PROCESSO EQUO E TERZIETÀ DEL GIUDICE

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1 ORIENTAMENTI DI STRASBURGO Francesco Buffa PROCESSO EQUO E TERZIETÀ DEL GIUDICE IL PROBLEMA DELL'AUTODICHIA Cendon LIBRI

2 Diritto Internazionale Indipendenza, imparzialità e terzietà del giudice sono tre aspetti diversi posti a fondamento del principio del processo equo garantito dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e dalla Costituzione italiana. Il testo ne esamina i caratteri alla luce della giurisprudenza CEDU sul diritto al processo equo e della giurisprudenza nazionale sui rimedi processuali ai vizi relativi al giudice, soffermandosi sull'istituto della ricusazione ed esaminando il problema della legittimità dell'autodichia. L'autore: Francesco BUFFA Giudice della Corte di Cassazione italiana, autore di numerose monografie giuridiche, professore a contratto nelle Università Sapienza di Roma, Telma di Roma e Università del Salento, già magistrato distaccato presso la CEDU nel quadro del programma di scambio fra Autorità giudiziarie dell'european Judicial Training Network. Collana diritto / ORIENTAMENTI DI STRASBURGO Collana diretta da Francesco Buffa Edizione NOVEMBRE 2013 Copyright MMXIII ARACNE editrice S.r.l. info@aracneeditrice.it via Raffaele Garofalo, 133/A-B Roma ISBN I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione, di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), sono riservati per tutti i Paesi. 2

3 INDICE GENERALE Capitolo Primo 1.1. Le norme NORME 2.1. La giurisprudenza della CEDU Capitolo Secondo GIURISPRUDENZA CEDU 3.1. La dottrina Capitolo Terzo DOTTRINA CAPITOLO Quarto IMPARZIALITA' E RICUSAZIONE DEL GIUDICE 4.1. Istituto della ricusazione 4.2. La ricusazione nel processo civile 4.3. La ricusazione nel processo amministrativo Regime degli atti 4.5. Ricusazione di tutti i componenti del collegio Capitolo Quinto AUTODICHIA 5.1 L autodichia negli ordinamenti stranieri 5.2. La giurisprudenza della CEDU sull'autodichia Il caso Savino 5.4. Le critiche della dottrina 5.5. La giurisprudenza costituzionale italiana sull'autodichia La giurisprudenza nazionale di legittimità La giurisprudenza sull autodichia del Senato La giurisprudenza sull autodichia della Camera dei deputati La giurisprudenza sull autodichia della Presidenza della Repubblica La giurisprudenza amministrativa La dottrina Le critiche I problemi e le soluzioni proposte BIBLIOGRAFIA 3

4 Capitolo Primo NORME SOMMARIO Le norme 1.1. L art. 47 della Carta europea dei diritti fondamentali dell Unione europea prevede la garanzia del giudice indipendente ed imparziale, precostituito per legge. L art. 6 della CEDU analogamente prevede la garanzia di un tribunale indipendente ed imparziale, sancendo all art. 13 il diritto di ogni persona ad un ricorso effettivo davanti ad un istanza nazionale a tutela dei diritti riconosciuti dalla Convenzione. Diverso è, peraltro, il valore delle due fonti nel nostro ordinamento nazionale: infatti, i rapporti tra il nostro ordinamento, quello comunitario e quello convenzionale, come più volte ha chiarito anche la Corte costituzionale, si pongono su due livelli distinti al livello delle fonti. Con riferimento ai rapporti tra il nostro ordinamento e quello comunitario, l Italia, ratificando i Trattati comunitari, è entrata a far parte dell ordinamento comunitario, e cioè di un ordinamento giuridico autonomo, integrato e coordinato con quello interno, ed ha contestualmente trasferito, in base all art. 11 Cost., l esercizio di poteri anche normativi (statali, regionali o delle Province autonome) nei settori definiti dai Trattati medesimi». Le norme derivanti dalla fonte comunitaria ricevono, ai sensi degli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., diretta applicazione nel territorio italiano, ma rimangono estranee al sistema delle fonti interne e, se munite di efficacia diretta, precludono al giudice nazionale di applicare la normativa interna con esse ritenuta inconciliabile (ove occorra, previo rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, ex art. 234 del Trattato CE). Il valore giuridico della Carta dei diritti fondamentali dell Unione europea (comunemente nota come Carta di Nizza, già proclamata nel 2000) è mutato a seguito del Trattato di Lisbona, ove si rinviene il riconoscimento (art. 6, par. 1), da parte dell Unione, dei <<diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali>>, alla quale viene assegnato lo <<stesso valore giuridico dei Trattati>>. Quanto al rapporto tra l ordinamento italiano e la CEDU, a seguito della novella del 2001, che ha modificato l art. 117, primo comma, Cost., in mancanza di una specifica previsione costituzionale, le disposizioni della CEDU, rese esecutive nell ordinamento interno con legge ordinaria, ne acquistano il rango e quindi non si collocano a livello costituzionale; tuttavia, il contrasto di una norma nazionale con una norma convenzionale, in particolare della C.E.D.U., si traduce 4

5 secondo la Corte costituzionale in una violazione dell art. 117, primo comma, Cost. Come precisato nelle sentenze (c.d. gemelle ) n. 348 e 349 del 2007 della Corte costituzionale e successive (in particolare, Corte cost. n. 264 del 2012; Corte cost. n. 1, n. 113 e n. 236 del 2011; Corte cost. n. 87, n. 138 e n. 196 del 2010; Corte cost. n. 311 e n. 317 del 2009; Corte cost. 39 del 1008), il giudice nazionale riveste il ruolo di giudice comune della Convenzione e come tale è investito del potere-dovere di applicare le relative norme; il giudice nazionale applica tali norme <<nell interpretazione offertane dalla Corte di Strasburgo, alla quale questa competenza è stata espressamente attribuita dagli Stati contraenti>>; ove, poi, l interpretazione conforme non giunga all esito sperato e permanga il supposto conflitto tra le due norme in quanto il contrasto è «insanabile in via interpretativa» dal giudice comune (sent. n. 349 del 2007), oppure perché esiste un diritto viv nazionale è tenuto a sollevare, utilizzando come norma interposta quella della CEDU e come parametro l art. 117, primo comma, Cost. Resta invece possibile l interpretazione convenzionalmente conforme della norma interna ed anzi essa è, ove possibile, doverosa, atteso che il mancato esperimento del tentativo di interpretazione conforme rende, quindi, la questione di legittimità costituzionale inammissibile. Va peraltro detto in proposito che parte della dottrina ha proposto l applicazione diretta delle norme CEDU per altra via, o per l applicazione degli art. 10 o 11 Cost. (riscontrandosi anche in ambito Cedu una limitazione della sovranità nazionale), ovvero quale effetto della corrispondenza delle tutele della CEDU con quelle garantite dalla Carta dei diritti fondamentali dell Unione europea, o infine in applicazione delle norme della Carta e della Convenzione (artt. 52 e 53 delle stesse) che consentono una tutela dinamica dei diritti fondamentali, assicurando il livello di protezione più elevato, a prescindere che questo derivi da fonte comunitaria o convenzionale. Peraltro, se è vero che la giurisprudenza ha precisato (Sez. U, Sentenza n del 13/06/2012) che la Carta dei diritti fondamentali dell Unione europea, alla luce della clausola di equivalenza sancita dall art. 52, par. 3, non ha determinato una trattatizzazione indiretta e piena della CEDU, la quale è predicabile solo per le ipotesi nelle quali la fattispecie sia disciplinata dal diritto europeo e non già da norme nazionali prive di alcun legame con il diritto dell Unione europea, è pur vero che la materia del processo è oggetto anche, per taluni aspetti, di disciplina comunitaria e, per altro verso, che vi è coincidenza del principio di imparzialità del giudice nelle due fonti. Nell ordinamento nazionale, poi, l art. 111 Cost. prevede, poi, la garanzia del giusto processo, stabilendo che <<La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale>>. La norma stabilisce direttamente alcuni principi costituzionali, prevedendo in materia una riserva qualificata di legge, circoscritta dalla predeterminazione delle garanzie minime necessarie affinché il processo possa dirsi giusto. 5

6 Il codice del processo amministrativo recepisce formalmente l indicazione, disponendo che «Il processo amministrativo attua i principi della parità delle parti, del contraddittorio e del giusto processo previsto dall articolo 111, primo comma, della Costituzione». Dall excursus delle dette norme può evincersi l immediata precettività del principio di indipendenza ed imparzialità del giudice, principio che ha valenza comunitaria e costituzionale e che prevale sulla legislazione ordinaria: ne deriva l applicabilità del principio anche al di là delle disposizioni di legge che prevedono astensione e ricusazione del giudice, operando le norme superiori non solo quale parametro della legittimità delle norme interne, ma anche quali norme direttamente applicabili nell ordinamento nazionale, che impongono la disapplicazione delle norme interne o la questione della loro legittimità costituzionale, ed in ogni caso la loro interpretazione conforme. Naturalmente, la misura drastica della disapplicazione della norma nazionale o quella della proposizione della questione di legittimità costituzionale della norma interna contrastante con i principi su richiamati può ipotizzarsi solo ove la disciplina legale (comprensiva delle norme in materia di ricusazione del giudice) possa essere ritenuta insufficiente ad assicurare l imparzialità e terzietà del giudice prescritta dalle fonti sovraordinate. Più probabilmente, la conformità dell ordinamento ai principi costituzionali, convenzionali e comunitari potrà essere ottenuta con soluzioni di tipo interpretativo, seguendo un interpretazione convenzionalmente, comunitariamente e costituzionalmente conforme delle norme di legge: in tal senso, potrebbe essere rimeditato alla luce dei principi sovranazionali l orientamento -di cui si dirà infra- che consente in sede di legittimità un controllo sulle sentenze rese da un giudice parziale e non terzo solo in via successiva alla pronuncia della sentenza (e non anche in via preventiva mediante impugnazione ex art. 111 Cost. dell ordinanza che decide sull istanza di ricusazione) o, per altro verso, l orientamento che configura la questione della ricusazione del giudice come un mera problematica di limiti interni alla giurisdizione, atteso che la nozione di giurisdizione e di giudice postula necessariamente l imparzialità e terzietà del giudice. 6