Richiami di ottica geometrica



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UNITÀ 2 Richiami di ottica geometrica TERI 1 La rilessione 2 La rirazione 3 Le lenti seriche 4 Sistemi di lenti 5 Le aberrazioni RISSUMEN LRTRI INFRMTIC utoc Costruzione dell immagine di un oggetto da una lente convergente UTVLUTZINE. Masagué L ottica è il ramo della isica che studia la luce, la sua propagazione e le sue interazioni con la materia. In questa immagine si possono vedere illustrati i enomeni ottici principali: la trasmissione, la rilessione, la dirazione e la rirazione. Questo ile è una estensione online del corso Cannarozzo, Cucchiarini, Meschieri, Misure, rilievo, progetto

UNITÀ 2 RICHIMI I TTIC GEMETRIC 1. La rilessione La rilessione è il enomeno per cui i raggi luminosi vengono respinti, generalmente con direzione diversa da quella di provenienza, quando incontrano una supericie levigata che separa il mezzo in cui si propagano da un altro. Se un raggio di luce proveniente da un punto luminoso P incontra in M una supericie ben levigata, la cui traccia sul piano del oglio sia il segmento (PFIGUR 1a), esso devia secondo la direzione MR, dando luogo alla rilessione. Il raggio PM si chiama raggio incidente, MR raggio rilesso. L angolo i che il raggio incidente orma con la normale MN alla supericie si chiama angolo d incidenza; l angolo r che il raggio rilesso orma con la normale si chiama angolo di rilessione. Il raggio rilesso trasporta un energia quasi uguale a quella del raggio incidente, e la supericie di separazione è una supericie rilettente o specchio. L esperienza ci insegna che il enomeno della rilessione è regolato dalle due leggi seguenti (PFIGUR 1b): F Q P Che cos è la rilessione? È il enomeno isico per il quale un raggio luminoso che intercetti una supericie levigata (detta specchio) viene deviato secondo le seguenti due leggi: il raggio incidente, quello rilesso e la normale alla supericie rilettente, nel punto d incidenza, giacciono sullo stesso piano; l angolo d incidenza è uguale all angolo di rilessione: r = i. Il raggio incidente, quello rilesso e la normale alla supericie rilettente, nel punto di incidenza, giacciono sullo stesso piano. L angolo d incidenza è uguale all angolo di rilessione: r = i. Se la supericie levigata è di orma serica la normale nel punto d incidenza è la direzione al centro della sera. È acile constatare che i prolungamenti di tutti i raggi rilessi uscenti da P si incontrano tutti in un punto Pl, situato in posizione simmetrica di P rispetto al piano dello specchio. oppia rilessione Il punto Pl si chiama immagine virtuale di P. Chi raccoglie con i propri occhi i raggi rilessi ha l impressione che la luce provenga dal punto Pl. Se la luce, anziché da un punto, proviene da un corpo luminoso avente dimensioni determinate, lo specchio piano darà luogo a un immagine virtuale perettamente uguale e simmetrica rispetto al piano dello specchio. FIGUR 1 a) Il raggio PM viene respinto nella direzione MR. b) Le leggi della rilessione: raggio incidente, raggio rilesso e normale appartengono allo stesso piano; l angolo di incidenza e quello di rilessione sono uguali. R raggio rilesso normale N P raggio incidente R raggio rilesso normale i = r r i raggio incidente P r i M M specchio a) b) P Questo ile è una estensione online del corso Cannarozzo, Cucchiarini, Meschieri, Misure, rilievo, progetto 2

MUL MIT PERTIV F Q P Che cos è la rirazione? È il enomeno isico che si veriica tutte le volte che un raggio luminoso passa da un mezzo traslucido a un altro di diversa densità, seguendo le leggi seguenti: il raggio incidente, la normale alla supericie rirangente e il raggio riratto giacciono sullo stesso piano; il rapporto tra il seno dell angolo i d incidenza e il seno dell angolo r di rirazione, è costante e si chiama indice di rirazione relativo: n 12 = sen i / sen r. 2. La rirazione a un punto luminoso P nell aria, che chiameremo mezzo 1, parte un raggio P che incontra in la supericie dell acqua, che chiameremo mezzo 2 (PFIGUR 2). Il raggio, anziché continuare secondo la direzione l, devia e si propaga nell acqua secondo la direzione. Si dice allora che il raggio P ha subito la rirazione. Il raggio prende il nome di raggio riratto. Il enomeno della rirazione si veriica tutte le volte che la luce passa da un mezzo trasparente a un altro di diversa densità. La supericie che separa i due mezzi si chiama supericie rirangente. La rirazione è regolata dalle due leggi seguenti (PFIGUR 2b): Il raggio incidente, la normale alla supericie rirangente e il raggio riratto giacciono sullo stesso piano. Il rapporto tra il seno dell angolo i d incidenza e il seno dell angolo r di rirazione, è costante e si chiama indice di rirazione relativo: sen i = n 12 sen r FIGUR 2 a) Un raggio luminoso provenendo dall aria si rirange nell acqua, cioè devia, avvicinandosi alla normale della supericie di separazione aria-acqua. b) La prima legge della rirazione aerma che i raggi incidente e riratto sono complanari con la normale. La seconda legge stabilisce che il rapporto tra i seni degli angoli di incidenza e di rirazione è costante, per qualsiasi angolo di incidenza, e si chiama indice di rirazione. Nel caso della coppia di materiali aria-acqua si ha n 12 = 4 /3 = 1,33. Se, invece, la luce passa dall aria al vetro l indice di rirazione n 12 oscilla tra 1,51 e 1,60 (poco più di 3 /2). I vetri, tuttavia, non sono tutti della stessa densità; essi si dividono in due categorie: vetri crown e vetri lint. I primi sono a base di sali di calcio e presentano minore densità. I secondi, detti anche cristalli, sono a base di sali di piombo e presentano una maggiore densità. Se il primo mezzo da cui la luce proviene è il vuoto, l indice di rirazione del secondo mezzo rispetto al primo, cioè rispetto al vuoto, prende il nome di indice di rirazione assoluto. Se si indica con n 1 l indice assoluto di rirazione di un certo mezzo, che consideriamo come primo mezzo e con n 2 quello di un secondo mezzo, che sup- normale P 1 mezzo (1) (aria) primo mezzo (1) secondo mezzo (2) r i aria sen i = n 12 sen r normale supericie rirangente r raggio riratto i raggio incidente 2 mezzo (2) (acqua) P acqua a) b) 3 Questo ile è una estensione online del corso Cannarozzo, Cucchiarini, Meschieri, Misure, rilievo, progetto

UNITÀ 2 RICHIMI I TTIC GEMETRIC poniamo otticamente più denso, l indice relativo del secondo mezzo rispetto al primo, che abbiamo indicato con n 12, è legato ai due indici assoluti dalla relazione: La rirazione atmoserica n 12 n = n 2 1 Indice di rirazione relativo di alcune sostanze rispetto all aria: acqua = 1,33 vetro crown = 1,51 vetro lint = 1,60 diamante = 2,46 plexiglas = 1,48 telon = 1,30 alcol = 1,36 L atmosera che circonda la Terra, per un altezza media di circa 200 km, non ha densità costante. In eetti, via via che ci si allontana dalla supericie terrestre verso lo spazio, la densità dell aria diminuisce gradualmente. Immaginiamo che la supericie serica di traccia MN (PFIGUR 3), concentrica con la supericie terrestre, sia la supericie di separazione tra lo spazio vuoto e l atmosera, e che questa, con sempliicazione grossolana, sia costituita nel suo complesso da quattro strati di densità crescente man mano che si avvicinano alla supericie terrestre. Pensiamo inoltre che nell ambito di ciascun strato, la densità dell aria sia costante. Siano n 1, n 2, n 3, n 4 gli indici di rirazione assoluti dei singoli strati. Sia poi S un astro dal quale si dionde un raggio luminoso che incontra in la supericie serica MN con un angolo di incidenza i. Nel punto avverrà la rirazione e il raggio si propagherà nel 1c strato secondo la direzione, ormante, con la normale alla supericie serica MN, un angolo r minore di i. Nel punto avverrà una seconda rirazione e il raggio devierà secondo la direzione C. In C, poi, una terza rirazione, e in l ultima. Il raggio luminoso S, dunque, arriverà sulla supericie terrestre nel punto E. Un osservatore posizionato in E, raccogliendo il raggio E, vedrà l astro S sulla direzione ESl, cioè in una posizione più alta rispetto all orizzonte. unque, quando osserviamo il cielo (prescindendo dal tempo necessario alla luce per arrivare sulla Terra) gli astri non si vedono nella loro vera posizione, ma spostati di una quantità, non costante per tutti gli astri, ma variabile in relazione alla loro altezza sull orizzonte. Solo se un astro si trova sulla verticale, cioè in corrispondenza della direzione dello zenit, viene visto nella sua vera posizione perché i raggi luminosi diretti secondo la normale alle superici seriche non subiscono deviazioni. S S zenit i r M (n 1 ) 1 strato (n 2 ) 2 strato N C supericie terrestre E (n 3 ) 3 strato (n 4 ) 4 strato FIGUR 3 La presenza dell atmosera, per eetto della rirazione, provoca la sensazione, dalla Terra, di osservare una stella in S l, invece che nella sua reale posizione S. Questo ile è una estensione online del corso Cannarozzo, Cucchiarini, Meschieri, Misure, rilievo, progetto 4

MUL MIT PERTIV F Q P La rirazione si veriica sempre? Sì se il raggio luminoso passa da un mezzo meno denso a uno più denso. Se invece il raggio luminoso passa da un mezzo più denso a uno meno denso, la rirazione si ha solo se l angolo di incidenza è minore dell angolo limite. ngolo limite Mentre la luce, qualunque sia l angolo d incidenza, si propaga sempre da un mezzo meno rirangente (meno denso) a uno più rirangente, non così avviene quando la propagazione procede in senso inverso. Questa ultima eventualità si veriica solo se l angolo d incidenza è ineriore a un certo angolo, che prende il nome di angolo limite. Si abbia, per esempio, un recipiente pieno d acqua (PFIGUR 4) e sia P una sorgente luminosa puntiorme immersa nell acqua. al punto P partono ininiti raggi, dei quali alcuni subiscono la rirazione e penetrano nel secondo mezzo, cioè nell aria, e altri invece, come i raggi PE e PF, anziché rirangersi, si rilettono, come se la supericie dell acqua unzionasse da specchio. Per comprendere il perché di questa rilessione basta pensare che, poiché nel passare da un mezzo più rirangente a uno meno rirangente la luce si allontana dalla normale, ne consegue che esisterà un raggio incidente al quale corrisponderà un raggio riratto tangente alla supericie dell acqua. L angolo d incidenza relativo al raggio P, indicato in igura con m, prende il nome di angolo limite. Esso può deinirsi così: l angolo limite m è quell angolo d incidenza a cui corrisponde un angolo di rirazione di 90c. Indicando con n 21 l indice di rirazione dell aria (mezzo 2) rispetto all acqua (mezzo 1), possiamo scrivere: F Q P Che cos è l angolo limite? L angolo limite è quell angolo d incidenza m a cui corrisponde un angolo di rirazione di 90c. Se l angolo d incidenza è minore di m si ha la rirazione; se l angolo d incidenza è maggiore di m il raggio non esce dal primo mezzo e si ha la rilessione. sen m = n21 cioè sen m = n 21 quindi sen 90 c l angolo limite m è quell angolo il cui seno è uguale all indice relativo di rirazione del mezzo meno rirangente rispetto a quello più rirangente. Nel caso di propagazione della luce dal vetro all aria, ponendo: n 21 = 2 /3 segue m = arcsen (2 /3) = 41c48l unque, se un raggio di luce si propaga nel vetro, esso uscirà nell aria solo nel caso che l angolo d incidenza sia minore di 41c48l. P C FIGUR 4 Un raggio luminoso che si propaga da un mezzo più denso a uno meno denso dà luogo al enomeno della rirazione solo se l angolo d incidenza è minore dell angolo limite m. In caso contrario si ottiene una rilessione del raggio e la supericie di separazione unziona come uno specchio. aria (2 mezzo) acqua (1 mezzo) P*** P** P P* 90 C E F λ E F 5 Questo ile è una estensione online del corso Cannarozzo, Cucchiarini, Meschieri, Misure, rilievo, progetto

UNITÀ 2 RICHIMI I TTIC GEMETRIC aria N i d P P FIGUR 5 Rirazione attraverso una lastra a acce piane e parallele. Il raggio incidente e quello emergente sono paralleli e traslati di una quantità d. s vetro i i r aria e N Rirazione attraverso una lastra a acce piane e parallele Supponiamo che dal punto luminoso P parta un raggio che incontra in la supericie di un lastra di vetro con le acce piane e parallele, immersa nell aria, con l angolo d incidenza i. In il raggio si rirange e devia incontrando in la supericie di emergenza, che sappiamo parallela a quella d incidenza (PFIGUR 5). L angolo il, dato il parallelismo delle due acce, sarà uguale a r. a il raggio uscirà allontanandosi dalla normale con angolo di emergenza e. È acile constatare che il raggio l è parallelo al raggio incidente P. unque si ha: i = e Poiché gli angoli i ed e hanno i due lati N e Nl paralleli, dovranno avere paralleli gli altri due lati P e l. Se l occhio di un osservatore riceve il raggio l, vedrà la sorgente luminosa P sul prolungamento di l, cioè in direzione di Pl. La lastra produce, dunque, l eetto di spostare il raggio P parallelamente a se stesso di una quantità d che dipende: dall angolo d incidenza i (espresso in radianti), dall indice di rirazione relativo n e dallo spessore s della lastra, secondo la seguente relazione: F Q P Quale deviazione subisce un raggio luminoso che attraversa una lastra a acce piane e parallele? Il raggio luminoso emergente dalla lastra risulta traslato (dunque parallelo al raggio incidente) di una quantità d ornita dalla seguente espressione, essendo i l angolo d incidenza (espresso in radianti), n l indice di rirazione relativo ed s lo spessore della lastra: n - 1 d = s i rad n n - 1 d = s i rad n Se un raggio arriva perpendicolare (i = 0 rad ), sappiamo che lo spostamento è nullo, ma se si a ruotare la lastra di un piccolo angolo i, allora si orma l angolo d incidenza i e il raggio emergente si sposterà di una quantità d proporzionale alla rotazione. 3. Le lenti seriche Nei precedenti paragrai si è visto come le leggi della rilessione e della rirazione consentano di individuare il percorso dei raggi luminosi quando questi intercettano corpi opachi rilettenti o attraversano corpi trasparenti. Queste leggi sono alla base dei principi di unzionamento di numerosi strumenti e dispositivi di tipo ottico impiegati in topograia (in particolare microscopi e cannocchiali), nei quali i raggi luminosi sono guidati lungo un percorso predeterminato e ben organizzato in relazione alle unzioni dello strumento stesso. Questo ile è una estensione online del corso Cannarozzo, Cucchiarini, Meschieri, Misure, rilievo, progetto 6

MUL MIT PERTIV R 2 R 2 asse ottico R 1 R 2 = a) b) c) FIGUR 6 a) Lente serica. I centri dei raggi di curvatura delle superici seriche deiniscono l asse ottico. La lente b) è convergente, quella c) è divergente. Questi strumenti ottici contengono come parti essenziali lenti seriche. Esse sono corpi costituiti da materiale trasparente (generalmente vetro), quindi rirangenti, delimitati da superici seriche, in grado di produrre, pur con qualche deormazione, immagini ingrandite (o rimpicciolite) di un determinato oggetto. I due raggi di curvatura delle superici seriche, unitamente alla densità del materiale, quindi all indice di rirazione n, costituiscono gli elementi caratterizzanti ciascuna lente deinendone gli indici che in seguito preciseremo. Essi hanno, di solito, valori diversi dando luogo a lenti con svariate orme, anche molto diverse, ma che, tuttavia, dal punto di vista dell eetto che producono, possono essere classiicate in due amiglie: Lenti convergenti. Sono caratterizzate da un maggior spessore della parte centrale rispetto alle parti perieriche (PFIGUR 6b). Il loro nome deriva dalla proprietà che esse possiedono di ar convergere in un punto un ascio di raggi luminosi paralleli. Lenti divergenti. Presentano uno spessore maggiore ai bordi e sono più sottili al centro (PFIGUR 6c). Quando un ascio di raggi luminosi paralleli le intercetta provocano la dispersione dello stesso ascio. Un raggio luminoso che intercetta una lente subisce il enomeno della rirazione per due volte. Una prima volta entrando dall atmosera nel vetro, e una seconda volta uscendo dal vetro nell aria. Naturalmente il raggio emergente risulta deviato (riratto) rispetto al raggio incidente. La natura e la quantità di questa deviazione dipendono dal tipo e dalla orma della lente. Si deinisce asse ottico di una lente serica quella retta che passa per i centri delle due superici seriche (PFIGUR 6). Le lenti sottili Nella trattazione che seguirà aremo rierimento a lenti seriche il cui spessore sia tanto piccolo da poter essere giudicato trascurabile rispetto alle altre grandezze in gioco (raggi di curvatura, distanze ocali, ecc.). Queste lenti sono chiamate lenti sottili. Naturalmente si tratta di una condizione ideale ben diicile da realizzare nella realtà, e tuttavia necessaria per sempliicare e chiarire, almeno in prima approssimazione, l esposizione. Si deinisce centro ottico di una lente sottile il punto che è individuato dall intersezione della lente con l asse ottico (PFIGUR 7). Esso non provoca nessuna deviazione a qualunque raggio luminoso che lo intercetti. 7 Questo ile è una estensione online del corso Cannarozzo, Cucchiarini, Meschieri, Misure, rilievo, progetto

UNITÀ 2 RICHIMI I TTIC GEMETRIC uoco F 1 uoco FIGUR 7 Una lente convergente rirange un ascio di raggi paralleli all asse ottico in un punto appartenente all asse ottico chiamato uoco. ato che i raggi paralleli possono provenire da entrambi i lati della lente, ne consegue che esistono due uochi per ciascuna lente, in generale indicati con F 1 e. a) b) distanza ocale distanza ocale Una lente sottile può essere rappresentata convenzionalmente con un segmento, perpendicolare all asse ottico, il cui punto di mezzo rappresenta il centro ottico (PFIGUR 8); in igura questo segmento è rappresentato da una linea azzurra tratteggiata. Le lenti sottili convergenti Quando una lente convergente intercetta un ascio di raggi luminosi, con una direzione parallela al suo asse ottico e provenienti dalla parte sinistra della lente stessa, questi emergono dalla parte opposta della lente ormando un cono luminoso che converge in un punto sull asse ottico della lente chiamato uoco (secondo uoco) (PFIGUR 7). Siccome il ascio di raggi paralleli all asse ottico può arrivare sulla lente dalle due parti opposte, ne deriva che ogni lente possiede due uochi, indicati con F 1 ed (primo e secondo uoco), entrambi sull asse ottico, ma dalle parti opposte della lente. In una lente sottile, anche con raggi di curvatura diversi, la distanza tra i due uochi e il centro della lente è uguale. Essa viene chiamata distanza ocale ed è indicata con (PFIGUR 7). F Q P Che cos è il centro ottico di una lente sottile, e quale proprietà possiede? Il centro ottico di una lente sottile è il punto individuato dal l intersezione della lente con l asse ottico. Esso possiede la proprietà di non provocare nessuna deviazione a qualunque raggio luminoso che lo intercetti. Immagine reale e immagine virtuale L esperienza ci insegna che se collochiamo davanti a una lente convergente un oggetto, a meno che questo sia molto vicino alla lente (meno della distanza oca- piano coniugato asse ottico 1 3 2 F 1 piano coniugato d FIGUR 8 Regole per la ormazione dell immagine dell oggetto puntiorme. ei tre raggi luminosi uscenti da, solo due sono indispensabili per costruire l immagine. Questo ile è una estensione online del corso Cannarozzo, Cucchiarini, Meschieri, Misure, rilievo, progetto 8

MUL MIT PERTIV le), è possibile raccogliere l immagine di questo oggetto su uno schermo opportunamente posizionato sul lato opposto rispetto alla lente. Essa è reale (perché è possibile raccoglierla su uno schermo) e capovolta. La stessa esperienza insegna che se l oggetto si trova molto vicino alla lente, cioè meno della distanza ocale, non è possibile raccogliere un immagine sullo schermo. In questo caso, tuttavia, guardando l oggetto attraverso la lente si può cogliere un immagine diritta e ingrandita. Essa, non potendo essere raccolta su uno schermo, viene detta virtuale. Regole per la costruzione delle immagini ormate dalle lenti sottili convergenti Se consideriamo una sorgente luminosa puntiorme (PFIGUR 8), alla sinistra del primo uoco di una lente convergente, la sua immagine (reale) sarà il punto l dove si intersecano i raggi provenienti da dopo essere stati riratti attraverso la lente. Per deinire la posizione dell immagine l possiamo considerare almeno due dei tre seguenti raggi luminosi, scelti tra gli ininiti che escono da : il raggio parallelo all asse ottico (1), che è deviato dalla lente in modo da passare per il secondo uoco della lente; il raggio F 1 diretto sul primo uoco della lente (2), che, quando intercetta la lente, viene deviato in modo da emergere parallelo all asse ottico; il raggio che attraversa il centro ottico della lente (3); come tutti i raggi che passano per questo punto, esso prosegue senza subire alcuna deviazione. La costruzione delle immagini nelle lenti sottili, dunque, viene acilitata dalle seguenti regole pratiche conermate dall esperienza: un raggio di luce parallelo all asse ottico esce dalla lente dirigendosi al secondo uoco; un raggio di luce che passi per il primo uoco, uscendo dalla lente, sarà parallelo all asse; un raggio diretto al centro ottico non subisce alcuna deviazione. Si potrebbe dimostrare che tutti i punti oggetto situati sul piano perpendicolare all asse passante per, avranno le corrispondenti immagini sul piano normale all asse passante per l. I due piani, l uno passante per e l altro passante per l, si chiamano piani coniugati. F Q P Quale legge regola la rirazione della luce provocata da una lente sottile? Le lenti sottili provocano la rirazione della luce seguendo la seguente legge: 1 1 1 = + d in cui è la distanza ocale, è la distanza dell oggetto dalla lente e d la distanza dell immagine dalla lente. Equazione delle lenti sottili ssegnata una lente sottile convergente, le distanze e d (rispettivamente dell oggetto e dell immagine dalla lente) e la distanza ocale della lente sono legate da una relazione ondamentale. Con rierimento alla PFIGUR 9, immaginiamo che, per semplicità espositiva, l oggetto sia costituito da un segmento rettilineo, ortogonale all asse ottico e con l estremo su di esso. La sua immagine ll viene costruita con le regole enunciate in precedenza. Poiché la lente è di spessore trascurabile, possiamo ipotizzare che tutta la rirazione abbia luogo quando i raggi luminosi attraversano il piano normale all asse ottico passante per il centro della lente. Con queste ipotesi, considerando i due triangoli simili e ll e quelli, pure simili, P e ll con P =, si ottiene la seguente espressione: 1 1 1 = + d 9 Questo ile è una estensione online del corso Cannarozzo, Cucchiarini, Meschieri, Misure, rilievo, progetto

UNITÀ 2 RICHIMI I TTIC GEMETRIC oggetto P FIGUR 9 Le distanze e d dell oggetto e dell immagine dalla lente, e la distanza ocale della stessa lente, sono legati da una relazione chiamata legge delle lenti sottili. F 1 immagine d d Questa relazione prende il nome di equazione delle lenti sottili (o di Huygens). Con essa, se conosciamo la distanza ocale della lente e la distanza dell oggetto dalla lente, siamo in grado di calcolare a quale distanza d si orma l immagine. Il rapporto 1 / viene chiamato potere diottrico della lente. La sua unità di misura è pertanto m -1. Essa, in oculistica, viene chiamata diottria. d esempio, una lente con distanza ocale = 20 cm = 0,20 m, ha un potere diottrico di 1 / 0,20 = 5 diottrie. Il potere diottrico si considera positivo per le lenti convergenti, negativo per quelle divergenti. Le proprietà delle immagini ormate dalle lenti sottili convergenti In via preliminare, consideriamo i punti P 1 e P 2 appartenenti all asse ottico, simmetrici rispetto alla lente, e distanti da questa di una quantità doppia della distanza ocale, cioè 2. Si possono individuare le seguenti situazioni. ggetto posto sul doppio della distanza ocale. È acile constatare che, se un oggetto rettilineo appartiene a un piano or togonale all asse ottico passante per P 1, la relativa immagine ll sarà contenuta nel piano coniugato passante per il punto P 2 (PFIGUR 10a). In eetti, ponendo 2 al posto di nell equazione delle lenti sottili e risolvendo rispetto a d, si ottiene: d = 2. I punti P 1 e P 2, i uochi F 1 e e il centro ottico sono i punti cardinali di una lente sottile. unque, il segmento ll, immagine di, dista dalla lente la medesima quantità 2 di cui dista l oggetto dalla stessa lente. Inoltre è anche acilmente dimostrabile che in tale situazione le dimensioni dell immagine sono uguali a quelle dell oggetto, quindi = ll. ggetto posto oltre il doppio della distanza ocale. Pensiamo ora che l oggetto si trovi alla sinistra di P 1, cioè a una distanza dalla lente maggiore di 2 ( 2 2). La sua immagine ll si verrà a ormare tra il punto P 2 e il uoco, cioè a una distanza dalla lente compresa tra e 2 ( 1 d 1 2). Essa è reale, capovolta e rimpicciolita (PFIGUR 10b). Si può constatare acilmente che se l oggetto si allontana dalla lente (aumentando ), la sua immagine tende Questo ile è una estensione online del corso Cannarozzo, Cucchiarini, Meschieri, Misure, rilievo, progetto 10

MUL MIT PERTIV a) = 2 d = 2 = P 2 = P 1 F 1 d b) > 2 < d < 2 P 2 P 1 F 1 2 d 2 c) < < 2 d > 2 FIGUR 10 a) L oggetto si trova a una distanza 2 dalla lente, la sua immagine ll si trova alla stessa distanza 2 dalla lente, ha la stessa dimensione ed è reale e capovolta. b) L oggetto è alla sinistra di P 1, dunque dista dalla lente più del doppio della distanza ocale (2 2). L immagine ll si orma oltre il uoco, ma a una distanza minore di 2, quindi prima di P 2. Essa è reale, capovolta e rimpicciolita. c) L oggetto si trova tra il uoco F 1 e il punto P 1, quindi a una distanza dalla lente compresa tra e 2. L immagine ll è reale, capovolta, ingrandita e si orma oltre il punto P 2, quindi oltre il doppio della distanza ocale. d) Collocando l oggetto sul uoco F 1, l immagine non si orma. I raggi emergenti sono paralleli, quindi non convergenti su un punto. e) L oggetto si trova tra il uoco F 1 e la lente, quindi a una distanza dalla lente minore di. Il raggio parallelo all asse ottico e quello passante per il centro divergono al di là della lente, mentre i loro prolungamenti si incontrano dietro l oggetto nel punto l. L immagine ll è virtuale, diritta, ingrandita, e la distanza dalla lente alla quale si orma è considerata negativa. d) e) immagine virtuale P 1 P 1 F 1 = F 1 P 1 F 1 d P 2 2 d P 2 d = L P 2 = d = < d > 11 Questo ile è una estensione online del corso Cannarozzo, Cucchiarini, Meschieri, Misure, rilievo, progetto

ad avvicinarsi al uoco e va sempre più rimpicciolendosi. Se poi l oggetto si porta a distanza ininita ( = 3), l immagine si riduce a un punto coincidente con il uoco. ggetto posto tra il uoco e il doppio della distanza ocale. Se invece l oggetto rettilineo è situato tra P 1 e il uoco F 1, cioè distante dalla lente di una quantità minore di 2, ma maggiore di ( 1 1 2), l immagine ll è compresa tra il punto P 2 e l ininito, quindi d 2 2. Essa è reale, capovolta e ingrandita (PFIGUR 10c). Si può constatare che, se l oggetto si sposta avvicinandosi a F 1, l immagine corre, ingrandendo rapidamente le sue dimensioni, verso l ininito. ggetto posto sul uoco. Se si pone l oggetto sul piano ocale passante per F 1 ( / F 1 ), quindi con =, l immagine sarà ininitamente grande e ininitamente lontana. I raggi emergenti dalla lente risultano paralleli (PFIGUR 10d). ggetto posto tra il uoco e la lente. Se, inine, l oggetto viene posto tra il uoco F 1 e la lente, quindi con 1, i raggi emergono dalla lente divergenti (PFIGUR 10e). L immagine reale, dunque, non può ormarsi. I prolungamenti dei raggi emergenti si incontrano nel punto l. Un osservatore che raccolga col suo occhio i raggi emergenti, ha la sensazione che l oggetto sia nella posizione ll. L immagine si dice allora virtuale, ed è in grandita e diritta. La posizione dell immagine si può calcolare risolvendo rispetto a d l equazione delle lenti sottili, nella quale, tuttavia, al posto di d occorre sostituire -d, per tener conto che l immagine si orma dalla stessa parte dell oggetto (1 / = 1 / - 1 /d). UNITÀ 2 RICHIMI I TTIC GEMETRIC Le lenti sottili divergenti Mentre una lente convergente a convergere un ascio di raggi paralleli all asse ottico, dopo la rirazione, nel uoco, una lente divergente, nelle stesse condizioni, disperde il ascio di raggi paralleli, allontanandoli dall asse ottico. I prolungamenti di questi raggi, tuttavia, si intersecano nel uoco che si trova dalla stessa parte da cui proviene il ascio di raggi paralleli (PFIGUR 11a). Esso, pertanto, viene detto virtuale, e la sua distanza dalla lente (distanza ocale) deve essere considerata negativa (- ). Naturalmente l equazione delle lenti sottili rimane del tutto valida anche per le lenti divergenti. Tuttavia, nella sua applicazione, occorre rammentare di assegnare, per quanto appena detto, un valore negativo alla distanza ocale e alla distanza d a cui si orma l immagine. F 1 a) b) d F 1 FIGUR 11 a) Un ascio di raggi paralleli all asse ottico emerge divergendo dalla lente divergente. I prolungamenti di questi raggi si intersecano nel uoco dalla stessa parte di provenienza dei raggi. Esso pertanto è virtuale e la distanza ocale è negativa. b) Nelle lenti divergenti, qualunque sia la posizione dell oggetto, l immagine è sempre virtuale, diritta e più piccola dell oggetto. Questo ile è una estensione online del corso Cannarozzo, Cucchiarini, Meschieri, Misure, rilievo, progetto 12

MUL MIT PERTIV F Q P Che cos è l ingrandimento lineare di una lente sottile convergente? Viene indicato con I l ed è il rapporto tra la grandezza dell immagine e quella corrispondente dell oggetto, quindi: I l = ll/. Esso viene calcolato con la seguente espressione: Il = - Nella costruzione dell immagine di un oggetto ornita da una lente divergente, si usano le stesse regole appena viste per le lenti convergenti. Comunque sia, occorre subito dire che, per qualunque posizione dell oggetto rispetto alla lente, le lenti divergenti orniscono sempre e comunque un immagine virtuale, diritta e rimpicciolita. Ingrandimento lineare di una lente sottile Consideriamo la lente convergente di distanza ocale rappresentata in PFIGUR 12. In essa si osserva che dell oggetto, distante dalla lente (con 2 ), viene ornita l immagine ll che si orma alla distanza d dalla stessa lente. Possiamo ormulare la seguente deinizione: Si deinisce ingrandimento lineare I l il rapporto tra la grandezza dell immagine e quella corrispondente dell oggetto: I l = l l Considerando i due triangoli simili e ll, possiamo scrivere: ll d Il = = Sostituendo a d il corrispondente valore ricavato dall equazione delle lenti sottili [d = $ /( - )], si ottiene: Il = - Quando I l 2 1 l immagine è più grande dell oggetto, quando I l 1 1 l immagine è più piccola dell oggetto. La deinizione di ingrandimento appena enunciata vale anche per le lenti divergenti, con l accortezza di adottare il valore assoluto di in quanto, per deinizione, l ingrandimento può essere minore di 1 (immagini rimpicciolite) ma non negativo. M α oggetto F 1 α immagine N FIGUR 12 Per ogni lente convergente è possibile deinire un ingrandimento lineare e un ingrandimento angolare. d 13 Questo ile è una estensione online del corso Cannarozzo, Cucchiarini, Meschieri, Misure, rilievo, progetto

UNITÀ 2 RICHIMI I TTIC GEMETRIC Ingrandimento angolare di una lente sottile Si deinisce ingrandimento angolare I a il rapporto tra l angolo al (in radianti) ormato da due raggi emergenti e l angolo a (in radianti) ormato dai corrispondenti raggi incidenti (PFIGUR 12): I a al = a Nella realtà gli angoli al e a sono molto piccoli in quanto gli oggetti osservati dalle lenti, nella pratica, sono di modeste dimensioni (la PFIGUR 12 è molto deormata per esigenze didattiche). È pertanto lecito sostituire al rapporto degli angoli, espressi in radianti, quello delle corrispondenti tangenti (al, tg al e a, tg a), sicché si ha: tg al Ia = = tg a d Come in precedenza, sostituendo a d il corrispondente valore ricavato dall equazione delle lenti sottili, in deinitiva si ottiene: I a = - a questa risulta che, in una lente convergente, l ingrandimento angolare è l inverso di quello lineare: I a = 1/I l. 4. Sistemi di lenti In generale, negli strumenti ottici le lenti non vengono impiegate singolarmente, ma accoppiate ad altre di diverse caratteristiche che hanno in comune il medesimo asse ottico, e che, pertanto, prendono il nome di sistemi ottici centrati, al ine di ottenere determinati risultati. asti pensare all obiettivo di una macchina otograica, che è composto da numerose lenti issate all interno di un corpo cilindrico opaco. Tuttavia l esperienza comune insegna che si parla ancora di distanza ocale dell obiettivo della camera otograica al singolare, quasi ci osse una sola lente e non un sistema di più lenti. In realtà si parla al singolare in quanto ci si rierisce a una lente ideale, detta lente risultante, che possiede la proprietà di procurare gli stessi eetti ottici orniti dal sistema di lenti. unque, l accoppiamento di due lenti sottili aventi lo stesso asse ottico unziona, nel suo complesso, come un unica lente risultante, opportunamente dimensionata e posizionata. Essa, sostituita alle lenti del sistema, è in grado di produrre gli stessi eetti del sistema. In sostanza possiamo dire che la lente risultante è equivalente al sistema ottico composto da due o più lenti sottili accoppiate. eterminazione della lente risultante Per deinire la lente risultante consideriamo il sistema ottico costituito dalle due lenti sottili Ll ed Lm (PFIGUR 13) che possiamo immaginare convergenti senza, tuttavia, che questa scelta tolga nulla alla generalità del ragionamento. Un raggio incidente parallelo all asse inizialmente viene riratto dalla prima lente Ll dirigendosi verso il suo secondo uoco l. Ma poiché il raggio, emergendo dalla prima lente, incontra la seconda lente Lm, viene da quest ultima deviato verso l asse ottico che incontra nel punto F. Questo ile è una estensione online del corso Cannarozzo, Cucchiarini, Meschieri, Misure, rilievo, progetto 14

MUL MIT PERTIV FIGUR 13 La lente risultante produce eetti equivalenti a quelli generati dal corrispondente sistema ottico centrato. L L p L 1 2 F 1 F lente risultante 2 1 Consideriamo ora la lente ideale L (PFIGUR 13) posizionata nel punto d incontro del prolungamento del raggio incidente su Ll e di quello del raggio emergente da Lm. Il punto F può essere considerato come secondo uoco della lente L perché in esso converge il raggio che incide su L parallelamente all asse ottico. Pertanto la lente risultante L è equivalente al sistema composto dalle lenti Ll e Lm, in quanto, come l insieme di queste due, rirange il raggio incidente, lo devia e lo conduce nel punto F. Indicando con la distanza tra le lenti Ll e Lm, con 1 ed 2 le rispettive distanze ocali, si può dimostrare che la distanza ocale della lente risultante e la distanza p della lente risultante dalla seconda lente Lm, sono ornite dalle seguenti ormule: $ 1 2 = p $ 2 = + - + - 1 2 1 2 15 F Q P Quando un sistema di lenti sottili è detto aocale? Quando il secondo uoco della prima lente coincide con il primo uoco della seconda quindi = 1 + 2 da cui = 3. Questo sistema viene detto telescopico, e un ascio di raggi incidenti paralleli all asse di diametro h è trasormato in un ascio di raggi emergenti, ancora paralleli allo stesso asse, ma di diametro hl. La distanza ocale della lente risultante può essere positiva o negativa, dando luogo rispettivamente a sistemi convergenti o divergenti. nche la distanza p può essere positiva o negativa; in quest ultimo caso signiica che la lente si trova alla destra della lente Lm. Il valore e il segno della distanza p deiniscono la posizione della lente risultante L; essa può essere compresa tra le lenti del sistema, ma può essere anche esterna a esse. Se il sistema di lenti è composto da più di due lenti, si calcolano inizialmente gli elementi della lente risultante delle prime due lenti, successivamente si calcola la risultante tra questa e la terza lente e si prosegue in modo analogo ino a considerare tutte le lenti. Particolari sistemi di lenti Quando le due lenti sono accostate si dicono a contatto. Imponendo = 0 nelle relazioni precedenti si ottiene: $ 1 2 = p = 0 + 1 2 cioè la lente risultante ha una posizione coincidente con le due lenti. Questo ile è una estensione online del corso Cannarozzo, Cucchiarini, Meschieri, Misure, rilievo, progetto

UNITÀ 2 RICHIMI I TTIC GEMETRIC L L FIGUR 14 Il sistema di due lenti in posizione telescopica: la somma delle due distanze ocali è pari alla distanza tra le lenti. h F 2 = F 1 F 1 1 2 F 2 h 1 2 L accoppiamento di due lenti si deinisce aocale quando il secondo uoco l della prima lente coincide con il primo uoco F 1 m della seconda (PFIGUR 14). In questo caso si ha = 1 + 2, e, per la precedente, risulta = 3. Questo sistema viene deinito telescopico, e un ascio di raggi incidenti paralleli all asse e di diametro h, è trasormato in un ascio di raggi emergenti, ancora paralleli allo stesso asse, ma di diametro hl. È possibile deinire l ingrandimento lineare e l ingrandimento angolare del sistema di lenti in posizione telescopica; i relativi valori sono orniti dalle seguenti semplici espressioni: I l 2 = I 1 a = 1 2 5. Le aberrazioni In pratica non tutte le ipotesi ammesse nello studiare le lenti sono perettamente realizzabili (spessore della lente non trascurabile, inclinazione dei raggi molto piccola, raggi di luce non monocromatica ecc.). Le immagini ormate da una singola lente non sono perciò quelle che ci si aspetterebbe dalle valutazioni teoriche, ma presentano dei dietti e delle deormazioni dette aberrazioni, più o meno complesse, a seconda dei casi e delle situazioni. Si è atta l ipotesi della luce monocromatica e in realtà la luce solare (di cui principalmente si a uso) e le altre di cui si dispone in pratica non sono aatto monocromatiche. La luce è costituita da un complesso di radiazioni cui corrispondono lunghezze d onda variabili e quindi colorazioni dierenti. ciascuna radiazione corrisponde un particolare indice di rirazione. nche l inclinazione dei raggi non sempre è molto piccola, come si è ammesso in teoria. Si discostano principalmente da questa condizione i raggi che investono la lente in prossimità del bordo. Questo ile è una estensione online del corso Cannarozzo, Cucchiarini, Meschieri, Misure, rilievo, progetto F Q P Che cosa sono le aberrazioni, in quale modo è possibile eliminarle? Per il mancato rispetto di alcune ipotesi alla base delle lenti sottili (spessore non trascurabile, luce non monocromatica), le immagini ormate da una singola lente non sono esattamente quelle che ci si aspetterebbe dalle valutazioni teoriche, ma presentano dei dietti e delle deormazioni dette aber razioni. Esse sono inevitabili se si usa una singola lente, mentre si possono ridurre sostanzialmente adottando opportuni sistemi di lenti. 16

MUL MIT PERTIV F Q P In quale modo è possibile limitare l aberrazione serica? ccorre realizzare la lente con un piccolo diametro e anteporre alla lente un disco opaco con un oro centrale detto diaramma, che permetta solo ai raggi luminosi prossimi all asse ottico di raggiungere la lente, impedendo il passaggio a quelli perierici. Le aberrazioni sono inevitabili se si usa una singola lente, mentre si possono ridurre sostanzialmente adottando opportuni sistemi di lenti, come avviene ad esempio per gli obiettivi dei cannocchiali o delle macchine otograiche. Esaminiamo ora singolarmente alcuni dietti che tali situazioni producono e osserviamo quali sono i possibili rimedi. berrazioni seriche L aberrazione serica è il dietto per il quale i raggi di luce paralleli all asse che passano per zone diverse di una lente sono ocalizzati in punti diversi, anziché venire concentrati in un solo punto. vviene, cioè, che i raggi marginali siano riratti maggiormente di quelli prossimi all asse ottico, e quindi siano ocalizzati più vicino alla lente (PFIGUR 15a). Ne risulta che essi, in corrispondenza dell asse ottico, sono dispersi lungo un tratto di asse di lunghezza l, a partire dal uoco F e nella direzione della lente. La grandezza l dà un idea dell entità dell aberrazione di sericità di cui è aetta la lente. Se una lente osse priva di aberrazioni di sericità, dovrebbe essere l = 0. Questo enomeno diventa sempre più signiicativo via via che aumentano lo spessore della lente e il suo diametro. L eetto pratico di questa aberrazione consiste in un immagine nitida solo nella parte centrale, mentre nelle zone perieriche la stessa immagine appare poco nitida e conusa (suocata). Correzione dell aberrazione serica I rimedi per ottenere un immagine più nitida, quindi per ridurre l aberrazione serica, sono sostanzialmente due (PFIGUR 15b). Realizzare la lente con un piccolo diametro, accontentandosi di un immagine meno luminosa. nteporre alla lente un disco opaco con un oro centrale, detto diaramma, che permetta solo ai raggi luminosi prossimi all asse ottico di raggiungere la lente, impedendo il passaggio di quelli perierici. FIGUR 15 L aberrazione serica si produce quando i raggi paralleli all asse non convergono sul uoco (a). L inserimento di un diaramma riduce il dietto (b). Generalmente si usa la seconda soluzione, perché negli strumenti moderni si devono impiegare lenti di notevole diametro per ar entrare nello strumento una grande quantità di luce; questa condizione è necessaria per ottenere un immagine chiara e nitida di oggetti posti anche a grandi distanze dallo strumento. ltri criteri per attenuare le aberrazioni di sericità consistono nell utilizzare lenti convergenti con i due raggi di curvatura molto diversi ra loro, oppure nell accoppiare lenti convergenti con lenti divergenti, come si vedrà in seguito nel caso della riduzione delle aberrazioni cromatiche. l a) b) diaramma 17 Questo ile è una estensione online del corso Cannarozzo, Cucchiarini, Meschieri, Misure, rilievo, progetto

UNITÀ 2 RICHIMI I TTIC GEMETRIC berrazioni cromatiche bbiamo visto che la distanza ocale di una lente dipende dai raggi di curvatura e dall indice di rirazione del vetro di cui la lente è costituita. L indice di rirazione di un materiale trasparente varia poi in corrispondenza alle diverse radiazioni che compongono la luce naturale (solare), quindi a ogni radiazione monocromatica corrisponderà un uoco diverso. Ciò vuol dire che, se un raggio di luce solare, parallelo all asse, attraversa una lente convergente, esso uscendo si scompone nei vari colori, e a ciascuno di essi corrisponderà un uoco distinto. Per una lente di vetro mediamente si possono avere questi valori: per i raggi rossi n = 1,513; per i violetti n = 1,532. I raggi violetti sono i più convergenti. La distanza b ra i due uochi estremi (uoco dei raggi rossi e uoco dei raggi violetti) dà la misura di questo nuovo dietto detto aberrazione cromatica. Il rosso e il violetto sono i colori estremi dello spettro, quindi i uochi relativi ai colori intermedi saranno compresi ra i uochi estremi (PFIGUR 16a). L eetto pratico di questa aberrazione, a causa della dispersione della luce provocata dalla rirazione, è quello di produrre, per ogni oggetto, più immagini colorate di dierenti dimensioni. Ciò provoca, in chi osserva, la sensazione di una sola immagine a contorni iridescenti, perché solo nella parte centrale i colori, sovrapponendosi, riproducono la luce di provenienza. La ricomposizione non può eettuarsi nelle parti estreme, donde il persistere delle colorazioni, sumanti dal violetto al rosso. F Q P In quale modo è possibile limitare l aberrazione cromatica? La correzione di tale aberrazione consiste nell accoppiamento di due lenti delle quali una convergente costituita di vetro crown, a piccolo potere dispersivo, e l altra divergente di vetro lint, a grande potere dispersivo. Un sistema siatto viene detto acromatico. Correzione dell aberrazione cromatica La correzione dell aberrazione cromatica consiste, in pratica, nel ar coincidere il uoco dei raggi rossi con quello dei raggi violetti, mediante l accoppiamento di due lenti (doppietto acromatico) delle quali una convergente costituita di vetro crown, a piccolo potere dispersivo, e l altra divergente di vetro lint a grande potere dispersivo (PFIGUR 16b). Un sistema siatto viene detto acromatico. Le due lenti sono poste a contatto ( = 0) e se ; 2 ; 1 1 il sistema che ne risulta è convergente e può considerarsi praticamente acromatico. Per ottenere un acromatismo quasi peretto, cioè tale che tutti i uochi dal violetto al rosso coincidano in un unico punto, occorre accoppiare una lente convergente di vetro crown con diverse lenti di vetro lint. Gli obiettivi dei cannocchiali sono costituiti, generalmente, da due lenti e talvolta anche da tre. L uso di numerose lenti è invece necessario per gli obiettivi otograici, nei quali le aberrazioni devono essere eliminate quasi totalmente. b F V violetto indaco azzurro verde giallo arancio rosso F R crown a) b) lint FIGUR 16 L aberrazione cromatica genera diversi uochi per i diversi colori della luce solare (a). L uso di un sistema di due lenti a contatto, una divergente e una convergente, con diversi indici di rirazione, costituisce un sistema detto acromatico, in grado di eliminare o ridurre questo dietto (b). Questo ile è una estensione online del corso Cannarozzo, Cucchiarini, Meschieri, Misure, rilievo, progetto 18

MUL MIT PERTIV FIGUR 17 eormazioni dell immagine prodotte dalla distorsione a cuscino (a) e a barile (b). oggetto a) distorsione a cuscino immagine C b) distorsione a barile C C C istorsioni La distorsione di atto provoca una deormazione dell immagine dell oggetto. Se si considera come oggetto un quadrato col centro sull asse cardinale e giacente sopra un piano normale all asse, l immagine corrispondente, non è un altro quadrato, ma una igura deormata come quella della PFIGUR 17a se la deormazione è a cuscino, o secondo la PFIGUR 17b, se la deormazione è a barile. Per correggere questo grave dietto, si usano speciali accoppiamenti di lenti chiamati sistemi ortoscopici. La distorsione è particolarmente grave per gli obiettivi otograici, soprattutto se questi devono servire per rilievi otogrammetrici. Conclusione In uno strumento ottico non è possibile eliminare contemporaneamente tutte le aberrazioni, cioè non può esistere un sistema ottico, anche complesso, del tutto esente da aberrazioni. seconda dell uso cui lo strumento è destinato si cercherà di eliminare quelle aberrazioni che maggiormente ne pregiudicano il unzionamento. Per esempio, nei microscopi e nei cannocchiali è opportuno eliminare le aberrazioni cromatiche e di sericità, mentre è poco importante la distorsione, perché le osservazioni vengono eettuate sempre nelle immediate vicinanze dell asse ottico. 19 Questo ile è una estensione online del corso Cannarozzo, Cucchiarini, Meschieri, Misure, rilievo, progetto

UNITÀ 2 RICHIMI I TTIC GEMETRIC Riassumendo MPP I SINTESI ELL UNITÀ RIFRZINE TMSFERIC L RIFRZINE INICI I RIFRZINE LENTI STTILI ERRZINI FRMZINI IMMGINI SISTEMI I LENTI Le leggi della rilessione: 1) il raggio incidente, il raggio rilesso e la normale alla supericie rilettente sono complanari; 2) l angolo d incidenza i è uguale all angolo di rilessione r. L occhio che intercetta raggi rilessi, li percepisce come provenienti da una sorgente virtuale che, rispetto allo specchio, è in posizione simmetrica a quella della sorgente reale. mezzi sono complanari; 2) il rapporto tra il seno dell angolo d incidenza i e il seno dell angolo di rirazione r è costante: sen 1 = n sen r Indice di rirazione relativo di due mezzi: è la costante che compare al secondo membro della relazione precedente. ipende dalla densità dei due mezzi trasparenti a contatto e dalla direzione rispetto a cui si muove la luce. 12 R specchio raggio rilesso normale i = r r i M raggio incidente P P sen i = n 12 sen r normale supericie rirangente r raggio riratto 1 mezzo (1) (aria) i raggio incidente 2 mezzo (2) (acqua) P La doppia rilessione: quando un raggio subisce una doppia rilessione su due specchi ormanti un angolo acuto a, il raggio rilesso orma con il raggio incidente un angolo d doppio di a: d = 2a. Questo principio era alla base degli squadri a specchi, disposti a ormare un angolo a = 45c, per cui la deviazione del raggio diventava d = 90c. Le leggi della rirazione: 1) il raggio incidente, il raggio riratto e la normale alla supericie di separazione dei d esempio la sequenza aria-vetro presenta un indice di rirazione n 12 = 1,5 circa, mentre quello per la sequenza aria-acqua è n 12 = 1,33. Se si inverte la direzione del raggio luminoso, si inverte anche l indice di rirazione relativo. Così per la sequenza vetro-aria sarà n 21 = 1/1,5 = 0,6666. Indice di rirazione assoluto di un mezzo: è deinito come l indice di rirazione relativo, con la condizione che Questo ile è una estensione online del corso Cannarozzo, Cucchiarini, Meschieri, Misure, rilievo, progetto 20

MUL MIT PERTIV la luce entri nel mezzo trasparente (mezzo 2) provenendo dal vuoto (mezzo 1). Se si indicano con n 1 e con n 2 gli indici di rirazione assoluti di due mezzi trasparenti, si ha: n 12 n = n ngolo limite. Quando un raggio passa da un mezzo più denso a un mezzo meno denso, l angolo di rirazione è maggiore dell angolo d incidenza. In questo contesto il valore dell angolo limite è il valore dell angolo d incidenza in corrispondenza del quale il raggio riratto giace sulla supericie di separazione dei due mezzi trasparenti. esso, quindi, corrisponde un angolo di rirazione di 90c. Se l angolo d incidenza è maggiore dell angolo limite non esiste il raggio riratto, e si assiste al enomeno della rilessione. Se un raggio di luce si propaga nel vetro, esso uscirà nell aria solo quando l angolo d incidenza è minore dell angolo limite di 41c48l. P 2 1 C lativo n e dallo spessore s della lastra, secondo la seguente relazione: n - 1 d = s i rad n Lenti seriche: sono mezzi trasparenti delimitati da superici seriche, che in generale hanno diversi raggi di curvatura. Le lenti si dicono convergenti quando hanno uno spessore maggiore al centro rispetto ai bordi. Le lenti si dicono divergenti quando hanno uno spessore maggiore ai bordi e minore al centro. sse ottico: è la linea che congiunge i centri di curvatura delle superici seriche che delimitano la lente. Fuochi di una lente: sono due punti posizionati sull asse ottico. In una lente convergente sono i punti in cui converge un ascio di raggi paralleli all asse ottico dopo essere stato riratto dalla lente. In una lente divergente sono i punti in cui convergono i prolungamenti dei raggi appartenenti a un ascio, parallelo all asse ottico, dopo essere stati riratti dalla lente. aria (2 mezzo) acqua (1 mezzo) P*** P** P P* 90 C E F λ E F uoco F 1 uoco s aria vetro aria e i i N N r Lastra a acce piane e parallele: è un mezzo trasparente a orma di parallelepipedo. La lastra produce l eetto di traslare un raggio incidente parallelamente a se stesso di una quantità d, che dipende dall angolo d incidenza i (espresso in radianti), dall indice di rirazione rei d P P distanza ocale distanza ocale Lenti sottili: sono lenti seriche con uno spessore tanto piccolo da poter essere giudicato trascurabile. In realtà si tratta di una condizione ideale, diicile da realizzare in pratica, e tuttavia necessaria per sempliicare e chiarire il problema. Centro ottico: è il punto individuato dall intersezione della lente sottile con l asse ottico. Esso possiede la proprietà di non provocare nessuna deviazione a qualunque raggio luminoso che lo intercetti. La distanza tra il centro ottico e ciascuno dei uochi di una lente sottile si chiama distanza ocale. L equazione delle lenti sottili: per una lente sottile convergente di distanza ocale, indicando con la distanza a cui si trova un oggetto e con d la distanza a cui si 21 Questo ile è una estensione online del corso Cannarozzo, Cucchiarini, Meschieri, Misure, rilievo, progetto