Vulnerabilità sismica degli edifci ecclesiastici lucani

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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELLA BASILICATA FACOLTÀ DI INGEGNERIA Corso di Laurea in Ingegneria Civile P.A.S. Tesi di Laurea Vulnerabilità sismica degli edifci ecclesiastici lucani Relatore Prof. Ing. Domenico Liberatore Correlatore Dott. Ing. Donato Martino Candidato Luigi D'Orsi matricola ANNO ACCADEMICO 2007/2008

2 Vulnerabilità degli edifci ecclesiastici lucani - Introduzione Introduzione L importanza delle strutture che fanno parte del nostro patrimonio artistico e culturale è indubbia, in quanto espressione della nostra società, della nostra storia, della nostra creatività. In particolare, le chiese e gli edifci di culto in genere (che, tra le altre cose, rappresentano oltre l 80% del patrimonio culturale nazionale) sono quelli che probabilmente più di qualsiasi altro, appartengono più univocamente all immaginario collettivo comune. Infatti esse hanno spesso determinato la crescita e l affermazione dei piccoli borghi sorti attorno a loro, e lo sviluppo del territorio e delle comunità, è stato spesso legato alla loro presenza. È evidente che per conservare tali testimonianze è necessaria un attenta analisi condotta non soltanto al restauro, ma anche puntando alle cause che portano al declino del costruito, in primo luogo con riferimento agli eventi più negativi per essi, i terremoti. Infatti l esperienza mostra come sia questa la causa più probabile del decadimento di tali costruzioni. Anche sismi di limitata intensità determinano stati fessurativi evidenti e possono provocare, in alcuni elementi architettonici della chiesa, situazioni d'instabilità con crolli locali. Questo soprattutto per una propria vulnerabilità intrinseca, dovuta alle caratteristiche per niente duttili della muratura ( l ingrediente principale) ed ad una vulnerabilità aggiunta dovuta al naturale degrado dei materiali; senza contare le contromisure prese che, per mancanza di esperienza, si sono rivelate il più delle volte erronee, causando, spesso, danni maggiori di quelli che si volevano curare. Sarebbe pertanto necessaria una attenta indagine, al fne di individuare le soluzioni strutturali di rafforzamento antisismico opportune. Esiste quindi per questi manufatti un problema di sicurezza, ovvero occorre garantire alla struttura una capacità di resistere all'azione sismica confrontabile con quella che viene richiesta alle nuove costruzioni. Questa esigenza è legata, come detto, al I

3 Vulnerabilità degli edifci ecclesiastici lucani - Introduzione mantenimento del bene architettonico, per le sue valenze culturali ed economiche, ma soprattutto alla salvaguardia dell'incolumità pubblica, dato che una chiesa può essere soggetta a grande affollamento (anche se per periodi limitati). Il punto di partenza nella valutazione della sicurezza di un manufatto storico è considerare la sua storia come collaudo dell'opera. Nell ambito dell ingegneria strutturale è quindi fondamentale conoscere la sequenza degli eventi sismici signifcativi che hanno interessato il manufatto dall'epoca della sua costruzione ed acquisire notizie sui danni subiti. La sintesi di queste informazioni, unitamente alla scelta di un modello del comportamento strutturale, porta alla formulazione della diagnosi, ovvero consente di determinare il livello di sicurezza del manufatto o, equivalentemente, con un termine utilizzato in ambito sismico, la sua vulnerabilità. È questo l oggetto del presente lavoro, che propone un criterio di valutazione della vulnerabilità sismica degli edifci di culto lucani, indirizzata ad acquisire una conoscenza degli edifci presenti sul territorio ed a stimare il danno che si verifcherebbe a seguito del terremoto atteso nella regione, partendo dal danno osservato in una precedente crisi post-sismica. Come terremoto di riferimento si assume in genere il massimo storico sul territorio. Nel nostro caso si considerano i danni subiti da un campione di 82 chiese monumentali durante il terremoto che ha colpito la Basilicata il 23 novembre 1980 (magnitudo 6.9 sulla scala Richter). In particolare, si faranno in primis delle valutazioni sul comportamento degli edifci ecclesiastici in zona sismica, evidenziando l assenza di un comportamento scatolare e il conseguente verifcarsi di collassi parziali, introducendo quindi come la risposta sismica di tali edifci possa essere interpretata considerando singolarmente gli elementi architettonici che costituiscono la fabbrica, defniti macroelementi (facciata, cupola, arco trionfale, abside, ecc.). Si andranno quindi ad esaminare i danni tipici per ognuno di questi e i fattori che ne infuenzano la vulnerabilità. In base a queste considerazioni sarà possibile una stima del danno atteso per i principali meccanismi di collasso a seguito di un evento sismico di data intensità attraverso le matrici di probabilità di danno. Inoltre, l utilizzo di regressioni multiple, permetterà poi di ricavare delle indicazioni sulla capacità sismica dei macroelementi fondamentali sottolineando quale di quei fattori che II

4 Vulnerabilità degli edifci ecclesiastici lucani - Introduzione condizionano la vulnerabilità specifca per quel macroelemento risulta più infuente. Si cercherà, infne, una possibile correlazione tra i differenti meccanismi di collasso. III

5 Capitolo 1 - Le chiese in muratura in zona sismica I sistematici danni osservati a seguito di eventi sismici testimoniano come le chiese siano, tra i manufatti a carattere monumentale, la tipologia maggiormente vulnerabile; in particolare, per tutti gli edifci ecclesiastici storici, realizzati sulla base dell esperienza costruttiva acquisita, il terremoto è da sempre la principale causa di danno. Infatti, nel passato le chiese, come tutte le costruzioni in muratura, erano realizzate sull intuizione del comportamento strutturale, considerando unicamente le azioni statiche (principalmente connesse al peso proprio degli elementi strutturali e alle spinte statiche di volte e archi), e senza tener presente delle azioni sismiche orizzontali. Inoltre c è da considerare il naturale degrado dei materiali, che può essere aggravato dalla scarsa manutenzione, come pure ai dissesti, i cui effetti vanno spesso a sommarsi nel tempo se non opportunamente contrastati. A questo và aggiunto che molti interventi di consolidamento, effettuati in assenza di metodologie operative scientifche, hanno spesso prodotto effetti peggiori di quelli che si volevano contrastare. In effetti, gli interventi sul patrimonio monumentale negli ultimi decenni sono stati caratterizzati dall ignoranza delle tecniche costruttive che, unita alla mancanza di metodi di calcolo adeguati, ha prodotto operazioni volte a modifcare l effettivo schema statico (in genere di grande complessità per ovviare alla pressoché nulla resistenza a trazione della muratura) per adeguarlo a modelli più facilmente riconoscibili e trattabili. I risultati sono spesso stati disastrosi. In particolare, l osservazione dei danni causati da recenti terremoti ha mostrato come l applicazione acritica di certe metodologie d intervento (peraltro prescritte dalla Normativa vigente [D.M. del 16 gennaio 1996]), sia stata fallimentare, non avendo determinato un reale incremento di sicurezza. Soluzioni quali il rifacimento della copertura in cemento armato, l'inserimento di cordoli in breccia eccessivamente rigidi in sommità alle murature, l'uso di 1

6 cuciture armate in alternativa ai tradizionali tiranti metallici, hanno determinato un aumento di massa e di conseguenza l incremento dell azione sismica generando danni spesso superiori a quelli che l'originale struttura avrebbe probabilmente presentato. Tuttavia le campagne di rilievo dei danni e della vulnerabilità condotte a seguito dei principali eventi sismici sul patrimonio monumentale, hanno permesso di valutare l effcacia non solo di certe metodologie d intervento, ma anche di comprendere la risposta sismica delle strutture ecclesiastiche monumentali, evidenziando come tali manufatti, seppure nelle differenze tipologiche in cui si presentano, manifestino una fenomenologia di danno diversa dal classico comportamento scatolare ma riconducibile a meccanismi di collasso ricorrenti. In effetti, il sisma và a selezionare le parti strutturali, provocando danni o collassi mediante meccanismi defnibili anticipatamente. A differenza di quanto avviene negli edifci concepiti e costruiti come un unica struttura continua, come gli edifci moderni in acciaio o in cemento armato, nelle chiese storiche, come nella totalità delle strutture in muratura, la mancanza di connessione tra le parti permette il verifcarsi di collassi parziali: spesso la parte più debole della costruzione cede al sisma senza trascinare con sé le porzioni adiacenti. Il comportamento sismico di tali costruzioni è quindi valutabile, in via semplifcativa, attraverso la scomposizione del manufatto in più elementi architettonici detti macroelementi e defniti come "parte costruttivamente riconoscibile e compiuta del manufatto, che può coincidere con una parte identifcabile anche sotto l'aspetto architettonico e funzionale (es. facciata, aula, navate laterali, arco trionfale, abside, transetto, cappelle, torre campanaria, etc.); solitamente è formata da più pareti ed elementi orizzontali connessi tra loro a costituire una parte costruttivamente unitaria (fg.1.1) pur se in genere collegata e non indipendente dal complesso della costruzione" [Doglioni 1994]. 2

7 Figura 1.1 Schematizzazione per macroelementi Per ciascun macroelemento vengono quindi individuate le modalità di danno ed i meccanismi di collasso attivati dal terremoto, deducendole approssimativamente sulla scorta di considerazioni che emergono da terremoti passati. Questa metodologia facilita l'interpretazione qualitativa dei danni prodotti dal sisma, poiché opera a livello di macroelemento, evitando di considerare l'intera fabbrica; ciò rende anche possibile la comparazione tra manufatti diversi, in quanto i problemi legati alla complessità e originalità di una chiesa (stili architettonici diversi, evoluzione storica) sono parzialmente superati, considerando l'edifcio come composizione di elementi semplici. D altro canto, una suddivisione in elementi fortemente discretizzati rispetto all intero manufatto (setti, parti murarie, campi, ecc.) rischiava di non rendere percepibile in modo effcace la specifca funzionalità e il comportamento della parte rispetto all organismo architettonico nel suo complesso. In realtà, nella defnizione dei macroelementi il criterio utilizzato è solo parzialmente di natura architettonica e strutturale; infatti, il principio fondamentale adottato per la suddivisione in macroelementi costituisce già il risultato di una prima osservazione del comportamento sotto sisma degli edifci 3

8 e del loro modo di discretizzarsi in parti macroscopiche (comportamento a grandi blocchi). Perciò per macroelemento si intende anche la parte dell edifcio nell ambito nella quale, a seguito di azioni sismiche, si può osservare - e quindi descrivere - un comportamento unitario. Infatti, pur nella varietà delle tecniche costruttive, delle proporzioni e delle forme, i diversi macroelementi mostrano in genere un comportamento dinamico sostanzialmente autonomo, proprio in virtù della tipologia di questi manufatti. Partendo da questa impostazione, si può dunque associare ogni elemento strutturale costituente l edifcio ecclesiastico con i meccanismi di danno da cui è interessato in caso di terremoto, prevedendo che questi siano gli stessi che si verifcano in macroelementi dello stesso tipo. Pertanto si vanno ad isolare le zone entro le quali sono rappresentabili compiutamente i meccanismi di danno. Prima di esaminare gli elementi più signifcativi, che si possono estrapolare dall edifcio globale, con i relativi meccanismi di danno, è necessario fare una considerazione sull interazione tra i vari macroelementi stessi. A condizionare in maniera signifcativa il comportamento di più macroelementi convergenti tra di loro, intervengono le tecnologie costruttive e l effcacia delle connessioni, unita alla presenza di provvedimenti locali (catene, tiranti, pietre angolari, ecc.). Pertanto, i fenomeni che si verifcano nelle zone contigue o, di sovrapposizione, saranno descritti due - o più volte, in ciascuno dei macroelementi interessati. Segue l analisi dei meccanismi di danno più frequenti nei principali macroelementi. 4

9 1.1. Macroelemento facciata Il macroelemento facciata è costituito dal pannello murario di facciata ed ha come zone di sovrapposizione una parte delle pareti laterali, in caso di chiese ad aula unica, a cui si aggiunge parte delle pareti della navata centrale in caso di chiese a tre navate. I meccanismi di danno in facciata, che più frequentemente si osservano in occasione di un evento sismico, sono imputabili ad azioni fuori dal piano ed interessano, il più delle volte, le zone di estremità delle pareti laterali e ad azioni nel piano che si presentano come lesioni da taglio, scorrimento e/o pressofessione. L'elemento di facciata varia notevolmente da una chiesa all altra per la forma, la presenza di elementi adiacenti, la presenza di contrafforti o speroni, la percentuale e la distribuzione delle aperture, le discontinuità presenti nella muratura, variazioni di altezza all'innesto con le navate laterali per le chiese a tre navate, presenza del campanile. La presenza di questi elementi distintivi tra i vari tipi di facciata infuenza, ovviamente, anche i meccanismi di danno e la distribuzione delle lesioni all'interno del macroelemento. In generale, è possibile effettuare la seguente divisione in classi tipologiche dell'elemento facciata (fg.1.2): Per le chiese a navata unica: A. facciata con assenza di fori oltre il portale di ingresso; B. facciata con fori allineati lungo l'asse di simmetria principale; C. facciata con presenza di volta strutturale nel corpo dell'aula; D. facciata con presenza di volta strutturale all'interno dell'aula. Per le chiese a tre navate: E. facciata con fori allineati lungo l'asse di simmetria principale; F. facciata con fori in asse e fori a quota inferiore. 5

10 Figura Diverse tipologie di facciate Per ognuna delle tipologie sopra elencate è possibile descrivere i più frequenti meccanismi semplici che si verifcano quando la chiesa è interessata da un azione sismica. Per elementi più complessi il meccanismo di rottura può sempre ottenersi come assemblaggio di più meccanismi semplici. Si prendono quindi in esame i meccanismi di collasso per ribaltamento fuori dal piano, relativi all'intera facciata o al solo timpano, e per taglio, scorrimento e/o pressofessione, in presenza di azioni nel piano Rotazione fuori piano globale o parziale intorno ad un asse orizzontale È lo spostamento fuori piano per fessione dell intera facciata (fg.1.3a) o della parte di sommità, corrispondente al timpano (fg.1.3b). 6

11 (a) (b) Figura Meccanismo di rotazione della facciata intorno ad un asse orizzontale Rotazione fuori piano della parte sommitale della facciata. Spostamento fuori dal piano, per fessione, della parte superiore della facciata con lesioni oblique, convergenti in asse; i massimi spostamenti sono localizzati nella parte centrale (fg.1.4). Figura Meccanismo di rotazione del timpano Rotazione fuori piano con formazione di una cerniera cilindrica ad asse orizzontale alla quota dei fori. Formazione di una cerniera orizzontale alla quota dei fori con distacco netto all intersezione e spostamento fuori piano del grande blocco discretizzatosi e crollo della vela. La discontinuità costituita dai fori costituisce una linea preferenziale per la formazione della lesione (fg.1.5). 7

12 Figura Meccanismo di sommità della facciata Meccanismi nel piano Formazione di lesioni per taglio (fg.1.6a), scorrimento (fg.1.6b) o pressofessione (fg.1.6c) dovute ad un azione agente nel piano della facciata. (a) (b) (c) Figura Meccanismi nel piano della facciata Rotazione dell'angolo Separazione di parte dell angolata dovuta all'interazione delle forze agenti su pannelli murari ortogonali: ciò determina la rotazione fuori dal piano dell angolata con punto di cerniera a quota inferiore (fg.1.7). Figura Rotazione dell'angolo della facciata 8

13 1.2. Macroelemento aula I meccanismi di danno riguardanti il macroelemento aula interessano le eventuali volte presenti, ma soprattutto le pareti laterali (risposta trasversale e risposta longitudinale) oltre alle pareti centrali, e al colonnato, nelle chiese a più navate. È importante sottolineare come l'azione sismica orizzontale produca effetti diversi sulle pareti, a seconda che agisca ortogonalmente al piano medio o nel proprio piano Risposta trasversale dell aula Le pareti dell aula sono sottoposte ad azioni fuori dal piano. Il comportamento di un muro sollecitato fuori dal proprio piano fu indagato già da Rondelet nel 1802; egli, facendo riferimento a modelli sperimentali realizzati con blocchi regolari a secco, individuò tre possibili modalità di collasso (fg.1.8). Figura I tre meccanismi di collasso di Rondelet Il primo dei tre meccanismi prevede per il muro soggetto a forza orizzontale, il ribaltamento attorno a una cerniera cilindrica posta in corrispondenza del piano di appoggio del muro sul terreno: il ribaltamento avviene rigidamente, ovvero il muro durante l'atto di moto mantiene la sua confgurazione geometrica iniziale comportandosi come un monolite. Il secondo meccanismo è relativo ad un muro vincolato da un solo lato: in tale situazione il collasso avviene per ribaltamento attorno a una cerniera cilindrica posta lungo un asse individuato dal rapporto tra base e altezza degli elementi della muratura. Il terzo è relativo ad un muro vincolato da entrambi i lati; per questa situazione Rondelet riconosce un collasso che avviene per separazione di due porzioni triangolari; la formazione delle cerniere è consentita solo se si verifcano spostamenti laterali delle connessioni angolari e se all'interno della parete si hanno scorrimenti nei giunti tra gli elementi, a causa dell'ingranamento sulla linea di frattura verticale. 9

14 In particolare, l aula di una chiesa, in genere suddivisa in campate delimitate da paraste o colonne, presenta nei riguardi di un'azione sismica trasversale al suo asse due elementi piuttosto rigidi alle estremità: la facciata, sollecitata a taglio nel proprio piano e l'arco trionfale, spesso irrigidito dal transetto o da corpi di fabbrica aggiunti (sacrestia, canonica); la parte centrale è invece certamente più deformabile, per la snellezza delle pareti laterali. Se l'aula è suffcientemente allungata, è ragionevole assumere che la campata centrale non risenta degli effetti di bordo e quindi possa essere analizzata autonomamente. La differenza dei meccanismi di collasso che possono aversi, a seguito di un azione trasversale, dipendono principalmente dalla tipologia di copertura adottata (vedi fg.1.9). Figura 1.9 a) Capriata su muri laterali; b) Capriata, arcone e volta; c) Arcone in muratura In particolare, nel caso di presenza della sola capriata, occorre distinguere se questa è semplicemente appoggiata o è collegata alle pareti, attraverso bolzoni metallici, barre iniettate nella muratura o cordolo. Nel primo caso sono possibili due distinti meccanismi (fg.1.10): a) parete che ribalta verso l'esterno, per l'azione inerziale conseguente al proprio peso ed a quello dall'intera porzione di copertura, che anche se non collegata trova contrasto nella parete stessa; b) parete che ribalta verso l'interno, solo per la propria azione inerziale. Si ha invece un meccanismo globale se la capriata è collegata alle pareti (fg. 1.10c). 10

15 Figura 1.10 Meccanismo di risposta trasversale dell aula con capriate: a) ribaltamento parete verso l esterno; b) ribaltamento parete verso l interno; c) ribaltamento globale Nel caso sia presente, oltre alla capriata, una volta in muratura si possono verifcare diversi meccanismi, ottenuti come combinazione della tecnologia in copertura (collegamento capriata-parete) e dei meccanismi di collasso dell'arcone, che comporta il ribaltamento di uno o di entrambi i piedritti. In fg.1.11a e 1.11b sono mostrati i cinematismi nel caso di assenza di collegamento della capriata; siccome la formazione di due cerniere nell'arco porta ad un lieve allontanamento delle sommità delle due pareti, nel caso di collegamento occorre considerare un'ulteriore cerniera nella parete, al di sopra dell'imposta dell'arco. Se la capriata è collegata alle pareti si ha un cinematismo che interessa la capriata e le pareti per la sola parte al di sopra dell'imposta (fg. 1.11c). Figura Meccanismi di collasso dell'aula con volte e capriate: a) ribaltamento di un piedritto; b) ribaltamento di entrambi i piedritti; c) ribaltamento superiormente alle volte. La terza tipologia considerata (fg. 1.9c) coincide nella geometria e nei carichi all arco trionfale. I relativi meccanismi di collasso meritano un discorso a parte, e verranno trattati nel paragrafo

16 1.2.2.Risposta longitudinale dell aula Come già accennato all inizio del paragrafo, quando l aula è sottoposta ad un'azione sismica longitudinale al suo asse sono le pareti laterali (e quelle centrali negli edifci a più navate) a subire gli effetti maggiori. Queste sono in genere collegate lateralmente alla facciata e all arco trionfale e, a volte, alla copertura. Anche qui è possibile redigere un elenco delle diverse tipologie di parete che si distinguono per la distribuzione dei fori, per la presenza all'interno di volte strutturali e per la presenza di contrafforti o eventuali corpi adiacenti. In particolare per le chiese a navata unica possiamo distinguere: A. parete laterale in assenza di fori e corpi annessi; A. parete laterale con presenza di uno o più fori piccoli isolati ed in assenza di corpi annessi; A3. parete laterale con presenza di due o più fori e assenza di corpi annessi; B. parete laterale con presenza al suo interno di volte strutturali e possibilità di corpi annessi; C. parete laterale con presenza di corpi annessi e in assenza di fori; C2. parete laterale come sopra e presenza di un foro o piccoli fori isolati; C3. parete laterale come sopra con presenza di un sistema di due o più fori. Nelle chiese a più navate le tipologie delle pareti laterali sono le stesse di cui si è detto sopra per le chiese ad aula unica; bisogna però considerare la presenza della parete della navata centrale che è caratterizzata da una parte inferiore dotata di ampie aperture e da una parte superiore dotata invece di pochi e piccoli fori. Anche in questo caso si possono esaminare i meccanismi di collasso più frequenti Rottura per taglio Nella denominazione rottura per taglio si includono solitamente meccanismi fessurativi di diversa natura, dovuti all effetto delle tensioni tangenziali originate dalle azioni orizzontali, in combinazione con le componenti di tensione normale. Questo tipo di rottura è fra i più frequenti nelle costruzioni in muratura semplice. 12

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