BREVE INTRODUZIONE ALL EPOCA ELLENISTICA

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1 Prof. Monti a.s. 2016/ Filosofia IV cla / sci Epoca ellenistica: epicureismo e stoicismo BREVE INTRODUZIONE ALL EPOCA ELLENISTICA Note generali Con la morte di Alessandro Magno e di Aristotele, avvenute nel 323 e nel 322 ac, si apre l epoca denominata Ellenismo. In questo periodo si assiste a un enorme espansione del pensiero, della cultura e della tradizione di origine Greca: ciò accade in prima battuta ad opera delle conquiste di Alessandro Magno e, in seguito, della conquista della Grecia stessa da parte di Roma, che ne mutuerà la superiore cultura. Proprio quando il pensiero Greco maggiormente si diffonde, però, esso perde parte della sua grande carica di originalità: l'epoca ellenistica non proporrà figure destinate all'enorme fortuna toccata a Platone ed Aristotele, pur vedendo nascere interessanti scuole di pensiero. Alla morte di Alessandro il suo vasto e fragile impero si sgretola, rimangono tre grandi regni: il regno di Siria, corrispondente grosso modo all'antico impero Persiano, il regno di Macedonia, che comprendeva anche la Grecia, e il regno d Egitto. I reggenti di tali stati sono in perenne lotta fra loro. In Grecia l orizzonte politico delle polis, seppure offuscato, è ancora presente. Se nell'epoca classica le città greche - in particolare quelle che erano state potenze marittime e, quindi, commerciali - avevano goduto di una certa libertà e dinamismo, ora la struttura sociale tende maggiormente a cristallizzarsi in una netta distinzione tra ricchi e poveri, aristocrazia e popolo minuto. Queste condizioni producono notevoli mutamenti dal punto di vista culturale. Date le complesse e caotiche vicissitudini dei regni e delle città, gli uomini di cultura tendono a considerare la politica con un distacco nuovo, come se essa non potesse in alcun modo venire compresa e imbrigliata dalla ragione. Inoltre, con il superamento della limitata prospettiva della polis, la politica si "allontana" dal cittadino. Per contro, si sviluppano nuove tendenze, di tipo più intimistico e riflessivo, che danno un importanza inedita alla sfera del privato e alla ricerca di una felicità di tipo più personale. Ad accompagnare la disaffezione per la politica c è il fatto che molti sono gli uomini che scelgono la cultura come professione, uomini che spesso vivono alla corte di importanti signori o che risiedono in grandi istituti di ricerca scientifica che, proprio in questi anni, fioriscono in particolare in città fuori dalla Grecia. Il più importante di questi centri culturali è sicuramente costituito dal Museo e dalla celebre Biblioteca di Alessandria, istituti fondati da Tolomeo I su iniziativa dei peripatetici Stratone di Lampsaco (allievo di Teofrasto) e Demetrio Falareo. La Biblioteca è ricordata come la più ricca di volumi di tutto il mondo antico ed è proprio lì che nasce un concetto di "libro" e di "edizione" più vicino a quelli cui oggi siamo abituati. Ambito del Museo, invece, è la ricerca scientifica, ricerca che già dalla morte di Aristotele si era andata imponendo all interno del Liceo nella varietà ed autonomia 1

2 Prof. Monti a.s. 2016/ Filosofia IV cla / sci Epoca ellenistica: epicureismo e stoicismo delle discipline. Il momento unificante-filosofico venne lasciato un po cadere a favore delle scienze particolari. La prospettiva platonica ormai, che vedeva tutte le scienze e le arti come propedeutiche alla dialettica, la scienza delle Idee, è stata decisamente abbandonata. Le filosofie ellenistiche che sorgono in questo contesto hanno, pur in tutti i loro contrasti, alcuni elementi in comune. Innanzitutto una forte tendenza pratica. L'etica, in particolare, ha un valore assolutamente centrale perché è vista come l'unica disciplina che può garantire all uomo la felicità. Queste filosofie, insomma, sembrano propugnare più uno stile di vita che una dottrina. Anche Platone e Aristotele avevano dato grande importanza all etica, come abbiamo visto, ma l avevano (soprattutto Platone) fondata su una metafisica ed una teologia, una prospettive che gli intellettuali di epoca ellenistica tenderanno a considerare troppo lontane e, per certi versi, astratte. L'Epicureismo 1.1 EPICURO: LA VITA E LE OPERE Epicuro nacque a Samo, nel 341 ac, da famiglia ateniese e morì ad Atene nel 270 ac circa. Studiò prima alla scuola del platonico Panfilo e poi a quella di Nausifane, un filosofo che si richiamava a Democrito. Ben presto elaborò una sua dottrina originale che diffuse prima a Lampsaco e a Mitilene, poi ad Atene, dove si stabilisce definitivamente nel 306 ac. Qui fonda una scuola, il Giardino. Secondo la testimonianza di Diogene Laerzio Epicuro scrisse moltissimo. Dei suoi libri, però, ci rimane ben poco. Ci sono tre lettere dottrinali - A Erodoto, A Pitocle, A Meneceo e una serie di Massime capitali. Ci sono poi molti frammenti, alcuni dei quali assai interessanti, e la testimonianza del poeta romano Lucrezio, all interno del suo De rerum natura. 1.2 EPICURO: NOTE GENERALI Quando Epicuro vi giunge, Atene è ancora il centro culturale più importante del mondo greco. La scuola che Epicuro fonda, nonostante la concorrenza di Accademia e Liceo peripatetico, è baciata da notevole successo e in poco tempo centinaia di persone la frequentano, tanto che Epicuro può aprire filiali in altre città della Grecia. Essa si configura come una sorta di "gruppo di amici" aperto anche agli schiavi e alle donne. La figura di Epicuro, poi, doveva essere assai attraente in relazione al suo stile di vita, che si sforzava di mettere in pratica le dottrine insegnate. Il maggior motivo del successo della sua scuola però dovette essere questo: Epicuro fu il solo pensatore della sua epoca a proporre una filosofia interamente basata sulla ricerca della felicità. 2

3 Prof. Monti a.s. 2016/ Filosofia IV cla / sci Epoca ellenistica: epicureismo e stoicismo La speculazione sulla felicità, sul bene, sulla virtù e sull uomo è da farsi risalire ai sofisti, per arrivare a Socrate, a Platone e ad Aristotele, ma con Epicuro si trovano novità molto significative. In particolare, Epicuro critica la nozione di felicità platonica perché basata su un ideale troppo astratto e lontano (come, in effetti, già aveva fatto Aristotele prima di lui), l'idea di Bene, qualcosa di incerto e invisibile, qualcosa su cui risulta ben difficile fare reale affidamento. Seguendo un autore come Platone e le sue idee relative alla morte e alla reincarnazione, la vita diverrebbe un cammino ben periglioso, costellato da speranze lontane e da grandi dubbi e paure (il timore dell espiazione delle proprie colpe, per esempio). Epicuro rinuncia del tutto all'idea di una vita felice dopo la morte, tornando alla concezione tradizionale della finitezza della vita dell uomo. Se la tradizione, però, era di stampo fortemente pessimistico (ricordiamo la religione olimpica, nella quale l'uomo è poco più che un burattino in balia del fato e degli dèi), Epicuro sostiene che, nonostante la sua inevitabile finitudine, l uomo ha la possibilità di garantirsi una vita felice, tranquilla. Ricordiamo che anche Aristotele aveva proposto un modello di felicità del tutto mondano, ma tale modello era fortemente aristocratico, con il suo ideale della "pura contemplazione". La felicità propugnata da Epicuro, invece, è alla portata di chiunque. Epicuro mostra quella che potremmo chiamare una forte tendenza pratica, che da un lato lo porta a formulazioni di carattere fortemente dogmatico (la felicità ha bisogno di fondamenta solide, indubitabili) e, dall altra, una semplificazione delle spiegazioni di tipo fisico, limitandosi a dire quanto basta per tranquillizzare l anima nei confronti di paure irrazionali. 1.3 EPICURO: LA FILOSOFIA Un antica tradizione suddivide il pensiero di Epicuro secondo la seguente tripartizione: logica, fisica, etica, anche se la cosa non è del tutto corretta. Quella che Aristotele chiama logica è definita da Epicuro con il termine di canonica e si occupa di problemi diversi da quelli sollevati dallo stagirita. L ontologia di Epicuro è, sostanzialmente, una fisica. Egli, infatti, afferma che non esiste nulla che vada al di là della materia e questo nel chiaro tentativo di confutare e superare le metafisiche di Platone e di Aristotele. Egli può essere considerato il primo vero materialista della cultura occidentale. In particolare, Epicuro riprende il modello democriteo degli atomi, nel quale confluiscono anche elementi dall eleatismo. In effetti Epicuro, nella Lettera ad Erodoto, afferma chiaramente come nulla si crei dal nulla, e niente di ciò che è ricade nel nulla. Ciò che esiste, del resto, si deve poter dividere in parti che spieghino la molteplicità, né deve essere possibile una divisione all infinito, perché in questo modo tutto si perderebbe nel nulla. Devono dunque esistere gli atomi, e con essi il vuoto: diversamente non vi sarebbe il movimento. Se fin qui Epicuro si muove sulla scorta di Democrito, non mancano alcune novità. Innanzitutto, se gli atomi non sono più fisicamente divisibili, lo sono però teoricamente, e si giunge ai cosiddetti minimi. Inoltre, gli atomi non si distinguono ed articolano solo per figura, ordine e posizione, ma anche per grandezza e peso. 3

4 Prof. Monti a.s. 2016/ Filosofia IV cla / sci Epoca ellenistica: epicureismo e stoicismo Vi sono numerose tipologie differenti di atomi - seppure non infinite tipologie, ciò che costringerebbe ad ammettere l'esistenza di atomi direttamente percepibili dai sensi, cosa che Epicuro nega. Se, poi, per Democrito gli atomi avevano in sé la fonte del movimento, per Epicuro essi si muovono in virtù del loro peso, secondo un moto rettilineo dall alto verso il basso. Epicuro introduce anche un altra, grande differenza, la cosiddetta teoria del Clinamen (deviazione), vediamo di cosa si tratta. Visto che gli atomi cadono in linea retta e che la loro velocità non dipende dal peso, allora non dovrebbero mai urtarsi e mai, quindi, si potrebbe generare un qualunque corpo composto. Accade, però, che gli atomi possano - del tutto casualmente - operare delle deviazioni nel loro moto. Già gli antichi trovavano che questa teoria fosse la parte più debole della dottrina di Epicuro e in effetti non c è alcun accenno ad essa nei frammenti conservati. Le testimonianze, comunque, non lasciano dubbi. Del resto, se è vero che Epicuro non voleva lasciare spazio a déi che costringessero o anche solo influenzassero la vita degli uomini, non voleva neppure cedere ad una rigida meccanica deterministica: il libero arbitrio è un fondamento irrinunciabile per lui, da qui la teoria del clinamen. In effetti appare difficile capire in che modo il clinamen possa sostituirsi al determinismo meccanico in un ottica più vicina al libero arbitrio: essa al più introduce il casualismo, ma si tratta di una questione di cui non tratteremo. La cosmologia di Epicuro è assai diversa da quella dei suoi grandi predecessori: a suo avviso i mondi sono infiniti e si creano e distruggono grazie al moto e allo scontro degli atomi. Anche il tempo è infinito, come con Aristotele, inoltre non esiste un Dio creatore o ordinatore (come il demiurgo di Platone) né il mondo è ordinato, stabile e finalisticamente orientato come quello di Aristotele. Non c è alcun fine, alcuna meta, né un tempo circolare. In effetti, di fronte a tutti i fenomeni naturali, Epicuro suole ricorrere a cause e spiegazioni verosimili, cioè che non contrastano con tali fenomeni, ed il suo interesse qui si ferma. La meraviglia, la curiosità di cui parlavano Platone ed Aristotele come forza motrice della filosofia in Epicuro paiono assenti. Per lui il filosofo è, al contrario, colui che non si meraviglia di nulla, che non si lascia prendere dalla vana curiosità. Quello che egli conosce lo conosce con certezza, di tutto il resto sa che esiste una spiegazione plausibile e che questa non lo può in alcun modo turbare. Certo, come per i pluralisti, per Socrate, per Platone e Aristotele la realtà va spiegata e non negata: anche per Epicuro, come per Platone e altri, la vera realtà sfugge ai sensi, ma solo perché gli atomi sono troppo minuti, non certo perché la realtà vera è un altra! Diversamente da molti suoi predecessori, Epicuro dà piena fiducia alla percezione sensibile, e lo fa per un motivo etico-psicologico. Semplicemente, il negare sicurezza alle sensazioni potrebbe produrre un turbamento dell anima, cosa che risulterebbe danno per il conseguimento della felicità del filosofo. Ora, data la conoscenza degli atomi, del vuoto e del clinamen, ottenuta per via razionale, come si spiegano quelle che chiamiamo sensazioni? Epicuro, anche a questo riguardo, riprende la teoria democritea degli effluvi, denominati anche "simulacri", i quali sarebbero sottili emanazioni di atomi che dall oggetto giungono sino all organo sensibile, stimolandolo. Certo nel tragitto si possono perdere degli atomi, oppure l organo ricettivo può essere in uno stato di temporanea alterazione, e queste cose possono produrre una sensazione che non è perfettamente corrispondente all oggetto. Questo, però, non 4

5 Prof. Monti a.s. 2016/ Filosofia IV cla / sci Epoca ellenistica: epicureismo e stoicismo mette in crisi l attendibilità della sensazione. Essa, essendo di origine materiale, è per forza vera. L errore, caso mai, nasce in sede di giudizio, nel senso che noi possiamo dare ad una sensazione un valore che essa non ha. Non esistono solo la conoscenza razionale, con cui si arriva alla cosmologia, né la conoscenza sensibile è sufficiente. Noi infatti ricordiamo degli oggetti anche quando essi non sono attualmente sotto i nostri sensi, e siamo anche in grado di fare delle previsioni. A questo proposito Epicuro parla di anticipazioni, o prolessi. Epicuro spiega anche la memoria in termini puramente materiali: le sensazioni, insistendo più volte sui nostri organi di senso, vi lasciano una sorta di "impronta", ed è questo che ci permette il ricordo. I cosiddetti universali, poi, sono un comodo espediente per non dover ripetere tutte le volte l intero cammino percettivo. Contro quanto si potrebbe credere, Epicuro non nega né l esistenza dell anima né quella degli déi. In questo senso egli, anzi, si vede un po come il restauratore della parte buona e giusta della tradizione. Sia l anima che gli déi infatti esistono, ma hanno carattere completamente materiale. L anima, in particolare, è distinta in due parti: una "fisiologica", fatta di atomi dei quattro elementi mischiati, ed una "razionale", fatta di atomi del tutto speciali. Dalla materialità dell anima discende, naturalmente, la sua mortalità. Come detto Epicuro non nega l esistenza degli déi. Essi, però, non si occupano in nessun modo degli uomini, ed abitano, eterni e beati, gli immensi spazi vuoti fra i mondi, i cosiddetti intermundia. In questo modo Epicuro elimina le irrazionali paure legate all arbitrio degli déi o ad una loro possibile punizione nei nostri confronti. D altro canto, non negandoli, evita di doversi battere con le tradizioni di credenza dei vari popoli. Epicuro porta, in relazione all indifferenza degli déi, un argomentazione che diverrà classica. Esiste il male e questo è un fatto chiaro ed evidente. Dunque, se gli déi si interessano dell uomo, questo significa che o non possono eliminare il male, e quindi sono impotenti, oppure non vogliono, e quindi sono crudeli. Entrambe queste opzioni, però, sono impossibili. Sia l'impotenza che la crudeltà sono caratteristiche che non possono in alcun modo appartenere ad una divinità. Ma che cos è la felicità, unico vero scopo della vita filosofica? Essa ha, per Epicuro, un valore marcatamente edonistico, risolvendosi in una ricerca del piacere. Per lui, però, il piacere non è un basso e volgare piacere materiale. Per Epicuro invece il piacere è assenza di dolore, aponia, ed assenza di turbamento, atarassia. Il vero piacere è, a suo avviso, uno stato di quiete e di serena tranquillità interiore. Ora, occorre anche comprendere che il piacere è tale nell esatto momento in cui lo si prova, e ad esso non si aggiunge nulla prolungandolo all infinito. Non ha dunque alcun senso cercare di prolungare la durata della vita, né desiderarlo, è invece lecito cercare di vivere bene, cioè felicemente, per tutto il tempo che abbiamo effettivamente a disposizione. La tranquillità dell'animo non è raggiungibile in presenza di preoccupazioni di ordine psicologico o materiale, questo è evidente. Sin qui abbiamo eliminato la paura degli déi, ma ce n è un altra, ancora più grande, ed è la paura della morte. Si deve, innanzitutto, dire che la morte è la cessazione di ogni dolore e, da questo punto di vista, sarebbe assurdo temerla! Inoltre, ci ricorda Epicuro, quando noi siamo presenti essa non c è, e quando la morte c è, noi non ci siamo più... Quindi, di fatto, non veniamo mai in contatto con essa! Perché mai, allora, temerla? Rimangono, ancora, le preoccupazioni di ordine materiale. Permane, quindi il dolore, e la vita ne è piena. Vi sono due tipi di dolore. Se il dolore è forte, allora è di breve durata e, 5

6 Prof. Monti a.s. 2016/ Filosofia IV cla / sci Epoca ellenistica: epicureismo e stoicismo nella peggiore delle ipotesi, la morte sopravviene a liberarcene. Se il dolore è debole diventa possibile sopportarlo: il filosofo saprà ignorarlo, come se si trattasse di una cosa che non lo riguarda. - La tranquillità dell anima richiede anche che si rifuggano i desideri smodati, eccessivi. Epicuro distingue i desideri in tre categorie. Vi sono quelli NATURALI E NECESSARI, per esempio la possibilità di nutrirsi e di proteggersi dalle intemperie. Vi sono, poi, quelli NATURALI, MA NON NECESSARI: per esempio il vestire begli abiti, il mangiare cibi raffinati... L ultima categoria, quella assolutamente da evitare, riguarda i desideri NON NATURALI E NON NECESSARI, quelli legati al denaro, al potere, al successo. In effetti Epicuro non stabilisce quali siano con precisione i comportamenti da evitare, perché questo dipende in parte anche dalle inclinazioni di ciascuno. Il punto fermo è che la tranquillità dell animo non venga turbata. Vivi nascosto! ci esorta Epicuro, ma questo non vuol dire che l uomo debba per forza fuggire ogni attività di tipo politico o sociale. Significa invece che il filosofo deve interessarsi a questioni sociali e politiche quel tanto che basta a garantire la propria tranquillità, non di più. Le leggi, la giustizia, hanno un valore puramente pratico e convenzionale. I concetti di giustizia infatti emergono solo in relazione a date leggi. Ciò che oggi è giusto domani, in mutate condizioni, può ben essere ingiusto. Certo con questo Epicuro non vuole giustificare l anarchia: di fatto, a suo parere, i filosofi dovrebbero fondare delle piccole comunità in cui fondamentale sia la ricerca della tranquillità e il rapporto di amicizia tra i membri. L epicureismo entrò anche nel mondo latino, ma non riuscì mai ad avere grande diffusione a causa del suo forte dogmatismo, e quindi la sua incapacità a rinnovarsi, ed anche a causa della sua prospettiva puramente terrena, che non si conciliava con il rinascente bisogno di credenze religiose. * * * 6

7 Prof. Monti a.s. 2016/ Filosofia IV cla / sci Epoca ellenistica: epicureismo e stoicismo Lo Stoicismo 2.1 NOTE INTRODUTTIVE Grande fu l influenza di questo indirizzo di pensiero in tutta la filosofia posteriore, sia in epoca medievale che moderna. Lo stoicismo ebbe un grande sviluppo soprattutto in età tardo ellenistica, in particolare presso il mondo romano. Perché la cultura latina si mostrò tanto interessata allo stoicismo? Innanzitutto, esso era caratterizzato da una forte carica morale e religiosa, che rispondeva bene alle rinascenti esigenze di spiritualità che si fanno sentire a partire dal I secolo ac. Inoltre esso conteneva nozioni intellettuali, morali e politiche tali da riuscire molto gradito ai romani e alla loro mentalità. - Data la lunga durata del movimento, gli storici tendono a dividerlo in tre periodi. La Stoà antica, che occupa il III secolo ac, dominata dalle figure di Zenone, Cleante e Crisippo. La Stoà di mezzo, che giunge fino al I secolo ac e i suoi esponenti più noti sono Panezio e Posidonio. La Stoà nuova, che giunge fino al II secolo dc, in cui ricordiamo Seneca, lo schiavo Epitteto, l imperatore Marco Aurelio. 2.2 BREVE STORIA Fondatore della scuola fu Zenone di Cizio (nell isola di Cipro), uomo di probabili origini fenice. Giunse ad Atene all età di ventidue anni, Compì il suo apprendistato presso il platonico Posidonio (lo stesso di Epicuro), il megarico Stilpone e il cinico Cratete, che lo influenzò molto. Intorno al 300 ac fondò la sua scuola, che prese il nome di Stoica dal luogo dove i suoi membri si ritrovarono, ovvero sotto un portico (stoà). In effetti Zenone, essendo straniero, non poteva possedere beni immobili in Atene. - Alla morte di Zenone, nel 262 ac, alla guida della scuola gli succedette Cleante di Asso, attratto dalla stoà per la sua forte componente religiosa. Questi, però, non aveva una grande originalità filosofica e, di fatto, durante i circa trent anni del suo scolarcato il pensiero stoico attraversò un momento di crisi. Gli Succede Crisippo di Soli, in Cilicia, che riuscì a ridare slancio alla scuola, sistemandone il complesso dottrinale. In effetti noi conosciamo lo stoicismo proprie nella sistemazione di Crisippo. 2.3 CARATTERI GENERALI Nonostante le opere degli stoici antichi siano in gran parte andate perse, ci sono numerosi frammenti e testimonianze, grazie alle vaste simpatie di cui godette il movimento. Inoltre è assai difficile distinguere i contributi dei singoli maestri. Crisippo, per esempio, introdusse diverse novità rispetto a Zenone pur protestando un assoluta fedeltà al maestro. Anche per i filosofi del portico, compito della filosofia è di assicurare all uomo una vita felice. Di fatto, anche la filosofia stoica è essenzialmente di carattere immanentistico e materialistico. 7

8 Prof. Monti a.s. 2016/ Filosofia IV cla / sci Epoca ellenistica: epicureismo e stoicismo Zenone rifiuta il dualismo di Platone (mondo sensibile vs mondo delle Idee) e anche ciò che di esso rimaneva in Aristotele. Pur non negando del tutto la sopravvivenza dell anima dopo la morte, la filosofia stoica si muove in un orizzonte mondano. È in questo mondo ed in questa vita che l uomo deve trovare la sua felicità, rifuggendo sia le speranze di tipo escatologico sia il totale disimpegno e disinteresse propugnato da Epicuro. - Zenone mostra una sincera avversione per l epicureismo e giunge ad accusare questa scuola di preoccuparsi solo di procurare all'individuo una "felicità privata" nella forma di un mero appagamento dei sensi. Egli, nel complesso, condanna fermamente l individualismo epicureo. 2.4 LA FILOSOFIA DELLA STOÀ ANTICA Lo stoicismo accetta la divisione della filosofia in logica, fisica ed etica, inaugurata da Senocrate (allievo di Platone). Se è vero che l etica è la parte più importante, bisogna però dire che essa si fonda sulle altre due. Gli stoici inventano numerose immagini per illustrare questo rapporto, interessante è l immagine del frutteto: il muro di cinta corrisponde alla logica, gli alberi alla fisica e i frutti l etica. La fisica stoica è fortemente materialistica. In questo, la scuola stoica prende le mosse dal Sofista di Platone, dove il filosofo afferma che veramente reale è solo ciò che agisce e patisce. Ma, aggiungono gli stoici, solo ciò che è materiale può agire e patire. Per gli stoici tutto ha una natura materiale, non solo quanto noi definiremmo sostanze chimiche o elementi : anche i concetti astratti come quelli di giustizia, virtù, ecc. hanno una dimensione assolutamente concreta. La giustizia, per esempio, è l insieme delle forme che essa assume nelle persone e nelle cose giuste: comportamenti giusti, cose giuste: tutto è concreto! Per gli stoici la distinzione fra forma e materia, operata da Platone e Aristotele, non è da negare, ma va intesa in questo modo: tutto l'universo è costituito da una sola e identica materia la quale, di volta in volta, si specifica (diciamo: si "specializza") nei ruoli e nelle funzioni più varie. La forma stessa, dunque, è sempre qualcosa di materiale. Quello degli stoici è una forma di monismo: uno solo è il principio della realtà, di ogni realtà, la materia! In relazione alla fisica stoica, l'epicureismo ci fornisce un utile contraltare: si tratta, infatti, di dottrine radicalmente opposte. La materia per gli stoici non è qualcosa di inerte, di morto (come, tendenzialmente, noi la vediamo), invece è "viva", attiva, compatta (il vuoto non esiste!) e divisibile all'infinito. Esiste un unico mondo guidato da una provvidenza divina, provvidenza che crea un destino che gli uomini non possono mutare nella sostanza. Epicuro, come ricorderete, ammetteva infiniti e piccolissimi "mattoni", gli atomi, che esistono nel vuoto e che creano le cose unendosi e disfacendosi senza obbedire ad alcuna regola di tipo provvidenziale. Gli stoici invece indicano una materia unica ed infinitamente divisibile, che è in grado di mutare e di determinarsi in modi diversi senza però ammettere né salti né buchi. Gli stoici danno a questa materia numerosi appellativi: physis, fuoco, pneuma, logos... Per spiegare le diversità fra le cose individuali essi non ricorrono a diverse forme, come Platone ed Aristotele, ma parlano di un diverso temperamento o diversa tensione dell unico principio materiale-formale. Gli stoici erano d accordo con Platone nel considerare il cosmo come un grande "essere vivente", una sorta di organismo orientato verso un fine. Questo principio è, 8

9 Prof. Monti a.s. 2016/ Filosofia IV cla / sci Epoca ellenistica: epicureismo e stoicismo naturalmente, anche Dio. La filosofia degli Stoici ha i caratteri di un panteismo: la divinità sostanzialmente si identifica con il mondo. La materia, che occupa l intero mondo e che non lascia vuoti, è costituita dagli ormai tradizionali quattro elementi e, fra questi, il fuoco è quello da cui gli altri tre derivano. In effetti i cieli sono costituiti non di etere, come voleva Aristotele, ma di fuoco. L unicità e l unione della materia hanno anche un altra importante conseguenza: il più piccolo e remoto accadimento influenza tutto il mondo. Gli stoici, in questo senso, giustificano le credenze astrologiche. Essi riabilitano anche il politeismo tradizionale, identificando questi déi con gli elementi e le forze della natura. Dato che la materia è unica ed onnicomprensiva, in che modo da essa si generano e si corrompono i molteplici oggetti dell esperie nza? Gli stoici parlano a riguardo di ragioni seminali, le quali costituiscono la struttura di ogni singolo oggetto, struttura da sempre presente in potenza nella materia (si noti il debito con Aristotele). Tutto ciò che esiste si genera, evolve e si distrugge in accordo con l immutabile destino che governa il mondo, destino che coincide con la provvidenza divina, la quale tutto guida verso un buon fine. Il destino degli stoici, dunque, non ha l accezione pessimistica di cui era intrisa l idea tradizionale del fato. - Da quanto abbiamo visto, è evidente che per gli stoici ogni pur piccolo avvenimento, data l'intrinseca unità del tutto, ha la dignità e l importanza di ciò che discende direttamente dal logos. Il continuo mutamento, le infinite trasformazioni che possiamo osservare nel mondo naturale non rendono questo mondo in qualche modo carente (come in effetti era, di fatto, per Platone): esso è, invece, perfetto. Come sostenere che, nella mutazione continua, vi è perfezione? Abbiamo visto come assai spesso il divenire, la trasformazione, sia stata vista in termini piuttosto negativi... Zenone propone questa risposta: tutto ciò che accade nel mondo si ripete ciclicamente ed esattamente nello stesso modo! Nasceranno un altro Platone e un altro Aristotele, agiranno e penseranno nella stessa identica maniera e questo vale per tutto e per tutti. In questo modo il mondo - anche se, come vediamo, è in continuo divenire - ha una sua perfezione e immutabilità. Una sola è la materia, come abbiamo visto: uno solo è il logos. Le sue diverse manifestazioni, però, si possono mettere in scala gerarchica. Si parte dal gradino più basso, quello degli oggetti inanimati, si sale verso gli essere viventi più semplici, le piante, si giunge agli animali e infine, nel punto culminante, vi è l'uomo, la più elevata manifestazione e concretizzazione del logos. Per quale motivo gli esseri umani sono in cima a questa classifica? Solo l uomo, nell insieme di tutto ciò che esiste, possiede il giudizio etico, morale; solo l uomo possiede il pensiero razionale. L anima umana, anch essa materiale, è uno pneuma particolarmente sottile e puro. Anche gli stoici ammettono una divisione interna all anima in una parte fisiologica ed in un nucleo che sovrintende alla razionalità ed al giudizio morale. 2.5 LA LOGICA DEGLI STOICI La logica stoica si può dividere in due parti. La prima corrisponde all incirca alla canonica degli epicurei, e si occupa della teoria della conoscenza; la seconda invece si occupa di analizzare i fondamenti funzionali del ragionamento e del linguaggio e prende qui il nome di dialettica (la logica in senso aristotelico, insomma). 9

10 Prof. Monti a.s. 2016/ Filosofia IV cla / sci Epoca ellenistica: epicureismo e stoicismo Anche gli stoici, proprio come gli epicurei, pongono la sensazione alla base di ogni possibile conoscenza. L oggetto conosciuto lascia una vera e propria "impronta" sull organo di senso, impronta causata dal contatto materiale, e l'impronta, a sua volta, produce una "impressione psicologica" che gli stoici chiamano fantasia. Ma, dato il continuo divenire del mondo e la palese esistenza di esperienze ingannevoli, come si può distinguere la sensazione vera dalla falsa? Questo problema per noi non è certo nuovo... Gli stoici ritengono che l anima umana, la sua parte intellettuale, dato che deriva dal logos in modo eminente è in grado di distinguere tra le due possibilità. Ci sono sensazioni che per la loro stessa evidenza si impongono come vere, sono le cosiddette rappresentazioni comprensive. Le altre sensazioni, più dubbie e incerte, richiedono una sospensione del giudizio, e sono le rappresentazioni non comprensive. Questa distinzione provoca una polemica. Quale sarebbe il citato criterio di evidenza? Detto con maggior chiarezza: quando possiamo affermare che una certa sensazione è evidente? Per gli stoici è "evidente" quella sensazione (visiva, uditiva, ecc.) che si riferisce ad un oggetto che, in quel momento, è presente. La presenza dell'oggetto però, di per sé, pare insufficiente: infatti è solo la sensazione che ho di un oggetto (per esempio il fatto che lo vedo davanti a me) ad attestare la presenza: quindi la presenza parrebbe logicamente inadatta a dimostrare l'affidabilità, l'evidenza, della sensazione stessa! C è "evidenza", di fatto, quando l impressione psicologica della presenza risulti così forte da costringerci a credere alla verità di quanto la sensazione ci dice. Attenzione: la conoscenza intellettuale non aggiunge nulla a quella sensibile, ma si limita ad organizzare schematicamente le rappresentazioni comprensive. Vi sono, in effetti, delle prolessi, o nozioni comuni, che si sviluppano nell uomo in modo naturale e sin dall infanzia, ma anche queste hanno origine sensibile. Non vi è conoscenza alcuna, dunque, che non parta dai sensi. - Come abbiamo avuto modo di vedere, Platone e Aristotele, seppure in modo diverso l'uno dall'altro, hanno sottolineato la distinzione fra oggetto e concetto (o significato). A questi due termini gli stoici ne aggiungono un terzo. C'è infatti: 1) L'oggetto materiale 2) Il concetto o significato (di quell'oggetto) 3) La parola, scritta o orale, che indica l'oggetto. La seconda parte della logica stoica, l analisi del ragionamento, è portata avanti soprattutto da Crisippo. Mentre Aristotele si era occupato delle principalmente asserzioni, Crisippo punta l indice sulle proposizioni ipotetiche (del tipo: "Se ti fossi impegnato nello studio, allora saresti stato promosso") e sulle disgiuntive (del tipo "Puoi andare o al cinema o in discoteca con gli amici"). - Mentre la logica aristotelica aveva nel suo carattere formale la maggior sottolineatura, Crisippo voleva elaborare una logica che fosse maggiormente legata alla realtà dei fatti. Crisippo, dunque, non lega fra loro dei concetti ("uomo" e "mortale" per esempio) per verificarne verità e falsità, ma si concentra su intere proposizioni (al giorno d'oggi, una logica come quella stoica prende il nome di logica proposizionale, dove la funzione di soggetto è assegnata non ad un termine ma ad un intera proposizione; la logica aristotelica, invece, prende il nome di logica predicativa) della cui verità e falsità bisogna interrogare l esperienza. Le premesse, dunque, non esprimono più un rapporto tra concetti, ma enunciati su dati di fatto reali. 10

11 Prof. Monti a.s. 2016/ Filosofia IV cla / sci Epoca ellenistica: epicureismo e stoicismo Esempio: se è vero che è giorno allora è vero che c è luce (esperienza) c è luce Dall esempio si capisce chiaramente che le premesse sono valutate in relazione a un dato di fatto esterno: guardo fuori dalla finestra e verifico se effettivamente è giorno L'ETICA STOICA Abbiamo già detto di come, anche per gli stoici, l etica sia la parte più importante della filosofia: la sapienza ha il compito fondamentale di rendere felice la vita dell uomo. Anche per gli stoici, come per gli epicurei, la felicità è assenza di turbamenti, atarassia, e di passioni, apatia. La vita pratica è privilegiata rispetto alla conoscenza intellettuale, come per gli epicurei, ma gli stoici ritengono di dover fondare questa vita proprio sulla retta conoscenza, diversamente da Epicuro. Epicuro identificava la felicità con il piacere individuale. Certo, bisogna poi, caso per caso, vedere in che cosa consistano tali piaceri, ma alla fine ognuno decide per se stesso, pur scartando a priori i più bassi piaceri della materia. Questo per gli stoici non funziona. Prima di sapere che cosa veramente costituisca la vera felicità dell uomo, bisogna indagare a fondo la natura umana e comprenderla appieno. Tutte le creature tendono alla propria conservazione, ovvero a realizzare in pieno le proprie peculiari inclinazioni. Se il seguire la naturale inclinazione per Epicuro poteva direttamente coincidere con il piacere, per gli stoici non è così. Basta, del resto, osservare gli animali: si vede che molti di essi sono disposti persino a perdere la vita pur di salvare la propria prole. Oppure si pensi a un bambino: quanti sforzi compie, sforzi certo non orientati al semplice piacere, per imparare a camminare! Qual è l inclinazione propria dell uomo? È il logos o, per dir meglio, l obbedienza ad esso. Vivere in accordo con il logos non vuol dire isolarsi nel privato, ricercando una felicità "privata", ma, al contrario, bisogna cercare una vita comunitaria ed armoniosa. La giustizia e la virtù non sono affatto convenzioni, come con Epicuro, ma derivano direttamente dal logos che è in noi. L uomo è per natura animale sociale e, sempre per natura, deve perseguire gli ideali di giustizia e di rispetto reciproco. Solo il saggio conosce la natura dell uomo, ovvero il logos, e solo questi sa che seguire il logos, la virtù, rende felici. Lo stoico agisce per obbedire al logos e, di conseguenza, è felice. L epicureo, invece, se obbedisce al logos è perché sa che non facendolo ne ricaverebbe infelicità. Possiamo dire che alla base dell agire dell epicureo non c è un saldo principio morale, ma solo l individuale ricerca del piacere. Per gli stoici, come per Socrate e Platone, l azione per essere morale deve essere governata da una ragione più alta e certa. In questa prospettiva, per gli stoici la felicità stessa è in secondo piano, perché la sottolineatura maggiore sta sul conformarsi al logos, dunque sulla virtù in sé e per sé. È così che è quel comportamento dettato solo dal logos e che non ha alcun secondo fine, per esempio la riconoscenza di qualcuno. 11

12 Prof. Monti a.s. 2016/ Filosofia IV cla / sci Epoca ellenistica: epicureismo e stoicismo Di fatto solo il saggio può realizzare un KATHORTOMA, perché solo lui si lascia completamente guidare dal logos. Non c è l eudamonia socratica, ma altri punti comuni. La virtù è una sola, e la virtù è conoscenza. Il saggio non ha precetti morali: conoscendo il logos sa sempre cosa deve fare. Il malvagio invece è ignorante, e dunque agisce male. Va anche detto che, al di fuori di tutte quelle situazioni che richiedono una scelta morale, bene e male non esistono. Gli oggetti, per esempio, non sono di per se stessi né bene né male, ma indifferenti. Anche cose come la bellezza o la bruttezza, la ricchezza o la povertà, la salute e la malattia sono indifferenti proprio perché non prevedono una scelta morale (questo contro quanto aveva affermato Aristotele). - Questo così ferreo rigorismo avrebbe impedito allo stoicismo di avere la grande diffusione che di fatto poi ebbe: i suoi fondatori se ne resero ben conto. Ecco quindi che il saggio che compie i KATHORTOMA è una figura limite, ideale, e che anche le cose indifferenti lo sono solo dal punto di vista morale. In effetti, anche il saggio preferirà essere bello e ricco che non brutto e povero. In questo senso vi sono anche azioni che risultano convenienti, perché migliorano le condizioni di ordine sociale o individuale. Queste azioni non sono dei KATHORTOMA, ma è giusto e doveroso compierle. Da quanto detto, capiamo che l etica stoica si fonda sul libero arbitrio, sulla libera scelta di chi compie l azione virtuosa. Ma come accordare questo libero arbitrio con il destino incoercibile e la teoria della ripetizione ciclica? È Crisippo, più di tutti, che si occupa di tali questioni. Egli individua delle cause remote, o meccaniche, e delle cause prossime. Facciamo un esempio: alcune delle cause per le quali io posso alzarmi dal letto - come il fatto di non essere malato o infermo, il fatto di avere gambe che funzionano a dovere, ecc. - non dipendono da me, ma dal destino: sono cause remote, appunto. Il fatto poi di alzarmi effettivamente, una volta che le cause remote me lo consentono, dipende da me, dalla mia volontà di farlo: queste sono le cause prossime. Altro esempio: un pallone ha in se stesso, nella sua sfericità, la causa remota del suo poter rotolare. Ma perché questo avvenga di fatto esso deve essere spinto giù per la china. Nella vita dell uomo ci sono cose, lo si vede chiaramente, che spesso non vanno secondo i nostri desideri e aspirazioni, nonostante tutti i nostri sforzi. Gli stoici vedono bene come questo possa turbare l animo, ma rassicurano: il destino non ha nulla di arbitrario o crudele, ma è regolato secondo un ordine provvidenziale! Per tutto ciò che non è alla portata della nostra influenza, dunque, possiamo tranquillamente affidarci alla provvidenza. In effetti l uomo è libero non tanto nel senso che può scegliere fra bene e male, ma è tanto più libero quanto maggiormente accetta il primato del logos e quindi l agire retto e morale. È come se fossimo legati ad un carro: un conto è seguirlo controvoglia, un conto è assecondarne il movimento. Questa seconda è l opzione degli stoici. Nel mondo greco erano però riconosciuti anche impulsi irrazionali interni all uomo, come ad esempio l ira, che ne limitano la libertà di scelta. Gli stoici non se la sentono di negare tali impulsi, seppure non vogliono ammettere l esistenza dell irrazionalità nell uomo. Essi allora dicono che tali passioni sono generate da un assenso eccessivo e frettoloso a rappresentazioni di particolare violenza, come ad esempio il vedere qualcuno che fa del male ad un proprio amico. Compito del saggio sarà allora rafforzare la sua visione del logos, in modo da rimanere imperturbato anche davanti agli avvenimenti più gravi. Persino la morte deve essere vista con sereno distacco e, anzi, alcune testimonianze affermano (non sappiamo se la cosa sia vera) che lo stesso Zenone si suicidò quando ebbe l impressione che fosse giunta la sua ora. La storia romana sarà ricca di personaggi che si tolgono la vita con stoica tranquillità. 12

13 Prof. Monti a.s. 2016/ Filosofia IV cla / sci Epoca ellenistica: epicureismo e stoicismo - Come ultima cosa, va sottolineata la grandissima importanza che viene data alla partecipazione alla vita politica e civile. Gli stoici rifiutano l idea epicurea (e di alcuni socratici minori) secondo cui si debba cercare una felicità privata, o al massimo con alcuni amici. Essi, infatti, ritengono che la legge sia diretta emanazione del logos: le leggi sono insite nella natura stessa e per questo è compito del saggio fare in modo che queste emergano e vengano rispettate, solo così il mondo sarà più civile e vicino alla razionalità del logos. Lo stoico, proprio perché conosce il logos e se ne lascia governare, deve consigliare i governanti o governare lui stesso. Nei primi stoici questo rimase un ideale irrealizzato, ma in figure come Marco Aurelio la figura dello stoico politico si realizzò in pieno. È assai importante ricordare anche che la visione politica degli stoici aveva ormai superato il limitato orizzonte della polis. Tutti gli uomini, per loro, formano un unica società governata da un unico principio. 13

14 LE SCUOLE ELLENISTICHE Prof. Monti a.s EPOCA: ELLENISMO espansione della cultura greca l impero di Alessandro Magno si sfalda l orizzonte politico della polis si offusca POLITICA distacco da parte degli uomini di cultura tendenze più intimistiche, sfera del privato cultura come professione (Museo e Biblioteca di Alessandria) EPICUREISMO E STOICISMO forte tendenza pratica importanza dell eticaetica stile di vita più che dottrina

15 EPICURO 341 ac 270 ac Prof. Monti a.s Originario i i di Samo, si stabilisce ad Atene e fonda il Giardino 2. Scrisse moltissimo, ma ci restano pochi testi e numerosi frammenti Il suo pensiero è interamente basato sulla RICERCA DELLA FELICITÀ. Critica l ideale platonico (troppo astratto): il Bene è invisibile e incerto. Non a caso, Epicuro rinuncia completamente all idea di una vita felice dopo la morte tornando alla concezione tradizionale della radicale finitudine dell uomo.

16 EPICURO 341 ac 270 ac Prof. Monti a.s Al PESSIMISMO tradizionale Epicuro oppone però una visione POSITIVA dell essere umano. Pur essendo finito, l uomo ha la possibilità di condurre una vita davvero felice.

17 EPICURO 341 ac 270 ac Prof. Monti a.s LOGICA (non ne parleremo) FISICA Ha uno scopo diverso da quello che ci aspetteremmo! ETICA È la parte di maggiore rilievo e importanza per Epicuro stesso

18 EPICURO la Fisica epicurea Prof. Monti a.s Principio essenziale: TUTTO CIÒ CHE ESISTE È MATERIA Epicuro riprende e in parte modifica l atomismo di Democrito: 1. I cosiddetti minimi 2. Non solo figura, ordine e posizione, ma anche grandezza e peso 3. Moto rettilineo dall alto lt verso il basso causato dal peso 4. Teoria del Clinamen

19 EPICURO la Fisica epicurea Prof. Monti a.s Difetti del clinamen e suo scopo Già gli antichi considerarono debole e dogmatica la teoria del clinamen. Essa si impone senza venire spiegata... Epicuro, in effetti, introdusse questa teoria fisica al solo scopo di garantire l esistenza del libero arbitrio.

20 EPICURO la Fisica epicurea Cosmologia 1. Spazio e tempo infiniti: infiniti sono i mondi! Prof. Monti a.s L universo non ha alcun fine, scopo, ordine garantiti dalla divinità 3. Il tempo non è circolare, ma rettilineo Nessuna meraviglia 1. Vedremo che questo mondo naturale non desta alcuna meraviglia. Anzi: il filosofo è proprio chi non si meraviglia di nulla, che non si lascia attrarre dalla vana curiosità 2. Certezza spiegazioni i i plausibili

21 EPICURO la Fisica epicurea Prof. Monti a.s Nessuna meraviglia 3. La percezione sensibile è del tutto degna di fiducia: per quale motivo? Metterla in dubbio potrebbe produrre turbamento! Anche la sensazione, comunque, è spiegata riprendendo la teoria democritea degli effluvi (anche detti simulacri ). i ) 4. Ma se la sensazione è sempre vera, com è possibile l errore? Questo dipende dal giudizio: noi possiamo dare alla sensazione un valore che essa non ha.

22 Anima e divinità EPICURO la teologia epicurea Prof. Monti a.s Epicuro non nega né l una né gli altri: entrambi sono, però, del tutto materiali. Conseguenze e incongruenze: la materialità dell anima fa sì che essa sia mortale... Ma anche gli déi sono materiali! *** Comunque sia, gli déi esistono, ma non si occupano in alcun modo degli uomini. Non dobbiamo attenderci da loro né aiuti né ostacoli, né premi o punizioni. Anche a questo riguardo, è nell etica che dobbiamo cercare g una spiegazione!

23 EPICURO la teologia epicurea Perché le divinità sono indifferenti? Una argomentazione classica! Premessa: esiste il male Prof. Monti a.s Data la premessa, ne segue che se gli déi non fossero indifferenti nei nostri confronti, dovremmo per forza accettare che: 1) Gli déi sono meschini 2) Gli déi sono impotenti ti Entrambe le cose, però, contraddicono alla nozione stessa di divinità! Conclusione: gli déi sono indifferenti!

24 Cos è la felicità? EPICURO l Etica epicurea Prof. Monti a.s Essa consiste nella ricerca del piacere Il quale consiste in APONIA (assenza di dolore) e ATARASSIA (assenza di turbamento). Il piacere per Epicuro è, riassumendo, una condizione di pace e tranquillità interiore. Occorre anche aggiungere che il piacere è tale nel momento in cui lo si prova: il suo indefinito prolungamento non aggiunge nulla al suo valore!

25 EPICURO l Etica epicurea Prof. Monti a.s Come si raggiunge la tranquillità? Essa non si può raggiungere quando si è in uno stato di preoccupazione o di emozione. Se è vero che Epicuro ha sviluppato idee tranquillizzanti in relazione al mondo fisico e alle divinità, restano pur sempre la paura della morte e quella del dolore fisico. E i d ll ifl i i tili i Epicuro propone delle riflessioni utili, a suo avviso, a scongiurare anche queste due problematiche.

26 EPICURO l Etica epicurea Prof. Monti a.s Come si raggiunge la tranquillità? La tranquillità, infine, richiede di fuggire ogni emozione forte, ogni desiderio eccessivo. Epicuro divide i desideri in tre categorie: 1) NATURALI E NECESSARI 2) NATURALI E NON NECESSARI 3) NON NATURALI NÉ NECESSARI

27 EPICURO l Etica epicurea Prof. Monti a.s Vivi nascosto! Questa esortazione è intesa a favorire la serenità dell animo, ma come intenderla in ambito sociale e politico? Epicuro non intendere dire che sia necessario vivere come Eremiti, in solitudine, ma che occorra interessarsi a questioni di tipo sociale e politico solo il minimo indispensabile utile a garantire il proprio benessere, nulla di più! L i i ti i d l t i i h Leggi e giustizia, del resto, sono pure convenzioni e non hanno alcun valore intrinseco.

28 EPICURO l Etica epicurea Prof. Monti a.s Fortuna di Epicuro Il pensiero di Epicuro e dei suoi discepoli si diffuse anche nel mondo romano, ma senza avere grande fortuna. In effetti la sua prospettiva esclusivamente terrena e materiale, insieme alla sua scarsa carica ideale, mal si concilierà con un epoca che vedrà una fortissima rinascita di esigenze di carattere spirituale.

29 STOICISMO note introduttive Prof. Monti a.s Fortuna nel mondo latino Al contrario dell epicureismo, ebbe enorme fortuna nel mondo romano. 1. Forte carica morale e religiosa, che si fa sentire soprattutto dal I secolo ac in poi. 2. Nozioni morali e politiche gradite ai latini - Movimento di lunga durata (III ac II dc): Stoà antica, Stoà di mezzo, Stoà nuova - Seneca, Epitteto, Marco Aurelio

30 Storia STOICISMO note introduttive Prof. Monti a.s Zenone di Cizio fondò la Stoà ( portico ) in Atene attorno al 300 ac. Gli succedono nella guida della scuola Cleante di Asso e, successivamente, Crisippo di Soli. Similitudini con l epicureismo... Esigenza di garantire una vita felice Immanentismo e materialismo (rifiuto del dualismo platonico)... eppure Avversione verso l epicureismo, il quale proporrebbe una inaccettabile felicità privata e un egoistico individualismo.

31 STOICISMO la Stoà antica Prof. Monti a.s La solita tripartizione Anche per lo stoicismo è valida la divisione in LOGICA, FISICA ed ETICA, dove è quest ultima ad avere la maggiore importanza. IMMAGINE DEL FRUTTETO - il muro di cinta è la logica, gli alberi sono la fisica, i frutti rappresentano l etica. Pur essendo di maggiore importanza, è corretto dire che l etica si basa sulla logica e sulla fisica.

32 STOICISMO la Stoà antica Prof. Monti a.s La fisica MATERIALISTICA: è reale solo ciò che può agire e patire (Sofista) ma solo la materia agisce e patisce, dunque... Tutto è concreto, persino concetti ideali con quello di giustizia : essa altro non è che l insieme dei comportamenti giusti... MONISMO: se è vero che gli stoici accettano la distinzione aristotelica tra materia e forma, affermano che tutto è composto da un unica e identica materia, che si può via via specificare secondo forme diverse.

33 STOICISMO la Stoà antica La fisica Nei dettagli, la fisica stoica è opposta a quella epicurea! Prof. Monti a.s Esiste un solo e unico mondo Esso è guidato dalla divina provvidenza, un destino immutabile nella sua sostanza. Il tempo è circolare: tutto ciò che accade si ripeterà identico. Caratteri della materia degli stoici La materia è unica e tutta unita : il vuoto non esiste. Essa non è inerte, ma viva e attiva. Essa è infinitamente divisibile, senza salti né vuoti, e può manifestarsi nelle guise più diverse ( temperamento o tensione ) ). Ha caratteri divini e numerosi appellativi: physis, fuoco, pneuma, logos

34 Panteismo STOICISMO la Stoà antica Prof. Monti a.s Di fatto, l intero cosmo è visto come una sorta di immenso essere vivente (come in Platone) orientato verso un fine. Essendo la materia unica (seppure costituita da quattro elementi tradizionali: aria, acqua, terra e fuoco) e non esistendo altro, essa si identifica con la divinità: PANTEISMO. Conseguenza dell unicità della materia Se la materia è unica e se il vuoto non esiste, allora è vero che ogni pur remoto e piccolo avvenimento influenza l intera realtà. Risultano così giustificate credenze di carattere astrologico...

35 STOICISMO la Stoà antica Prof. Monti a.s Ragioni seminali, Provvidenza, perfezione Se la materia è unica, come si giustificano i molteplici oggetti dell esperienza? Essi si generano e corrompono a partire dalle ragioni seminali (logoi spermatikoi), che costituiscono la struttura di ogni cosa da sempre presente, in potenza, nella materia. L intero mutamento cosmico procede in accordo con l immutabile provvidenza divina, perfettamente orientata al bene: il destino degli stoici non è dunque caratterizzato dal pessimismo legato alla tradizionale idea di fato. Il mondo in tutta la sua ciclica evoluzione è, di fatto, perfetto. È, anzi, proprio l eterna leternaciclicità del tutto l elemento che giustifica la perfezione del tutto: il mondo diviene, eppure è immutabile!

36 STOICISMO la Stoà antica Prof. Monti a.s La gerarchia naturale e l uomo Anche se una sola e tutta unita è la materia, le sue manifestazioni si possono ordinare gerarchicamente (seppure anche la più infima creatura è espressione del logos divino!). Nella scala naturale, si sale parte dagli oggetti inanimati e si sale sino a giungere all uomo: egli è per gli stoici la più alta manifestazione del logos / provvidenza. Ma perché l uomo viene posto al culmine della gerarchia? È perché solo l uomo possiede capacità di ragione e giudizio etico. In altre parole: solo l uomo è pienamente consapevole di sé e del mondo.

37 STOICISMO Cenni sulla logica stoica Prof. Monti a.s La logica è distinta in due sezioni Una teoria della conoscenza (gnoseologia) Analisi dei fondamenti del ragionamento e del linguaggio (logica in senso aristotelico) 1 Gnoseologia: impronta e fantasia Come per gli epicurei, a fondamento di ogni sapere c è la sensazione. L oggetto provoca una sorta di impronta fisica sull organo di senso, la quale produce a sua volta una impressione psicologica chiamata fantasia.

38 STOICISMO Cenni sulla logica stoica 1 Gnoseologia: come distinguo la sensazione vera da quella falsa? Prof. Monti a.s Ci sono sensazione che per la loro evidenza si impongono come vere: rappresentazioni comprensive. Quelle invece più incerte richiedono la sospensione del giudizio e si dicono rappresentazioni non comprensive. Ma quando una sensazione si dice evidente? Si dice tale, quella sensazione che si riferisce a un oggetto presente. Questo criterio appare inadeguato... Il sapere intellettuale nulla aggiunge a quello dei sensi. Esso si limita ad organizzare le rappresentazioni comprensive. Anche le prolessi, onozioni icomuni, si sviluppano nell uomo a partire dai sensi.

39 STOICISMO Cenni sulla logica stoica 1 Gnoseologia: come distinguo la sensazione vera da quella falsa? Prof. Monti a.s ? Sensazione evidente presenza Il sapere intellettuale nulla aggiunge a quello dei sensi. Esso si limita ad organizzare le rappresentazioni comprensive. Anche le prolessi, o nozioni comuni, si sviluppano nell uomo a partire dai sensi.

40 STOICISMO Cenni sulla logica stoica Prof. Monti a.s Gnoseologia: oggetto concetto parola Già Platone e Aristotele, a loro modo, distinguono fra oggetto e concetto, gli stoici mettono in particolare risalto anche un terzo termine, costituito dalla parola (verbale o scritta). Oggetto Concetto Parola (orale o scritta)

41 STOICISMO Cenni sulla logica stoica Prof. Monti a.s Analisi del ragionamento Aristotele conduceva le sue analisi in ambito logico principalmente sulle asserzioni. Crisippo, invece, si concentra sulle proposizioni p ipotetiche esu quelle disgiuntive. Di contro al carattere formale della logica aristotelica, gli stoici rimangono più strettamente legati alla realtà fattuale. Ecco che, invece che legare fra loro singoli concetti (logica predicativa) si concentrano su intere proposizioni assunte come un tutto (logica proposizionale).

42 STOICISMO Cenni sulla logica stoica Prof. Monti a.s Analisi del ragionamento Più che esprimere relazioni fra concetti concetti e relazioni che possono corrispondere o meno a qualcosa di reale la logica stoica mira a enunciati su dati di fatto reali. se è vero che è giorno allora è vero che c è luce (esperienza) c è luce

43 STOICISMO l Etica stoica Prof. Monti a.s Prime note Scopo della sapienza, dunque della filosofia, è rendere felice la vita dell uomo. Anche gli stoici ritengono che la felicità sia da caratterizzare negativamente come atarassia e come apatia. Se, però, Epicuro identificava la felicità con il piacere individuale (o di piccoli gruppi), non così accade con gli stoici.

44 STOICISMO l Etica stoica Prof. Monti a.s Cos è la felicità? Per rispondere adeguatamente, occorre prima comprendere appieno la natura umana. Ecco come ragionano gli stoici: ogni essere vivente tende alla propria p conservazione e a realizzare le proprie p inclinazioni. Le inclinazioni, però, non necessariamente si identificano col piacere. Molti animali, non a caso, sono disposti persino a perdere la vita pur di salvare la propria prole! Oppure pensiamo a quanti sforzi compie un bambino allo scopo di imparare qualcosa (a camminare, per esempio).

45 STOICISMO l Etica stoica Prof. Monti a.s Cos è la felicità? Se tutto ciò è vero, non si può dire che l inclinazione propria dell uomo consista semplicemente nella realizzazione del piacere. La più propria inclinazione umana è, invece, il vivere in accordo con il logos. Giustizia e virtù non sono affatto convenzioni, come con Epicuro, ma derivano dal logos. Ecco che l uomo, in quanto animale sociale, deve perseguire gli ideali di giustizia e di rispetto reciproco. Troviamo qui un saldo principio morale: seguire il logos, la virtù, rende felici.

46 STOICISMO l Etica stoica L azione morale È allora la virtù, più della felicità, ad essere determinante. Prof. Monti a.s L azione veramente morale, perfettamente morale, prende il nome di KATHORTOMA: comportamento t dettato t dal logos eche non ha alcun secondo fine. Non esistono precetti morali: il saggio, conoscendo il logos, sa in ogni occasione cosa debba fare. V h tt li t h l di là d ll it i i h i hi d Va anche sottolineato che, al di là delle situazioni che richiedono una scelta morale, bene e male non esistono. Si entra qui nel campo degli indifferenti: gli oggetti, ma anche bellezza o bruttezza, salute o malattia, ricchezza o povertà lasciano indifferente il saggio...

47 Ferreo rigorismo STOICISMO l Etica stoica Prof. Monti a.s Se l azione è davvero morale solo quando risulta TOTALMENTE DISINTERESSATA, allora ci troviamo di fronte a un rigore talmente ferreo da poter essere tradotto in pratica solo in casi eccezionali. Questo, naturalmente, avrebbe ostacolato la diffusione del pensiero stoico. Gli stoici introducono quindi un correttivo: il KATHORTOMA deve essere visto come una figura ideale, limite. Nella pratica, anche il saggio preferirà essere bello anziché brutto, ricco anziché povero, sano anziché malato... Vi sono, allora, azioni che pur non essendo propriamente morali sono comunque convenienti, giuste e doverose.

48 Un grosso problema STOICISMO l Etica stoica Prof. Monti a.s Da quanto detto, capiamo che l etica stoica si fonda sul libero arbitrio, sulla libera scelta di chi compie l azione virtuosa. Ma come accordare questo libero arbitrio con il destino incoercibile e la teoria della ripetizione ciclica? Crisippo prova a risolvere il problema distinguendo tra cause remote (meccaniche) e cause prossime. Facciamo un esempio: alcune delle cause per le quali io posso alzarmi dal letto - come il fatto di non essere malato o infermo, il fatto di avere gambe che funzionano a dovere, ecc. - non dipendono da me, ma dal destino: sono cause remote, appunto. Il fatto poi di alzarmi effettivamente, una volta che le cause remote me lo consentono, dipende da me, dalla mia volontà di farlo: queste sono le cause prossime.

49 STOICISMO l Etica stoica Prof. Monti a.s Il senso della libertà stoica Nella vita dell uomo ci sono cose, lo si vede chiaramente, che spesso non vanno secondo i nostri desideri e aspirazioni, nonostante tutti i nostri sforzi. Gli stoici vedono bene come questo possa turbare l animo, ma rassicurano: il destino non ha nulla di arbitrario o crudele, ma è regolato secondo un ordine provvidenziale! i In effetti l uomo è libero non tanto nel senso che può scegliere fra bene e male, ma è tanto più libero quanto maggiormente accetta il primato del logos e quindi l agire retto e morale. Questo, però, fa sorgere un secondo problema...

50 STOICISMO l Etica stoica Prof. Monti a.s Un altro problema Il saggio segue il logos, la ragione, eppure nell animo umano noi scopriamo anche impulsi chiaramente non razionali: ira, odio, ecc. Gli stoici non negano l esistenza di tali impulsi, ma provano a spiegarli. Tli Tali passioni isono generate da un assenso eccessivo e frettoloso a rappresentazioni di particolare violenza, come ad esempio il vedere qualcuno che fa del male ad un proprio amico. Compito del saggio sarà allora rafforzare la sua visione del logos, in modo da rimanere imperturbato anche davanti agli avvenimenti più gravi. Persino la morte deve essere vista con sereno distacco e, anzi, alcune testimonianze affermano che lo stesso Zenone si suicidò quando ebbe l impressione che fosse giunta la sua ora.

51 STOICISMO l Etica stoica Prof. Monti a.s La vita civile La partecipazione alla vita politica e civile è, per gli stoici, di fondamentale importanza. La felicità non può essere ottenuta privatamente o in una piccola cerchia, anzi! Lo stoico, proprio perché conosce il logos, deve consigliare i governanti o governare lui stesso. Nei primi stoici questo rimase un ideale irrealizzato, ma in figure come Marco Aurelio la figura dello stoico politico si realizzò in pieno. È assai importante ricordare anche che la visione politica degli stoici aveva ormai superato il limitato orizzonte della polis. Tutti gli uomini, per loro, formano un unica società governata da un unico principio.

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59 Prof. Monti classe IV classico e scientifico tradizionale introduzione alla "filosofia cristiana" a.s CRISTIANESIMO E FILOSOFIA 1. PRIME NOTE - Non mi soffermo qui sulla nascita, lo sviluppo e la progressiva imposizione del Cristianesimo, né su suoi rapporti con la più antica tradizione ebraica. La religione cristiana al di là del nostro essere "credenti" o "non credenti": questa è una cosa che non riguarda minimamente i nostri studi! costituì una novità radicale e potentissima. Potete immaginare l'imporsi del cristianesimo nell'occidente come l'apparire, prima timido e periferico, poi sempre più netto e vigoroso, di una nuova forza, in precedenza sconosciuta, ma capace di influenzare e modificare profondamente tutti gli aspetti della vita dell'uomo. Se questo è vero, non deve stupire il fatto che anche sulla filosofia il prevalere del cristianesimo nel mondo occidentale esercitò un'influenza enorme, determinandone un nuovo corso. - La religione cristiana è intesa, lo sapete bene, come frutto di una Rivelazione da parte di Dio e non di una ricerca razionale da parte dell uomo. La religione cristiana parrebbe, in questo modo, eliminare per principio la necessità della ricerca e, anzi, sembra consistere proprio nell atteggiamento opposto: l accettazione acritica di una Verità che, appunto, in quanto di origine divina, escluderebbe l'idea stessa di ricerca! Ecco che, in questo senso, tra filosofia e cristianesimo parrebbe non poter esistere nulla in comune. Tuttavia, non appena l uomo si chiede quale sia il significato di tale Verità rivelata, come sia giusto intenderla, come incarnarla nella propria vita concreta, ecco che l esigenza della ricerca, e dunque della speculazione filosofica, "rinasce". - Nasce in questo modo quella che potremmo chiamare, in termini assai generali, filosofia cristiana: essa si assume il compito di condurre l uomo alla comprensione della Verità rivelata da Cristo, in modo da poterne realizzare in pieno il senso. Gli strumenti indispensabili per questo compito, la filosofia cristiana li assunse proprio dal pensiero greco: esso, in particolare alcune parti di esso, venne recuperato e anche modificato in modo tale da rispondere a una nuova funzione. Ricordate che, di fatto, con la sua predicazione Cristo non propose una dottrina dotata di capisaldi teorici ben strutturati. Egli non era un intellettuale e non elaborò alcuna teoria: la sua figura non può e non deve essere intesa, quindi, come quella di un filosofo in senso stretto. Ciò che possiamo definire dottrina cristiana è stato realizzato successivamente alla sua morte, a partire da cosiddetti "Padri della Chiesa". - Il compito di intendere e di realizzare il messaggio di Cristo appartenne alle comunità cristiane sviluppatesi nei secoli successivi alla venuta del Signore. La filosofia cristiana non poteva, beninteso, avere il compito di scoprire nuove verità, né di approfondire 1

60 Prof. Monti classe IV classico e scientifico tradizionale introduzione alla "filosofia cristiana" a.s l originale Verità portata da Cristo, ma solo di fornirne la miglior via di comprensione (teorica) e di attuazione (pratica). In altre parole: la filosofia cristiana si trova assegnati, in anticipo, dei limiti entro i quali muoversi. Anche solo da queste scarne note risulta evidente, credo, il profondo scarto compiuto rispetto alla tradizione filosofica precedente. 2. CENNI SU FILONE DI ALESSANDRIA - Affrontiamo Filone di Alessandria (15-10 ac prima metà I secolo dc) solo per brevissimi cenni. Pensatore ebreo, fu un po un precursore di quella che sarà chiamata patristica : egli fu infatti il primo a tentare una mediazione fra la filosofia greca e la Bibbia, dando vita a quella che egli stesso chiamò filosofia mosaica. - La filosofia mosaica si avvale, come strumento, dell allegoria: Filone cioè non si ferma al senso letterale dei Sacri testi, ma ritiene di poter rinvenire in essi profondi concetti filosofici (espressi, appunto, per via allegorica, cioè tramite immagini che rimandano a un senso più profondo). L allegoria è proprio la figura retorica per cui un concetto viene espresso non in modo diretto, quindi letterale, ma attraverso un immagine. Come nella metafora, vi è la sostituzione di un oggetto ad un altro ma, a differenza di quella, non si basa su un piano sensibile-emotivo, bensì richiede un interpretazione razionale di ciò che sottintende. - Facciamo solo un esempio del modo di operare di Filone. Sappiamo che, in accordo con la Bibbia, Dio crea il mondo tramite la parola (logos). Filone fa della parola di Dio, il Logos creatore, una ipostasi, chiamandola Dio secondo, Immagine di Dio. Ma a che scopo vedere la parola divina come entità ("ipostasi", appunto) a se stante? Normalmente non riteniamo che la parola di qualcuno, chiunque esso sia, possa godere di una qualche forma di indipendenza rispetto al suo autore, rispetto a chi la proferisce dunque... Con questa operazione, Filone mostra una preoccupazione che sarà sempre caratteristica del cristianesimo, quella di garantire la trascendenza divina. DEFINIZIONE Il termine trascendenza (trans + scandere = oltre + salire), antitetico al concetto di immanenza (in + manere = dentro + restare), indica in filosofia e in teologia il carattere di una realtà concepita come ulteriore, situata al di là, oltre questo mondo, in una visione che potremmo definire dualistica. Torneremo a parlare di entrambi questi fondamentali concetti. 3. LA PATRISTICA - I primi cristiani dovettero da una parte difendersi dagli attacchi polemici e dalle persecuzioni e, dall altra, garantire la propria unità contro errori e false interpretazioni nati all interno del cristianesimo stesso (le cosiddette "gnosi"). 2

61 Prof. Monti classe IV classico e scientifico tradizionale introduzione alla "filosofia cristiana" a.s Accedendo al terreno della filosofia, il cristianesimo cercò per lo più di affermare la propria continuità con il pensiero greco, ponendosi anzi come la più compiuta e ultima manifestazione di esso. Questa continuità veniva giustificata con l'idea dell'unità della ragione, cioè l unità del Logos, che Dio ha creato identico negli uomini di ogni tempo. In questo senso, per i primi scrittori cristiani, l unità di ragione e fede spesso non solo non è un problema, ma viene riguardata come un dato di fatto, un presupposto che guida la loro ricerca. Nella loro opera di conciliazione fra filosofia e religione, i Padri della Chiesa (chiamati padri, da cui Patristica, perché danno origine e fondamento alla dottrina cristiana) si ispirarono spesso alle grandi scuole filosofiche pagane, attingendo in modo particolare dagli Stoici. La Patristica è, di fatto, il periodo storico in cui si svolge la prima e più intensa elaborazione dottrinale del cristianesimo. - I cosiddetti PADRI APOLOGISTI danno avvio, nel II secolo dc, all attività filosofica cristiana. Sono così chiamati perché scrivono in difesa "apologia", appunto del Cristianesimo: ciò è necessario perché, in questo primo periodo, i cristiani sono osteggiati tanto dagli ebrei quanto dai pagani. Spesso, come sapete bene, vengono fatti oggetto di persecuzioni violente. I padri apologisti sono piuttosto numerosi: noi ci soffermiamo qui solo su qualche esempio significativo. *** Quanto segue in colore grigio è solo da leggere! *** - Fondatore della patristica e primo padre apologista fu Giustino (100 dc circa dc). Nato probabilmente a Flavia Neapolis (l antica Sichem, ora Nablus, in Palestina), figlio di genitori pagani, frequenta varie scuole filosofiche ove entra in contatto con stoici, peripatetici, pitagorici e professa a lungo dottrine di stampo platonico. Successivamente, si convertì al cristianesimo e visse a lungo a Roma, ove fondò anche una scuola. Sempre a Roma subì il martirio. Autore, fra le altre opere, della Prima apologia dei cristiani (indirizzata al potente imperatore Antonino il Pio) e della Seconda apologia dei cristiani. - La sua dottrina fondamentale si può così riassumere: il cristianesimo è la sola filosofia sicura ed utile. Esso è il risultato ultimo e definitivo al quale la ragione deve giungere nella sua ricerca. In che modo sostenere una simile pretesa? La risposta è piuttosto semplice: la ragione non è altro se non Cristo, il Logos divino, il Verbo, tramite il quale tutto è stato creato e del quale tutti gli uomini partecipano. Addirittura, Giustino afferma che tutti coloro che vissero secondo una retta ragione furono cristiani, anche se vissero prima della rivelazione storica di Cristo! Certo: questi cristiani ante litteram non poterono conoscere tutta la verità, però c erano in loro semi di verità (pensate alle ragioni seminali degli Stoici) verità che, non essendo ancora giunto il momento della rivelazione, essi non poterono comprendere in pieno. 3

62 Prof. Monti classe IV classico e scientifico tradizionale introduzione alla "filosofia cristiana" a.s Attenzione: come già abbiamo ricordato, i padri apologisti dovettero difendere il cristianesimo non solo da nemici esterni, pagani ed ebrei, ma anche interni, ovvero contro quelle numerose sètte che, nel tentativo di interpretare il messaggio originale del cristianesimo, ne falsarono lo spirito e la lettera. Si tratta delle cosiddette sètte gnostiche, che si diffusero ampiamente sia in Oriente che in Occidente, specie fra i dotti. Come sapete la parola gnosis intesa come conoscenza religiosa distinta dalla pura e semplice fede è attinta dalla tradizione greca, in particolare dal pitagorismo. Gli gnostici fecero proprio della conoscenza la condizione della salvezza. In cosa consiste questa conoscenza? La conoscenza gnostica, che riguarda Dio e la salvezza ultraterrena, si presenta spesso come una dottrina segreta che sarebbe stata rivelata da Cristo solo a pochi discepoli. È per lo più una conoscenza di carattere mistico, non propriamente discorsivo, frutto di una illuminazione diretta da parte di Dio. Gli gnostici hanno una concezione del mondo terreno pessimistica (secondo molti di loro, il mondo sarebbe stato creato da un demiurgo malvagio ): il cosmo è il regno del male e la nostra permanenza in esso è una sorta di esilio. La salvezza dipende dal rapporto con la gnosi, ovvero dal grado di conoscenza che si è acquisito. - Fra i numerosi gnostici, ricordiamo il persiano Mani (del quale parleremo ancora a proposito di Agostino). Nato verso il 216 dc, Mani si presentò come colui che avrebbe portato la dottrina cristiana alla sua formulazione compiuta e definitiva. La sua religione si presenta di fatto come una mescolanza fra elementi di diversa origine: gnostici, cristiani e orientali. Caratteristica del manicheismo è la professata esistenza di due principi originali, uno del Male, o principio delle tenebre, l altro del Bene, o principio della luce, che si combattono perpetuamente nel mondo. Questo dualismo permea ogni cosa, anche l anima umana, a sua volta duplice: vi sarebbe un anima corporea, fonte di male, e una luminosa, fonte del bene. L uomo raggiunge la salvezza annullando in sé ogni traccia di male secondo tre vie: astenendosi dal cibo di origine animale e da discorsi impuri, rifiutando la proprietà e il lavoro, evitando il matrimonio e il concubinato. - La polemica contro la gnosi permise al cristianesimo di avviarsi verso una elaborazione dottrinale più rigorosa. È evidente, infatti, che una dottrina ben definita nei suoi caratteri fondamentali permette con maggior facilità di distinguere ciò che è conforme ad essa e ciò che, invece, deve essere rifiutato come fonte di errore! A questo riguardo, citiamo solo un padre: Ireneo. - Ireneo nacque in Asia Minore intorno al 140 dc. A suo avviso, l unica vera gnosi è quella trasmessa da Cristo ai Dodici: essa però non ha la pretesa di fornire all uomo idee o concetti che superino i limiti della natura umana. Ireneo ritiene, infatti, che Dio sia incomprensibile, impensabile: nessun concetto umano è adeguato e applicabile a lui. 4

63 Prof. Monti classe IV classico e scientifico tradizionale introduzione alla "filosofia cristiana" a.s Egli è Intelletto, ma non è simile al nostro intelletto. Egli è Luce, ma non è simile alla nostra luce. Se le cose stanno così, è meglio non saper nulla, ma credere in Dio e rimanere nell amore di Dio, anziché rischiare di perderlo con ricerche sottili. Si tratta di un idea che ritornerà spesso nei secoli seguenti: ciò che di certo sappiamo di Dio lo apprendiamo dalla rivelazione e solo da essa. È a partire dalla parola di Dio, quindi, che si può conoscere Dio: il fondamento dei ragionamenti umani (e solo umani!) non è di per sé sufficientemente stabile per condurci a conoscenze certe e affidabili a riguardo. È vero, però, che la rivelazione di Dio non consiste solo nella Sacra Scrittura: Dio si rivela anche attraverso il mondo, sua opera, come anche alcuni autori pagani riconobbero. - Ancora contro gli gnostici: il Logos e lo Spirito Santo non sono eoni (cioè divinità intermedie ) subordinati a Dio. Il Padre, il Figlio e lo Spirito, afferma Ireneo, hanno uguale essenza e quindi dignità. Dio è semplice: in lui non vi è posto per alcuna subordinazione. Altro errore degli gnostici: la carne, la materia, non sono affatto il male, o l origine del male. Il corpo, esattamente come l anima, è creazione divina: esso non implica male alcuno nella sua natura. Il male non è in alcun senso originario, ma è originato: esso prende l avvio dall abuso che l uomo fa della libertà donatagli da Dio. Il male consiste nell allontanarsi da Dio, nel disobbedirgli. - Prendiamo in considerazione un altra importante figura di padre apologista, Tertulliano, che introduce alcune novità rispetto a quanto detto sin qui. Egli infatti, invece di insistere sulla continuità fra cristianesimo e filosofia greca, presentando quindi la fede in Cristo come "vera filosofia", tese a rivendicare l originalità e la discontinuità del cristianesimo rispetto a quanto lo aveva preceduto. - Nato intorno al 160 dc a Cartagine, anch egli da genitori pagani, ebbe un ottima educazione ed esercitò a Roma la professione di avvocato. Qui si convertì e divenne sacerdote, anche se più avanti fondò una sua sètta, detta dei tertullianisti. La sua opera letteraria fu vastissima: noi ci limitiamo a brevi cenni su specifiche dottrine. - Tertulliano, senza mezzi termini, condanna la filosofia, cioè il pensiero razionale: essa è fonte di errori ed eresie, mentre la verità si trova solo nella rivelazione e nella tradizione ecclesiastica. La ricerca ha senso solo fino a che si sia trovata la dottrina di Cristo: la fede in essa pone naturalmente termine ad ogni ulteriore ricerca. Continuare a cercare, una volta raggiunta la fede, significa precipitare nell eresia. Il Figlio di Dio fu crocefisso: non è vergognoso perché potrebbe esserlo. Il Figlio di Dio è morto: è credibile perché è inconcepibile. Sepolto resuscitò: è certo perché è impossibile. Queste affermazioni dall apparenza contraddittoria esprimono molto bene lo spirito inquieto, anche se estremamente forte e deciso, di Tertulliano. - Ma cosa testimonia in favore della fede, oltre ogni ragionevolezza? Solo la tradizione della Chiesa? Tertulliano ritiene che un altra valida testimonianza sia fornita direttamente dall anima: questa non è, come sarà per Agostino, interiorità, ma è la voce del senso comune. Le credenze semplici dell uomo della strada sono assai significative, convinzioni volgari perché comuni, comuni perché naturali, naturali perché divine. - Una tesi di Tertulliano: Tutto ciò che è, è corpo di un genere determinato. Non esiste nulla di immateriale: anche l anima ha natura corporea, sebbene con caratteristiche 5

64 Prof. Monti classe IV classico e scientifico tradizionale introduzione alla "filosofia cristiana" a.s differenti, che cadono sotto l intelletto e non sotto la sensibilità. In questo senso, Tertulliano difende la corporeità di Cristo contro coloro i quali riducevano il corpo del Signore ad una pura apparenza (docetismo). *** Quanto segue in colore grigio è solo da leggere! *** 4. SVILUPPI DELLA PATRISTICA - L elaborazione dottrinale del cristianesimo, come abbiamo visto, ebbe inizio anche sulla scorta di motivazioni pratiche, segnatamente la difesa (apologia) dei cristiani nei confronti di pagani ed ebrei, oltre che per motivazioni teoriche. Con il trascorrere del tempo e il progressivo affermarsi della nuova religione in ampi strati della società, i motivi di tipo polemico/apologetico cominciano ad avere minore importanza a favore di una precisa necessità: costruire la dottrina ecclesiastica come un organismo unico e coerente, fondato su una solida base logica. La continuità che alcuni apologisti avevano stabilito fra la filosofia e il cristianesimo si approfondisce: sempre più il cristianesimo presenta se stesso come la filosofia autentica e definitiva, che assorbe e porta a compimento il sapere antico, certamente valido, ma parziale. Il periodo che va dal 200 dc al 450 dc circa è quello decisivo per la costruzione della dottrina cristiana. Le speranze escatologiche relative ad un imminente ritorno del Cristo progressivamente vengono meno: la Chiesa sente quindi la necessità di organizzarsi stabilmente, fondando la sua unità e solidità nella storia. - Il primo impulso a tale ricerca venne dalla scuola catechetica di Alessandria la quale, a partire dallo scolarca Panteno (180 dc), assunse i tratti di una accademia cristiana nella quale l intera sapienza greca veniva utilizzata e interpretata in chiave religiosa. I maggiori esponenti di questa scuola furono Clemente Alessandrino e Origene. Clemente, nato intorno al 150 dc, divenne allievo e poi successore di Panteno. Suo scopo dichiarato è quello di difendere e approfondire la fede attraverso l uso della filosofia. In effetti il perfetto cristiano è, a suo avviso, colui nel quale fede (pistis) e conoscenza (gnosis) si fondono armonicamente. Ma quali sono i rapporti fra la ragione e la fede? Il rapporto ragione - fede è un tema che dibattuto da allora in poi, sino ad oggi, e avrà nel corso dei secoli molte risposte diverse! Vediamo l'opinione di Clemente a questo riguardo: egli ritiene che la fede debba essere principio e fondamento della scienza (e dunque della ragione), la quale non può certo rendere la Verità più forte, ma è assai utile come baluardo di difesa. La conoscenza filosofica, dunque, assume una sorta di valore ausiliare, ancillare, nei confronti della fede. La fede è necessaria alla conoscenza, ne è presupposto, altrimenti quest ultima non potrebbe che essere incompleta e, in definitiva, errata. L esempio illuminante è proprio quello dei filosofi greci: come Giustino, anche Clemente ammette che questi uomini, grazie all esercizio razionale, poterono scoprire una parte della verità, ma non la verità intera: essa venne rivelata solo da Cristo. 6

65 Prof. Monti classe IV classico e scientifico tradizionale introduzione alla "filosofia cristiana" a.s Dio, di per se stesso, è inattingibile: egli supera ogni parola e ogni pensiero. Di Lui possiamo sapere ciò che non è, più di ciò che è (questa è la cosiddetta "teologia negativa"). In questo senso, Cristo è visto essenzialmente come il Maestro per eccellenza, il Pedagogo. Come supremo maestro, il Logos, Cristo, è anche la norma della condotta pratica. La massima stoica del vivere secondo ragione assume in Clemente il significato di vivere secondo l insegnamento di Gesù. Il Logos/Cristo è: 1. principio creatore del mondo; 2. principio di ogni forma di sapienza; 3. in quanto incarnato in una persona umana, è principio di salvezza. - Nato ad Alessandria attorno al 185 dc da genitori cristiani, Origene presenta un pensiero maggiormente articolato e complesso. Sostituì Clemente come capo della scuola catechetica di Alessandria. Ricchissima fu la sua produzione letteraria: di fatto la dottrina di Origene è il primo grande sistema di filosofia cristiana. Gli Apostoli, ebbe a dire, ci hanno tramandato con la più grande chiarezza tutto ciò che hanno giudicato necessario a tutti i fedeli [ ]. Ma hanno lasciato a quelli dotati dei doni superiori dello Spirito e specialmente della parola, della saggezza e della scienza, la cura di ricercare le ragioni delle loro affermazioni. Questo è il compito che Origene assume per se stesso. Egli, con il suo lavoro esegetico (cioè di interpretazione) sulla Sacra Scrittura, tende a metterne in luce il senso nascosto e, quindi, a fornire la giustificazione profonda delle verità rivelate. A questo scopo distingue un triplice significato della Scrittura: il somatico, lo psichico, lo spirituale, livelli di significato che stanno fra loro come le tre parti dell uomo: corpo, anima, spirito. Il passaggio dal significato letterale (somatico) a quello allegorico (spirituale) è il passaggio dalla fede alla conoscenza. Per Origene, la conoscenza altro non è se non il naturale approfondimento della fede. Le Scritture a suo avviso consistono solo in una introduzione alla conoscenza, che deve poi essere approfondita. - La prima e fondamentale preoccupazione di Origene fu quella di affermare la spiritualità di Dio. Dio non è corpo e non esiste in alcun corpo materiale: la sua natura è spirituale e, quindi, semplicissima. L idea di Dio come qualcosa che sta radicalmente al di là delle cose e dei concetti, porta Origene a rifiutare gli antropomorfismi presenti nell Antico testamento, interpretandoli allegoricamente. Nulla è più sbagliato dell affermazione che Dio ha forma umana ed è agitato da passioni simili alle nostre... Ancora: l onnipotenza divina trova limite solo nella sua perfezione. Ciò significa che neppure Dio può fare qualcosa che contraddica la sua natura: non può, per esempio, commettere una qualche ingiustizia, un qualche male. È corretto affermare che Dio è vita, anche se non nel senso delle cose vive che troviamo in questo mondo (Dio infatti, diversamente dalle cose create, non muta). È anche vero che Dio è il bene, il Bene sommo, inteso in senso platonico, come bene in sé. - A parere di Origene, e diversamente da quanto affermato da Ireneo (e anche da quanto ammesso dalla tradizione successiva, sino ad oggi) il Logos divino, la seconda persona 7

66 Prof. Monti classe IV classico e scientifico tradizionale introduzione alla "filosofia cristiana" a.s divina, si trova di fatto subordinato al Padre: anche il Logos è eterno, ma la sua eternità dipende dalla volontà del Padre, non è tale in sé e per sé. Anche il Figlio è la vita, ma solo perché la riceve dal Padre. Origene ha una concezione del Logos assai simile a quella degli Stoici: esso è l ordine razionale del mondo, la forza che ne determina l unità e lo dirige. Lo Spirito Santo, infine, è una terza istanza, si trova ad un livello ancora inferiore: egli non è neppure creato direttamente dal Padre, ma lo è solo per tramite del Figlio. In tutto questo non è difficile notare influenze di carattere gnostico. - Origene riprende anche la dottrina platonica del Fedro, spiegando la natura del mondo sensibile attraverso il concetto di caduta dal mondo intelligibile, il mondo delle sostanze ideali. Le intelligenze incorporee, create ab aeterno da Dio, proprio per un cattivo uso della loro libertà si allontanano dal bene: in questo e solo in questo consiste il male! Persino il demonio, egli dice, non è malvagio per natura (dunque il male non può essere visto come un principio originario, sostanziale, come nel manicheismo), ma lo è diventato di sua volontà, in quanto si è allontanato dal bene. Segno della caduta è il rivestimento del corpo: il mondo visibile, materiale, altro non è se non la caduta, la degenerazione del mondo intelligibile e delle pure sostanze razionali che lo abitano. Origine ammette una continua successione di Mondi, un po come accade con gli Stoici, ma non nei termini di una mera ripetizione ciclica, ciò che sarebbe impedito dalla libertà, ma in quelli di una progressiva espiazione che riporterà al mondo intelligibile. La purificazione, la liberazione è possibile in virtù del Logos: il Figlio infatti si avvicina al mondo e all uomo per ricondurlo alla originaria perfezione. È proprio la funzione del Logos nei confronti dell uomo che ne esige e giustifica l incarnazione. - L uomo era in origine una sostanza puramente razionale e intelligibile, divenuta anima (una via di mezzo fra puro spirito e corpo) a seguito della caduta e, poi, corpo. Come la caduta fu frutto di una libera scelta, così sarà la risalita, seppure influenzata dal benefico influsso di Cristo che, come Clemente, anche Origene vede come Pedagogo. La via del ritorno può essere assai lunga, fatta, se necessario, di molte nascite e morti successive. I successivi mondi ipotizzati da Origene sono altrettante scuole nelle quali gli esseri decaduti si rieducano al bene. - Da quanto detto, Origene appare un ottimo esempio della conciliazione fra alcune dottrine della tradizione greca tratte per lo più dal pitagorismo, da Platone e dagli stoici e il cristianesimo. Vi sono comunque, come avrete notato, alcuni aspetti del pensiero di Origene che si allontanano dal cristianesimo per come noi oggi lo conosciamo: il concetto di creazione (che in lui di fatto non è presente, se non come creazione eterna), l idea della reincarnazione, la resurrezione della carne (che altri padri, come Tertulliano, avevano rivendicato, e che Origene invece esclude nettamente). - Ricordiamo, infine, che Origene esprime, rifacendosi ancora una volta allo stoicismo, un principio cui le dottrine politiche del cristianesimo si sarebbero poi sempre ispirate. Egli afferma che vi sono due leggi fondamentali, quella naturale, il cui autore è Dio, e quella scritta che è formulata nei diversi stati. Sarà bene per il cristiano ubbidire anche alla legge civile dello Stato in cui si troverà a vivere, ma solo nella misura in cui essa non si trovi in contrasto con la legge divina. 8

67 Prof. Monti classe IV classico e scientifico tradizionale introduzione alla "filosofia cristiana" a.s <<< PER RICORDARE >>> - Il prevalere del cristianesimo nel mondo occidentale in virtù dell'imporsi del concetto di Verità rivelata determinò un nuovo indirizzo per la filosofia. La ricerca filosofica viene intesa non più come scoperta del nuovo, ma come approfondimento di ciò che già si conosce. - I Padri della Chiesa, nel periodo denominato appunto Patristica, elaborarono la dottrina cristiana inizialmente a scopo apologetico (cioè per difendersi dagli attacchi esterni pagani ed ebrei e interni sette gnostiche) e, successivamente, allo scopo di dare una organizzazione stabile alla Chiesa. Per fare questo i Padri, per lo più (Tertulliano fu, in questo senso, un'eccezione), operarono una mediazione fra la filosofia greca, la Bibbia e gli insegnamenti di Cristo. - Clemente alessandrino: la fede è principio e fondamento della ricerca, la quale ha rispetto alla fede un valore ausiliare. Senza la fede, la ricerca non potrebbe essere che incompleta e, dunque, errata. In questo senso, Cristo è il Maestro per eccellenza: colui seguendo il quale si evita di cadere nell'errore. - Origene: egli elaborò il primo sistema filosofico cristiano; triplice significato della Scrittura: somatico, psichico, spirituale; Il passaggio dal significato letterale (somatico) a quello allegorico (spirituale) è il passaggio dalla fede alla conoscenza. La conoscenza è il naturale approfondimento della fede. Le Scritture, a suo avviso, consistono solo in una introduzione alla conoscenza. Fondamentale preoccupazione di Origene fu quella di affermare la spiritualità di Dio. Dio non è corpo e non esiste in alcun corpo materiale: la sua natura è spirituale e semplicissima. Rifiuto degli antropomorfismi. L onnipotenza divina trova limite solo nella sua perfezione. L'uomo si è incarnato a causa della caduta: suo compito è quello di ritornare alla sua originaria condizione attraverso una serie successiva di reincarnazioni. Legge divina e legge umana. 9

68 Prof. Monti classe IV introduzione ad Agostino da Ippona a.s AGOSTINO DA IPPONA ( ) 1. VITA Agostino nacque nel 354 dc a Tagaste, in Numidia, nell Africa Romana. Il padre, Patrizio, era pagano, la madre, Monica, cristiana: ella ebbe ad esercitare sul figlio un enorme influenza. Agostino trascorse la fanciullezza e l adolescenza fra Tagaste e Cartagine, conducendo i primi studi e, guidato da un carattere assai focoso, le prime esperienze di vita (cosa di cui si accusò in modo amaro nelle Confessioni). Coltivò studi di carattere classico, in particolare nell ambito della lingua latina (al contrario, non amò mai il greco). A 19 anni lesse l Ortensio di Cicerone (opera perduta, che seguiva le tracce del Protrettico di Aristotele), lettura che lo attrasse verso lo studio della filosofia. L entusiasmo del giovane Agostino si rivolse così dalle questioni linguistiche a quelle filosofiche. Appena diciannovenne, cominciò ad insegnare retorica in Cartagine, insegnamento che mantenne sino ai ventinove anni d età, continuando a condurre una vita che poi gli apparirà (e che descriverà!) come "dissoluta". All età di 20 anni aderì alla sètta dei manichei, ma quando neppure il famoso Fausto riuscì a risolvere i suoi molti dubbi, cominciò ad allontanarsene. Nel 383, animato dall ambizione e dalla speranza di trovare una scolaresca più disciplinata e preparata, Agostino si recò a Roma. In Italia, però, le cose non andarono secondo i suoi desideri: Agostino decise di spostarsi ancora e riuscì ad ottenere un incarico, sempre di retorica, nella città di Milano. Qui l insegnamento del vescovo Ambrogio, la continuata influenza della madre Monica (che lo raggiunge proprio nella città lombarda) e la lettura di alcuni scritti di Plotino (che gli furono utili rispetto al superamento di una concezione materialistica di Dio) lo spinsero con forza verso l adesione al cristianesimo. Si ha una svolta nel 386: Agostino abbandonò l insegnamento della retorica, che ormai gli risultava assai gravoso, e con alcuni amici si ritirò a Cassiciaco, sempre presso Milano, ove compose alcune opere. Nel 387, finalmente, ricevette il battesimo dalle mani di Ambrogio. Agostino cominciò a pensare di dover diffondere la dottrina cristiana presso le sue genti, in Africa, progettò dunque il ritorno. La madre Monica morì in attesa dell imbarco. Tornato a Tagaste, Agostino venne consacrato prete nel 391 e Vescovo di Ippona nel 395. La sua attività in parte ricalca quella degli altri Padri in relazione alla difesa e al chiarimento dei principi della fede. Il sacco di Roma (Goti, guidati da Alarico, nel 410) spinse molti a vedere nel cristianesimo un elemento di debolezza e dissolvimento dell impero: tesi alla quale Agostino reagì scrivendo La città di Dio, opera composta fra il 412 e il 426. Anche l Africa romana, nel frattempo, fu interessata dalle invasioni: I Vandali di Genserico si abbatterono sulla regione. Agostino morì proprio mentre le truppe nemiche cingevano d assedio la città di Ippona. 1

69 Prof. Monti classe IV introduzione ad Agostino da Ippona a.s OPERE Numerosissime sono le opere di Agostino. Molte hanno natura polemica: scritti contro i manichei, i donatisti, i pelagiani. Scritti di stampo marcatamente dottrinale sono, invece, Sulla trinità, Sulla dottrina cristiana e la Città di Dio. Al 400 dc vanno fatti risalire i tredici libri delle Confessioni: certamente l opera più famosa del santo cristiano. Interessanti anche le Ritrattazioni, composte intorno al 427: qui Agostino ricorda in ordine cronologico tutti i suoi scritti, evidenziandone lo scopo e rivedendoli criticamente, segnalando errori o imperfezioni. 3. LA PERSONALITÀ DI AGOSTINO In Agostino la speculazione teologica non presenta i caratteri del distacco e dell oggettività, ma si salda fortemente all uomo Agostino, alla sua vita concreta, ai suoi sentimenti e ai suoi desideri. L atteggiamento della confessione non è, dunque, limitato solo allo scritto più famoso, le Confessioni. Agostino dichiara di non voler conoscere altro che l anima e Dio, non abbandonerà mai questo programma. Cos'è per lui l'anima? È l uomo interiore, l interiorità dell essere umano continuamente in colloquio con se stesso. Dio, invece, è l Essere nella sua trascendenza e normatività, certo, ma anche l Essere senza il quale non si può conoscere l io, né si può essere l io che si è. Ricordate che anche in Plotino, e nei neoplatonici in generale, è presente questo atteggiamento introspettivo, di ritorno a se stessi. In loro, però, si tratta di una sorta di "privilegio" cui solo il saggio può accedere: Agostino ritiene, invece, che ogni uomo possa e debba intraprendere un percorso interiore. La ricerca, di sé e di Dio, trova certamente nella ragione la sua guida e il suo strumento, ma è tutto l uomo che si impegna nella ricerca, in tutti i suoi aspetti, non solo l intelletto. Certo: si tratta di una ricerca che sempre si radica nella religione. Cerchiamo di essere un poco più precisi: per Agostino la fede si trova tanto all inizio quanto alla fine della ricerca. Essa è condizione preliminare e guida della ricerca, seppure proprio dalla ricerca ricava consolidamento e approfondimento. Ben lontana da Agostino è l idea di una pura gnosi, cioè di una conoscenza puramente razionale del divino, ma lo è altrettanto l affermazione dell irrazionalità della fede (Tertulliano). Per Agostino la Verità che l uomo cerca è anche, evangelicamente, la via e la vita. Non è solo la mente ad averne bisogno, ma l uomo in tutti i suoi aspetti. Pure, come sapete, Agostino non si abbandona facilmente alla fede. Il suo non è un credere superficiale, accettato e acquisito in termini abitudinari / sociali, ma è sempre un risultato non scontato, né previsto. Il suo è uno spirito critico, inquieto, che sempre pone un esigenza di comprensione: Credo ut intelligam, intelligo ut credam. 2

70 Prof. Monti classe IV introduzione ad Agostino da Ippona a.s LO SCOPO DELLA RICERCA: DIO E L ANIMA - Nei Soliloqui, tra le prime sue opere, Agostino dice: Io desidero conoscere Dio e l anima. Nient altro, dunque? Nient altro, assolutamente. Egli tenne sempre fede a tale proposito. Ma, domandiamoci, si tratta di ricerche che procedono su strade differenti, strade che conducono rispettivamente a Dio e all anima? No. Dio, infatti, è principalmente e primariamente nella profondità dell anima umana che si rivela, che si scopre. Ecco che cercare Dio è cercare l anima, cioè quel "luogo" laddove egli si mostra, e cercare l anima è cercare Dio perché è un ripiegarsi su di sé, fino a riconoscere la propria natura spirituale, confessandosi. 4.1 VINCERE IL DUBBIO! Questa ricerca può e quindi deve avere successo: effettivamente esiste una Verità da raggiungere! Per sfuggire ai dubbi, alla mutevolezza del mondo delle cose, Agostino suggerisce di Non uscire da te, ritorna in te stesso, nell interno dell uomo abita la verità; e se troverai mutevole la tua natura, trascendi anche te stesso (Sulla vera religione). Lo scetticismo (come quello degli Accademici) di chi ritiene che non si possa giungere ad alcuna conoscenza certa, deve essere abbandonato perché non sostenibile. Agostino lo dimostra così: anche chi dubita della verità è certo di dubitare, cioè di vivere e di pensare: quindi all'interno del dubbio stesso consegue una prima certezza che lo sottrae al dubbio, rapportandolo alla verità. Ma, a questo punto, se c è almeno una certezza, allora si può e si deve ricercare la Verità... Questa è un argomentazione che, come vedremo, godrà di enorme successo anche in età moderna, con Cartesio. Persino lo stato di dubbio più radicale può consentire e di fatto consente di intraprendere un cammino verso il vero, la certezza, consente di trascendersi verso di essa. La verità è quindi, nello stesso tempo, interiore e trascendente. 4.2 LA RICERCA DI DIO - Ora: per Agostino la Verità non è, come accade oggi per noi, qualcosa che caratterizza un concetto, un'idea. Essa non è qualcosa di astratto, teorico. La sua natura è, invece, del tutto concreta. Per Agostino la Verità altro non è, infatti, che Dio stesso. Diciamo meglio e in modo più preciso: l'essere che si rivela e parla all uomo è Dio nel suo Logos o Verbo. La Verità, dunque, è la persona di Cristo. Proprio in quanto l uomo ricerca Dio nell interiorità della sua coscienza, Dio è per lui Trascendenza, ma anche Rivelazione, Padre e Logos, dunque. In qualche modo, la struttura stessa della ricerca manifesta le prime due persone divine, ma anche la terza: lo Spirito Santo, che è l Amore. Dio è Amore e Verità, ma le due cose sono congiunte: non si può amare se non la verità, e solo l amore (che è Dio) è vero. Vediamo meglio: l'uomo cerca (e alla ricerca corrisponde Cristo: che è la rivelazione) quel qualcosa (cioè Dio) che è la Verità. Perché l'uomo cerca la verità? Perché la ama (Spirito). Attenzione però: l uomo non può amare Dio, che è Amore, se non ama gli altri uomini. Infatti Dio si offre come verità solo a chi cerca, si propone come amore solo a chi ama. Ecco, come vedete, che la ricerca non può mai essere solo intellettuale: essa è sempre anche dare amore e chiedere amore. L uomo ricerca verità ed amore, ma l iniziativa prima della ricerca non è sua. Proprio mentre si tende nel suo sforzo di ricerca, l uomo capisce che l iniziativa di tale sforzo appartiene a Dio: l uomo infatti giunge a Dio solo perché Lui, per primo, si rivela. L uomo 3

71 Prof. Monti classe IV introduzione ad Agostino da Ippona a.s arriva ad amare Dio solo perché Lui, per primo, lo ama. Ecco che lo sforzo filosofico diviene umiltà religiosa. La ricerca diventa fede, la libertà dell iniziativa diventa grazia. <-> 5. LA NATURA DELL UOMO - La possibilità stessa di cercare (la verità e l amore, cioè Dio) è radicata nella natura stessa dell uomo. Siamo uomini cioè, per Agostino, siamo creati ad immagine e somiglianza del nostro Creatore. Possiamo giungere a Dio nella triplice forma della sua natura perché e solo perché la nostra natura è, in quanto immagine di Dio, altrettanto triplice. Io sono, io conosco, io voglio. Sono in quanto so e voglio; so di essere e di volere; voglio essere e sapere. Agostino Confessioni Tre cose: una sola cosa. Sono i tre aspetti dell unico uomo, le nostre tre facoltà: memoria, intelligenza e volontà. Io ricordo di aver memoria, intelligenza e volontà; intendo di intendere, di volere e di ricordare e voglio volere, ricordare ed intendere. Agostino Sulla Trinità Questi tre fondamentali aspetti dell uomo, pur distinti e distinguibili, coincidono nell unità dell uomo stesso. L anima umana, così articolata (tre elementi che si comprendono l un l altro) è immagine di Dio, seppure impari. L uomo può cercare ed amare Dio perché è fatto ad immagine di Lui. Certo, questa non è una possibilità il cui esito sia garantito a priori: l uomo è ad immagine di Dio, non è Dio! Io posso realizzare questa possibilità, ma posso anche non farcela. Questo accade perché l uomo è, innanzitutto, quello che Agostino chiama "l uomo vecchio": l uomo carnale, esteriore, l uomo fatto di materia, che nasce, cresce, invecchia, si ammala, muore. Egli può diventare però "uomo nuovo", può cioè rinascere alla vita spirituale. 5.1 PECCATO Si tratta di una scelta cui ogni uomo si trova di fronte: vivere secondo la carne o secondo lo spirito; allontanarsi da Dio, dall Essere, (come fecero gli angeli ribelli, come fece Adamo, ecc.), cioè peccare, oppure aderire a Lui. Il peccato è superbia, è qualcosa che distacca dall Essere per aderire a ciò che è da meno, che vale meno dell Essere. Il peccato dunque non ha una vera causa efficiente, positiva, non è una realizzazione, ma è una defezione, una rinuncia. Voler trovare la causa di tale defezione è come voler vedere le tenebre o udire il silenzio. Il peccato, dunque il male, non ha una sua realtà positiva. Esso è solo la negatività dell allontanarsi da Dio, è solo mancanza, proprio come il buio è solo mancanza di luce, non ha una sua esistenza autonoma e indipendente. 4

72 Prof. Monti classe IV introduzione ad Agostino da Ippona a.s IL PROBLEMA DELLA CREAZIONE E DEL TEMPO - In quanto Essere, Dio è fondamento di tutto ciò che è. La stessa mutevolezza del mondo ci dimostra che le cose fisiche non sono primariamente essere. Dio ha creato tramite la parola, come sappiamo, non però una parola sensibile, come la nostra, fatta di suoni, ma il Logos, il Figlio, pari a Dio stesso. Una parola che è una persona. - Il Logos ha in sé le Idee (notate il debito con Platone) cioè le forme o le ragioni immutabili delle cose, anch esse eterne. Le idee non sono però, come in Platone, i costituenti di un mondo intelligibile, ma l eterna e immutabile Ragione tramite la quale Dio ha creato il mondo. Esse non sono separate da Dio. Agostino avvicina le idee alle ragioni seminali degli Stoici. Esse, implicite nella mente divina, si esplicano nelle cose e nel loro ordinamento. - Alcuni Padri, come Origene, ritenevano la creazione del mondo come qualcosa di eterno non potendo essa, in alcun modo, implicare mutamento nella volontà divina. Perché mai Dio avrebbe dovuto creare l universo in un dato momento piuttosto che in un altro? In termini più banali: cosa faceva Dio prima della creazione? Ecco: occorre capire che l eternità non è un tempo infinito. Essa è, invece, al di sopra del tempo, al di fuori di esso. Dio è eterno: ciò vuol dire che in Lui nulla è passato, nulla è futuro. Egli è immutabile: presente e solo presente in cui nulla trapassa. Anche il tempo è creato: esso non coinvolge il Creatore. È come se Dio, per fare un paragone (anche se forse non è del tutto adeguato), si trovasse di fronte la sua stessa creazione come un pittore si trova di fronte alla sua opera finita. Ma cos è il tempo? Il passato è tale perché non è più; il futuro è tale perché non è ancora; il presente, fosse sempre presente e non trapassasse continuamente nel passato, non sarebbe tempo (presente) ma eternità. Il tempo è dunque estremamente sfuggente, eppure noi lo misuriamo, ed è nell anima che effettuiamo la misura. Ecco: noi conserviamo memoria del passato, attendiamo il futuro e poniamo attenzione alle cose presenti. Ricordo, attesa e attenzione: ecco il tempo! È dunque nell anima che il tempo trova la sua realtà. 7. POLEMICHE 7.1 CONTRO IL MANICHEISMO (E IL PROBLEMA DEL MALE) - A smentire il dualismo tipico dei manichei secondo il quale vi sarebbero due principi originari di carattere divino: Bene e Male vale il carattere fondamentale di Dio: l incorruttibilità. Agostino mutua una interessante argomentazione dal suo amico Nebridio: ammettiamo che, come i manichei sostengono, Dio sia impegnato in una continua lotta con il Male. In questo caso, o il Male può nuocere a Dio (nel qual caso Egli non è incorruttibile) oppure non può (nel qual caso, la lotta perde di significato: nessuno lotta contro qualcuno che non 5

73 Prof. Monti classe IV introduzione ad Agostino da Ippona a.s gli può nuocere). Da questo deriva che o Dio non è incorruttibile ma, in questo caso, in che senso potremmo ancora definirlo Dio? o la teoria manichea è insostenibile. - A questo punto, però, il problema del male riemerge drammaticamente: se Dio è buono ed è l'autore di tutto ciò che esiste, da dove viene il male che, incontestabilmente, noi sperimentiamo nella nostra vita? Chi ne è responsabile, visto che un principio divino negativo, il Male, non esiste? Agostino risponde dicendo che tutto ciò che è, in quanto è, è bene. Non esiste nulla che, di per se stesso, sia male. Tutte le cose, per loro natura corruttibili, sono bene. Occorre però capire che le cose, nella misura in cui si corrompono, perdono non solo la bontà, ma anche la realtà, l esistenza. Se non fosse così, si giungerebbe a un assurdo paradosso: l esistenza di cose del tutto corrotte, cioè non ulteriormente corruttibili, dunque incorruttibili, proprio come Dio! Naturalmente, è assurdo ritenere che le cose, corrompendosi, si avvicinino a Dio... Riprendiamo il discorso: ogni cosa, in quanto tale, è bene. Non vi può essere male al mondo, dunque, se non il peccato (che non ha consistenza ontologica alcuna). Come abbiamo visto, esso consiste nella rinuncia, nell allontanamento dall Essere per attaccarsi a qualcosa di minor valore, una cosa creata. Male è attaccarsi a una cosa creata, una qualsiasi, come se fosse l Essere, allontanandosi così dall Essere vero. Il male di per se stesso non ha realtà, sostanzialità alcuna. Il male non è per sé reale neppure nell uomo, consistendo solo in una rinuncia, in un allontanamento. 7.2 LA POLEMICA CONTRO IL DONATISMO Il Donatismo (da Donato, uno dei suoi propugnatori) dilagava in Africa da molto tempo nel periodo in cui Agostino divenne vescovo: ecco perché egli decise di occuparsene. Secondo i donatisti, la Chiesa deve essere una comunità di perfetti che non devono avere contatto alcuno con le autorità civili dello Stato. I religiosi che tollerano tali contatti perdono la capacità di amministrare i sacramenti, divenendo indegni. I fedeli che abbiano ricevuto i sacramenti da costoro dovranno rinnovarli. Idee di questo tenore rendevano di fatto impossibile la costituzione di una qualsiasi gerarchia ecclesiastica: chiunque infatti può, senza difficoltà, mettere in discussione la perfezione di un qualunque prelato! Inoltre, legando l efficacia dei sacramenti alla purezza del ministro ufficiante, si esponeva il valore dei sacramenti stessi a dubbio continuo. Contro il donatismo, Agostino afferma che la validità dei sacramenti non dipende affatto dalla persona che li amministra. È Cristo che opera tramite il sacerdote: a Lui solo si deve l efficacia dei sacramenti. 7.3 LA POLEMICA CONTRO IL PELAGIANESIMO (SULLA LIBERTÀ UMANA) Il monaco inglese Pelagio viveva a Roma nei primi anni del V secolo: qui egli conobbe e criticò la dottrina agostiniana sul libero arbitrio e sulla grazia di Dio. Pelagio ritiene che l essere umano sia prima del peccato di Adamo, sia dopo è in grado di per sé decidere di agire bene, indipendentemente dall aiuto della Grazia divina. Il peccato di Adamo è solo quello che si potrebbe definire un cattivo esempio, che non ci rende incapaci di agire per il bene. Questa dottrina rischiava di rendere inutile, o accessoria, l opera redentrice di Cristo. Se me la posso cavare anche da solo, la Grazia a cosa mi serve? Agostino, al contrario, riteneva che a causa del peccato originale nessun uomo potesse, senza l aiuto di Dio (la Grazia) agire secondo il bene. Con Adamo ha peccato tutta 6

74 Prof. Monti classe IV introduzione ad Agostino da Ippona a.s l umanità, che di per sé è così divenuta un unica massa dannata, incapace di salvarsi. Solo la misericordia e la grazia di Dio possono consentire all uomo di salvarsi. Dio sceglie, imperscrutabilmente, chi si salverà e chi no. La Chiesa cattolica non accettò una simile radicale impostazione, mitigandone l estremo rigore. - Ciò che più ci interessa, però, è un altro principio: di fatto Agostino identifica la libertà umana con la Grazia divina. Non esiste una libertà di fare il bene o di fare il male, ovvero di fare "ciò che si vuole", la volontà infatti si può dire "libera" solo quando non è asservita al peccato. La libertà di cui Adamo godette era quella di poter non fare il male, ma perse questa libertà. La libertà finale, dono di Dio, consisterà invece nel non poter più peccare. Tutto ciò appare assai strano alla nostra mentalità: come può essere libertà quella che ci impedisce qualcosa? Essere liberi per Agostino non significa poter fare ciò che si desidera, qualunque cosa sia, ma significa agire in modo da realizzare al massimo la nostra umana natura. Dio è l Essere che ci dà esistenza, la Verità che ci dà la ragione, l Amore che amandoci ci chiama ad amare: prendere una direzione diversa da quella che ci porta ad avvicinarci a Lui quindi non significa essere liberi, significa solo rinunciare a noi stessi, peccare. Dio è la nostra possibilità, dice Agostino, è la nostra unica possibilità positiva: l essere umano non ha, né può avere, un'esistenza del tutto indipendente: non può prendere il posto di Dio. Ricordate quanto stretto sia il rapporto fra uomo e Dio per Agostino: se c è in noi qualcosa di positivo è solo e soltanto perché Dio ce lo dona, non è un nostro possesso. L essere umano, da solo, perde tutto, persino l esistenza. 8. LA CITTÀ DI DIO - L impero romano, ritenuto per secoli eterno, indistruttibile, sta crollando. Di chi è la colpa? Non furono in pochi ad additare la nuova religione cristiana come responsabile dell indebolimento imperiale. Insieme agli antichi costumi, il cristianesimo avrebbe minato anche la potenza dell impero. Agostino reagì a queste idee con l ultima sua grande opera, La città di Dio. L uomo può vivere secondo la carne, rimanendo uomo vecchio, o secondo lo Spirito, diventando uomo nuovo. Questa alternativa domina la storia dell umanità, che è costituita dalla lotta fra due regni, o città. Queste due città, però, non sono mai nettamente divise in campi separati. Nessun periodo storico è dominato totalmente dall una o dall altra, né esse si identificano mai con Stati o istituzioni determinate. L impero romano non fu mai la città dello Spirito, ma neppure la città della carne, ma fu entrambe le cose. L amore di sé portato fino al disprezzo di Dio genera la città terrena; l amore di Dio portato sino al disprezzo di sé genera la città celeste. Quella aspira alla gloria degli uomini, questa mette al di sopra di tutto la gloria di Dio. [ ] I cittadini della città terrena sono dominati da una stolta cupidigia di predominio che li induce a soggiogare gli altri; i cittadini della città celeste si offrono l uno all altro in servizio con spirito di carità e rispettano docilmente i doveri della disciplina sociale. Agostino La città di Dio Nessun segno esteriore distingue le due città: esse sono mescolate insieme, dall inizio della storia fino alla fine dei tempi. Solo interrogando se stesso ognuno potrà capire a quale città appartenga. 7

75 AGOSTINO da IPPONA (354 dc 429 dc) Prof. Monti - a.s / 2017 NOTE BIOGRAFICHE Padre pagano e madre cristiana Carattere assai focoso Studi di retorica e conversione alla filosofia Attività di insegnamento; si trasferisce a Roma e poi a Milano Conosce il vescovo Ambrogio; entra in contatto con l opera di Plotino; conversione e battesimo (387) Tornato in Africa, nel 391 viene consacrato sacerdote e nel 395 diventa vescovo di Ippona Muore nel 429, mentre i vandali assediano le mura di Ippona 1

76 AGOSTINO da IPPONA (354 dc 429 dc) Prof. Monti - a.s / 2017 OPERE e PERSONALITÀ Scrive numerose opere, molte di carattere polemico. Probabilmente del 400 dc il libro più note: le Confessioni Atteggiamento autobiografico: il suo non è un pensiero distaccato e neutrale, secondo un ideale scientifico, ma ogni riflessione si salda all uomo Agostino, ai suoi problemi concreti. Curiosità: le Ritrattazioni, composte intorno al 427. OGGETTO della RICERCA Io desidero conoscere Dio el anima Due oggetti di ricerca che si incontrano sul medesimo percorso La ricerca può avere successo: riflessione contro lo scetticismo radicale 2

77 AGOSTINO da IPPONA (354 dc 429 dc) Prof. Monti - a.s / 2017 LA VERITÀ Si tratta di ricercare il vero, ma la verità non è per Agostino una nozione astratta, l adeguazione fra un idea e la realtà (adaequatio rei et intellectus). La dinamica stessa della ricerca rimanda alla struttura trinitaria di Dio: l'uomo cerca (e alla ricerca corrisponde Cristo: egli è la rivelazione!) quel qualcosa (cioè Dio Padre) che è in modo eminente la Verità. Ma perché l'uomo cerca la verità? Perché la ama (e l amore corrisponde allo Spirito santo). RICERCA E AMORE La ricerca del vero è mossa dal desiderio, dall amore, ma attenzione: l uomo non può amare Dio, che è Amore, se non ama gli altri uomini. 1Gv 4,12: Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l amore di lui è perfetto in noi 1Gv 4,20-21: 21 Se uno dicesse: -Io amo Dio- e odiasse suo fratello, sarebbe un mentitore. Chi infatti non ama suo fratello, che vede, non può amare Dio che non vede 3

78 AGOSTINO da IPPONA (354 dc 429 dc) Prof. Monti - a.s / 2017 INIZIATIVA È l uomo che ricerca, ma l iniziativa prima spetta a Dio: l uomo infatti giunge a Dio solo perché Lui, per primo, si rivela. L uomo arriva ad amare Dio solo perché Lui, per primo, lo ama. Ecco che lo sforzo filosofico diviene umiltà religiosa. NATURA UMANA Qual è la natura profonda dell uomo? Biblicamente: l uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio. Gn 1, 26: In Principio, ii di disse: -Facciamo l uomo a nostra immagine, i a nostra somiglianza [ ]- Dio creò l uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò 4

79 AGOSTINO da IPPONA (354 dc 429 dc) Prof. Monti - a.s / 2017 I TRE ASPETTI DELLA NATURA UMANA Io sono, io conosco, io voglio. Sono in quanto so e voglio; so di essere e di volere; voglio essere e sapere. Agostino Confessioni Si tratta delle nostre tre facoltà: memoria (che corrisponde all Essere, a Dio Padre), intelligenza (che corrisponde al logos, a Cristo), volontà (che corrisponde allo Spirito santo, all Amore) Amore). UNITÀ Io ricordo di aver memoria, intelligenza e volontà; intendo di intendere, di volere e di ricordare e voglio volere, ricordare ed intendere. Agostino Sulla Trinità I tre aspetti sono intimamente uniti: ciascuno di essi rimanda direttamente, e anzi è costituito, dagli altri due. 5

80 Prof. Monti - a.s / 2017 FIGLIO PADRE SPIRITO SANTO essere intelligenza volontà 6

81 Prof. Monti - a.s / 2017 Dio disse: Facciamo l uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza [ ]. Gen 1,26 - Il termine immagine pare implicare una similitudine di carattere fisicomeccanicistico: come fra un padre e un figlio. La parola somiglianza pare, invece, attenuare il senso di immagine, escludendo la parità. - Attenzione: il termine facciamo non è un pluralis maiestatis, ma un pluralis deliberationis. - Qui Dio è il generico Elohim e non YHWH. 7

82 AGOSTINO da IPPONA (354 dc 429 dc) Prof. Monti - a.s / 2017 I TRE ASPETTI DELLA NATURA UMANA Questi tre fondamentali aspetti dell uomo, pur distinti e distinguibili, coincidono nell unità dell uomo stesso. L anima umana, così articolata (tre elementi che si comprendono l un l altro) è immagine di Dio, seppure impari. UOMO VECCHIO E UOMO NUOVO L uomo può cercare Dio e giungere a conoscerlo perché è a lui congenere. Ma l esito della ricerca non è garantito! In termini agostiniani: l uomo è, innanzitutto, quello che Agostino chiama "l uomo vecchio": carnale, esteriore, l uomo fatto di materia, che nasce, cresce, invecchia, si ammala, muore. Egli può diventare però "uomo nuovo", può cioè rinascere alla vita spirituale. 8

83 AGOSTINO da IPPONA (354 dc 429 dc) Prof. Monti - a.s / 2017 IL PECCATO: DI COSA SI TRATTA? L uomo sceglie se vivere secondo la carne o secondo lo Spirito. Il peccato è superbia, è qualcosa che distacca dall Essere per aderire a ciò che è da meno, che vale meno dell Essere (interessante un confronto con la hybris greca!). REALTÀ DEL PECCATO E DEL MALE Il peccato, il male, non hanno una realtà positiva, ma si tratta al contrario di una rinuncia, una lontananza, una mancanza (ricordate Plotino!). Voler trovare la causa di tale defezione è come voler vedere le tenebre o udire il silenzio. Se la tenebra è solo mancanza di luce, il male è solo mancanza di bene. 9

84 AGOSTINO da IPPONA (354 dc 429 dc) Prof. Monti - a.s / 2017 LA CREAZIONE E IL TEMPO: PRIMI ELEMENTI In quanto Essere, Dio è fondamento di tutto ciò che è. La stessa mutevolezza del mondo ci dimostra che le cose fisiche non sono primariamente Essere, ma derivano il loro essere da Dio. Dio crea tramite la Parola, il Verbo, cioè Cristo: Il Logos ha in sé le Idee (notate il debito con Platone) cioè le forme o le ragioni immutabili delle cose, anch esse eterne. Le idee non sono però, come in Platone, i costituenti di un mondo intelligibile, ma l eterna e immutabile Ragione tramite la quale Dio ha creato il mondo. Esse non sono separate da Dio. Agostino avvicina i le idee alle ragioni i seminali degli Stoici. Esse, implicite nella mente divina, si esplicano nelle cose e nel loro ordinamento. 10

85 AGOSTINO da IPPONA (354 dc 429 dc) Prof. Monti - a.s / 2017 LA CREAZIONE E IL TEMPO: DIFFICOLTÀ Alcuni Padri, come Origene, ritenevano la creazione del mondo come qualcosa di eterno non potendo essa, in alcun modo, implicare mutamento nella volontà divina. Perché mai Dio avrebbe dovuto creare l universo in un dato momento piuttosto che in un altro? In termini più banali: cosa faceva Dio prima della creazione? LA CREAZIONE E IL TEMPO: RISPOSTA Occorre capire che l eternità non è un tempo infinito. Essa è, invece, al di sopra del tempo, al di fuori di esso. Dio è eterno : ciò vuol dire che in Lui nulla è passato, nulla è futuro. Egli è immutabile: presente e solo presente in cui nulla trapassa. 11

86 AGOSTINO da IPPONA (354 dc 429 dc) Prof. Monti - a.s / 2017 LA CREAZIONE E IL TEMPO: RISPOSTA Anche il tempo è creato: esso quindi non coinvolge il Creatore. È come se Dio, per fare un paragone (anche se forse non è del tutto adeguato), si trovasse di fronte la sua stessa creazione come un pittore si trova di fronte alla sua opera finita. COS È IL TEMPO? PUNTO DI VISTA OGGETTIVO Da un punto di vista esteriore, si tratta di una cosa del tutto sfuggente: Il passato è tale perché non è più; il futuro è tale perché non è ancora; il presente, fosse sempre presente e non trapassasse continuamente nel passato, non sarebbe tempo (presente), ma eternità. Il tempo, dunque, pare non possedere una realtà propria. 12

87 AGOSTINO da IPPONA (354 dc 429 dc) Prof. Monti - a.s / 2017 COS È IL TEMPO? PUNTO DI VISTA SOGGETTIVO Da un punto di vista interiore, però, tutto si fa più chiaro: Noi conserviamo memoria del passato, attendiamo il futuro e poniamo attenzione alle cose presenti. Ricordo, attesa e attenzione: ecco il tempo! È dunque nell anima che il tempo trova la sua realtà. 13

88 AGOSTINO da IPPONA (354 dc 429 dc) Prof. Monti - a.s / 2017 LA POLEMICA CONTRO IL MANICHEISMO A smentire il dualismo tipico dei manichei secondo il quale vi sarebbero due principi originari di carattere divino: Bene e Male vale il carattere fondamentale di Dio: l incorruttibilità incorruttibilità. Amico Nebridio: ammettiamo che, come i manichei sostengono, Dio sia impegnato in una continua lotta con il Male. [premessa] In questo caso, o il Male può nuocere a Dio (nel qual caso Egli non è incorruttibile) oppure non può (nel qual caso, la lotta perde di significato: nessuno lotta contro qualcuno che non gli può nuocere). [prime conseguenze] Dunque o Dio è corruttibile ma, in questo caso, in che senso potremmo ancora definirlo Dio? oppure la teoria manichea è sbagliata! [ultima conseguenza] 14

89 AGOSTINO da IPPONA (354 dc 429 dc) Prof. Monti - a.s / 2017 LA POLEMICA CONTRO IL MANICHEISMO A questo punto, però, il problema del male riemerge drammaticamente: se Dio è buono ed è l'autore di tutto ciò che esiste, da dove viene il male? Vediamo la risposta di Agostino: Tutto ciò che è, in quanto è, è bene Le cose, nella misura in cui si allontanano dal loro creatore si corrompono: esse, cioè, perdono la bontà e l essere. Se non fosse così, si giungerebbe a un assurdo paradosso: l esistenza di cose del tutto corrotte, cioè non ulteriormente corruttibili, dunque incorruttibili, proprio come Dio! Male è attaccarsi a una cosa creata, una qualsiasi, come se fosse l Essere, allontanandosi così dall Essere vero. Il male di per se stesso non ha realtà, sostanzialità alcuna. 15

90 AGOSTINO da IPPONA (354 dc 429 dc) Prof. Monti - a.s / 2017 LA POLEMICA CONTRO IL DONATISMO Il Donatismo (da Donato, uno dei suoi propugnatori) dilagava in Africa da molto tempo nel periodo in cui Agostino divenne vescovo: ecco perché egli decise di occuparsene. Secondo i donatisti, la Chiesa deve essere una comunità di perfetti che non devono avere contatto alcuno con le autorità civili dello Stato. I religiosi che tollerano tali contatti perdono la capacità di amministrare i sacramenti. Contro il donatismo, Agostino afferma che la validità dei sacramenti non dipende d affatto dalla persona che li amministra. i È Cristo che opera tramite il sacerdote: a Lui solo si deve l efficacia dei sacramenti. 16

91 AGOSTINO da IPPONA (354 dc 429 dc) Prof. Monti - a.s / 2017 LA POLEMICA CONTRO IL PELAGIANESIMO Il monaco inglese Pelagio viveva a Roma nei primi anni del V secolo: qui egli conobbe e criticò la dottrina agostiniana sul libero arbitrio e sulla grazia di Dio. Pelagio ritiene che l essere umano sia prima del peccato di Adamo, sia dopo è in grado di per sé decidere di agire bene, indipendentemente dall aiuto della Grazia divina. Agostino, al contrario, riteneva che a causa del peccato originale nessun uomo potesse, senza l aiuto di Dio (la Grazia) agire secondo il bene. Solo la misericordia e la grazia di Dio possono consentire all uomo di salvarsi. Dio sceglie, imperscrutabilmente, chi si salverà e chi no. La Chiesa cattolica non accettò una simile radicale impostazione, mitigandone l estremo rigore. 17

92 AGOSTINO da IPPONA (354 dc 429 dc) Prof. Monti - a.s / 2017 LA LIBERTÀ Agostino identifica la libertà umana con la Grazia divina. Non esiste una libertà di fare il bene o di fare il male, ovvero di fare "ciò che si vuole", la volontà infatti si può dire "libera" solo quando non è asservita al peccato. La libertà di cui Adamo godette era quella di poter non fare il male, ma perse questa libertà. La libertà finale, dono di Dio, consisterà invece nel non poter più peccare. Tutto ciò appare assai strano alla nostra mentalità: come può essere libertà quella che ci impedisce qualcosa? Essere liberi per Agostino non significa poter fare ciò che si desidera, qualunque cosa sia, ma significa agire in modo da realizzare al massimo la nostra umana natura. Dio è l Essere che ci dà esistenza, la Verità che ci dà la ragione, l Amore che amandoci ci chiama ad amare: prendere una direzione diversa da quella che ci porta ad avvicinarci a Lui quindi non significa essere liberi, significa solo rinunciare a noi stessi. Dio è la nostra possibilità, dice Agostino. 18

93 AGOSTINO da IPPONA (354 dc 429 dc) Prof. Monti - a.s / 2017 LA CITTÀ DI DIO L impero romano, ritenuto per secoli eterno, indistruttibile, sta crollando. Di chi è la colpa? Non furono in pochi ad additare la nuova religione cristiana come responsabile dell indebolimento imperiale. La scelta fra uomo vecchio e uomo nuovo domina la storia dell uomo, che quindi può essere immaginata come costituita da una sorta di lotta fra due regni, o città. 19

94 AGOSTINO da IPPONA (354 dc 429 dc) Prof. Monti - a.s / 2017 LA CITTÀ DI DIO Queste,,p però, non sono mai nettamente divise in due campi separati. Nessun periodo storico è dominato interamente dal Bene o dal Male: ecco che l Impero romano non fu mai il regno del Bene, come non fu il regno del Male. Così è sempre! Nessun segno esteriore distingue le due città: esse sono mescolate insieme, dall inizio della storia fino alla fine dei tempi. Solo interrogando se stesso ognuno potrà capire a quale città appartenga. In questo senso è possibile interpretare la famosa parabola della zizzania (Mt 13,24-30) 20

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