OSSERVATORIO SULL GIURISPRUDENZA COMUNITARIA aggiornato al 15 febbraio 2011 a cura di Maria Novella Massetani

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1 OSSERVATORIO SULL GIURISPRUDENZA COMUNITARIA aggiornato al 15 febbraio 2011 a cura di Maria Novella Massetani TRIBUNALE dell UNIONE EUROPEA Sentenza sulle cause riunite T-231/06 e T- 237/06 Regno dei Paesi Bassi e Nederlandse Omroep Stichting / Commissione Il sistema di finanziamento delle emittenti pubbliche implica un aiuto di Stato e come tale incompatibile con il mercato comune. La pronuncia si segnala per i profili inerenti la politica della concorrenza. Quest ultima ha come scopo principale la creazione di un mercato, all interno della Comunità, in cui si applichino le regole di libera concorrenza negli scambi commerciali tra Stato membri. In un sistema di libera concorrenza, il mercato è considerato più efficiente in quando i consumatori possono effettuare le proprie scelte sui prodotti e servizi, confrontando i prezzi e scegliendo quelli più competitivi. Il legislatore ha inteso garantire un regime in cui la concorrenza non sia falsata nel mercato interno. Il Tribunale conferma la decisione della Commissione che aveva qualificato il finanziamento statale delle emittenti pubbliche come un aiuto incompatibile con il mercato comune. Le principali risorse delle emittenti pubbliche olandesi, infatti, sono i finanziamenti statali annuali. Sul mercato, però, operano anche emittenti commerciali che ritengono che tali contributi favorissero le emittenti pubbliche e rappresentassero un aiuto incompatibile con il principio di concorrenza; per tale motivo denunciarono la pratica alla Commissione. Quest ultima ha concluso che tali erogazioni fossero da qualificare come aiuto di Stato ad hoc, accordato alle emittenti pubbliche olandesi per espletare le funzioni di servizio pubblico e come tale, però, incompatibile con il mercato comune. Il legislatore comunitario ha come obiettivo quello di abbattere qualsiasi barriera per realizzare uno spazio senza frontiere e ciò sarebbe impossibile senza garantire un regime di concorrenza. L ingresso sul mercato di nuovi concorrenti sarebbe, infatti, ostacolato dalla presenza di monopoli o oligopoli, che avrebbero la stessa funzione delle barriere protezionistiche. Occorre impedire l abuso del potere economico, 1

2 quindi non consentire alle eventuali imprese di sfruttare abusivamente la loro posizione economica dominante, alterando così il mercato. Per raggiungere tali obiettivi il Trattato CE ha previsto alcune norme volte ad impedire la realizzazione di quelle pratiche contrarie al libero mercato, come ad esempio l emanazione o il mantenimento nei confronti delle imprese pubbliche di misure nazionali contrarie al principio di non discriminazione ed alle regole di concorrenza ex art 86 ed infine gli aiuti concessi dagli Stati alle imprese nazionali, come nel caso di specie, ex artt e le intese e le pratiche concordate tra imprese ex art 81. Sentenza nella causa C-260/09 Activision Blizzard Germany GmbH / Commissione Nell ultima ipotesi si inquadra la decisione della Corte di Giustizia che sanziona la partecipazione di un impresa ad un accordo anticoncorrenziale, in quanto contrario al diritto dell Unione Europea. La Commissione ha inflitto ammende alla Nintendo ed i suoi distributori poiché avevano partecipato ad intese idonee a limitare il commercio e la libera concorrenza. Tale decisione è stata confermata dalla Corte di Giustizia. Si tratta di intese stipulate per fissare patti volti a menomare la concorrenza con la conseguenza che il prezzo di acquisto diventa superiore rispetto a quello che si sarebbe avuto con un regolare gioco della concorrenza. Sentenza nella causa C 137/09 Marc Michel Josemans / Burgemeester van Maastricht Il divieto di ammissione dei non residenti all interno dei coffeshop olandesi è conforme al diritto dell Unione Europea. La questione posta all attenzione della Corte di Giustizia concerne il divieto posto dal Consiglio comunale di Maastricht ai gestori dei coffeshop di ammettere soggetti 2

3 non residenti nei Paesi Bassi. Si lamentava che tale regolamentazione comportasse la violazione del principio di non discriminazione di trattamento tra cittadini dell Unione, in quanto le persone non residenti non potevano acquistare bevande alcoliche ed alimenti nei coffeshop. La Corte sostiene, al contrario, che il divieto è legittimo poiché persegue lo scopo di contrastare il turismo della droga e i disturbi da esso provocato, ad esempio le turbative all ordine pubblico, la criminalità, l aumento dei punti vendita illegali di droga. Tale politica ha come finalità la lotta alla droga e quindi il rispetto dell ordine pubblico e non ultima la tutela della salute dei cittadini. Tali obiettivi giustificano, secondo il percorso argomentativo della Corte, una limitazione degli obblighi previsti dall Unione, ancorché derivanti da una libertà fondamentale quale la prestazione di servizi. Questa è una libertà che deve essere garantita a tutti i cittadini comunitari, che, però, può subire alcune eccezioni, come nel caso dell applicazione di disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che prevedono un regime particolare per i non residenti, ancorché siano giustificate da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica. L eccezione è stata ritenuta sussistente dalla Corte nel caso in esame, poiché il divieto di ammissione dei non residenti costituisce un provvedimento volto a prevenire la tossicodipendenza e la repressione del traffico di droga ed a ridurre i problemi da esso causati, che nel giudizio di bilanciamento sono stati considerati valori idonei a giustificare tale decisione. CORTE DI GIUSTZIA dell UNIONE EUROPEA Sentenza nella causa C-208/09 Ilonka Sayn-Wittenstein/Landshauptmann von Wien Uno Stato membro può, per ragioni di ordine pubblico, rifiutare di riconoscere il nome di un proprio cittadino contenente un titolo nobiliare ottenuto in un altro Stato membro. Una signora con cittadinanza austriaca, essendo stata adottata da un cittadino tedesco, ha ottenuto il cognome di quest ultimo con il titolo nobiliare. Il problema si è posto per il fatto che in Austria vige il divieto di acquisire un nome comprendente un titolo nobiliare, dettato per ragioni di ordine pubblico. La legge 3

4 sull abolizione della nobiltà costituisce esecuzione del principio generale di uguaglianza tra cittadini austriaci. Secondo la Corte, le deroghe alla libera circolazione delle persone va interpretata in senso restrittivo: le disposizioni che riguardano i nomi, cognomi e titolo nobiliari rientrano nella competenza degli Stati membri che però devono rispettare il diritto comunitario. Per tale motivo ogni Stato membro, valutate le specifiche circostanze, può decidere per l applicazione di limitazioni dovute ad esigenze di ordine pubblico. Nel caso specifico, la Corte ritiene che la legge austriaca nel tutelare l uguaglianza tra cittadini, principio affermato anche dall Unione Europea, non comporti una lesione alla libertà di circolazione e soggiorno dei cittadini comunitari. Essa si realizza attraverso lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne. L eliminazione delle frontiere interne richiede una gestione rafforzata delle frontiere esterne dell Unione nonché un ingresso e un soggiorno regolamentati dei cittadini extra UE, anche attraverso una politica comune di asilo e immigrazione. La nozione di libera circolazione delle persone nasce con l accordo di Schengen nel 1985 e della successiva convenzione di Schengen nel 1990, che abolirono i controlli alle frontiere fra i paesi partecipanti. La cooperazione Schengen, essendo parte del quadro giuridico e istituzionale dell UE, è stata gradualmente estesa. Nel caso di specie la sentenza ha ritenuto, nel giudizio di bilanciamento legittime e proporzionate le disposizioni contenute nella legge austriaca che si prefigge di raggiungere la finalità di attuare l uguaglianza. Sentenza nella causa C- 155/09 Commissione / Repubblica ellenica La legislazione greca che prevede l esenzione dall imposta sull acquisto della prima abitazione comporta la violazione dei principi dell Unione Europea. La Grecia, disponendo l esenzione dall imposta suindicata, persegue lo scopo di facilitare l acquisto di un alloggio da parte delle persone di origine greca e dei greci migranti, nonché di incoraggiarne il ritorno in Grecia. 4

5 La Commissione, di contrario avviso, ritiene, invece, che, dissuadendo i soggetti non residenti la Grecia dal comprare il primo immobile, ostacoli la libertà di circolazione delle persone, di stabilimento e si realizzi così una discriminazione diretta. Le disposizioni del Trattato dell Unione Europeo relative alla parità di trattamento vietano non soltanto le discriminazioni basate sulla cittadinanza, ma anche qualsiasi disparità fondata su altri criteri, quale la residenza, che comporti la medesimo conclusione. La Repubblica ellenica afferma, per sostenere la sua scelta di politica sociale, che la distinzione tra i cittadini greci e non, è giustificata segnatamente dagli obiettivi diretti, da una parte, a facilitare l acquisto di un alloggio per gli emigranti greci e le persone di origine greca nonché ad incoraggiarne il ritorno, dato che tale Stato membro ha subito una forte diminuzione della sua popolazione a causa di una massiccia emigrazione all estero. L unico elemento idoneo ad operare una differenziazione tra la situazione dei cittadini greci o di origine greca e quella dei cittadini non greci, circa il loro diritto di essere esentati dall imposta, è la loro cittadinanza. Infatti solo i cittadini greci o le persone di origine greca fruiscono della suddetta esenzione. Dunque tale diverso trattamento, espressamente ed unicamente fondato sulla cittadinanza, costituisce una discriminazione diretta. Secondo la giurisprudenza costante, infatti, il divieto di discriminazione, impone di non trattare situazioni analoghe in maniera differente e situazioni diverse in maniera uguale. Un trattamento del genere potrebbe essere giustificato solo se fondato su considerazioni oggettive, indipendenti dalla cittadinanza delle persone interessate e adeguatamente commisurate allo scopo legittimamente perseguito. La Corte di Giustizia conclude, quindi, per la violazione del diritto comunitario, in particolare del diritto di libera circolazione nell Unione Europea. 5

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