Parte V. Approfondimenti tematici



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Parte V Approfondimenti tematici

1. Il ruolo dei salari nella determinazione del modello di sviluppo 1 di Cesare Benzi 1. Premessa Secondo un numero crescente di commentatori l economia italiana starebbe attraversando un periodo di declino economico, sulle cui ragioni esiste un accordo piuttosto generalizzato: data la crescente concorrenza dei paesi del Terzo Mondo, la competitività delle imprese italiane dovrebbe essere determinata dalla loro capacità di creare nuovi prodotti, processi produttivi e modalità organizzative ovvero, in estrema sintesi, dalla loro capacità di innovare. I rischi conseguenti ad un modello di sviluppo che si muova in direzione opposta sono stati messi in evidenza dall analisi delle dinamiche del commercio estero 2. Anche nel Rapporto 2001 questo tema era stato indirettamente trattato, sottolineando come le innovazioni introdotte per rendere più flessibile il mercato del lavoro nazionale, da un lato, favorissero un più agevole incontro tra domanda ed offerta di lavoro (tradizionalmente difficoltoso a causa della rigidità dei meccanismi di allocazione della forza lavoro presso 1 Questo contributo deve molto alla collaborazione che mi è stata fornita da numerose istituzioni, ricercatori ed amici. In particolare, desidero ringraziare Livio Lo Verso e Mario Brambilla (Provincia di Milano), Andrea Fioni (Assolombarda) Stefano Butti (OD&M Consulting), Rita Querzé (Corriere della Sera). Con Ermes Cavicchini (CDRL) ho a lungo discusso della struttura e dei contenuti di questo breve intervento. A tutti va il mio ringraziamento, fermo restando che la responsabilità di quanto scritto è attribuibile esclusivamente allo scrivente. 2 Cfr. Benzi, C. (2003), L evoluzione di medio periodo del modello di interscambio commerciale in Lombardia e in provincia di Milano, in Provincia di Milano (2003), L anno dei paradossi. Rapporto 2002 sul mercato del lavoro e le politiche del lavoro in provincia di Milano, FrancoAngeli, Milano, pp. 85-105. A questo proposito si veda anche: Onida, F. (2004), Se il piccolo non cresce. Piccole e medie imprese in affanno, Il Mulino, Bologna. 405

le imprese) ma, dall altro, si scontrassero contro quest esigenza di ammodernamento dell apparato produttivo, rallentando i processi di innovazione e favorendo la sostituzione degli investimenti in tecnologia con lavoro poco qualificato 3. A distanza di due anni, quella riflessione appare quindi fondata e suggerisce di individuare i meccanismi di uscita da questo circolo vizioso che dalla difficoltà a innovare rischia di condurre al declino economico. Il filo conduttore di questo contributo consiste nel mettere in relazione le caratteristiche del processo di sviluppo con i livelli salariali: in primo luogo si introduce un semplice modello che permette di interpretare la crescita del PIL nazionale/regionale (cfr. 2); in secondo luogo, si analizzeranno le relazioni tra il pattern nazionale/regionale di crescita e le modalità di regolazione dell economia attraverso un modello che mette in relazione la produttività del lavoro ed i salari (cfr. 3); infine, si applicherà l analisi condotta nei due precedenti paragrafi al caso della provincia di Milano (cfr. 4). 2. I fattori di crescita del PIL La crescita del PIL può essere ricondotta alla dinamica di fattori di diversa natura: ad esempio, può dipendere dalla dinamica della domanda aggregata (ovvero da consumi, investimenti, spesa pubblica, importazioni ed esportazioni); in alternativa, si può considerare la composizione settoriale dell economia (ovvero da agricoltura, industria, terziario); infine, è possibile considerare la crescita del PIL come la risultante della dinamica dell offerta (ovvero dei fattori produttivi e della tecnologia). In questo contributo l analisi delle determinanti della crescita del PIL sarà condotta utilizzando quest ultimo approccio. In particolare, si descriverà prima (punto 2.1) il modello a cui si farà riferimento, e successivamente (punti 2.2-2.4) si analizzeranno in chiave comparativa e in modo ugualmente succinto i modelli di sviluppo dei principali paesi industrializzati. Se si considera la dinamica dell offerta, il PIL pro capite di un paese/una regione può essere considerato come una grandezza generata dalla capacità di produrre un reddito da parte delle persone concretamente impiegate nei processi produttivi/terziari, che a loro volta rappresentano 3 Cfr. Benzi, C. (2002), Il mercato del lavoro nel 2001 tra crescita quantitativa e trasformazioni qualitative, in Provincia di Milano (2002), Le trasformazioni del mercato del lavoro e le politiche per l occupazione in provincia di Milano, Milano, FrancoAngeli, Milano, pp. 49-67. 406

una quota della popolazione attivamente alla ricerca di un lavoro. In termini formali, il modello può essere così descritto 4 : [1] Y Y L P15 64 = + +, P L P P 15 64 in cui - con riferimento ad un paese/una regione - Y rappresenta il PIL, P la popolazione residente, L l occupazione e P 15-64 la popolazione attiva. In altri termini, il PIL pro capite di un paese/una regione può essere considerato come il prodotto di tre componenti: a) il contributo di ogni lavoratore al prodotto complessivo (Y/L); b) il tasso di occupazione (L/P 15-64 ); c) il tasso di attività (P 15-64 /P). Tuttavia, poiché la definizione della popolazione attiva varia da paese a paese e rendere omogenei i tassi di attività renderebbe necessario operazione di pre-trattamento dei dati che eccedono la reale portata di questo contributo, che ha lo scopo di stimolare una riflessione su questo problema, si è deciso di elidere i termini relativi alla popolazione attiva (P 15-64 ), trasformando l equazione [1] nel modo che segue: [2] Y P Y L = +. L P In questo caso, il PIL di un paese/una regione può essere spiegato dal contributo di ogni lavoratore al prodotto complessivo (Y/L) e da un indice di occupazione (L/P). Attraverso questo modello interpretativo si cercherà quindi di interpretare la dinamica del PIL pro capite di alcuni paesi industrializzati, che viene sinteticamente rappresentata in fig. 1 e dalla quale emergono tre differenti dinamiche: in primo luogo, i tassi di crescita del PIL pro- capite crescono negli ultimi sei anni in misura superiore al 10% in Francia, Regno Unito (12,6%) e negli Stati Uniti (11,1%); nello stesso periodo i tassi di crescita del PIL pro capite di Germania e Italia sono inferiori al 10% (rispettivamente 7,6% e 8,4%), mentre in Giappone i tassi di crescita del PIL pro capite sono prossimi allo zero (3,2%). 4 Cfr. Fuà, G. (1980), Problemi dello sviluppo tardivo in Europa, Il Mulino, Bologna. 407

Fig. 1 - Evoluzione di medio periodo del PIL pro capite J UK USA Fonte: IMF (2003), World Economic Outlook, IMF. D F I In particolare, come si vedrà meglio in seguito, si cercherà di mettere in relazione i tassi di crescita dei sei Paesi sopracitati con la dinamica del progresso tecnico (spiegata dal contributo del fattore lavoro al prodotto complessivo) e con quella dell occupazione (misurata dal contributo dell occupazione al prodotto totale). 2.1. Modello n. 1: crescita della produttività del lavoro in linea con la crescita dell indice di occupazione (Francia, Germania) I casi della Francia e della Germania sono molto simili tra loro in quanto, nonostante le differenze nei livelli dei tassi di crescita del PIL pro capite che si sono registrate in questi paesi (nell arco di sette anni, +12,6% in Francia e +7,6% in Germania), tale crescita è dovuta ad un equilibrato mix di incremento della produttività del lavoro e dell indice di occupazione. In realtà, queste performance sono state ottenute in una prima fase - ovvero fino all anno 2000 - attraverso una forte crescita del prodotto del lavoratore, mentre la crescita dell indice di occupazione è stata piuttosto contenuta: in questo periodo, la crescita del PIL è stata quindi trainata dal progresso tecnico, in linea con le principali dinamiche che andavano affermandosi a livello mondiale 5. Il modello di sviluppo di questi paesi ha subito un inversione di tendenza a partire dal 2000, quando il tasso di crescita del prodotto per lavoratore comincia ad assumere valori negativi mentre l indice di occupazione cresce ancora fortemente un anno nel caso della Germania e due anni nel caso della Francia, per poi posizionarsi sugli stessi tassi di crescita del prodotto per occupato; in questo periodo, la crescita del PIL pro 5 Cfr. la fase crescente del ciclo degli investimenti che ha caratterizzato gli Stati Uniti e l economia mondiale negli anni Novanta. 408

capite è quindi trainata più dalla messa in produzione di nuove risorse che non dal progresso tecnico. Nel complesso, la crescita del PIL pro capite di questi due paesi è avvenuta - come anticipato - in modo piuttosto equilibrato, dal momento che l incremento del prodotto per lavoratore non è dissimile - nel medio periodo - da quello dell indice di occupazione (rispettivamente +5,8% e +5,7% in Francia, +4,2% e +3,3% in Germania). Fig. 2 - Dinamica del PIL pro capite, del prodotto per occupato e dell indice di occupazione in Francia e in Germania, 1997-2003 PIL pro capite Indice di occupazione a) Francia Fonte: IMF (2003), World Economic Outlook, IMF. PIL pro capite Indice di occupazione b) Germania Secondo la maggior parte degli osservatori le differenze nel livello dei tassi di crescita registrati nei due paesi sono dovuti sia alle differenti performance interne, sia alle modalità con cui i due paesi hanno reagito a shock esterni 6 : le performance occupazionali francesi sono migliori di quelle tedesche sia per il diverso andamento del costo del lavoro nei due Paesi che per le perduranti difficoltà che la Germania incontra nel processo di integrazione dei land orientali al tradizionale modello di crescita tedesco occidentale. Anche la contrazione degli investimenti è meno pronunciata in Francia, le cui imprese hanno retto meglio lo scoppio della bolla speculativa sulla fine degli anni Novanta. In entrambi i casi, tuttavia, si assiste ad un peggioramento del deficit pubblico che potrebbe determinare una riduzione dei tassi di crescita del PIL pro capite in un prossimo futuro. 6 Cfr. OECD (2003), Economic Survey of France, OECD Policy Brief, july; OECD (2002), Economic Survey of Germany, OECD Policy Brief, december. 409

2.2. Modello n. 2: crescita della produttività del lavoro superiore alla crescita dell indice di occupazione (Giappone, Regno Unito, Stati Uniti) Anche in questo gruppo di paesi si registrano performance molto differenti; come si è visto, in Giappone si registra il tasso di crescita del PIL pro capite più basso tra quello dei sei paesi considerati (+3,2%), mentre lo stesso indicatore nel Regno Unito e negli Stati Uniti risulta, per contro, tra i più elevati (rispettivamente +12,6% e +11,1%). Tuttavia, l ottenimento di questi risultati avviene seguendo uno stesso modello di crescita, vale a dire attraverso un aumento del prodotto per lavoratore nettamente superiore a quello dell indice di occupazione. Si può ipotizzare quindi che in questi paesi la crescita del PIL pro capite sia ottenuta attraverso incrementi della produttività del lavoro, che costituisce il motore dello sviluppo di questi paesi, anche se l evidenza empirica sembra dimostrare che l entità dei tassi di crescita ottenuti dai diversi paesi dipende fortemente anche dalla combinazione degli effetti del progresso tecnico con le dinamiche della forza lavoro. Così, in Giappone la crescita del PIL pro capite è avvenuta attraverso un progresso tecnico (il prodotto per lavoratore è cresciuto del 7,2%, un valore inferiore solo a quello degli Stati Uniti) che ha sostituito l occupazione (l indice di occupazione si è contratto del 3,3%), la qual cosa si è riflessa negativamente sui tassi di crescita del PIL pro capite. Questa situazione - che è principalmente dovuta alla crisi finanziaria che ha colpito il sistema bancario (i cosiddetti bad loans ) e le imprese giapponesi, con riflessi evidenti sull occupazione - ha avuto un evoluzione positiva nel corso del 2003 7. All estremo opposto vi è il caso del Regno Unito, in cui la crescita del PIL pro capite è avvenuta attraverso una crescita del progresso tecnico (il prodotto per lavoratore cresce del 7,8%) superiore a quella - comunque positiva - dell occupazione (l indice di occupazione cresce del 3,3%). In questo Paese, l incremento della produttività del lavoro e dell indice di occupazione conseguiti negli anni Novanta è stato accompagnato da una corretta gestione delle politiche macroeconomiche: il surplus di bilancio realizzato ha pertanto potuto essere utilizzato negli anni in cui il clima economico internazionale si è deteriorato, permettendo così ai tassi di crescita del PIL pro capite di rimanere più elevati rispetto a quelli di altri paesi 8. Infine, negli Stati Uniti la crescita del PIL è avvenuta attraverso una vivace dinamica del progresso tecnico (il prodotto per lavoratore cresce del 10,3%) ed una sostanziale stagnazione dei livelli occupazionali (l indice di 7 Cfr. OECD (2003), Economic Survey of Japan, OECD Policy Brief, december. 8 Cfr. OECD (2004), Economic Survey of the United Kingdom, OECD Policy Brief, january. 410

Fig. 3 - Dinamica del PIL pro capite, del prodotto per occupato e dell indice di occupazione in Giappone, Regno Unito, Stati Uniti, 1997-2003 PIL pro capite Indice di occupazione a) Giappone PIL pro capite Indice di occupazione b) Regno Unito PIL pro capite Indice di occupazione c) Stati Uniti Fonte: IMF (2003), World Economic Outlook, IMF. occupazione si è contratto dello 0,6%). Nel complesso, anche le performance degli Stati Uniti sono quindi molto positive, dal momento che - in tutto il periodo considerato, ad eccezione del 2002 - crescono sia la produttività che l occupazione complessiva, anche se occorrerebbe segnalare alcuni aspetti di criticità quali l elevata crescita dei deficit interno ed estero, la riduzione dell indice di occupazione (dovuta al fatto che la popolazione è cresciuta più velocemente dell occupazione), ecc. 411

2.3. Modello n. 3: crescita della produttività del lavoro inferiore alla crescita dell occupazione (Italia) Il tasso di crescita del PIL pro capite italiano risulta leggermente superiore a quello tedesco (+8,6%), collocandosi comunque nella parte inferiore della graduatoria dei paesi considerati. La crescita del PIL pro capite è avvenuta attraverso la crescita delle risorse attivate (l indice di occupazione cresce del 6,6%, il valore più elevato di tutti i Paesi presi in esame) ma in assenza di progresso tecnico (il prodotto per occupato cresce dello 0,9%, un valore inferiore a quello di tutti altri paesi). In realtà, come già nel caso di Francia e Germania, questa dinamica può essere divisa in due sottoperiodi: fino al 2000, la crescita dell occupazione era accompagnata da una crescita leggermente superiore del prodotto per lavoratore; successivamente la produttività per lavoratore si è contratta sensibilmente, mentre è continuata a crescere l occupazione. Fig. 4 - Dinamica del PIL pro capite, del prodotto per occupato e dell indice di occupazione in Italia, 1997-2003 PIL pro capite Indice di occupazione Fonte: IMF (2003), World Economic Outlook, IMF. Questa dinamica può essere spiegata con le peculiari caratteristiche del mercato del lavoro nazionale che, come é noto, è caratterizzato da tassi di attività e di occupazione nettamente inferiori a quelli registrati in quasi tutti gli 412

altri paesi industrializzati 9, evidenziando chiaramente come esista un forte incentivo a impiegare risorse tradizionalmente sottoccupate. Tuttavia, è verosimile ritenere che la crescita del PIL pro capite sia limitata dall incapacità di incrementare il prodotto per lavoratore: ciò rende i processi produttivi nazionali labour intensive, ponendo l Italia in competizione con i paesi in via di sviluppo. Dal modesto concorso del progresso tecnico alla formazione del PIL consegue che il confronto competitivo può essere retto solo attraverso un contenimento delle dinamiche salariali, il che determina l innesco di una sorta di circolo vizioso che conduce ad un ulteriore contrazione della produttività e conseguentemente dei salari. 3. Le modalità di regolazione dell economia Il tema dei salari, del loro rapporto con il tasso d inflazione e del loro potere di acquisto è un tema molto dibattuto in questi mesi e presenta una vasta articolazione degli approcci e delle opinioni espresse, la cui ricostruzione non rientra nelle finalità di questo contributo. Tuttavia, è chiaro che i salari giocano un ruolo importante nella definizione del modello di crescita di un paese in quanto la loro dinamica, da un lato, indica l evoluzione della struttura produttiva nazionale/regionale e, dall altro, rappresenta un importante componente della domanda aggregata. Ci si può pertanto chiedere se il modello di crescita del PIL pro capite è coerente con il sistema di regolazione dell economia. A tale scopo, si può utilizzare un semplice modello 10 attraverso cui è possibile comparare la dinamica della produttività del lavoro, definita come [3] Y π =, L con la dinamica dei salari reali, vale a dire 9 Cfr., ad esempio, Fuà, G. (1980), cit.; Biggeri, L. (2003), Il mercato del lavoro italiano: un confronto europeo, ISTAT. 10 Il modello qui presentato è stato originariamente utilizzato da Claude Courlet per spiegare la dinamica dei modelli di produzione e di consumo nei paesi meno sviluppati, ma può essere utilmente applicato anche ai paesi industrializzati: cfr. Courlet, C. (1990), Les industrialisation du Tiers Monde, Syros/Alternatives. Questo lavoro si inserisce peraltro nella più vasta corrente di pensiero conosciuta come teoria della regolazione: cfr. ad esempio Benko, G. e Lipietz, A.(1992), Les régions qui gagnent, PUF; Boyer, R. (1986), La théorie de la régulation: une analyse critique, La Decouverte; Boyer, R. e Durand, J.-P. (1993), L aprèsfordisme, Syros/Alternatives. 413

[4] W ω =, p in cui π rappresenta la produttività del lavoro, Y il PIL, L l occupazione, ϖ i salari reali, W i salari nominali e p l indice dei prezzi al consumo. In altri termini, l analisi di queste due variabili sintetiche permette di individuare potenziali cambiamenti sia nel modo di produrre (dal momento che variazioni della produttività del lavoro indicano uno sviluppo delle capacità produttive dovute all introduzione di innovazioni nel processo produttivo o al riassetto delle modalità di organizzazione della produzione) sia nel modo di consumare (dal momento che variazioni dei salari reali indicano variazioni del potere di acquisto dei consumatori e possibili variazioni della composizione della domanda verso prodotti a più elevato valore aggiunto e, quindi, più costosi). In definitiva, la comparazione delle diverse dinamiche produttive/ salariali conduce all identificazione di differenti modelli di regolazione dell economia, che saranno esaminati nei paragrafi che seguono. 3.1. Modello n. 1: evoluzione del modo di produrre e di consumare (Francia, Regno Unito e Stati Uniti) Nonostante i differenti modelli di crescita del PIL pro capite, in questi paesi si assiste a modalità di regolazione del sistema economico che prevedono una trasformazione del modo di produrre accompagnato ad una trasformazione del modo di consumare. Per quanto riguarda il modo di produrre si rimanda a quanto già detto nel precedente paragrafo (cfr. la rivoluzione informatica che ha caratterizzato l economia dell insieme dei paesi industrializzati negli anni Novanta). Per quanto riguarda, invece, il modo di consumare è possibile ipotizzare che l aumento dei salari reali possa originare cambiamenti nella composizione della domanda di consumo verso prodotti di maggiore qualità e quindi, come già anticipato, relativamente più costosi: questo cambiamento nella composizione della domanda sostiene a sua volta la produzione di prodotti/servizi tecnologicamente più sofisticati, che alimenta a sua volta un processo di trasformazione della struttura economica di questi paesi. Un osservazione può essere fatta sul livello dei tassi di variazione della produttività del lavoro e dei salari reali: nel Regno Unito e negli Stati Uniti la dinamica della produttività del lavoro è molto vivace ma i salari reali crescono ancora più velocemente, generando qualche dubbio circa la 414

sostenibilità di questo modello nel lungo periodo; in Francia i tassi di crescita della produttività del lavoro e dei salari reali sono assai meno intense ma mantengono un certo equilibrio 11. Fig. 5 - Dinamica del prodotto per occupato e delle retribuzioni lorde reali nel settore privato in Francia, nel Regno Unito e negli Stati Uniti, 1997-2003 120,0 120,0 a) Francia Retribuzioni reali b) Regno Unito Retribuzioni reali 120,0 Retribuzioni reali c) Stati Uniti Fonte: OECD (2003), OECD Economic Outlook, OECD. 11 Naturalmente, è bene sottolineare che la differenza di comportamento dei questi paesi può essere dovuta al fatto che nel Regno Unito e negli Stati Uniti la produttività del lavoro cresce più dell indice di occupazione, a differenza di quanto avviene (cfr. paragrafo 1.): nel primo caso, l incremento della produttività può quindi generare incrementi salariali. 415

3.2. Modello n. 2: evoluzione del modo di produrre, in assenza di significativi cambiamenti del modo di consumare (Germania, Giappone) In questi paesi si assiste ad un incremento della produttività del lavoro ma non si registrano sostanziali variazioni dei salari reali. La trasformazione dell apparato produttivo nazionale è scarsamente sostenuto da variazioni nella composizione della domanda di consumo, con effetti ovviamente limitanti sulla crescita del reddito pro capite. Anche in questo caso, la differenza tra i due paesi consiste nell ampiezza delle variazioni registrate: in Giappone la produttività per lavoratore cresce più che in Germania; in Germania, invece, il tasso di crescita delle retribuzioni reali è più elevato che in Giappone. Fig. 6 - Dinamica del prodotto per occupato e delle retribuzioni lorde reali nel settore privato in Germania e in Giappone, 1997-2003 120,0 120,0 Retribuzioni reali Retribuzioni reali a) Germania b) Giappone Fonte: OECD (2003), OECD Economic Outlook, OECD. 3.3. Modello n. 3: l esplosione delle contraddizioni del sistema (Italia) Il caso italiano esprime bene le contraddizioni di un sistema economico che, da un lato, non è in grado di sfruttare la rivoluzione informatica e di incrementare la propria produttività del lavoro e, dall altro, sperimenta una contrazione delle retribuzione lorde reali. I motivi per cui non è stata incrementata la produttività del lavoro sta verosimilmente nella combinazione di due fattori che possono essere individuati da una parte nelle caratteristiche della struttura dell industria italiana, tradizionalmente specializzata in produzioni mature ; dall altra, nell inadeguata capacità del sistema produttivo italiano di innovare e 416

conseguentemente di sviluppare nuovi prodotti/servizi tecnologicamente avanzati. Anche i motivi per cui in questi anni si è registrata una contrazione dei salari reali sono molteplici e includono il sistema delle relazioni industriali e la moderazione salariale che ne è derivata (si pensi agli effetti della concertazione tra le parti sociali, che ha legato gli aumenti salariali all inflazione programmata, in genere inferiore a quella effettiva) 12 alla diffusione dei contratti atipici (meno tutelati non solo dal punto di vista normativo ma anche salariale) sino allo spinoso problema dell andamento dei prezzi al consumo 13. Fig. 7 - Dinamica del prodotto per occupato e delle retribuzioni lorde reali nel settore privato in Italia, 1997-2003 120,0 Retribuzioni reali Fonte: OECD (2003), OECD Economic Outlook, OECD. 12 Cfr. Garibaldi, P. (2002), Gli occupati crescono, l economia no. Cosa succede al mercato del lavoro italiano, lavoce.info, 24 dicembre; PC (2002), L occupazione senza crescita, lavoce.info, 24 dicembre. 13 Come noto, a questo proposito è in atto un vivace dibattito tra chi sostiene che il tasso di crescita dei livello dei prezzi al consumo è solo leggermente superiore alla media europea (in linea con i dati ufficiali rilasciati dall ISTAT e da Eurostat) e chi sostiene invece che le differenze che si sono registrate nel livello dei prezzi di differenti beni di consumo sono più elevate e penalizzano in particolar modo alcune categorie di percettori di reddito, in particolare il reddito da lavoro dipendente (tesi sostenuta principalmente da alcuni istituti di ricerca come Eurispes). 417

In definitiva, verrebbero confermate le ipotesi avanzate nel precedente paragrafo e cioè che l incremento del PIL avviene attraverso la messa in produzione di nuove risorse (piuttosto che attraverso la trasformazione qualitativa del sistema economico nazionale), la qual cosa si riflette sul livello dei salari (generando, nella migliore delle ipotesi, una stabilità della composizione della domanda di consumi su prodotti di basso livello qualitativo). Il paradosso italiano è che il pattern di sviluppo perseguito mette l Italia in competizione con i paesi meno sviluppati e che la contrazione dei salari/stagnazione dei consumi delle famiglie rafforza questa tendenza; da questo punto di vista, il modello di riferimento non sono gli altri paesi industrializzati ma i paesi in via di sviluppo. 4. Il caso della provincia di Milano L estensione di questa analisi alla scala provinciale di Milano, che nell ambito del Rapporto sul mercato del lavoro rappresenta un forte tentativo di innovazione e implementazione conoscitiva, sconta ovviamente una serie di limiti - derivanti in primo luogo dalla disomogeneità (e in qualche caso dalla povertà) delle fonti statistiche -, sui quali è bene fare chiarezza. Il tentativo di analisi a scala provinciale rappresenta infatti un esercizio molto più complesso del precedente perché non esistono dati perfettamente comparabili con quelli resi disponibili dall IMF o dall OECD. Ad esempio, non esistono dati circa il PIL regionale, che è quindi stato sostituito con il valore aggiunto al costo dei fattori. I dati sui salari - benché forniti da diversi istituti di ricerca (Centro Studi di Assolombarda, OD&M/Corriere Lavoro) - sono inoltre disponibili solo a livello dell industria nel suo complesso e la comparazione con la produttività del lavoro - che è disponibile solo per l intera economia - può quindi determinare alcune distorsioni. Nonostante i limiti derivanti dalla limitatezza dei dati disponibili a livello locale, un tentativo di evidenziare le principali dinamiche produttive e distributive verrà egualmente condotto, nel tentativo di individuare alcune delle principali caratteristiche dell economia provinciale. Ovviamente, dato il salto di scala rappresentato dall utilizzo di dati differenti da quelli impiegati in precedenza, si compareranno le dinamiche della provincia di Milano e dell Italia: come si vedrà meglio nell analisi che segue, i dati non hanno infatti valore in sé, ma sono significativi solo se posti in relazione tra loro 14. Inoltre, poiché a livello locale non sono ancora 14 In altri termini, non ha senso affermare che la produttività del lavoro in Italia è aumentata di x%, quando la precedente analisi - condotta su dati resi disponibili da organismi internazionali - aveva provato che la produttività del lavoro era in realtà aumentata di y%: le differenze che si riscontrano tra le diverse fonti sono dovute a 418

disponibili i dati relativi al 2003, l analisi si concentrerà sul periodo 1997-2002 15. La fig. 8 mette in relazione la dinamica del valore aggiunto pro capite nazionale e della provincia di Milano e tenta di far emergere le ragioni che determinano la sua variazione. Fig. 8 - Dinamica del PIL pro capite, del prodotto per occupato e dell indice di occupazione in Italia e in provincia di Milano, 1997-2003 1997 1998 1999 2000 2001 2002 Valore aggiunto pro capite Valore aggiunto per lavoratore Indice di occupazione 419 1997 1998 1999 2000 2001 2002 Valore aggiunto pro capite Valore aggiunto per lavoratore Indice di occupazione b) Provincia di Milano a) Italia Fonte: ISTAT (anni vari), Movimenti anagrafici della popolazione e delle famiglie; ISTAT (anni vari), Numeri indici dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati; ISTAT (anni vari), Forze di lavoro; Istituto Guglielmo Tagliacarne (2003), Le traiettorie dello sviluppo delle province italiane attraverso l analisi del prodotto interno lordo. 1995 2002 Fortunatamente la dinamica del valore aggiunto pro capite italiano non differisce molto dalla dinamica del PIL pro capite italiano mostrata in fig. 4: la crescita del valore aggiunto pro capite è infatti quasi interamente attribuibile ad un incremento della quantità di lavoro impiegato piuttosto che alla crescita della produttività del lavoro, che risulta invece abbastanza contenuta. differenti metodologie di trattamento dei dati (cfr. il caso delle retribuzioni), quando non all utilizzazione di serie storiche differenti (cfr. il caso del valore aggiunto pro capite, la cui dinamica è stata utilizzata per approssimare la dinamica del PIL pro capite). Ai nostri fini, ciò che è importante è mostrare la dinamica provinciale in relazione a quella nazionale, che è a sua volta comparabile - attraverso il salto di scala cui si è fatto accenno in precedenza - con quella degli altri paesi considerati. 15 Sulla base dell analisi condotta in precedenza, si può tuttavia ipotizzare che le tendenze emerse nel corso del 2002 andranno rafforzandosi anche nel 2003, come verrà meglio spiegato in seguito.

Rispetto a questo quadro generale, anche in provincia di Milano la crescita del valore aggiunto pro capite - che è solo leggermente superiore a quella registrata a livello nazionale - è principalmente dovuta all aumento dell indice di occupazione, ma in questo caso si assiste anche ad un aumento della produttività del lavoro. Questo risultato - in parte atteso, data la tradizionale efficienza delle imprese milanesi - non è tuttavia sufficiente a rendere la crescita provinciale simile a quella registrata in altri paesi come la Francia o la Germania (per non parlare di quella del Regno Unito o degli Stati Uniti): la crescita provinciale tende infatti a basarsi sullo sviluppo di processi che sono per lo più labour intensive, il che potrebbe provocare lo spostamento della produzione su fasce di mercato in cui la concorrenza è più agguerrita perché può sfruttare bassi costi del lavoro. Se ora si passa a considerare la fig. 9, si può comparare la dinamica del valore aggiunto nazionale e provinciale con l analoga dinamica delle retribuzioni lorde reali, che sono tuttavia calcolate da differenti istituti di ricerca (ISTAT, Centro Studi Assolombarda e OD&M/Corriere Lavoro). Fig. 9 - Dinamica del valore aggiunto per occupato e delle retribuzioni lorde reali nell industria in Italia e in provincia di Milano, 1997-2003 90,0 Valore aggiunto per lavoratore Salari ISTAT Salari OD&M 420 Valore aggiunto per lavoratore Salari Assolombarda Salari OD&M b) Provincia di Milano a) Italia Fonte: A: Fioni (2003), Andamento di retribuzioni, costo del lavoro e inflazione: un confronto tra l Area Milanese e l Italia, Assolombarda; A. Fioni (2004), Indagine annuale sul lavoro. Anno 2003, Assolombarda; ISTAT (anni vari), Annuario statistico italiano; OD&M, Corriere Lavoro (2003), 4 Rapporto sulle Retribuzioni in Italia. Anche in questo caso, fortunatamente, la dinamica dei salari reali nazionali coincide largamente con quella evidenziata dall IMF: in altri termini, la produttività del lavoro cresce più dei salari reali; tale differenza è inferiore alle stime IMF nel caso in cui la rilevazione delle retribuzioni

lorde sia stata effettuata dall ISTAT ed è superiore a tale stima nel caso in cui la rilevazione delle retribuzioni lorde sia stata effettuata da OD&M. In provincia di Milano, invece, la produttività cresce allo stesso ritmo dei salari fino al 2001. La duplice rilevazione effettuata a partire dal 2001 fa emergere le dinamiche delle retribuzioni apparentemente molto differenti: secondo il Centro Studi Assolombarda, le retribuzioni aumentano, a fronte di una contrazione della produttività del lavoro, mentre la rilevazione OD&M/Corriere Lavoro registra invece una contrazione dei salari reali in linea con la contrazione della produttività del lavoro. Le differenze sono così rilevanti da indurre alcune riflessioni. Per quanto riguarda la rilevazione condotta da Assolombarda, va rimarcato che per tutto il periodo considerato la dinamica salariale è simile a quella della produttività ed è solo a partire dal 2001 che i salari reali crescono tanto fortemente da superare la produttività del lavoro 16. D altra parte, è bene sottolineare che la dinamica della produttività misurata in fig. 8 si riferisce all intera economia e la produttività industriale 17 potrebbe invece aver fatto registrare tassi di crescita positivi: in questo caso, la differenza tra gli andamenti della produttività del lavoro e dei salari potrebbe essere meno pronunciata. Le rilevazioni OD&M/Corriere Lavoro non sono particolarmente significative per stessa ammissione dei ricercatori e sono state opportunamente modificate per tenere conto delle distorsioni esistenti 18. Tuttavia queste rilevazioni sono maggiormente in sintonia con la percezione generale: nell ultimo biennio, infatti, sia a livello milanese che in Italia si assiste ad una contrazione delle 16 Sotto questo aspetto, va segnalato come i risultati di una ormai collaudata indagine come quella del Centro Studi Assolombarda appaia, almeno nell ultimo biennio, contrastante rispetto alla percezione generale che sembra avvertire quest ultimo periodo come una fase di contrazione dei salari reali. 17 Che però non è misurabile, in quanto mancano i dati annuali sull occupazione industriale. 18 La rilevazione OD&M/Corriere Lavoro avendo finalità non strettamente analitiche ed essendo piuttosto uno strumento utilizzato dai manager per la pianificazione e la gestione delle risorse umane. In quest ottica OD&M/Corriere Lavoro hanno misurato le retribuzioni di quattro categorie di lavoratori (dirigenti, quadri, impiegati e operai), non fornendo una stima dei salari complessivi. Per calcolare un valore sintetico delle retribuzioni, i salari di ogni categoria di lavoratori sono stati quindi opportunamente pesati in modo tale da tenere in considerazione il ruolo realmente assunto da questi gruppi di lavoratori nell economia provinciale. 421

retribuzioni reali, contenuta nel 2002 e decisamente più marcata nell ultimo anno. 4. Ipotesi e conclusioni Il punto di vista assunto quale punto di partenza dell analisi ha teso a non considerare molto la questione dell effettivo peso dell inflazione. Nell ottica del presente contributo è invece più importante sottolineare due aspetti che caratterizzano sia l economia nazionale che, pur se in misura minore, l economia provinciale: la crescita del PIL pro capite è realizzata attraverso la messa in produzione (o l emersione) di nuove risorse ma non attraverso un aumento della produttività del lavoro, a differenza di quanto avviene a livello internazionale nonostante tutto, la crescita della produttività del lavoro è più elevata della crescita delle retribuzioni a livello nazionale e si muove in linea con le retribuzioni a livello provinciale. Le conseguenze della combinazione di questi due fattori sono tanto note quanto preoccupanti. In primo luogo, il sistema produttivo nazionale - ma anche quello provinciale - tendono a fare sempre più del costo del lavoro il loro principale fattore competitivo, mentre sono ancora troppo trascurate le strategie di incremento della produttività del lavoro. Si sta facendo strada in maniera sempre più evidente la convinzione che in Italia esiste una grande difficoltà non solo a fare ricerca di base, ma soprattutto a applicare la ricerca di base per creare nuovi prodotti: questa difficoltà può essere, da un lato, messa in relazione alla piccola dimensione delle imprese italiane e provinciali, che non riescono a finanziare la ricerca né da sole (come ovvio, data la loro struttura dimensionale), né in associazione con altre imprese (data la difficoltà a superare le rivalità esistenti, soprattutto quando le piccole e medie imprese sono territorialmente concentrate); dall altro, anche le grandi imprese dimostrano una certa inadeguatezza a sviluppare programmi di ricerca e sviluppo (progressivo smantellamento delle divisioni di ricerca e sviluppo, ricorso ai finanziamenti pubblici spesso usati come fonte di finanziamento piuttosto che come strumento per innovare, ecc.). In secondo luogo, si può ipotizzare che il riposizionamento delle imprese nazionali e provinciali su segmenti tecnologicamente meno evoluti del mercato determini una distorsione verso il basso anche del mercato del lavoro che difficilmente può essere razionalmente compresa: l elevata domanda di lavoratori poco qualificati e la bassa domanda di lavoratori 422

laureati o con elevati livelli di formazione 19 determina i livelli salariali descritti in precedenza. 19 Si rinvia, a questo proposito, alle evidenze empiriche relative alla provincia di Milano dei contributi contenuti nella parte 2 di questo rapporto e segnatamente al problema della caduta di domanda di tecnici registratasi nell ultimo biennio, fenomeno confermato anche dalle rilevazioni Istat sulle forze di lavoro. 423