fibronectina è paragonabile a quella di una collana di perle. Possiamo avere un altro tipo di struttura, denominata plug-in (pomello), caratterizzata dall avere una contiguità spaziale dell inizio e fine del modulo stesso. E il caso di f, g ed h (per g e h, vedi SH-2 e SH-3 pagg ). Tali moduli sono teoricamente inseribili in proteine preesistenti senza alterarne vistosamente la struttura complessiva. Ovviamente i moduli di tipo plug-in non possono formare strutture filamentose. 2

3 Citiamo altre strutture modulari, di una certa importanza: Proteina disolfuro isomerasi A lato è riportata la struttura del sito attivo della Proteina Disolfuro Isomerasi (PDI) [TIBS 19,331,1994]. E un enzima che promuove la formazione e la scissione dei ponti disolfuro di proteine (vedi pag.5). Ha una stretta analogia strutturale con la tioredoxina. Dominio tipo tioredoxina Eliche superavvolte Nella pag.4 è riprodotta la pag.376 di TIBS, 21 (10) E un motivo strutturale che ha assunto, negli anni recenti, una notevole importanza, perché presente, e determinante, nei fattori di trascrizione. In particolare sono ben note le proteine con Leucine-zipper (tipo GCN4 e Max). Due (o più) α-eliche si avvolgono su se stesse, ed interagiscono lateralmente con le catene laterali degli amminoacidi, in particolare leucina. Con tale avvolgimento ogni 3,5 residui si ha ripetizione della struttura. Nell α-elica classica, il numero di residui per giro è 3,6. Questa leggera differenza (3,5 contro 3,6), consente l inserimento preciso di 7 amminoacidi ogni due giri dell elica nel Leucine-zipper. Si può riscontrare tale struttura nella nota tropomiosina [proteina del muscolo scheletrico che media le interazioni tra le proteine del complesso T (Troponina C, I e T) e le teste della miosina]. Rapporto Struttura - Funzione Le correlazioni tra la struttura di una determinata proteina (od un modulo) e la sua funzione sono molto importanti. Per individuare le proprietà di una certa proteina, o di un modulo, è preliminarmente necessario conoscerne la struttura primaria. Oggi sono note le strutture primarie di più di proteine. Mediante l accesso alle banche dati è possibile individuare nuove funzioni di spezzoni proteici che potrebbero costituire dei moduli, perché presentano omologia strutturale con strutture già descritte e con funzione nota. Non sono qui riportati esempi in merito, in quanto il confronto delle varie strutture primarie è un passaggio pressoché obbligato, quando si affronta un tema biochimico. E interessante osservare che la struttura terziaria è il fondamento di una certa funzione. Esistono esempi di proteine con strutture terziarie analoghe, e quindi con la stessa funzione, che presentano però strutture primarie praticamente diverse. Sono casi abbastanza rari. Tuttavia è importante che tali eccezioni confermano di fatto l importanza, in ultima analisi, della struttura tridimensionale della proteina e dei moduli che la compongono, per la definizione di una specifica funzione. Ripiegamento delle proteine Secondo i fondamentali studi di Anfinsen sul ripiegamento in vitro dell enzima ribonucleasi, la struttura primaria di una proteina risulta determinante per stabilire il ripiegamento della proteina stessa. Recentemente è stato dimostrato che la struttura primaria non è l unico elemento che condiziona il ripiegamento di una proteina. Esistono infatti due componenti accessori presenti nella cellula: 1 : enzimi specifici che catalizzano reazioni a carico della catena polipeptidica che è in fase di ripiegamento; per esempio esiste una Proteina Disolfuro Isomerasi (PDI) che controlla la formazione o la rottura dei ponti disolfuro. 2 : una famiglia di proteine, note come proteine da stress, che accompagnano il ripiegamento della proteina stessa. Vedremo che questa costituisce una famiglia di proteine che comprende molti componenti con funzioni diversificate. 3

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5 Enzimi implicati nel ripiegamento delle proteine (da M.J. Gething & J: Sambrook, Nature, 355, 33, 1992) L enzima Proteina Disolfuro Isomerasi (PDI) catalizza reazioni di scambio tra gruppi -SH e gruppi S S ; può altresì catalizzare la formazione di ponti disolfuro (ossidazione) o la rottura dei medesimi (riduzione) in relazione al potenziale redox in situ. La PDI facilita la formazione del corretto set di legami disolfuro di una proteina. La PDI di mammifero è una proteina di Peso Molecolare (P.M.) con 4 domini simili alla tioredoxina (vedi struttura a pag.3. ricordiamo che la tioredoxina è una proteina di basso peso molecolare che presenta due gruppi SH importanti per la riduzione dei ribonucleotidi a desossiribonucleotidi, reazione che è catalizzata dalla tioredoxina reduttasi). Questo è il primo esempio di proteina modulare che incontriamo. L enzima PDI possiede un gruppo tiolico RSH, che perde un protone, diventando RS, e l anione tiolato, con due elettroni non condivisi, porta l attacco ad un ponte S S, che a sua volta scinde un altro ponte S S. Alla fine l enzima (rappresentato dal gruppo R) riprende il protone. Nello schema che segue viene illustrata una via ipotetica, dove i ponti disolfuro iniziali 1 2 e 3 4, diventano, dopo l azione della PDI, 1 3 e 2 4. Esistono Proteine disolfuro isomerasi sia nei procarioti, che negli eucarioti. Nei p r o c a r i o t i sono noti almeno cinque geni che codificano per PDI. I relativi enzimi sono variamente distribuiti nei batteri. Per esempio nell Escherichia coli (batterio gram-negativo, dotato quindi di un doppio sistema di membrane, con spazio periplasmatico) esiste la DsbA, di peso molecolare , che si trova nello spazio periplasmatico, dove svolge l importante funzione di assistere la corretta formazione dei ponti disolfuro delle proteine destinate all esportazione. Nel V. cholerae esiste una proteina omologa della DsbA, che garantisce la sintesi di un efficace tossina. Negli e u c a r i o t i (vedi TIBS 19, 331,1994) troviamo diversi isoenzimi della PDI. Si è già accennato a moduli presenti nella PDI che presentano stretta analogia con la tioredossina (vedi pag.3). Nelle PDI ( 500 AA) sono presenti altri moduli: a ed a sono i 2 domini simili alla tioredossina. e è una zona omologa ai recettori per gli estrogeni. b e b rappresentano una duplicazione interna. c è una zona, altamente acida, che probabilmente lega calcio. Per la PDI esiste una buona correlazione tra domini e rispettive sequenze codificanti (esoni) sul DNA. Come si sa l esistenza degli esoni o DNA interrotto viene giustificata dalla possibile ricomposizione a moduli di varie proteine. Ovvero una certa proteina, che presenta vari moduli, potrebbe aver avuto origine (nel corso dell evoluzione) dall assemblaggio sul DNA dei relativi esoni. Le PDI sono caratterizzate dalle seguenti sequenze sul sito attivo. PDI batteriche: - C P H C - PDI di eucarioti: - C G H C Nell ER la PDI è sintetizzata con una sequenza amminoterminale classica per la destinazione all ER. 5

6 Infatti al C-terminale presenta il tetrapeptide -KDEL (nei mammiferi) e -HDEL nel lievito per il mantenimento della PDI all interno dell ER stesso. Riprenderemo più avanti l importante argomento delle sequenze segnale di smistamento (vedi pag.639 del testo Alberts e coll.-biolog. Mol. della Cellula. III ed ital.). Collegamenti alla sintesi del collageno - Nel reticolo endoplasmatico delle cellule che sintetizzano collageno (fibroblasti) è presente l importante enzima prolil-idrossilasi, che garantisce la idrossilazione delle numerose proline del collageno. Tale enzima presenta una struttura quaternaria del tipo α 2 β 2, dove le subunità β sono PDI. 6

7 Esiste una seconda famiglia di enzimi che contribuisce al corretto ripiegamento delle proteine: si tratta delle ciclofiline. Si tratta di proteine ubiquitarie, presenti virtualmente in tutti i tessuti e tutti gli organismi, caratterizzate da un attività peptidil-prolil-cis-trans-isomerasica (note anche come rotamasi). Tali enzimi catalizzano l interconversione tra la forma cis e trans del legame peptidico che precede l amminoacido prolina (è noto che tutti i legami peptidici delle proteine sono in forma trans). A conferma dell importanza delle ciclofiline occorre ricordare che esse costituiscono lo 0,1-0,4 % di tutte le proteine citosoliche di qualsiasi cellula. Occorre tuttavia riconoscere che, a tutt oggi, il loro reale ruolo intracellulare resta enigmatico, anche se solo recentemente è stato messo in evidenza la loro importante interazione con Proteina Fosfatasi 2B (calcio dipendente), con inibizione della risposta immunitaria. Per esaminare tale fenomeno occorre ricordare l importante famiglia di inibitori di tali ciclofiline (le ciclofiline sono enzimi, come è sopra specificato, ed essendo enzimi possono esistere dei composti che inibiscono la loro attività enzimatica). Tali inibitori sono le note ciclosporine. Una ciclosporina ben caratterizzata è la ciclosporina A, con peso molecolare molto basso (1.203) che è un peptide ciclico contenente 11 amminoacidi, alcuni dei quali non standard e rari. E prodotta da un fungo. Le ciclosporine presentano diverse attività inibitorie nei confronti della crescita cellulare. La più documentata è l attività immunosopressiva, infatti tali composti sono noti per l impiego nella pratica clinica. Tali composti (ciclosporine) inibiscono la crescita delle cellule T-helper e T-citotossiche. In ultima analisi la Ciclosporina-A (che è la più nota) inibisce il rilascio di diverse interleuchine, fondamentali per la risposta immunitaria. Come sopra accennato, è stato recentemente dimostrato che le ciclosporine si legano alle ciclofiline, formando un complesso binario (vedi pag.161). Tale complesso si lega quindi alla proteina fosfatasi calcio dipendente (denominata subunità A della Calcineurina o Proteina Fosfatasi 2B), che a sua volta è legata alla subunità B, che è simile alla nota Calmodulina. In definitiva in presenza di ciclosporina si forma un complesso eteroquaternario, formato da: Ciclosporina - Ciclofilina - subunità A della Calcineurina - subunità B della Calcineurina Tale complessa interazione è stata completamente decifrata, in quanto è nota la struttura definitiva di tale complesso quaternario, realizzata in gran parte con la cristallografia ai ragggi X. A causa della presenza della Ciclosporina, la Calcineurina risulta bloccata in tale complesso quaternario, e non può espletare le sue normali funzioni di proteina fosfatasi. Nella fattispecie, non può defosforilare l importante fattore nucleare proteico NF-AT (Nuclear Factor-AT), che nella forma defosforilata si lega ad una sequenza promotrice del DNA, promuovendo la produzione di interleuchine in alcuni tipi di linfociti che partecipano alla risposta immunitaria. Non potendo subire la defosforilazione, il fattore di trascrizione NF-AT non può promuovere la produzione di interleuchine. 7

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