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1 n.2/2017 Lexfarma Giurisprudenza sulla farmacia A Cura dell ufficio legale Federfarma

2 1) Il Comune e non la Regione è l ente competente ad approvare la pianta organica. Il Comune, in caso di decremento della popolazione, deve sopprimere la sede messa a concorso (Consiglio di Stato n. 652/2017). Il Consiglio di Stato ha ribadito ancora una volta che la competenza alla revisione delle pianta organica delle farmacie spetta al Comune, ed in particolare alla Giunta Comunale, e non più alla Regione. Tale decisione si inserisce nel solco tracciato dall ormai costante giurisprudenza del Consiglio di Stato che, in più di una occasione, si è pronunciata sulla materia. Richiamando un proprio precedente pronunciamento (n.4525/2016), i supremi giudici amministrativi hanno ricordato che il Decreto Monti (DL 1/2012) ha attribuito la competenza al Comune non solo in merito alla individuazione delle nuove sedi farmaceutiche, ma anche alle revisioni biennali della piante organiche. La sentenza del Consiglio di Stato ribalta una decisione del TAR Puglia che, come una voce fuori dal coro, aveva riconosciuto la competenza all ente regionale. Il Consiglio di Stato, inoltre, nella sentenza in commento, ha ricordato che la prima revisione della pianta organica da effettuarsi dopo l applicazione del decreto Monti era quella da eseguirsi entro il dicembre 2014, facendo riferimento alla popolazione esistente nel Qualora in sede di revisione biennale della pianta si verifichi un calo demografico tale da non giustificare l apertura di una sede farmaceutica aggiuntiva in base al parametro demografico, il Comune deve sopprimere la sede - afferma il Consiglio di Stato - ancorché inserita nel bando di concorso straordinario. La legittimità della soppressione tuttavia è condizionata alla presenza di una clausola del bando di concorso che rechi lo specifico avvertimento per i concorrenti della possibile riduzione delle sedi farmaceutiche a seguito di pronunce giurisdizionali rese all esito dei giudizi pendenti (BF).

3 2) Il titolare di farmacia privata non può diventare socio di società di gestione di farmacie comunali. Per la gestione di farmacie comunali non sussistono preclusioni in ordine alla forme societaria (Consiglio di stato n. 474/2017) Secondo la normativa vigente, un farmacista, titolare di farmacia in forma individuale, non può al contempo essere socio di una società titolare di farmacie private. E una delle incompatibilità previste per i soci di società proprietarie di farmacia dalla legge 362/1991. Il Consiglio di Stato ha considerato legittima l applicazione di tale incompatibilità da parte di un Comune anche alle società di gestione delle farmacie pubbliche. Risultato: un titolare di farmacia privata non può diventare altresì socio di società di gestione di farmacie comunali. Dirimente è stato il richiamo, nella sentenza in commento, alla sentenza della Corte Costituzionale n. 275/2003, che aveva esteso le incompatibilità previste per i soci di società titolari di farmacie alle società di gestione delle farmacie comunali. Il Consiglio di stato, citando una sua precedente sentenza, ha già affermato che l art. 8 L.n.362/1991, ( ) deve necessariamente ritenersi operante anche nei confronti dei soci delle società di gestione delle farmacie comunali, in coerente applicazione dei parametri costituzionali di riferimento. In tale controversia era sub judice anche la legittimità del modello della società mista (pubblico privato) per la gestione delle farmacie comunali. A seguito di una sentenza della Corte Costituzionale n.199/2012, il Consiglio di Stato (sent. n. 5389/2014) aveva già affermato che le forme di gestione dei servizi pubblici locali non soffrono preclusioni, né prevedono un regime di specialità per la gestione in forma societaria del servizio di vendita di prodotti farmaceutici.. Alla luce di ciò, ha considerato legittima la scelta di tale forma di gestione. (BF)

4 3) Cassazione: il giudice del lavoro non deve sostituirsi alle scelte del titolare di farmacia (Corte di Cassazione n /16) La Corte d appello aveva dichiarato illegittimo il licenziamento di un magazziniere da parte di un titolare di farmacia rurale e lo condannava a riassumerlo o in difetto a corrisponderle un indennità pari a 6 mensilità. Il titolare di farmacia rurale aveva licenziato il magazziniere, per riduzione di personale imposta dall andamento dell attività svolta in un Comune con popolazione inferiore a 3000 abitanti e per l urgenza di procedere ad un contenimento dei costi, mediante la soppressione del posto. La Corte di Cassazione, invece, ha cassato la sentenza impugnata perché il giudice d appello non ha rispettato le scelte organizzative del titolare di farmacie rurale che si è visto costretto a sopprimere il posto di magazziniere, addirittura sostituendosi personalmente nelle mansioni. Secondo la Cassazione, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo determinato da ragioni inerenti all attività produttiva è una scelta personale riservata al titolare di farmacia, quale responsabile della corretta gestione dell azione anche dal punto di vista economico e organizzativo, risultando essa decisione non sindacabile nei suoi profili di congruità e opportunità (vedi anche Cass. n /13). Nella nozione di giustificato motivo oggettivo di licenziamento va ricondotta anche l ipotesi di riassetto organizzativo aziendale attuale per una più economica gestione della farmacia, senza che il giudice possa sindacare la scelta dei criteri di gestione effettuata dal titolare. Il giudice dovrà limitarsi a verificare l effettività e la non pretestuosità delle ragioni addotte dal datore di lavoro. Non essendosi il giudice conformato a tali principi, avendo del tutto omesso di condurre tale accertamento, sostituendosi invece all imprenditore nella valutazione dell opportunità della scelta economica di sopprimere il posto di magazziniera, la sentenza è stata cassata. (BF)

5 4) E ricettazione l acquisto di sostanze dopanti fuori dalla farmacia, per finalità estetiche (Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza n. 2640/2017) L acquisto di sostanze dopanti attraverso canali diversi dalle farmacie e dai dispensari autorizzati, effettuato con il fine di procurarsi il vantaggio di un miglioramento del proprio aspetto estetico, costituisce reato di ricettazione. E interessante rilevare che non viene punito penalmente solo chi commercia farmaci dopanti fuori dai canali consentiti, ma anche chi li acquista da tali soggetti non autorizzati per ottenere una utilità personale. Il reato di ricettazione, infatti, punisce chi, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto. Il delitto in questione è quello previsto dall art. 9, comma 7, l. n. 376/2000 che punisce chiunque commercia i farmaci e le sostanze farmacologicamente o biologicamente attive ricompresi nelle classi di cui all articolo 2, comma 1, attraverso canali diversi dalle farmacie aperte al pubblico, dalle farmacie ospedaliere, dai dispensari aperti al pubblico e dalle altre strutture che detengono farmaci direttamente. Peraltro, affinché si configuri tale reato non è necessario dimostrare la finalità di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti ma è sufficiente che vengano venduti farmaci dopanti al di fuori dei canali consentiti. Secondo la Corte appare evidente che la ratio legis risponde all esigenza di sanzionare il commercio clandestino di "... sostanze biologicamente o farmacologicamente attive..." ricomprese nelle classi di farmaci il cui uso è considerato doping, indipendentemente dal fine specifico del soggetto agente. In altri termini, il commercio delle predette sostanze è, comunque, vietato attraverso canali diversi dalle farmacie e da altri dispensari autorizzati, allo scopo di evitare che esse siano messe in circolazione, al di fuori delle rigorose prescrizioni stabilite nell art. 7 della stessa legge e di prevenire, in tal modo, il pericolo che possano essere usate, somministrate e procurate ad altri come farmaci dopanti..(bf)

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