creening in Oicoloe e il rischio cr "overdiagnosis



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PUNTI DI VISTA creening in Oicoloe e il rischio cr "overdiagnosis uovt Ttreatment Alfredo Berruti Oncologia Medica, Dipartimento di Specialità Medico-Chirurgiche, Scienze Radiotogiche e Sanità Pubblica, Università degli Studi di Brescia. Azienda Ospedaliera Spedali Civili Edda Simoncini Breast Unit, Azienda Ospedaliera Spedali Civili Beniamino La Face Brachiterapia, Azienda Ospedaliera Spedali Civili Fulvio Ragni Chirurgia Generale II, Azienda Ospedaliera Spedali Civili Luigi Grazioli Radiologia Diagnostìca 1, Azienda Ospedaliera Spedali Civili Claudio Simeone Urologia, Dipartimento di Specialità Medico-Chirurgiche, Scienze Radiologiche e Sanità Pubblica, Università deglì Studi di Brescia. Azienda Ospedaliera Spedali Civili Stefano Magrini Radioterapia, Dipartimento di Specialità Medico-Chirurgiche, Scienze Radiologiche e Sanità Pubblica, Università degli Studi di Brescia. Azienda Ospedaliera Spedali Civili Lo screening per i tumori maligni più frequenti è da tempo considerato uno strumento essenziale nella lotta contro il cancro. Studi epidemiologici hanno fornito dati incontrovertibili che dimostrano come, con l'introduzione dello screening, la mortalità per neoplasie come il carcinoma del collo dell'utero e il carcinoma mammario sia significativamente diminuita. I prindpi I principi su cui si fonda lo screening sono: 1) i tumori maligni non adeguatamente trattati sono letali, 2) i trattamenti antineoplastici disponibili sono tanto più efficaci quanto più precoce è il loro impiego. Studi recenti hanno però evidenziato come attraverso lo screening si possano diagnosticare tumori non destinati a diventare clinicamente rilevanti nel corso della vita del paziente e questo comporta per i pazienti comprensibili stress psicologici, trattamenti non necessari e un rischio di effetti collaterali legato ai trattamenti non associato ad alcun beneficio. Si dibatte oggi molto sul problema delle "overdiagnosis" dei tumori maligni che porta inevitabilmente ad un "overtreatment". 32 GENNAIO - FEBBRAIO - MARZO 2014

PUNTI DI VISTA carcinoma prostatico Un esempio paradigmatico di patologia a rischio di "overdiagnosis" è il carcinoma prostatico. Tale neoplasia ha una prevalenza molto elevata nella popolazione masch ile, ma solo una minoranza dei carcinomi che insorgono sono destinati a dare manifestazioni cliniche di malattia ed ancor meno sono quelli destinati ad essere letali. Studi autoptici di molti anni fa, in cui si sono cercati carcinomi prostatici in pazienti deceduti per altre cause, hanno dimostrato una correlazione fra la frequenza di queste neoplasie e l'età del paziente ed è stato evidenziato come la maggior parte dei maschi oltre gli 80 anni abbia un carcinoma prostatico destinato ad avere un decorso silente. Si stima che un maschio adulto di 50 anni abbia nella sua vita circa il 40% di probabilità di ammalarsi di carcinoma prostatico, il 10% di essere affetto da una neoplasia clinicamente rilevante e solo il 3% di morire per questa malattia. In questo contesto si inserisce lo screening che si effettua mediante la valutazione delle concentrazioni circolanti di PSA (Antigene Prostatico Specifico), marcatore molto sensibile nella diagnostica precoce di questa patologia. II PSA (Antigene Prostatico Specifico) l'efficacia dello screening con il PSA nel ridurre la mortalità per carcinoma prostatico è stata testata in 2 studi prospettici randomizzati, uno americano (63.345 soggetti arruolati), l'altro europeo (182.160 Prostate Biopsy Urethra Ultrasound probe Blodder soggetti arruolati), pubblicati nello stesso numero del New England lournal of Medicine nel 2009. In entrambi gli studi lo screening ha portato ad un incremento significativo delle diagnosi di carcinoma prostatico ma per quanto riguarda la mortalità lo studio americano ha evidenziato dati sovrapponibili nella popolazione sottoposta a screening e nella popolazione di controllo mentre lo studio europeo ha mostrato una modica riduzione di mortalità associata allo screening. Quest'ultimo studio è stato meglio condotto rispetto a quello americano non solo per aver arruolato molti più soggetti ma anche perché la proporzione di pazienti nel braccio di controllo è risultata molto meno "inquinata" da soggetti che di fatto ha effettuato lo screening di PSA. Dai dati dello studio europeo si è stimato comunque che per prevenire una morte per carcinoma prostatico occorra sottoporre a screening 1410 uomini e 48 Rectum Biopsy needle pazienti devono essere trattati (con prostatectomia o radioterapia). Sulla base di questi risultati lo screening per il carcinoma prostatico non è formalmente raccomandato della linee guida internazionali. Il PSA è comunque entrato nella pratica clinica e pur in assenza di uno screening strutturato molti uomini in assenza di sintomi, spontaneamente o consigliati dal proprio medico, si sottopongono al dosaggio del PSA. Le linee Guida Quali le possibili raccomandazioni? Le linee guida dell'european Association of Urology (EAU) suggeriscono uno screening "opportunistico" in pazienti selezionati, motivati e adeguatamente informati su rischi e benefici. Quali sono questi soggetti? I dati dello studio europeo dimostrano come l'effetto dello screening sulla sopravvivenza non sia immediato, le curve infatti si separano dopo più di anni GENNAIO - FEBBRAIO - MARZO 2014 33

" PUNTI DI VISTA dalla randomizzazione, inoltre il beneficio appare evidente nei soggetti con una fascia di età fra 55 e 69 anni ma non in quelli di età superiore. Quindi il soggetto candidato per essere sottoposto al dosaggio del PSA, se lo desidera, deve avere meno di 70 anni, una lunga aspettativa di vita, meglio se con familiarità per carcinoma prostatico. Per gli appassionati di internet sono stati approntati dei nomogrammi per quantificare il rischio di avere un carcinoma cli prostata sulla base di informazioni cliniche incluclenti o meno il valore di PSA: il prostate cancer prevention trial risk calculator (http://deb. uthscsa.edu/uroriskcalc/pages/ calcs.jsp) e l'erspc calculator - http://www.prostatecancerriskcalculator.com/assess-yourrisk-of-prostate-cancer. Questi nomogrammi si basano sui dati degli studi di screening americano ed europeo sopra citati. Ma una volta effettuato il dosaggio del PSA e diagnosticato un carcinoma della prostata quali le opzioni terapeutiche e quali i risultati? New England Journal of Medicine In uno studio prospettico, pubblicato sul New England Journal of Medicine nel 2012, 731 pazienti con carcinoma prostatico non metastatico sono stati arruolati dal 1994 al 2002 e randomizzati a sottoporsi a prostatectomia radicale o a semplice osservazione. In questo studio, la prostatectomia radicale ha dimostrato di ridurre la mortalità a 10 anni per tutte le cause del 3% rispetto alla osservazione. Stratificando però i pazienti sulla base della fascia di rischio, calcolata combinando il valore di PSA, il gleason score (misurazione del grado di malignità della malattia) e lo - stadio, i benefici della chirurgia sono apparsi più evidenti nei pazienti a rischio alto o intermedio mentre sono risultati pressoché nulli nei pazienti con neoplasia a basso rischio. Nel mese di Marzo 2014 sono stati pubblicati suhnew England Journal of Medicine i risultati di uno studio scandinavo di confronto prostatectomia radical versus vigile attesa. Questo studio che ha arruolato 695 soggetti dal 1989 al 1999, iniziato nell'era pre PSA, ha confermato in sostanza i risultati dello studio precedentemente citato, sottolineando un beneficio maggiore della prostatectomia nei pazienti di età inferiore a 65 anni. La radioterapia Per quanto riguarda la radioterapia, anche se non esistono studi randomizzati di confronto con la chirurgia e con la semplice osservazione, i risultati sono sostanzialmente sovrapponibili, stadio per stadio, a quelli della chirurgia e pertanto i benefici rispetto alla semplice osservazione sono maggiori per le forme a maggior rischio; in particolare, la radioterapia è in genere preferita alla chirurgia nei casi con estensione clinicamente evidente della malattia al di là della capsula prostatica. conclusioni tratte Le conclusioni che possiamo trarre dalla disamina di questi studi sono che il dosaggio del PSA in soggetti asintomatici comporta un rischio elevato di "overdiagnosis" e "overtreatment". L' "overtreatment" espone i pazienti ad un rischio di tossicità a lungo termine che per la prostatectomia 34 GENNAIO - FEIBRAIO - MARZO 2014

PUNTI DI VISTA radicale sono principalmente le disfunzioni erettili e l'incontinenza. I rimedi I possibili rimedi sono: 1) avviare i pazienti a basso rischio a protocolli di vigile osservazione; 2) migliorare i criteri attuali per definire il rischio di recidivare e morire di ciascun paziente attraverso l'identificazione e la validazione di nuovi marcatori biologici come parametri prognostici; 3) migliorare le tecniche chirurgiche per ridurre le tossicità e l'introduzione della chirurgia robotica può essere utile in questo senso; 4) migliorare le tecniche di radioterapia con fasci esterni tramite l'uso della "radioterapia a modulazione di intensità" e "guidata dalle immagini" (possibile con le moderne apparecchiature con "CT cone beam" o per tomoterapia elicoidale al fine di ridurre la tossicità. Anche la brachiterapia (che púò impiegare sorgenti miniaturizzate con impianto permanente o temporaneo) è impiegata, specie nelle forme a rischio basso-intérmedio con lo stesso fine. L'introduzione del PSA non ha solo creato problemi di "overdiagnosis" di nuovi carcinomi prostatici ma questo marcatore ha altresì dimostrato di anticipare di molto tempo la recidiva di malattia clinica e/o strumentale quando impiegato nel follow-up post chirurgico o post radioterapia. Esiste una quota di pazienti che nel follow-up post trattamento loco-regionale presentano un incremento del PSA come unico segno di ripresa di malattia (cioè con esami strumentali tutti negativi). Questi pazienti hanno generalmente una prognosi molto buona, si è stimato infatti come l'intervallo I ibero da progressione clinica e/o radiologica sia in media 7 anni. Una quota consistente di questi pazienti viene avviata ad una terapia androgeno soppressiva di lunga durata senza che l'efficacia di questa terapia sia mai stata testata in uno studio randomizzato. Tale trattamento è notoriamente gravato da effetti collaterali a lungo termine come osteoporosi e rischio di fratture, obesità, malattie cardio-vascolari e depressione e questi effetti collaterali hanno un impatto rilevante in questa popolazione, ìn buona parte destinata a morire per cause non legate alla malattia prostatica. Anche i pazienti con sola progressione biochimica di carcinoma prostatico sono quindi a rischio elevato di "overtreatment" e pertanto grazie al PSA viene fatta una "overdiagnosis" di malattie non destinate a diventare clinicamente rilevanti. Per questi pazienti un parametro frequentemente utilizzato per definire la prognosi è il tempo di raddoppiamento del PSA: più questo valore è lungo, migliore è la prognosi del paziente, occorrono però nuovi parametri. Presso gli Spedali Civili di Brescia è in corso uno studio prospettico volto a testare il ruolo prognostico della presenza di cellule tumorali circolanti in questo gruppo di pazienti. Questo progetto ha ottenuto un finanziamento dalla Fondazione della Comunità Bresciana Onlus. II carcinoma mammario Mentre nel carcinoma prostatico il rischio di "overdiagnosis" e "overtreatment" legato allo screening è molto chiaro e per questa neoplasia un programma di screening non è stato implementato, recenti studi hanno evidenziato il rischio di "overdiagnosis" e quindi_di "overtreatment" anche per pazienti con carcinoma mammario in cui lo screening con la mammografia è ormai codificato e radicato da molti anni in tutti i paesi occidentali. Lo studio epidemiologico Nel Novembre 2012 è stato pubblicato sul New England Journal of Medicine uno studio epidemiologico sull' incidenza di carcinoma mammario negli USA negli anni 2006-2008. I dati ottenuti sono stati confrontati con quelli rilevati al triennio 1976-1978 in cui lo screening non era ancora formalizzato. Le informazioni contenute nel data base del SEER (Surveillance Epidemiology and End Results) sono state utilizzate per condurre questo studio. I risultati hanno evidenziato come lo screening con la mammografia in donne di età superiore a 40 anni abbia portato ad un notevole incremento delle nuove diagnosi di carcinoma mammario diagnosticato in fase precoce. GENNAIO - FEBBRAIO - MARZO 2014 35

PUNTI DI VISTA I Da un tasso di incidenza annuale di 112/100.000 nel 1976-78 si è passati ad un tasso di 234/100.000 nel 2006-08 (+122 nuovi casi di cui +50 carcinomi in situ,+ 72 carcinomi invasivi per 100.000). Per contro le forme localmente avanzate e/o con metastasi linfonodali ascellari, destinate maggiormente a evolvere in forme metastatiche, sono diminuite molto poco da 102 a 94/100.000 (-8/100.000) e le forme metastatiche ab initio non hanno mostrato alcuna riduzione di incidenza. Sulla base di queste informazioni gli autori hanno stimato che lo screening mammografico porti ad un rischio di "overdiagnosis" di circa il 30%. Gl i autori confermano come la mortalità per carcinoma mammario negli USA sia notevolmente diminuita in concomitanza con l'introduzione dello screening: da 71 morti/100.00 nell'era pre screening a 51/100.00 negli anni in cui lo screening è stato introdotto (-28%), ma concludono attribuendo questa riduzione di mortalità principalmente al miglioramento di efficacia dei trattamenti, piuttosto che allo screening. A supporto di queste affermazioni gli autori riportano un'analisi di incidenza e mortalità per carcinoma mammario in donne di età inferiore a 40 anni, quindi non sottoposte a screening. In questa popolazione si è assistito ad una riduzione di mortalità anche superiore rispetto alle donne di età superiore (-42%) nonostante il tasso di neoplasie diagnosticate in stadio precoce e in stadio avanzato fosse rimasto costante nel tempo. Lo studio prospettico Nel febbraio 2014 sono stati pubblicati su British Medical Journal i risultati di uno studio prospettico canadese che ha confrontato incidenza e mortalità per carcinoma mammario in 89.835 donne di età fra 40 e 59 anni, arruolate fra il 1980 e il 1986 e randomizzate a screening niammografico versus semplice esame clinico periodico. Durante tutto il periodo delld studio 3250 nuovi casi di tumore mammario sono stati diagnosticati nel braccio screening contro 3133 nel braccio di controllo con un eccesso di 117 nuove diagnosi nelle donne sottoposte a screening. La mortalità è però risultata sovrapponibile in entrambi i bracci sia nella popolazione totale che suddividendo le donne sulla base della fascia di età: 40-49 vs 50-59. Le critiche Entrambi gli studi sono stati criticati per problematiche metodologiche che limiterebbero la generalizzabilità dei risultati. Non è questa la sede per entrare nei dettagli specifici, i dati disponibili non sono sufficienti per mettere in discussione lo screening, il punto è che la mortalità per carcinoma mammario è in riduzione e sapere se il merito sia da attribuirsi maggiormente al miglioramento di efficacia delle cure oppure allo screening è di secondaria importanza, probabilmente concorrono entrambe le condizioni. Carcinomi a decorso indolente Siamo semmai sempre più consapevoli, e i dati citati lo confermano, che esistono tumori a decorso indolente che non sono destinati ad essere letali per i quali la tossicità delle cure post chirurgiche è un problema rilevante. Inoltre per carcinoma 36 GENNAIO - FEBBRAIO - MARZO 2014

PUNTI DI VISTA I mammario intendiamo oggi almeno 3 malattie distinte: il tumore che esprime i recettori ormonali, quello che esprime l'oncogene HER2, quello che non esprime né recettori ormonali né HER2 (il cosiddetto triplo negativo). Queste malattie hanno un decorso clinico molto diverso così come è diversa l'efficacia delle cure. Sarebbe interessante esplorare in futuro per quali di queste malattie vi sia una maggiore riduzione di mortalità nella popolazione. I probabili carcinorni a decorso indolente sono quelli esprimenti i recettori ormonali ed è su questi in cui il rischio di "overdiagnosis" e quindi "overtreatment" è maggiore. Nelle pazienti con malattia recettori ormonali positivi la chemioterapia oggi è molto meno frequentemente prescritta rispetto al passato. La maggior parte delle pazienti con questa malattia viene avviata a ormonoterapia, ma anche questo trattamento è gravato da una certa tossicità a lungo termine. E' pertanto opportuno discriminare meglio le donne destinate ad ottenere un chiaro beneficio dal trattamento ormonale da quelle in cui tale trattamento sarebbe poco efficace e non necessario. Molto lavoro e molta ricerca deve essere fatta in questa direzione. In conclusione, per molti anni siamo stati convinti che ogni tumore maligno una volta diagnosticato necessitasse sempre di una terapia oncologica specifica. Si stanno accumulando evidenze che ci dimostrano che non tutti i pazienti che si ammalano di tumore necessitano di cure immediate per la loro malattia e questo concetto è relativamente nuovo per il medico e molto nuovo per il paziente. Dobbiamo sempre di più discutere con i pazienti con nuova diagnosi di neoplasia poco aggressiva diagnosticata in stadio precoce i vantaggi e i rischi di un trattamento oncologico specifico. Per un paziente con carcinoma prostatico poco aggressivo i vantaggi di tenere sotto osservazione la malattia potrebbero essere superiori ai rischi di tossicità legati all'intervento chirurgico, così come per la paziente con carcinoma mammario endocrino responsivo a buona prognosi operato i rischi di tossicità di un trattamento ormonale a lungo termine potrebbero essere superiori ai possibili benefici. Questi principi non sono limitati a queste 2 patologie che sono peraltro le più frequenti nell'uomo e nella donna rispettivamente. Note bibliografiche 1. Schreider FH, Hugosson J, Roobol MJ, et al. Screening and prostate-cancer mortality in a randomized European study. N Engl J Med. 2009; 360(13):1320-8. 2. Andriole GL, Crawford ED, Grubb RL 3rd, et al. Mortality results from a randomized prostate-cancer screening trial. N Engl J Med. 2009; 360: 1310-9. 3. WiltTJ, Brawer MK, Jones KM, Barry MJ, et al. Radical prostatectomy versus observation for localized prostate cancer. N Engl J Med. 2012;367(3):203-13. 4. Bill-Axelson A, Holmberg L, Garmo H, Ph.D., et al. Radical Prostatectomy or Watchful Waiting in Early Prostate Cancer. N Engl J Med 2014; 370:932-42. 5. Bauman G, Rumble RB, Chen J, A. Loblawx A, Warde P, lntensity-modulated Radiotherapy in the Treatment of Prostate Cancer Clinical Oncology 24 (2012) 461-473. 6. Bleyer A, Welch HG. Effect of three decades of screening mammography on breast-cancer inciclence.n Engl J Med. 2012; 367: 1998-2005, 7. Miller AB, Wall C, Baines CJ, et al. Twenty five year follow-up for breast cancer incidence and mortality of the Canadian National Breast Screening Study: randomised screening trial. BMJ. 2014 Feb 11;348:g366. GENNAIO - FEBBRAIO - MARZO 2014 37