LEZIONE 13. f + g: I R n

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Funzioni. iniettiva se x y = f (x) f (y) o, equivalentemente, f (x) = f (y) = x = y

Transcript:

LEZINE 13 13.1. Funzioni a valori in R n. Ricordiamo che gli elementi R n sono le n uple ordinate ( 1,..., n ) di numeri reali. Se = ( 1,..., n ) R n e α R, poniamo + = ( 1 + 1,..., n + n ), α = (α 1,..., α n ). In questo primo paragrafo daremo qualche risultato circa le funzioni definite su un intervallo aperto I R (o, più in generale, su un unione di intervalli aperti) a valori in R n. Sia f: I R n una tale funzione: ci riferiremo ad una tale funzione f parlando anche di funzione a valori vettoriali, o curva parametrizzata, o parametrizzazione per motivi che saranno chiari in seguito (queste ultime due locuzioni saranno molto usate soprattutto quando n = 2, 3). Si noti che una tale funzione non è altro che una n upla (f 1,..., f n ) ove f i : I R è una funzione del tipo di quelle studiate nel corso di Analisi. Le funzioni f i sono dette funzioni componenti di f. Se g: I R n è un altra funzione a valori in R n avente componenti g 1,..., g n si pone Se poi α: I R si pone f + g: I R n t f(t) + g(t). αf: I R n t αf(t). Diamo ora un paio di esempi elementari, ma fondamentali, di funzioni a valori in R n. Esempio 13.1.1. Sia L = (L 1,..., L n ) R n. Una funzione della forma L: R R n è detta funzione costante. Siano a, v R n. Una funzione della forma è detta funzione affine. a + vt: R R n t (L 1,..., L n ) t (a 1 + v 1 t,..., a n + v n t) 1 Tpeset b AMS-TEX

2 13.1. FUNZINI A VALRI IN R n Definizione 13.1.2. Siano f = (f 1,..., f n ): I R n e t 0 I. Diciamo che f è continua in t 0 se tali sono tutte le sue componenti. La funzione f si dice continua su I se è continua in ogni punto di I. Definizione 13.1.3. Siano f = (f 1,..., f n ): I R n e t 0 I. Diciamo che f è derivabile in t 0 se tali sono tutte le sue componenti. In tal caso diciamo che (f 1(t 0 ),..., f n (t 0 )) è la derivata di f in t 0. La derivata di f in t 0 verrà indicata indifferentemente con uno dei due simboli f (t 0 ), df dt (t 0). Se f: I R n è derivabile in ogni punto di I, f viene detta derivabile su I. Definiamo allora derivata prima di f la funzione f : I R n t f (t). Se f è derivabile in tutti i punti di I e f è continua diremo che f è di classe 1 su I e scriveremo f 1 (I, R n ). Anche in questo caso è facile verificare, ragionando componente per componente, la validità dei classici teoremi sulle derivate di funzioni a valori in R. Per esempio, se f, g: I R n e α: I R sono derivabili in t 0 I, si ha: (f + g) (t 0 ) = f (t 0 ) + g (t 0 ), (αf) (t 0 ) = α (t 0 )f(t 0 ) + α(t 0 )f (t 0 ). Inoltre, se t: J I è derivabile in s 0 e t 0 = t(s 0 ), si ha: (f t) (s 0 ) = t (s 0 )f (t 0 ). Esempio 13.1.4. onsideriamo le funzioni dell Esempio 3.2.1. Risulta d(a + vt) dt ( dl dt = dl1 dt,..., dl ) n = (0,..., 0) dt ( d(a1 + v 1 t) =,..., d(a ) n + v n t) = (b 1,..., b n ). dt dt Definizione 13.1.5. Una funzione f: I R n si dice si dice regolare se è iniettiva, f 1 (I, R n ) e se f (t 0 ) (0,..., 0) per ogni t 0 I. Esempio 13.1.6. onsideriamo le funzioni dell Esempio 3.2.1. tenendo conto di quanto osservato nell Esempio 13.1.3 si deduce che L non è regolare in quanto, pur essendo di classe 1, non è iniettiva e L = 0. Invece a + bt è regolare se e solo se b 0.

Esempio 13.1.7. onsideriamo la funzione LEZINE 13 3 f(t) = (t 2, t 3 ) definita su R. Si verifichi che tale applicazione è iniettiva. Poiché f è definita mediante polinomi è chiaramente di classe 1 su R. Invece f (t) = (2t, 3t 2 ), dunque f (0) = (0, 0). Deduciamo che f non è una funzione regolare. Invece consideriamo la funzione definita su R. Tale funzione è di classe 1, e f(t) = (t 2 1, t 3 t) f (t) = (2t, 3t 2 1), dunque f (t) (0, 0) per ogni t R. Però tale funzione non è regolare in quanto non è iniettiva: infatti f(1) = f( 1). 13.2. Primi esempi di curve. In questo paragrafo iniziamo a dare alcuni esempi di curve ed a definire alcuni oggetti ad esse naturalmente associati. Innanzi tutto, nel seguito considereremo lo spazio S 3 (il piano S 2 ) con un fissato sistema di riferimento ı j k (risp. ı j ), e l usuale identificazione con R 3 (risp. R 2 ). i limiteremo a dare le definizioni ed i risultati per curve in R 3, lasciando al lettore la specializzazione al caso n = 2. Definizione 13.2.1. Un insieme di punti R 3 si dice curva se è l immagine di una curva parametrizzata (cioè di una funzione) continua f: I R 3. La funzione f è anche detta rappresentazione parametrica o parametrizzazione di. Se esiste un piano π R 3 tale che π, la curva verrà detta piana. Altrimenti, ove sia necessario sottolineare che la curva non è contenuta in nessun piano, si dirà che la curva è sghemba. Si noti che una parametrizzazione di una curva non è altro che un modo per dare una legge oraria di percorrenza della curva. Esempio 13.2.2. Abbiamo già parlato nelle lezioni precedenti di rette. Abbiamo visto che la retta r passante per P 0 = ( 0, 0, z 0 ) e parallela al vettore v = l ı + m j + n k può essere rappresentata come il luogo dei punti dello spazio che soddisfano una relazione della forma 0 + lt 0 + nt z 0 + nt, al variare di t R. Si noti che le funzioni dellla forma f(t) = at + b con a, b R sono funzioni contine. Poiché, come visto nel precedente paragrafo, un tale tipo di funzione è continua, si deduce che ogni retta è una curva nel senso della definizione data sopra. In modo analogo è facile verificare che anche ogni segmento o semiretta è una curva. In particolare ogni segmento degenere, quindi ogni punto, può essere pensato come curva (degenere). Poiché ogni retta è contenuta in infiniti piani, ne deduciamo che ogni retta, semiretta o segmento è una curva piana.

4 13.2. PRIMI ESEMPI DI URVE Esempio 13.2.3. Se ϕ: I R è una funzione allora il suo grafico Γ ϕ = { (, ϕ() R } R 2 è una curva, ovviamente piana. La funzione f(t) = (t, ϕ(t)) è una sua parametrizzazione. Esempio 13.2.4. Si consideri la circonferenza di centro l origine e raggio ϱ > 0 nel piano R 2. ρ t Figura 13.1 I punti di sono tutti e soli i punti del piano le cui coordinate (, ) soddisfano l equazione (13.2.4.1) 2 + 2 = ϱ 2. È ben noto dalla trigonometria che è immagine della funzione (13.2.4.2) (, ) = (ϱ cos t, ϱ sin t) In particolare, poiché le funzioni cos e sin sono continue, è una curva (piana). Si noti che quella data sopra non è certo l unica rappresentazione parametrica di. Infatti, per esempio, possiamo considerare il fascio di rette di centro il punto U = (ϱ, 0). Una retta qualsiasi di tale fascio ha equazione della forma = t( ϱ). Sostituendo nell Equazione (13.2.4.1) si ottiene l equazione 2 + t 2 ( 2 2ϱ + ϱ 2 ) = ϱ 2. Risolvendola rispetto alla variabile otteniamo che = t2 ± 1 t 2 + 1 ϱ, Quindi i punti di intersezione di tale retta con hanno coordinate (ϱ, 0), ( t 2 ) 1 t 2 + 1 ϱ, 2t t 2 + 1 ϱ.

In particolare \ { U } è immagine della funzione (, ) = LEZINE 13 5 ( t 2 ) 1 t 2 + 1 ϱ, 2t t 2 + 1 ϱ. onsideriamo, più in generale, la circonferenza 0 di centro = ( 0, 0 ) e raggio ϱ > 0. Possiamo andare a scegliere un nuovo sistema di riferimento nel piano avente origine = ed assi coordinati paralleli e concordi con gli assi del sistema di riferimento ı j che supponiamo sempre fissato a priori. Le coordinate, (, ) e (, ), di uno stesso punto P nei due sistemi di riferimento sono ovviamente legate dalle relazioni (13.2.4.3) { = 0 = 0. Rispetto al nuovo sistema di riferimento ı j, la circonferenza 0 ha centro in, quindi i suoi punti soddisfano le Equazioni (13.2.4.2) (ma in ed ). Sostituendo in tali relazioni le Equazioni (13.2.4.3) otteniamo che 0 è immagine della funzione (, ) = ( 0 + ϱ cos t, 0 + ϱ sin t). In particolare ogni circonferenza è una curva (piana), qualsiasi ne sia il centro ed il raggio. Esempio 13.2.5. Si consideri l ellisse di centro l origine e semiassi a, b > 0. (0,b) (a,0) Figura 13.1 È noto che i punti di sono tutti e soli i punti del piano le cui coordinate (, ) soddisfano l equazione 2 a 2 + 2 b 2 = 1. È chiaro, ricordando l esempio precedente, che è immagine della funzione (, ) = (a cos t, b sin t). Dunque anche l ellisse di centro l origine e semiassi a, b > 0 è una curva nel senso della definizione data.

6 13.2. PRIMI ESEMPI DI URVE Similmente si consideri l iperbole di centro l origine e semiassi a, b > 0. (0,b) (a,0) Figura 13.2 I punti di sono tutti e soli i punti del piano le cui coordinate (, ) soddisfano l equazione (13.2.5.1) 2 a 2 2 b 2 = 1. Ricordiamo che le funzioni trigonometriche iperboliche cosh e sinh sono definite dalle relazioni cosh t = et + e t, sinh t = et e t. 2 2 Si verifichi per esercizio che sostituendo entrambe le funzioni (, ) = (a cosh t, b sinh t), (, ) = ( a cosh t, b sinh t), nell Equazione (13.2.5.1) si ottiene un identità numerica. on qualche ragionamento è facile osservare che le curve corrispondenti sono i due rami dell iperbole considerata. Quindi l iperbole non è esattamente una curva nel senso della definizione sopra data, bensì l unione di due curve. iononostante, per semplicità parleremo sempre nel seguito di iperbole nel suo complesso come curva. Infine si consideri la parabola avente asse coincidente con l asse delle ascisse, vertice nell origine e parametro p R. I punti di soddisfano l equazione = p 2. In particolare è immagine della funzione (, ) = (pt 2, t).

LEZINE 13 7 ' (0,1) (p,0) ' Figura 13.4 Esempio 13.2.6. Un primo esempio di curva sghemba è la cubica sghemba, immagine di (,, z) = (t, t 2, t 3 ) con t R. z Figura 13.5 Sono particolarmente interessanti le proiezioni ortogonali di sui piani coordinati. Per esempio proiettando ortogonalmente sul piano z = 0 otteniamo la curva (, ) = (t, t 2 ) che è una parabola. Proiettando ortogonalmente, invece, sul piano = 0 otteniamo la curva (, z) = (t, t 3 ) rappresentata in Figura 13.6.

8 13.2. PRIMI ESEMPI DI URVE z Figura 13.6 Infine, proiettando ortogonalmente sul piano = 0 otteniamo una nuova curva di equazione (, z) = (t 2, t 3 ) rappresentata in Figura 13.7 e detta cubica cuspidata. z Figura 13.7 Esempio 13.2.7. L elica cilindrica di raggio ϱ e passo h è la curva (,, z) = (ϱ cos t, ϱ sin t, ht) con t R. è rappresentata in Figura 13.8

LEZINE 13 9 z Figura 13.8 Quali sono le proiezioni ortogonali dell elica cilindrica sui piani coordinati? Un altro interessante tipo di curva elicoidale è l elica conica di raggio ϱ e passo h, cioè la curva (,, z) = (ϱt cos t, ϱt sin t, ht) con t R. è rappresentata in Figura 13.9. z Figura 13.9 La proiezione ortogonale della parte di che si trova nel semispazio positivo delle quote sul piano z = 0 viene detta spirale di Archimede ed è visualizzata in Figura 3.10: quali sono le sue equazioni? Descrivere le proiezioni ortogonali dell elica conica sui rimanenti piani coordinati.

10 13.2. PRIMI ESEMPI DI URVE Figura 13.10 13.3. urve regolari. Definizione 13.3.1. Una curva R 3 is dice regolare se esiste una sua parametrizzazione che sia regolare. Ricordiamo che una parametrizzazione di una curva non è altro che una legge oraria di percorrenza della curva. Una parametrizzazione regolare di non solo fissa un modo di percorrere la curva ma anche, essendo iniettiva, quindi monotona, un suo verso di percorrenza. Esempio 13.3.2. Si noti che, affinché una curva sia regolare, occorre che esista almeno una sua parametrizzazione regolare, non che lo siano tutte. Per esempio si consideri la retta r definita da (, ) = (t, 0) (cioè l asse delle ascisse nel piano). hiaramente la funzione f(t) = (t, 0) è iniettiva e f (t) = (1, 0). Quindi r è una curva regolare. Si noti, però, che un altra parametrizzazione di r è data dalla funzione g(s) = (s 3, 0), che non è regolare. Tenendo conto di quanto visto nell Esempio 13.2.8 è facile verificare che ogni retta r R 3 è una curva regolare. Esempio 13.3.3. Il grafico Γ ϕ di una funzione ϕ: I R 2 di classe 1 è una curva regolare. Infatti la parametrizzazione f(t) = (t, ϕ(t)) è iniettiva (attenzione, si richiede l iniettività di f, non di ϕ). Inoltre f (t) = (1, ϕ (t)) (0, 0). Si verifichi per esercizio che ogni circonferenza è una curva regolare, così come lo sono ellissi, iperboli, parabole. Similmente la cubica sghemba descritta nell Esempio 13.2.6 e l elica cilindrica descritta nell Esempio 13.2.7 sono anch esse curve regolari. Dimostriamo, invece, che la cubica cuspidata introdotta nello stesso esempio non è regolare. Sappiamo che f(t) = (t 2, t 3 ) è una parametrizzazione (non regolare) di. Supponiamo che g(s) = (g (s), g (s)), con s I, sia una parametrizzazione regolare di, sicché (13.3.3.1) g 3 = g 2.

LEZINE 13 11 Sia g(s 0 ) = (0, 0). hiaramente la funzione g assume valori positivi per s I \ { s 0 }, quindi s 0 è un minimo locale per s 0. Poiché g è di classe 1 segue che g (s 0 ) = 0, pertanto g (s 0 ) 0. Supponiamo sia g > 0: allora g è non decrescente in un intorno di s 0 dunque g (s) 0 per s s 0, poiché g (s 0 ) = 0. Tenendo conto dell Equazione (13.3.3.1) segue allora che g (s) = g(s). 3 Poiché g è di classe 1 e g (s 0 ) = g (s 0 ) = 0, possiamo scrivere lim s s + 0 g (s) s s 0 = lim s s + 0 ( ) g (s) g (s) s s 0 = g (s 0 ) g (s 0 ) = 0. oncludiamo che g (s 0 ) = 0, una contraddizione. Le proiezioni ortogonali dell elica cilindrica sui piani coordinati sono curve regolari? Abbiamo visto sopra alcuni esempi di riparametrizzazioni di curve. Definizione 13.3.4. Sia f: I R 3 una parametrizzazione della curva. Un applicazione t: J I si dice un cambio di parametro di se è continua e suriettiva. La parametrizzazione g = f t viene spesso detta riparametrizzazione della curva rispetto al parametro s. Il cambio di parametro t si dice regolare su J se è di classe 1 con t 0. Esempio 13.3.5. Nell Esempio 13.3.2 abbiamo visto che la funzione g(s) = (s 3, 0) è una parametrizzazione dell asse delle ascisse nel piano. La funzione s: R R definita da s(t) = t 1/3 è un cambio di parametro. La corrispondente riparametrizzazione del asse delle ascisse è f(t) = (t, 0). Sia ora f: ]a, b[ R 3 con a b una parametrizzazione di una curva. Allora la funzione t: ]0, 1[ ]a, b[ data da t(s) = (b a)s + a è un cambio regolare di parametro. In particolare, la funzione g = f t è una riparametrizzazione di definita su ]0, 1[. La funzione t: ]0, 1[ ]a, b[ data da t(s) = (a b)s+b è un cambio regolare di parametro? ome abbiamo visto sopra di parametrizzazioni di una stessa curva ce ne sono tante, anche con proprietà di regolarità molto diverse. onviene avere una parametrizzazione privilegiata: per questo motivo ci restringiamo all insieme delle curve regolari. Sia una curva regolare e sia f: I e g: J due sue parametrizzazioni regolari. In particolare deve esistere una funzione t: J I, di cui non conosciamo a priori la regolarità, tale che (13.3.6) g(s) = f(t(s)), su J. Siano t 0 I e s 0 J tali che f(t 0 ) = g(s 0 ). Poiché f (t 0 ) (0, 0, 0), segue almeno una delle sue componenti ha derivata non nulla in t 0 : supponiamo, per fissare le idee, f. Possiamo in particolare assumere che f : ]a, b[ ]m, M[ sia biunivoca su un opportuno intorno di t 0 e che la sua inversa sia di classe 1 su ]m, M[. Poiché g (s 0 ) = f (t 0 ) ]m, M[ e g è continua esiste un intorno ]c, d[ di s 0 ove è definita la funzione composta f 1 g. L Equazione (13.3.6) implica che g (s) = f (t(s)) su J, dunque t(s) = f 1 g (s) su ]c, d[. oncludiamo che t(s) è di classe 1 su ]c, d[. Poiché t (s 0 ) = (f 1 g ) (s 0 ) = (f 1 ) (g (s 0 ))g (s 0 ) = 1 f (t 0 ) g (s 0 ) 0 segue che il cambio di parametro t(s) è regolare in un opportuno intorno s 0. Ripetendo tale ragionamento per tutti i punti di J si ottiene la dimostrazione della seguente proposizione fondamentale.

12 13.3. URVE REGLARI Proposizione 13.3.7. Siano f: I R 3 e g: J R 3 parametrizzazioni regolari della stessa curva. Allora esiste un cambio regolare di parametro t: J I tale che f t = g. In particolare, se f: I R 3 e g: J R 3 parametrizzazioni regolari della stessa curva e t: J I è un cambio regolare di parametro tale che f t = g, diremo che f e g hanno lo stesso verso o che sono concordi, se t > 0 su J. In caso contrario diremo che f e g hanno versi opposti o che sono discordi. A questo punto si considerino due parametrizzazioni regolari f: I R 3 e g: I R 3 di una curva. Sia P 0 = f(t 0 ) = g(s 0 ). Possiamo allora considerare le due rette rispettivamente di equazione = f(t 0 ) + τf (t 0 ) = g(s 0 ) + σg (s 0 ), ove τ, σ R. Tali rette chiaramente passano per lo stesso punto P 0. Inoltre, sappiamo che g = f t ove t: J I è di classe 1 su J e si ha t(s 0 ) = t 0. Dunque Quindi f(t 0 ) + τf (t 0 ) = f(t 0 ) + g (s 0 ) = (f t) (s 0 ) = t (s 0 )f (t 0 ). τ t (s 0 ) (t (s 0 )f (t 0 )) = g(s 0 ) + τ t (s 0 ) g (s 0 ). oncludiamo che le due rette sono coincidenti. La discussione di cui sopra ci permette di dare la seguente definizione. Definizione 13.3.8. Sia una curva regolare e sia f: I R 3 una sua parametrizzazione regolare. Se P 0 = f(t 0 ), la retta T P0 () R 3 di equazione = f(t 0 ) + τf (t 0 ) τ R, viene detta retta tangente a nel punto P 0. gni vettore parallelo a T P0 () viene detto vettore tangente a in P 0. La retta tangente in P 0 alla curva può essere pensata come posizione limite delle rette secanti a passanti per P 0 e per un secondo punto P al tendere di questo secondo punto a P 0. Esempio 13.3.9. Si consideri il grafico Γ ϕ della funzione ϕ: I R. Allora la tangente nel punto P 0 = (t 0, ϕ(t 0 )) ha equazioni parametriche { = t0 + τ = ϕ(t 0 ) + τϕ (t 0 ). Pertanto l equazione cartesiana di tale retta è = ϕ(t 0 ) + ϕ (t 0 )( t 0 ). Si consideri la circonferenza di raggio ϱ e centro, parametrizzata da f(t) = (ϱ cos t, ϱ sin t).

LEZINE 13 13 Abbiamo già visto che f (t) = ( ϱ sin t, ϱ cos t), dunque la retta tangente a nel punto P 0 = (ϱ cos t 0, ϱ sin t 0 ) ha equazioni La sua equazione cartesiana è { = ϱ(cos t0 τ sin t 0 ) = ϱ(sin t 0 + τ cos t 0 ). (cos t 0 ) + (sin t 0 ) = ϱ. Si verifichi che tale equazione è la stessa che si ottiene utilizzando la formula ( 0 )( 0 ) + ( 0 )( 0 ) = 0 descritta nella Lezione 12 per il calcolo della retta tangente nel punto P 0 = ( 0, 0 ) alla circonferenza di centro = (, ).