La prevenzione in oncologia: considerazioni per il medico di famiglia



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Transcript:

La prevenzione in oncologia: considerazioni per il medico di famiglia Negli ultimi anni nel campo della prevenzione in oncologia si è verificato un processo di profonda maturazione e sviluppo, che ha migliorato la selettività e l efficacia degli interventi. Vengono solitamente distinte due diverse aree: 1. prevenzione primaria: eliminare o ridurre l esposizione ambientale ad agenti cancerogeni noti. Gli interventi in questo ambito superano le competenze specifiche della conoscenza medica, e in particolare dell oncologia clinica, mentre coinvolgono a livello più generale le scelte di politica sanitaria, igiene ambientale, sicurezza sociale, e progetti di educazione sanitaria finalizzati a favorire il cambiamento di comportamenti a rischio; 2. prevenzione secondaria: avviare interventi di diagnosi preclinica delle lesioni pre-neoplastiche o pre-invasive; Prevenzione primaria Alcuni tipi di cancro possono essere evitati, questo l esordio del codice europeo contro il cancro a proposito della prevenzione primaria, con le indicazioni riportate nel box seguente. Fumo La relazione causale tra fumo e cancro (così come tra fumo e malattie cardiovascolari) è ormai un dato di fatto, con incidenze di alcuni tumori (polmone, cavo orale, faringe, laringe, esofago e vescica in particolare, ma anche cervice uterina, pancreas e rene) e conseguenti tassi di mortalità molto più elevati nei fumatori rispetto ai non fumatori. Si stima che circa il 25-30% di tutti i nuovi casi di cancro nei paesi industrializzati sia legato al fumo. Il fumo è la causa di morte più frequente in Europa. Alcuni studi, condotti prevalentemente nei paesi anglosassoni, hanno documentato l efficacia dell invito a non fumare rivolto dal medico di medicina generale ai propri assistiti fumatori: semplice invito nel corso di contatti occasionali: 5% di successi; invito ripetuto a ogni contatto: 7%; colloquio strutturato di cinque minuti: 8% (10-12% in alcuni studi). Recenti esperienze, condotte anche in Italia nell ambito del Progetto europeo delle città senza fumo, hanno evidenziato come l intervento di educazione sanitaria del Medico di medicina generale verso i propri assistiti fumatori si sia rivelato più efficace se attuato nell ambito di una serie di iniziative parallele e contemporanee che coinvolgano

localmente la scuola, gli ambienti di lavoro, le amministrazioni locali, il volontariato (dati dal Programma città senza fumo di Empoli: riduzione del 19% in due anni della percentuale di fumatori presso la popolazione degli assistiti dei Medici aderenti al programma, e calo del 5% della vendita di sigarette registrato nei primi 6 mesi dal monopolio di Stato). Alcol L etanolo non si è rivelato finora cancerogeno, ma le bevande alcoliche contengono aflatossine e nitrosammine che sono note sostanze cancerogene. L incidenza di cancro in alcune sedi (esofago soprattutto, ma anche cavo orale, faringe, laringe e fegato) è correlata al consumo di bevande alcoliche. L associazione fumo-alcol sembra amplificare i rischi dovuti al fumo o al consumo di bevande alcoliche considerati singolarmente. Il rischio oncologico da bevande alcoliche compare, statisticamente, per consumi abituali pari o superiori a 0,5 litri di vino al giorno. Codice europeo contro il cancro: prevenzione primaria Non fumare. Se fumi smetti al più presto possibile e non fumare in presenza di altri. Se non fumi non provare a farlo. Se bevi alcolici, birra, vino o liquori, moderane il consumo. Aumenta il consumo quotidiano di verdura e di frutta fresca. Mangia spesso cereali ad alto contenuto di fibre. Evita l eccesso di peso, aumenta l attività fisica e limita il consumo di grassi. Evita l esposizione eccessiva al sole ed evita le scottature, soprattutto nell infanzia. Attieniti alle norme che invitano a non esporsi alle sostanze note come cancerogene. Rispetta tutte le istruzioni di igiene e sicurezza per le sostanze cancerogene. Prevenzione secondaria La diagnosi precoce in oncologia è un obiettivo di grande importanza in quanto, per diversi tipi tumorali, essa può amplificare l efficacia dei trattamenti disponibili, consentendo talora una riduzione di mortalità o la possibilità di ottenere guarigioni con trattamenti meno demolitivi. Nell ambito dell attività clinica definiamo diagnosi tempestiva la corretta interpretazione dei sintomi iniziali seguita dall attuazione di procedure diagnostiche adeguate in tempi rapidi. Diversa è la diagnosi precoce intesa come la diagnosi di cancro effettuata prima che la malattia si

sia manifestata con segni o sintomi, o comunque in persone che non hanno richiesto prestazioni mediche a causa di sintomi legati a quella malattia. Per i tumori di alcune sedi sono disponibili test di screening che consentono di individuare, nell ambito di una popolazione clinicamente sana, le persone la cui probabilità di essere ammalate di una data neoplasia è pari a quella di coloro che ne accusano i sintomi predittivi: per esempio la probabilità di avere un cancro della mammella nelle donne positive alla mammografia di screening è grosso modo sovrapponibile a quella delle donne di pari età con un nodulo al seno. Un test di screening non è da considerarsi diagnostico; esso seleziona individui a rischio di malattia; per giungere alla diagnosi sono necessari ulteriori accertamenti. Un programma di screening è un intervento organizzato multidisciplinare che non deve limitarsi alla semplice offerta del test ma deve prevedere: modalità di identificazione della popolazione bersaglio e periodicità del test; sistemi organizzati di invito e reinvito tali da garantire elevati livelli di adesione; somministrazione e interpretazione del test secondo criteri di qualità predefiniti; rapida disponibilità di procedure diagnostiche nei casi dubbi-positivi secondo linee-guida condivise; rapida disponibilità di terapie che possano rendere massimo il vantaggio legato all anticipo diagnostico; controlli di qualità per tutte le fasi del programma; risorse disponibili per l avvio del programma e per gli anni successivi. Un programma di prevenzione secondaria non è privo di rischi per la popolazione che partecipa; i possibili effetti negativi di uno screening sono: 1. la falsa rassicurazione: è il problema dei falsi negativi; 2. il prolungamento della fase clinica della malattia: è direttamente conseguente all anticipo diagnostico, in quei casi in cui non si ottengano vantaggi reali in termini di sopravvivenza nonostante la diagnosi precoce; 3. la sovradiagnosi e il sovratrattamento: è il problema dei falsi positivi, e anche il rischio di sottoporre ad accertamenti diagnostici invasivi e a terapia chirurgica e/o farmacologica pazienti nei quali il cancro, soprattutto se poco aggressivo, non si sarebbe manifestato nel corso della vita;

4. i problemi psicologici: lo screening si rivolge a persone in buona salute, che devono essere sottoposte regolarmente ad accertamenti; ciò può creare ansia e timore di risultare positivi al test, conseguenza particolarmente delicata nei casi falsi positivi; 5. altri aspetti negativi legati al test (dolore, rischi da radiazione, disagio, fastidio ecc.). In termini di qualità uno dei principali obiettivi di un programma di screening deve essere quello di ottenere il minor numero possibile di falsi negativi senza aumentare il numero di falsi positivi. Infatti se il tentativo di ottenere un anticipo diagnostico grazie al quale poter ridurre significativamente la mortalità per cancro può giustificare l avvio di programmi di prevenzione secondaria, è necessario però ribadire che tali programmi devono essere sottoposti a rigorosi controlli di qualità in tutte le loro fasi per ridurre al minimo il rischio che persone sane, che probabilmente non ammaleranno mai della malattia ricercata, vengano esposte inutilmente a stati d ansia o ad accertamenti talora invasivi. Secondo J. Austoker (Cancer prevention, 1995) prima di avviare un programma di screening è necessario aver risposto con precisione alle seguenti domande: 1. La malattia è un importante problema di sanità pubblica? 2. Esiste uno stadio precoce della malattia che è possibile diagnosticare? 3. Il trattamento di uno stadio precoce comporta più vantaggi per il paziente rispetto al trattamento di uno stadio più tardivo? 4. Esiste un test che può essere utilizzato? 5. Il test è accettabile per la popolazione? 6. Esistono adeguate strutture per la diagnosi e il trattamento? 7. Quali sono i costi e quali i benefici? 8. Quali sottogruppi dovrebbero essere sottoposti a screening? 9. Con quale frequenza lo screening dovrebbe avere luogo? In quali tumori un programma di screening può essere raccomandato? Sono adeguate le evidenze di efficacia dello screening mammografico nelle donne di età compresa tra 50 e 70 anni, screening mediante pap-test nelle donne di età compresa tra 25 e 64 anni.

screening del cancro colorettale mediante ricerca di sangue occulto nelle feci ogni 2 anni fra 50 e 70 anni, Lo screening di popolazione del ca. della prostatico: utilizzando i vari test sinora disponibili (PSA, esplorazione rettale, ecografia) come test singoli o variamente combinati tra loro, nessuno studio controllato ha mai evidenziato un beneficio in termini di riduzione di mortalità. Inoltre il particolare comportamento biologico di una parte dei carcinomi della prostata (definiti clinicamente silenti) amplifica il rischio di sovradiagnosi e sovratrattamento, il rischio cioè di diagnosticare e curare una quota non trascurabile di neoplasie che non darebbero segno di sé nel corso della vita del paziente. Se si considera che le terapie attualmente disponibili prevedono un rischio percentuale tutt altro che trascurabile di esiti gravi (mortalità intraoperatoria, incontinenza, impotenza), appare saggio attendere gli esiti dello studio europeo multicentrico i cui risultati in termini di eventuale riduzione di mortalità sono attesi per il 2005. Nell ambito dei programmi di screening organizzati il Medico di medicina generale può portare, nelle diverse fasi di realizzazione, un importante contributo che può essere così schematizzato: correzione delle liste anagrafiche in rapporto a criteri clinici predefiniti; attiva informazione della popolazione nel corso della normale attività clinica e mediante materiale divulgativo reso disponibile in sala d attesa; firma della lettera di invito; secondo contatto con le donne che non rispondono al primo invito; consulenza-colloquio (counselling) in tutte le fasi del programma. Tratto da : IIa Conferenza di consenso europea sul ruolo del medico di medicina generale negli screening dei tumori femminili, Firenze, 2-3 dicembre 1995, Programma UE Europa contro il cancro. Programmi centralizzati o case finding? La diffusione dei dati relativi alla potenziale riduzione di mortalità degli screening dei tumori femminili e il progressivo incremento della domanda di accertamenti a scopo preventivo da parte delle donne possono indurre i Medici a ritenere comunque utile l invio delle proprie assistite sane alla esecuzione del test, anche in assenza

di programmi organizzati. Queste iniziative, definite ricerca del caso (case finding), non è detto che possano automaticamente portare gli stessi vantaggi descritti dai programmi organizzati, i quali sono studi di popolazione la cui efficacia è stata dimostrata per i grandi numeri (basti ricordare che è necessario sottoporre a mammografia biennale 1.756 donne per sette anni al fine di evitare un unico decesso per cancro della mammella!). Va ricordato inoltre che un programma di screening di qualità garantisce non solo la disponibilità di test eseguiti e interpretati correttamente, ma determina un innalzamento complessivo degli standard qualitativi delle attività diagnostiche e terapeutiche. Inoltre il monitoraggio continuo di tutte le fasi del programma, l adozione di linee guida diagnostiche e terapeutiche, la facilitazione del lavoro di equipe favoriscono la protezione dei partecipanti allo screening rispetto ai rischi di sovradiagnosi e di sovratrattamento Pertanto, in assenza di programmi con positivi indicatori di qualità, spetta a ogni Medico decidere se è opportuno invitare le proprie assistite a sottoporsi al test, tenendo conto delle aspettative delle donne e della qualità dei test disponibili localmente.