www.ildirittoamministrativo.it Osservatorio sulla giurisprudenza civile al 30 aprile 2014 a cura di DIANA SELVAGGI



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Osservatorio sulla giurisprudenza civile al 30 aprile 2014 a cura di DIANA SELVAGGI 1. Corte di Cassazione, sezione III civile, sentenza n. 7694 del 2 aprile 2014: debiti di gioco e collegamento negoziale La questione sottoposta alla Suprema Corte nella sentenza in commento involge il tema dei debiti di gioco, con particolare riferimento alla illegittimità dell azione esecutiva volta al soddisfacimento di un credito derivante da obbligazione naturale. Il dato codicistico, in proposito, è chiaro: a norma dell art. 1933 c.c. non c è azione per il pagamento di debiti derivanti da un giuoco o da una scommessa, ammettendosi unicamente, per il creditore, la soluti retentio una volta che l adempimento sia spontaneamente avvenuto, con l unica eccezione dell incapacità del debitore. Nel caso di specie, invero, un operatore turistico che organizzava viaggi presso casinò internazionali in cui i clienti erano ospitati gratuitamente purchè partecipassero ai giochi, aveva intrapreso una procedura esecutiva nei confronti di un giocatore-debitore sulla base di un assegno da quest ultimo emesso e successivamente girato dal casinò all operatore turistico a titolo di rimborso per trasferte aeree e costi di alberghi anticipati dallo stesso operatore. Detta procedura esecutiva è stata dichiarata inammissibile dalla Suprema Corte - che ha rigettato il ricorso - alla luce del principio, consolidato in tema di disciplina delle obbligazioni connesse al gioco o alla scommessa, secondo cui l'estensione della disciplina codicistica testé richiamata a fattispecie quali dazioni di denaro, di fiches, promesse di mutuo, riconoscimenti di debito, è possibile unicamente allorché tali atti risultino funzionalmente collegati all'attuazione del giuoco o della scommessa, di talché possa ritenersi sussistente un diretto interesse del mutuante a favorire la partecipazione al gioco del mutuatario; con la reciproca e speculare conseguenza che, ove siffatto interesse manchi, per essere il mutuante del tutto estraneo all'uso che il mutuatario fa delle somme erogategli, le cause dei due negozi non hanno tra loro, quel collegamento che solo giustifica la sottoposizione dell'uno alla disciplina dell'altro. La Corte ha ritenuto, infatti, che l operatore procedente non fosse estraneo né ai giochi d'azzardo ai quali aveva partecipato il giocatore-debitore né ai conseguenti indebitamenti: l art. 1933 c.c. e 1

relativa disciplina troverebbe applicazione, infatti, proprio perché sussiste l interesse diretto e personale, dell organizzatore delle trasferte gratuite, alla partecipazione effettiva ai giochi da parte dei gitanti. La Corte ritiene, peraltro, infondato l argomento dell operatore turistico/ricorrente circa la mancata connessione tra il gioco e il suo interesse agli incassi delle varie case da gioco presso cui manda i propri clienti, mancata connessione che sarebbe giustificata dalla non incidenza degli stessi sul suo lavoro e sui suoi redditi: al contrario, la Corte rileva come sia indice del coinvolgimento, anche economico, dell operatore turistico nell'organizzazione dei giochi, proprio il sistema di rimborsi previsto contrattualmente con i casinò internazionali presso cui manda i propri clienti. Tanto vale, quindi, a giustificare l'applicazione nei suoi confronti del disposto dell'art. 1933 c.c. e a far dichiarare inammissibile la procedura esecutiva intrapresa. 2. Corte di Cassazione, sezione III civile, sentenza n. 759 del 16 gennaio 2014: danno catastrofale e danno non patrimoniale La Suprema Corte delinea lo stato dell arte in tema di danno catastrofale e, operate le dovute distinzioni anche con riferimento al danno tanatologico, lo riconduce correttamente alla unitaria categoria del danno non patrimoniale. Nella specie, dodici giorni dopo un sinistro stradale muore, in giovane età, uno dei conducenti coinvolti: gli eredi ricorrono assumendo la violazione dell art. 2059 c.c., per avere la Corte di Appello negato il risarcimento del danno morale iure hereditatis, nonostante la sofferenza della vittima quando la gravità della lesione infetta era tale da annientare la sensibilità della persona offesa. Il ricorso viene rigettato. Bene hanno operato, secondo la Suprema Corte, i giudici di merito a non riconoscere né, alla vittima personalmente, il danno biologico, né il danno morale agli eredi, sul rilievo che esso non ha mai ripreso conoscenza e mai ha conseguito miglioramenti, neanche temporanei. L operato della Corte di Appello si mostra in linea con la giurisprudenza in tema di cosiddetto danno catastrofale, che rientra nell unitaria categoria di danno non patrimoniale, alla stregua del precedente di cui alle Sezioni Unite 26972 del 2008: esso si sostanzia nel risarcimento della 2

sofferenza patita dalla vittima nel periodo breve che precede la morte, in cui essa ha avuto la possibilità di rendersi conto della gravità del proprio stato e dell approssimarsi della morte. Come sopra accennato, con una ricostruzione efficace e puntuale, la Corte distingue il danno catastrofale sia dal danno tanatologico, connesso alla perdita della vita come massima espressione del bene salute, sia da quello rivendicabile 'iure hereditatis' dai congiunti della vittima dell'illecito, poi rivelatosi mortale, per avere il medesimo sofferto, per un considerevole lasso di tempo, una lesione della propria integrità psico-fisica costituente un autonomo danno 'biologico', accettabile con valutazione medico legale. La Corte, tuttavia, non manca di sottolineare che tali denominazioni servono solo per identificare vari aspetti dell'unitario danno non patrimoniale. La Corte rigetta il ricorso alla luce del principio per cui lo stesso può essere legittimamente trasmesso agli eredi a condizione che la vittima abbia patito quella sofferenza determinata dall accorgersi della vicina fine della vita e che, quindi, il danno stesso sia entrato nel patrimonio del defunto: evidentemente, tale danno non è configurabile in capo ad una persona che sia rimasta in stato di incoscienza dal momento in cui si è verificato l evento lesivo fino alla morte. Con accertamento di fatto non ripetibile in sede di legittimità, infatti, i giudici d appello avevano ritenuto che il giovane era stato costantemente in coma per il breve periodo di sopravvivenza e che, di conseguenza, non aveva potuto patire quella sofferenza derivante dalla coscienza della prossima morte di cui oggi gli eredi chiedevano il risarcimento. Un precedente in tal senso, tra gli altri, è in Cass. 28423 del 2008, secondo cui in caso di morte che segua le lesioni dopo breve tempo, la sofferenza patita dalla vittima durante l'agonia è autonomamente risarcibile non come danno biologico, ma come danno morale 'iure hereditatis', a condizione però che la vittima sia stata in condizione di percepire il proprio stato, mentre va esclusa anche la risarcibilità del danno morale quando all'evento lesivo sia conseguito immediatamente lo stato di coma e la vittima non sia rimasta lucida nella fase che precede il decesso. 3. Corte di Cassazione, sezione III civile, sentenza n. 1361 del 23 gennaio 2014: la il danno da morte immediata è risarcibile, è trasmissibile iure hereditario e va valutato equitativamente La sentenza in commento rappresenta una novità giurisprudenziale destinata ad una necessaria pronuncia a Sezioni Unite (cfr. sentenza che segue). 3

Il caso aveva preso avvio dalla decisione della Corte d appello di Milano la quale aveva parzialmente accolto il gravame proposto per il risarcimento dei danni, iure proprio e iure successionis, sofferti dai figli, per la morte tanto della madre Tizia, deceduta in conseguenza di un sinistro stradale, quanto, successivamente, quella del padre Caio che, in conseguenza della «depressione indotta dalla perdita della moglie, vittima diretta del sinistro», circa due anni dopo si era suicidato. La Suprema Corte ha affermato il seguente principio di diritto: Il danno da perdita della vita, oggetto di un diritto assoluto e inviolabile, costituisce danno non patrimoniale ex se risarcibile, nella sua oggettività, a prescindere pertanto dalla consapevolezza che il danneggiato/vittima ne abbia. La vittima acquisisce il diritto al risarcimento per la perdita della vita nel momento stesso in cui si verifica la lesione mortale e, quindi, anche in caso di morte immediata o istantanea, in deroga al principio della non risarcibilità del danno evento: tale diritto, avendo poi natura compensativa, è trasmissibile iure hereditatis. Il danno da perdita della vita, non essendo previsto dalle Tabelle di Milano, è imprescindibilmente rimesso alla valutazione equitativa del giudice di merito alla cui prudente discrezionalità è rimessa l individuazione dei criteri di relativa liquidazione, con la precisazione che egli dovrà tener conto dell età, delle condizioni di salute e delle speranze di vita futura, dell attività svolta e delle condizioni personali e familiari della vittima personalizzazione del danno). La sentenza in commento ripercorre, anzitutto, le tappe dell evoluzione giurisprudenziale dell ultimo decennio a favore del risarcimento del danno non patrimoniale. In primo luogo le sentenze (cc.dd. gemelle) del 2003 (Cass. n. 8827 e 8828 del 2003), che aprirono un vulnus nel testo dell art. 2059 c.c., con un interpretazione costituzionalmente orientata. Poi l avallo a tale ricostruzione da parte della Corte Costituzionale n. 233/2003. Infine il pieno riconoscimento ed inquadramento del risarcimento del danno tutte le volte che ricorre un ingiustizia costituzionalmente qualificata, purché l offesa sia grave ed il pregiudizio sia serio, nell ottica per cui il danno non patrimoniale è unitario e non sono ammissibili duplicazioni risarcitorie (Cass.. Sez. Un., n. 26972/2008). La Corte ricorda, ancora, che nell ultimo biennio si è assistito ad un oscillamento, tra posizioni che limitavano il ristoro del danno non patrimoniale alla sola voce di danno biologico e posizioni che, invece, perseveravano nel liquidare anche le altre voci di tipo morale/esistenziale. In particolare, poi, con alcune pronunce la Suprema Corte ha preso a discostarsi dall insegnamento delle Sezioni unite del 2008, ritornando ad affermare l autonomia del danno morale e del danno dinamico-relazionale (cfr. Cass. n. 20292/2012) e la loro autonoma risarcibilità (Cass. n. 4033/2013). 4

Fatta tale premessa, il fulcro della decisione è rappresentato dal voluto superamento del principio affermato dalla sentenza n. 372/1994 della Corte Costituzionale circa la non risarcibilità del danno alla salute da morte immediata. Anche la giurisprudenza di legittimità si era accodata al principio, per ragioni strettamente logiche, in particolare affermando che, se è vero che ogni danno ed ogni risarcimento presuppone la vita del soggetto offeso, non è possibile ipotizzare l acquisizione di un diritto risarcitorio che deriva da un evento (la morte) che al contempo elimina anche quel sostrato soggettivo che costituisce il presupposto per l acquisizione del diritto risarcitorio stesso (Cass. n. 4754/2004). La sentenza in commento, invece, rompe questa tradizionale esclusione, rilevando, in primo luogo, che accanto al danno da perdita del rapporto parentale o c.d. esistenziale (integrato in caso, come nella specie, di sconvolgimento della vita subito dal coniuge a causa della morte dell altro coniuge), costituisce danno non patrimoniale anche il danno da perdita della vita, quale bene supremo dell individuo, oggetto di un diritto assoluto e inviolabile garantito in via primaria da parte dell ordinamento, anche sul piano della tutela civilistica. Il danno da perdita della vita è altro e diverso, in ragione del diverso bene tutelato, dal danno alla salute e si differenzia dal danno biologico terminale e dal danno morale terminale della vittima, rilevando ex se, nella sua oggettività di perdita del principale bene dell uomo costituito dalla vita. Tale danno si verifica a prescindere dalla consapevolezza che il danneggiato ne abbia e dovendo essere ristorato anche in caso di morte c.d. immediata o istantanea, senza che assumano pertanto al riguardo rilievo la persistenza in vita all esito del danno-evento da cui la morte derivi, né l intensità della sofferenza patita dalla vittima in ragione della cosciente e lucida percezione dell ineluttabile sopraggiungere della propria fine. Il diritto al ristoro del danno da perdita della vita si acquisisce dalla vittima istantaneamente al momento della lesione mortale, quindi anteriormente al decesso, costituendo ontologica, imprescindibile eccezione al principio dell irrisarcibilità del danno-evento e della risarcibilità dei soli danni-conseguenza, giacchè la morte ha per conseguenza la perdita di tutto; non solamente di uno dei molteplici beni, ma del bene supremo della vita; non solo, dunque, di qualche effetto o conseguenza, bensì di tutti gli effetti e conseguenze, di tutto ciò di cui consta la vita della vittima e che avrebbe continuato a dispiegarsi in tutti i molteplici effetti suoi propri, se l illecito non ne avesse causato la soppressione. Il ristoro del danno da perdita della vita compensativa, e il relativo diritto (o ragione di credito), sono trasmissibili iure hereditatis perché la lesione si riflette in una perdita a carico della persona offesa non più in vita. 5

4. Corte di Cassazione, sezione III civile, ordinanza n. 5056 del 4 marzo 2014: danno non patrimoniale e risarcibilità iure hereditario del danno da morte immediata La sezione III, con l ordinanza in commento, rimette gli atti al Primo Presidente affinchè valuti l esigenza di investire le Sezioni Unite della precisazione, per imprescindibili ragioni di certezza del diritto, del quadro della risarcibilità del danno non patrimoniale, già delineato nel 2008, ma oggetto di contributi successivi, spesso discordanti, anche in tema di risarcibilità iure hereditario del danno da morte immediata. Diversamente dal danno catastrofale di cui a Cass. III sez. n. 759/2014, sopra esaminato, il danno da morte immediata è richiesto iure haereditario dagli stretti congiunti della vittima che sia deceduta immediatamente a seguito delle gravi lesioni riportate in un incidente stradale. Il ricorso lamenta violazione e falsa applicazione degli articoli 2043 c.c. e 32 Cost. per essere stato, nel merito, negato il risarcimento del danno biologico richiesto iure hereditario dagli stretti congiunti della vittima deceduta immediatamente per le gravi lesioni riportate in un incidente stradale. Nell ordinanza si dà atto del vivace contrasto in giurisprudenza sul punto, per cui con la sopra esaminata sentenza n. 1361 del 23 gennaio 2014, è stata affermata la risarcibilità iure hereditario del danno da perdita della vita immediatamente conseguente alle lesioni riportate a seguito di un incidente stradale, in consapevole contrasto con il più volte affermato principio della irrisarcibilità per via ereditaria del danno da morte immediata (vedi Cass. 6754/2011). Non può trascurarsi, sottolinea correttamente la Corte, come il principio di diritto della irrisarcibilità per via ereditaria del danno da morte immediata sia stato posto a fondamento della sentenza di Corte Costituzionale n. 372 del 1994, secondo cui l art. 2043 c.c. non è costituzionalmente illegittimo in relazione al danno biologico da morte, in dipendenza del 'limite strutturale della responsabilità civile, nella quale sia l'oggetto del risarcimento che la liquidazione del danno devono riferirsi non alla lesione per se stessa, ma alle conseguenti perdite a carico della persona offesa'. La giurisprudenza ha, quindi, proceduto con l affermazione della risarcibilità del danno non patrimoniale consistito nella sofferenza morale provata tra l'infortunio e la morte solo se, in tale periodo di tempo, la persona sia rimasta lucida e cosciente. Componendo il contrasto in punto di liquidazione del danno non patrimoniale, Sezioni Unite 26972 del 2008 sono intervenute affermando che la giurisprudenza è consolidata, da una parte, nel negare 6

il risarcimento del danno biologico per perdita della vita nel caso di morte immediata o intervenuta a breve distanza dall'evento lesivo; dall altra parte lo ammette per la perdita della salute solo se il soggetto sia rimasto in vita per un tempo apprezzabile e a questo lo commisura. Le stesse Sezioni Unite 2008 rilevano, peraltro come, in caso di morte che segua di poco le lesioni, viene in considerazione il tema della risarcibilità della sofferenza psichica, di massima intensità anche se di durata contenuta. Detta sofferenza psichica non può degenerare in danno biologico, visto il breve intervallo di tempo tra lesioni e morte e deve essere risarcita, pertanto, unicamente come danno morale, nella sua nuova più ampia accezione. La Corte, prima di rimettere gli atti al Primo Presidente, delinea quindi gli ultimi atti del contrasto citando, in tema di danno da morte immediata, la recente sentenza n. 19133/2011, ove è affermato il principio secondo cui, quando all'estrema gravità delle lesioni segua, dopo un intervallo di tempo brevissimo [...], la morte, non può essere risarcito il danno biologico 'terminale' connesso alla perdita della vita come massima espressione del bene salute, ma esclusivamente il danno morale, dal primo ontologicamente distinto, fondato sull'intensa sofferenza d'animo conseguente alla consapevolezza delle condizioni cliniche seguito al sinistro. Di segno opposto la conclusione cui è pervenuta Cass. n. 1361/14, secondo la quale 'la perdita della vita non può lasciarsi, invero, priva di tutela (anche) civilistica', poiché 'il diritto alla vita è altro e diverso dal diritto alla salute', così che la sua risarcibilità 'costituisce realtà ontologica ed imprescindibile eccezione al principio della risarcibilità dei soli danni conseguenza'. Sulla scia di quella (consistente) parte della dottrina che ritiene risarcibile il danno c.d. tanatologico, si è così inteso superare il criterio della individuazione di un adeguato periodo di lucidità e di coscienza nella vittima del sinistro ai fini dell'acquisizione al suo patrimonio di un diritto trasmissibile iure successionis. 7