Si fa presente che gli orientamenti giurisprudenziali ivi riportati sono meramente indicativi e, pertanto, non vincolanti ai fini della decisione.

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CORTE D APPELLO DI BARI SEZIONE III CIVILE Progetto prevedibilità delle decisioni Oggetto: danno patrimoniale PREMESSA Un tema ricorrente nelle prassi dei tribunali riguarda il risarcimento della capacità lavorativa specifica che va ricondotta nell'ambito del danno patrimoniale e non del danno biologico, così come chiarito dalla Suprema Corte: La menomazione della capacità lavorativa specifica, configurando un pregiudizio patrimoniale, va ricondotta nell'ambito del danno patrimoniale e non del danno biologico (Cass. Civ. n. 17464 del 2007). Danno emergente e lucro cessante Il danno patrimoniale si compone di due voci: danno emergente e lucro cessante. In particolare, con il primo si suole definire la perdita di un bene facente già parte del patrimonio del danneggiato, trattasi non solo di un bene materialmente disponibile ma anche di un bene che si ha diritto a conseguire (ad es. il diritto del locatore a ricevere il canone di locazione). Il lucro cessante, invece, rappresenta il mancato guadagno ovvero il mancato ingresso di un nuovo bene (di un diritto o di un utilità) nel patrimonio del danneggiato; ne è un classico esempio il caso del soggetto che perde occasioni di lavoro e di guadagno a causa di una lesione fisica. La distinzione tra danno emergente e lucro cessante ha rilevanza sul piano della prova, in quanto il danno emergente concerne la perdita di un bene il più delle volte già esistente, basti pensare alle spese mediche che il danneggiato dovrà sostenere ovvero le spese di riparazione dell autovettura danneggiata a seguito di un sinistro. Il lucro cessante, invece, si fonda su un ipotesi proiettata nel futuro. Pertanto, vi è un onere probatorio gravante sul danneggiato ben più rigido poiché presuppone una dimostrazione probabilistica, ancorata al riscontro di un guadagno patrimoniale in capo al danneggiato se l evento dannoso non si fosse verificato. Ed infatti, in tal senso si è espressa la Suprema Corte : "Occorre pertanto che dagli atti risultino elementi oggettivi di carattere lesivo, la cui proiezione futura nella sfera patrimoniale del soggetto sia certa, e che si traducano, in termini di lucro cessante o in perdita di chance, in un pregiudizio economicamente valutabile ed apprezzabile, che non sia 1

meramente potenziale o possibile, ma che appaia invece anche semplicemente in considerazione dell id quod plerumque accidit - connesso all illecito in termini di certezza o, almeno, con un grado di elevata probabilità". (Cfr. Cass. Civ. n. 23304/2007). Incapacità lavorativa generica ed incapacità lavorativa specifica: danno non patrimoniale e danno patrimoniale Un illecito lesivo dell integrità psicofisica della persona può determinare, altresì, un danno da incapacità lavorativa, concetto quest ultimo che ha assunto nel tempo caratteri diversi e speculari: incapacità lavorativa specifica ed incapacità lavorativa generica. Per incapacità lavorativa generica, che può atteggiarsi come totale perdita o riduzione, si allude alla potenziale attitudine all attività lavorativa da parte di un soggetto, ed è definita dalla giurisprudenza come la sopravvenuta inidoneità del soggetto danneggiato allo svolgimento delle attività lavorative che, in base alle condizioni fisiche, alla preparazione professionale e culturale, sarebbe stato in grado di svolgere (Cass. Civ., 9 marzo 2001, n. 3519). Ne discende l inquadramento legittimo di tale forma di danno nella generale figura del danno biologico, estendibile a tutti i soggetti che devono essere risarciti di un danno psicofisico, indipendentemente dalla loro collocazione professionale e dalla loro capacità di produrre reddito. L incapacità lavorativa specifica, invece, consiste nella contrazione attuale o potenziale dei redditi dell infortunato, determinata dalle lesioni subite, e con essa si allude all attività lavorativa realmente svolta dal soggetto, rapportata al reddito da essa prodotta. Il soggetto legittimato ad ottenere tale ristoro deve dimostrare di aver percepito un reddito e di non essere più in grado, in seguito all evento dannoso, di percepire eguale importo ovvero, nel caso in cui non fosse percettore di reddito, di non poter più aspirare ad ottenere quel livello reddituale che avrebbe verosimilmente raggiunto in assenza della lesione. L onere probatorio Uno dei principi pacificamente affermati dalla giurisprudenza di legittimità, è quello secondo cui il risarcimento del danno da ridotta capacità lavorativa specifica non spetta in automatico, ma è sempre il soggetto danneggiato a dover dimostrare che la lesione si sia tradotta in un effettivo pregiudizio patrimoniale. Dunque, il danno da lesione della capacità lavorativa specifica non è un danno in re ipsa, ma va allegato e provato nell an e nel quantum. 2

Ed infatti, la riduzione della capacità lavorativa non costituisce un danno di per sé (cd. danno evento) ma rappresenta una causa del danno da riduzione del reddito ( cd. danno conseguenza), pertanto il danneggiato è tenuto a dimostrare che abbia subito un effettivo pregiudizio patrimoniale anche tramite presunzioni purché la riduzione della capacità di guadagno sia dimostrata in termini di sufficiente certezza, ossia, il danneggiato ha l onere di provare come ed in quale misura la menomazione abbia inciso ed incida sulla capacità di guadagno. In ogni caso, affinché il giudice possa procedere all'accertamento presuntivo della perdita patrimoniale da menomazione di capacità lavorativa anche nei casi in cui l elevata percentuale di invalidità permanente renda altamente probabile la menomazione di quella specifica liquidando poi detta voce di danno patrimoniale con criteri presuntivi, è necessario che il danneggiato supporti la richiesta con elementi idonei alla prova in concreto del pregresso svolgimento di un attività economica o del possesso di una qualificazione professionale acquisita e non ancora esercitata (Cfr. Cass. Civ. n. 114517/2015). Con ciò non si esclude la configurazione di un danno alla capacità lavorativa specifica in relazione a lesioni di lieve entità, ed infatti ad una lesione permanente lieve ben potrebbe conseguire un incapacità lavorativa specifica, anche di intensa entità, purché adeguatamente dimostrata dal danneggiato. Infine, in un suo obiter dictum la Suprema Corte ha precisato che in tema di risarcimento del danno alla persona, il danno patrimoniale è risarcibile solo se sia riscontrabile la eliminazione o la riduzione della capacità del danneggiato di produrre reddito, mentre il danno da lesione della "cenestesi lavorativa", che consiste nella maggiore usura, fatica e difficoltà incontrate nello svolgimento dell'attività lavorativa, non incidente neanche sotto il profilo delle opportunità sul reddito della persona offesa (c.d. perdita di "chance"), si risolve in una compromissione biologica dell'essenza dell'individuo e va liquidato onnicomprensivamente come danno alla salute, potendo il giudice, che abbia adottato per la liquidazione il criterio equitativo del valore differenziato del punto di invalidità, anche ricorrere ad un appesantimento del valore monetario di ciascun punto, mentre non è consentito il ricorso al parametro del reddito percepito dal soggetto leso. Segue: il risarcimento del danno patrimoniale attribuito alla casalinga Il risarcimento del danno nei confronti della casalinga, ovvero di colei che pur non percependo un reddito monetizzato svolge un'attività suscettibile di valutazione economica, in quanto subito in conseguenza della riduzione della propria capacità lavorativa, deve legittimamente essere inquadrato 3

nella categoria del danno patrimoniale come tale risarcibile, autonomamente rispetto al danno biologico, nelle componenti del danno emergente ed, eventualmente, anche del lucro cessante. Il fondamento di tale diritto è di rango costituzionale e, precisamente, da rinvenirsi nei principi di cui agli articoli 4, 36 e 37 della Costituzione, i quali tutelano, rispettivamente, la scelta di qualsiasi forma di lavoro ed i diritti del lavoratore e della donna lavoratrice. (Cfr. Cass. Civ. 20324/2005) Ed invero, l attività svolta dalla casalinga non si esaurisce nell espletamento delle sole faccende domestiche ma si estende al coordinamento lato sensu della vita familiare, così che costituisce danno patrimoniale quello che la predetta subisca in conseguenza della riduzione della propria capacità lavorativa. In ordine alla prova del danno, incombe sulla danneggiata l onere di dimostrare che gli esiti permanenti residuati quale conseguenza della lesione della salute impediscano o rendano più gravoso lo svolgimento del lavoro domestico, in mancanza di tale dimostrazione, nulla può essere liquidato a titolo di risarcimento di tale tipologia di danno patrimoniale (cfr. Cass. civ. n. 16392/10). Tuttavia, è doveroso precisare che è sufficiente fornire anche solo la prova che la vittima sarà costretta ad una maggiore usura o ad una anticipata cessazione della propria attività, senza che rilevi la mancata dimostrazione delle spese aggiuntive per ricorrere all'ausilio di un collaboratore domestico, posto che sarebbe paradossale non riconoscere il risarcimento a coloro che, per insufficienza di risorse economiche, non abbiano potuto affrontare tale spesa. (cfr. in tal senso Cass. civ. 16896/10) Ai fini della liquidazione del danno patrimoniale da perdita della capacità lavorativa del lavoro domestico, la prova può essere ricavata anche in via presuntiva ex art. 2727 c.c. dalla semplice circostanza che la danneggiata non avesse un lavoro, mentre spetta a chi nega l esistenza del danno dimostrare che la stessa, benché casalinga, non si occupasse del lavoro domestico. (cfr. Cass. Civ. 6477/2017; cass. civ. 22909/2012) Il criterio risarcitorio maggiormente adottato da questa Corte per la liquidazione del danno in favore della casalinga è quello del triplo della pensione sociale. La Corte d Appello di Bari, aderendo all orientamento della Cassazione sovra delineato, ha statuito che: in relazione al pregiudizio patrimoniale conseguente alla menomazione della capacità di svolgere il lavoro domestico è principio consolidato della Suprema Corte che: Colui che, in conseguenza di una lesione della salute, vede ridursi la propria capacità di lavoro domestico, patisce un danno patrimoniale futuro risarcibile, per la liquidazione del quale non è necessaria né la prova che, dopo la guarigione, l'attività domestica si sia ridotta o sia cessata (essendo invece 4

sufficiente anche solo la prova che la vittima sarà costretta ad una maggiore usura o ad una anticipata cessazione da tale attività), né la prova che la vittima sia dovuta ricorrere all'ausilio di un collaboratore domestico (giacché, diversamente, il risarcimento non potrebbe essere liquidato proprio a coloro che, per insufficienza di risorse economiche, non abbiano potuto affrontare tale spesa) (Cass. N. 16896/2010; Cass. 16392/2010; Cass. 24471/2014). Il ricorso al criterio del cd. triplo della pensione sociale, ai sensi dell'art. 137, cod.ass., può essere consentito solo quando il giudice di merito accerti che la vittima al momento dell'infortunio godeva di un reddito, talmente modesto o sporadico, da rendere la vittima sostanzialmente equiparabile ad un disoccupato (Cassazione civile, sez. VI, 04/05/2016, n. 8896). In tal senso si è espressa la Corte d appello Barese, III sezione civile, all esito del procedimento RG n. 2018/2014 estensore dr. E. Manzionna. Diritto al risarcimento da perdita di capacità lavorativa specifica in favore dello studente La Terza Sezione della Corte di Appello di Bari, recependo l orientamento consolidato dalla Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza del 30 novembre 2011, n. 25571, ritiene ammissibile che lo studente che sia privo di un'attività lavorativa abbia diritto al risarcimento del danno da ridotta capacità lavorativa, purché fornisca la prova del danno, anche tramite presunzioni, e risulti certa la riduzione della capacità di guadagno. Invero la Suprema Corte, asserisce: ove occorra valutare il lucro cessante di un minore menomato permanentemente, la liquidazione del risarcimento del danno va svolta sulla previsione della sua futura attività lavorativa, in base agli studi compiuti o che si stanno portando a termine. Pertanto, se, alla luce degli accertamenti che si possano compiere, è presumibile, fondatamente o meno, una riduzione della capacità di guadagno del danneggiato, in termini di certezza o di elevata probabilità, la richiesta di risarcimento deve essere accolta. Per quanto attiene alla liquidazione del danno, essa viene effettuata mediante criteri di probabilità, in via presuntiva, e con "equo apprezzamento delle circostanze del caso", essendo necessario determinare il tipo di attività che il minore avrebbe esercitato se non avesse subito l incidente, il guadagno che avrebbe percepito ed in che misura l invalidità lo abbia pregiudicato. Per effettuare una simile valutazione occorre ripercorrere la carriera scolastica del minore e valutarne attitudini e propensioni. Ma se può essere agevole pronosticare il tipo di lavoro che potrà svolgere un soggetto già iscritto all università o, almeno, già in possesso di un diploma superiore di studio, le difficoltà crescono proporzionalmente al diminuire dell età dell infortunato: è infatti ben difficile prevedere il 5

tipo di lavoro che svolgerà un bambino di due o anche dieci o tredici anni. In questi casi la giurisprudenza utilizza criteri esterni, più che mai presuntivi, quali la posizione economico sociale della famiglia o l attività lavorativa dei genitori "presumendo che il figlio eserciterà la medesima professione del genitore" (cfr. Napolitano, in Corr. Giur, 2008, 369). Se poi neanche tali criteri permettano di formulare una prognosi, il giudice potrà fare riferimento, in via equitativa, al triplo della pensione sociale o al reddito medio di un lavoratore dipendente (Cfr. Cass., sez. III, 20 ottobre 2005, n. 20321; sez. III, 23 gennaio2006, n. 1230). Liquidazione del danno da menomazione della capacità lavorativa specifica Il danno patrimoniale futuro da perdita della capacità lavorativa specifica, in applicazione del principio dell integralità del risarcimento sancito dall artt. 1223 c.c., deve essere liquidato moltiplicando il reddito perduto per un adeguato coefficiente di capitalizzazione, utilizzando quali termini di raffronto, da un lato, la retribuzione media dell intera vita lavorativa della categoria di pertinenza, desunta da parametri di rilievo normativi o altrimenti stimata in via equitativa, e, dall altro, coefficienti di capitalizzazione di maggiore affidamento, in quanto aggiornati e scientificamente corretti (come ad esempio lo sono i coefficienti diffusi dal Consiglio Superiore della Magistratura ed allegati agli atti dell incontro di studio svoltosi a Trevi nel giugno/luglio 1989). Ed infatti, è opportuno rammentare che il danno permanente da incapacità di guadagno non può essere liquidato in base ai coefficienti di capitalizzazione approvati con r.d. n. 1403 del 1922, i quali, a causa dell'innalzamento della durata media della vita e dell'abbassamento dei saggi di interesse, non garantiscono l'integrale ristoro del danno, e con esso il rispetto della regola di cui all'art. 1223 c.c.; pertanto la loro adozione non è consentita neppure in via equitativa. (Cfr. Cass. Civ. n. 20615/2015) È inoltre opportuno specificare che il danno da riduzione della capacità lavorativa specifica debba valutarsi tenendo conto dei punti percentuali corrispondenti non già al danno biologico bensì all invalidità lavorativa specifica, poiché mentre il danno alla persona è danno evento e sussiste necessariamente in caso di lesione della salute va risarcito proporzionalmente al baréme di invalidità permanente, al contrario, la lesione del reddito è danno conseguenza e sussiste solo eventualmente in caso di lesione della salute perciò va risarcito a prescindere dal grado di invalidità permanente. In tal senso si è espressa la Terza Sezione Civile della Corte d Appello di Bari all esito del seguente procedimento: RG n. 372/2013 estensore E. Manzionna. 6

In ultimo, ai fini della determinazione del danno, la Suprema Corte ha precisato che, allorquando il danneggiato non sia in grado di dimostrare il reddito ovvero di produrlo a causa dell età, degli studi intrapresi e ancora non conclusi, della cassa integrazione o della disoccupazione salvo che sia volontaria, per la relativa quantificazione può farsi riferimento al criterio del triplo della pensione sociale, quale soglia minima di risarcimento (Corte di Cassazione, sentenza n. 20540/2014; sentenza n. 14278 /2011). Bari, 4 luglio 2018 Scheda redatta da Fabrizia Santarelli e Rosa Carretta, tirocinanti ai sensi dell art. 73 D.L. 69/2013 presso la Corte d Appello di Bari, terza sezione civile. 7