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Introduzione Al giorno d oggi, nel campo delle applicazioni ingegneristiche, la progettazione delle turbomacchine basata sulla previsione del campo di moto al loro interno, risulta essere uno dei campi di maggior interesse della fluidodinamica computazionale (CFD). L importanza di simulare il campo di moto all interno di una turbomacchina, in fase progettuale, risiede nel fatto che, grazie alla conoscenza, per quanto approssimata, di tale campo di moto, si è in grado di ottimizzare il progetto della palettatura al fine di minimizzare le perdite di energia che il fluido subisce nell attraversare la stessa. Quindi, la simulazione del flusso sulla palettatura di una turbomacchina, permette di progettare la stessa in modo tale da rendere più efficiente lo scambio di energia tra il fluido e la macchina. Ovviamente tutto questo si traduce soprattutto in vantaggi di tipo economico, infatti, grazie alla crescita esponenziale delle potenze di calcolo, si è in grado di riprodurre situazioni sempre più prossime a quelle reali, per cui comprendendo in maniera più precisa il campo di moto, i progettisti sono riusciti ad ottenere carichi aerodinamici sempre maggiori, in modo tale da ottenere prestazioni più elevate riducendo al contempo il peso e quindi il costo della realizzazione della turbomacchina. La simulazione fluidodinamica delle turbomacchine è uno degli ambiti di applicazione della CFD fra i più complessi, le cui metodologie algoritmiche si sono evolute nel tempo in funzione, soprattutto, della potenza computazionale a disposizione. Infatti a partire dagli anni 60 e fino alla metà degli anni 80, la progettazione aerodinamica delle turbomacchine prevedeva l applicazione alternata di due metodologie di calcolo bidimensionali, ovvero la metodologia throughflow e la blade to blade, dove a quest ultima era affidata la funzione di definire la forma della palettatura. La simulazione dei flussi era quindi prevalentemente bidimensionale e prevedeva all inizio la soluzione delle equazioni di Eulero, 1

mentre successivamente, grazie all ausilio di maggiori potenze di calcolo, fu anche possibile risolvere le equazioni di Navier Stokes. Negli anni 90, grazie all introduzione di simulatori 3D, le tecniche di progettazione bidimensionali furono superate, in quanto grazie a questi si riusciva a simulare fenomeni puramente tridimensionali, quali i flussi secondari e le perdite per fuga, i quali venivano precedentemente trascurati. Attualmente la simulazione fluidodinamica per le turbomacchine si muove lungo questa direzione giovandosi di migliorie atte a potenziare sempre di più questo utile strumento a disposizione dei progettisti. Questo lavoro di tesi ha lo scopo di testare le capacità del software CFD open source SU2 nel generare previsioni attendibili relativamente alla simulazione del campo di moto all interno delle turbomacchine. In una fase preliminare del lavoro di tesi, sono state effettuate delle simulazioni sul profilo NACA 0012, con fluido viscoso e modello di turbolenza SST, al fine di valutare la capacità di SU2 di fornire dati attendibili con tale modello di turbolenza, confrontando i risultati con quelli ottenuti mediante un codice della NASA. Successivamente sono state effettuate simulazioni del flusso attorno al profilo di palettatura statorica VKI LS 82, con fluido viscoso ed utilizzando i modelli di turbolenza Spalart Allmaras ed SST, allo scopo di condurre un ulteriore confronto in base al modello di turbolenza utilizzato; i risultati ottenuti sono poi stati confrontati con i dati sperimentali disponibili in letteratura. Nel Capitolo 1 viene illustrata la dinamica dei fluidi viscosi, le equazioni di governo ed i modelli di turbolenza. Nel Capitolo 2 vengono illustrate le caratteristiche del codice di calcolo utilizzato. Nel Capitolo 3 e nel Capitolo 4 vengono illustrate rispettivamente le simulazioni sul profilo NACA 0012 e sul profilo LS 82, con particolare attenzione al confronto tra i risultati ottenuti e quelli sperimentali. 2

CAPITOLO 1 Descrizione matematica del moto turbolento relativamente ai fluidi viscosi. 1.1 Fluidi viscosi ed equazioni di Navier Stokes. Volendo attuare una classificazione dei fluidi, questi possono essere caratterizzati in base al modo in cui reagiscono a contatto con determinate superfici. Infatti possiamo distinguere due categorie, ovvero quella dei fluidi ideali i quali reagiscono solamente con sforzi di tipo normale o di pressione e quella dei fluidi reali i quali oltre a reagire con gli sforzi normali, reagiscono anche con sforzi di tipo tangenziale. Infatti qualsiasi fluido in movimento è sempre sede di uno strato di sforzi interni che ammettono componenti sia normali che tangenziali ed in particolare questi ultimi si manifestano esclusivamente durante l atto di moto, esaurendosi completamente non appena questo cessi. Le componenti tangenziali degli sforzi, le quali tendono nel complesso ad opporsi al movimento dell intera massa fluida, hanno intensità che dipende sia dalla rapidità con cui avviene la deformazione delle particelle fluide, sia dalle particolari proprietà del fluido stesso e giacciono in piani paralleli al piano della superficie di contatto. Considerando una superficie infinitesima A appartenente alla superficie di contatto, lo sforzo tangenziale è definito come: 3

Per cui rispetto all unità di superficie avremo: = F/A = v/ n questa espressione è detta legge di Newton dove con n si è indicata la direzione normale a quella del moto e con la viscosità cinematica. Tale legge, avente validità del tutto generale rispetto alla distribuzione del profilo di velocità, esprime una proporzionalità tra tali sforzi tangenziali ed il gradiente di velocità; i fluidi che le obbediscono sono detti fluidi Newtoniani. Quindi, per caratterizzare dal punto di vista matematico il moto dei fluidi viscosi, dobbiamo necessariamente considerare gli effetti degli sforzi tangenziali descritti pocanzi nelle varie equazioni di equilibrio e di conservazione che devono essere scritte per ricavare le equazioni che governano il fenomeno. Tali equazioni, devono tenere in considerazione anche fenomeni di natura termica capaci di alterare le caratteristiche viscose del fluido in questione. Infatti in presenza di scambi termici, ossia di fenomeni di trasmissione del calore, ad un aumento della temperatura corrisponde un aumento della viscosità per i gas ed una diminuzione della stessa per i liquidi. Per tenere in considerazione questi aspetti non basta, quindi, un semplice approccio fluidodinamico, per cui è richiesto un approccio di tipo termofluidodinamico, mediante il quale le equazioni che governano il moto dei fluidi viscosi vengono ricavate a partire dalle equazioni di conservazione della massa, della quantità di moto e dell energia. A tale scopo consideriamo un volume di controllo Ω, ovvero una porzione arbitraria di fluido delimitata dalla superficie Ω tale che possa essere considerato un continuo, e l elemento di superficie infinitesimo ds di normale n : 4

Fig. 1.1. Campo di moto intorno ad un volume di controllo (Tesi Roberto Pieri) e rispetto ad esso scriviamo le equazioni di conservazione precedentemente indicate, considerando che, affinché una determinata quantità sia conservata, si deve avere che la variazione totale della stessa attraverso il volume di controllo sia funzione di tutte le cause di variazione della quantità in esame, ed in particolare pari alla somma del flusso netto della quantità attraverso la superficie Ω che racchiude il volume, delle forze interne ed esterne e degli effetti di eventuali sorgenti. Conservazione della massa Il principio di conservazione della massa stabilisce come all interno del volume di controllo non sia possibile né creare e né distruggere massa. Pertanto, considerando la densità ρ come variabile conservata, la variazione della massa all interno del volume di controllo si può esprimere come: 5

il flusso di massa attraverso il volume può essere calcolato considerando un elemento infinitesimo di superficie ds, il vettore velocità v del fluido ed il versore n normale alla superficie, per cui il flusso di massa attraverso ds è pari a: - ρ (v n) negativo in quanto il versore normale è diretto verso l esterno. Non essendoci sorgenti, l equazione di conservazione della massa in forma integrale può essere scritta come segue: (1.1) Conservazione della quantità di moto L equazione che esprime il bilancio della quantità di moto può essere ricavata considerando l azione delle forze che agiscono nel volume di controllo ed attraverso la superficie di controllo Ω che delimita il volume. La quantità di moto associata ad un volume di controllo infinitesimo dω è pari a: ρ v Ω e la variazione rispetto all intero volume è: dove è la quantità che si conserva, ed il cui flusso attraverso Ω è: 6

Ora sul volume di controllo agiscono sia forze di volume, quali la forza gravitazionale, la forza centrifuga e la forza di Coriolis, sia forze di superficie agenti sulla frontiera del volume dovute alla presenza degli sforzi normali e tangenziali. Il contributo delle forze di volume è: Il contributo delle forze superficiali, invece, è pari alla somma di una componente isotropa dovuta agli sforzi di pressione e di una componente dovuta alle tensioni viscose: Fs = -pi + σ (1.2) con σ il tensore degli sforzi viscosi. Sommando tutti questi contributi si ottiene l equazione di conservazione della quantità di moto nella forma integrale: (1.3) Conservazione dell energia Tale equazione può essere ricavata facendo riferimento al primo principio della termodinamica, il quale stabilisce che la variazione temporale dell energia totale 7

all interno del volume di controllo è causata dal lavoro delle forze agenti sul volume nell unità di tempo e al flusso netto di calore al suo interno. L energia totale per unità di massa viene definita nel seguente modo: (1.4) ovvero come la somma dell energia interna specifica e dell energia cinetica specifica, ed è la variabile conservativa, per cui la sua variazione relativa al volume di controllo è: ed il flusso attraverso Ω è: In questo caso va tenuta in considerazione anche la presenza di flusso diffusivo dovuto al gradiente termico all interno del volume di controllo. Il flusso diffusivo, viene espresso come segue: ρk e dove γ è rapporto tra i calori specifici a pressione e volume costanti. Tale termine può essere espresso nella forma della legge di Fourier: - k T con k coefficiente di conducibilità termica. 8

Tenendo sempre in considerazione il fatto che sul volume agiscono sia forze di volume che di superficie, si ha che il lavoro per unità di tempo delle forze di volume fornisce il seguente termine sorgente di volume: (1.5) mentre, il termine relativo al lavoro delle forze di superficie nell unità di tempo è: (1.6) Ancora una volta sommando i vari termini, si giunge all equazione di conservazione dell energia, la quale viene di seguito riportata: (1.7) Tali equazioni, espresse in forma integrale, rappresentano la formulazione debole delle equazioni di conservazione le quali presentano due proprietà fondamentali: In assenza di sorgenti, la variazione delle variabili conservative dipende soltanto dal flusso delle stesse attraverso Ω. Sono valide anche in presenza di discontinuità di flusso, ovvero i presenza di onde d urto o discontinuità di contatto. Ricavate, quindi, le equazioni di conservazione che regolamentano la dinamica dei fluidi viscosi, passiamo a riorganizzarle in un unico sistema di equazioni che regolamentano il moto degli stessi, in forma generale. 9

A tale scopo introduciamo le seguenti quantità: tensore dei flussi convettivi Fc tensore dei flussi viscosi relativo alle forze viscose Fv1 tensore dei flussi viscosi relativo ai fenomeni di scambio termico Fv2 vettore dei termini sorgenti Q per cui il sistema delle equazioni sopra citato, in forma integrale, risulta essere il seguente: (1.8) dove U é il vettore delle variabili conservative: i flussi sono definiti nel seguente modo: ed i termini sorgente sono definiti come segue: Poiché il sistema sopra definito è composto da cinque equazioni nelle cinque variabili conservative (ρ,p,v,e,t) più altre 2 incognite, risulta essere sotto determinato e quindi per pareggiare il conto equazioni incognite vanno aggiunte 10

altre due equazioni, le quali non potranno che essere relazioni termodinamiche tra le variabili di stato che descrivono il comportamento dei gas perfetti, in quanto si può ritenere di operare con gas il cui comportamento sia caloricamente perfetto. Per tali gas si ha: (1.9) dalla quale ricaviamo:. Mentre combinando l equazione dell entalpia: (1.10) con l entalpia e l energia interna specifiche: possiamo esprimere la pressione nel modo seguente: (1.11) per la viscosità dinamica si usa la legge di Sutherland:, mentre per il coefficiente di conducibilità termica, il quale lo si considera costante in tutto il fluido, si usa la seguente relazione:, dove Pr è il numero di Prandtl pari a 0,72 per l aria. E possibile ridefinire le componenti dei flussi viscosi come segue: 11

con, dove τ rappresenta i gradienti di velocità del tensore degli sforzi. Definendo infine: e, possiamo riscrivere come segue il sistema delle equazioni di governo in forma integrale: (1.12) ed applicando il teorema di Gauss al secondo integrale al primo membro, trasformandolo in integrale di volume, possiamo riscrivere la precedente equazione in forma differenziale: (1.13) ed in forma tensoriale: (1.14) le quali non sono altro che le equazioni di Navier Stokes, che descrivono in forma del tutto generale il moto dei fluidi reali. 12

1.2 Moto turbolento ed equazioni RANS. I regimi di moto che caratterizzano il moto dei fluidi, sono essenzialmente due, ovvero il regime di moto laminare ed il regime di moto turbolento. In particolare il primo si presenta effettivamente in ambito limitato, in quanto molto spesso gli effetti dell inerzia tendono a prendere il sopravvento sulle forze viscose resistenti, causando la presenza di vortici che caratterizzano il moto turbolento. Quindi, tale regime di moto inizia ad essere presente non appena, per effetto della sopraffazione delle forze viscose da parte delle forze d inerzia, il moto laminare diventa instabile, e lo stato critico di passaggio da moto laminare a moto turbolento viene individuato da un parametro adimensionale il quale combina tutte le grandezze caratteristiche del fluido dalle quali dipende la turbolenza (densità, velocità media, viscosità e dimensione del condotto). Tale parametro è il numero di Reynolds, definito come di seguito: e dal confronto con il valore critico di questo parametro, si ha: il moto laminare è fortemente instabile ed una minima perturbazione può farlo passare definitivamente a turbolento. in questo caso qualsiasi perturbazione, anche se produce una momentanea instabilità, viene smorzata dall azione frenante della viscosità, la quale prendendo il sopravvento sulla forza perturbatrice fa si che non venga innescata la turbolenza. Inoltre la tendenza all instabilità viene individuata da un altro parametro adimensionale quale il coefficiente d instabilità definito come: 13

il quale dipende in maniera direttamente proporzionale dalla densità, dal gradiente di velocità e dalla distanza dalla parete, ed in maniera inversamente proporzionale dalla viscosità, quindi se quest ultima si oppone all innesco della turbolenza la densità ne favorisce la comparsa, inoltre il valore critico di questo parametro è circa Dal punto di vista matematico il regime turbolento viene descritto attraverso le equazioni di Navier Stokes, illustrate nel paragrafo precedente, in quanto valgono per qualsiasi numero di Reynolds. Ora poiché in un flusso turbolento, seppur con condizioni al contorno costanti, le grandezze scalari e vettoriali che lo caratterizzano non sono costanti in quanto presentano oscillazioni attorno ad un valor medio, e poiché l analisi di un flusso turbolento richiede di seguire l evoluzione di fenomeni su scale di tempo e di lunghezza molto differenti tra loro, una soluzione analitica delle equazioni di Navier Stokes non esiste, per cui si ricorre a metodi numerici implementabili grazie all ausilio dei calcolatori elettronici. Da questo punto di vista si sono sviluppati nel tempo tre differenti approcci, ovvero la DNS (direct numerical simulation), la quale prevede la simulazione numerica completa della corrente turbolenta mediante una discretizzazione spaziale e temporale tale da risolvere tutte le scale del moto, l approccio LES (Large Eddy Simulation) con il quale vengono rappresentate in maniera dettagliata solo le scale maggiori del moto, mentre quelle più piccole vengono approssimate con modelli empirici, ed infine l approccio RANS (Reynolds Averaged Navier-Stokes equations), il quale prevede la risoluzione delle equazioni di Navier-Stokes mediate alla Reynolds. Ora, se l approccio DNS da un lato risulta essere il più efficace in termini di livello di dettaglio, in quanto vengono risolte tutte le scale del moto, dall altro presenta un costo computazionale elevatissimo, infatti dalla teoria di Kolmogorov sappiamo che il rapporto tra la scala dissipativa e la scala integrale è dell ordine: 14

per cui una tale simulazione numerica richiederebbe una griglia con punti, quindi un costo computazionale che varia con il che rende tale approccio di limitata applicabilità. Un buon compromesso tra livello di dettaglio e costo computazionale viene raggiunto con l approccio LES, in quanto poiché la maggior parte di quest ultimo è assorbita delle scale minori, e non essendo in questo metodo rappresentate nel dettaglio, si ha un buon livello di approssimazione con accettabili valori del costo computazionale. Nella maggior parte dei problemi ingegneristici, però, un tale livello di dettaglio non è necessario in quanto è sufficiente conoscere il valore di alcune proprietà macroscopiche legate ai valori medi delle quantità fluidodinamiche coinvolte, per cui viene molto spesso prediletto l approccio RANS. Come precedentemente accennato, in questo caso si procede alla risoluzione numerica delle equazioni di Navier Stokes, le quali nel 1895 furono riscritte da Sir Osborne Reynolds applicando l operazione di media alle grandezze coinvolte. L operazione di media è resa necessaria in quanto, essendo la turbolenza un fenomeno puramente casuale, nel senso che per quanto si cerchino di riprodurre le stesse condizioni iniziali non si otterrà mai lo stesso flusso, non può essere risolta con metodi deterministici, vengono pertanto considerati i valori mediati in quanto ben definiti e stabili. Nel 1932 Horace Lamb affermò è difficile definire la turbolenza ma è semplice riconoscerla, infatti attraverso le apparecchiature sperimentali le strutture sono facilmente riconoscibili e si può notare come le grandezze siano caratterizzate da una componente media ed una fluttuante: Fig. 1.2 Profilo di velocità media. 15

ed è proprio su questa considerazione che si basa l operazione di media effettuata da Reynolds, il quale, quindi, decompone il campo di velocità e di pressione in una componente media ed una fluttuante, ovvero: (1.15) nel caso di densità variabile, viene utilizzata la media alla Favre: (1.16) ed infine mediando il termine convettivo si ha: (1.17) dove sono le componenti del tensore degli sforzi di Reynolds. Possiamo quindi scrivere le equazioni di Navier Stokes mediate da Reynolds, per il moto medio si ha: (1.18) dove: rappresenta il termine relativo alla diffusione molecolare di calore; rappresenta il termine relativo al trasporto turbolento di calore; 16

rappresenta il termine relativo alla diffusione molecolare; rappresenta il termine relativo al lavoro fatto dal tensore degli sforzi di Reynolds. A causa della presenza del tensore degli sforzi di Reynolds, le cui componenti costituiscono 6 nuove incognite (tensore simmetrico), il sistema precedente risulta essere sotto determinato, risulta quindi impossibile determinare i valori medi del campo di velocità e pressione, per cui nelle equazioni RANS è necessario l utilizzo di un modello che leghi in modo fisicamente consistente il tensore degli sforzi di Reynolds alla storia globale del campo di velocità medio. In tale direzione intervengono i modelli di turbolenza. 1.3 Problemi di chiusura delle equazioni RANS e modelli di turbolenza. Come accennato nel paragrafo 1.2, al fine di pareggiare il conto equazioni incognite e determinare, quindi, le componenti del tensore di Reynolds è necessario introdurre degli opportuni modelli di turbolenza che leghino quest ultime alle caratteristiche del moto medio, in quanto, data la non linearità del problema, ogni tentativo di chiudere il sistema introducendo equazioni per i momenti di ordine sempre più elevato, non fa altro che aumentare il numero delle incognite. I modelli di turbolenza si dividono in due tipologie: modelli a viscosità turbolenta denominati Eddy Viscosity models, e modelli che forniscono direttamente le componenti del tensore di Reynolds tramite equazioni differenziali, ovvero Reynolds-Stress Models o RSM. 1.3.1 Modelli a viscosità turbolenta Per risolvere il problema della chiusura, Boussinesq (1877) per primo propose un modello per gli sforzi turbolenti nell ipotesi di turbolenza sviluppata ad alti 17

numeri di Reynolds, dove convezione e diffusione sono trascurabili, mentre produzione e dissipazione degli sforzi di Reynolds sono in equilibrio. Boussinesq assunse l ipotesi di similarità tra il moto delle strutture turbolente e quello molecolare. Per meglio comprendere le motivazioni di Boussinesq analizziamo il moto molecolare. Consideriamo un flusso bidimensionale in cui la velocità macroscopica è:, con versore dell asse x, ricordando che il moto delle molecole è casuale, possiamo decomporre la velocità delle stesse in una componente macroscopica e una componente relativa al moto casuale: (1.19) Considerando invece il flusso di quantità di moto longitudinale specifico attraverso una superficie infinitesima del piano, si ha: dove è la componente della velocità normale alla parete. Effettuando la media d insieme si ha: Dalla definizione di sforzo, tenendo conto della convenzione della normale entrante si ha sforzi, otteniamo:, e considerando la parte anisotropa del tensore degli (1.20) 18

dove è del tutto evidente la somiglianza con il tensore degli sforzi di Reynolds e dove le fluttuazioni turbolente di velocità a livello macroscopico sostituiscono la fluttuazioni di velocità molecolare. Nell ipotesi di gas perfetto, le molecole si muovono con uguale probabilità lungo ogni direzione con velocità di agitazione termica, per cui lungo y positivo sarà, se quindi abbiamo molecole per unità di volume, la velocità media per unità di area delle molecole che si muovono lungo y positiva sarà, per cui relativamente ad una molecola di massa che si muove nel piano, questa acquista una differenza di quantità di moto pari a: poiché, si ha: dove e è stato sostituito dal termine. Procedendo nello stesso modo si ottiene il flusso di quantità di moto verso y negativo: Lo sforzo è legato al flusso totale di quantità di moto nel modo seguente: 19

dove è la viscosità molecolare. Quindi, secondo Boussinesq, si può studiare la turbolenza in modo analogo al moto molecolare, riuscendo così a collegare il tensore degli sforzi al moto medio sostituendo le quantità turbolente alle quantità molecolari in modo tale da ottenere la seguente espressione per gli sforzi turbolenti: (1.21) e, generalizzando per la parte anisotropa del tensore degli sforzi turbolenti, si ha: (1.22) Nell equazione (1.22) è la viscosità turbolenta, caratteristica locale della corrente turbolenta; inoltre l equazione (1.22) vale nell ipotesi che le scale caratteristiche della turbolenza siano molto più piccole delle scale del moto medio, e che la turbolenza sia isotropa. Per modellare la viscosità turbolenta sono stati proposti modelli di turbolenza a 0 equazioni, detti anche algebrici, e modelli a 1 e 2 equazioni differenziali. 1.3.2 Modelli a 0 equazioni. Il primo modello algebrico è stato quello di Prandtl [14], con il modello mixing length, secondo il quale in uno strato limite 2D si può ritenere che i gradienti longitudinali del moto medio siano associati al gradiente di pressione nella stessa direzione ed i gradienti di velocità media in direzione longitudinale siano trascurabili rispetto a quelli normali alla parete. Gli sforzi di Reynolds si riducono alla sola componente: 20

In base a considerazioni dimensionali: dove sono, rispettivamente, una lunghezza ed una velocità tipiche del moto turbolento. Ponendo, si ottiene per la viscosità turbolenta: (1.23) dove è la mixing length (lunghezza di mescolamento), che dipende dal tipo di corrente. Successivamente, altri studiosi quali Cebeci e Smith,[15] e Baldwin e Lomax [16], applicando delle varianti alla mixing length hanno ottenuto espressioni alternative per la viscosità turbolenta. 1.3.3 Modelli ad una equazione differenziale. Una delle ipotesi adottate nei modelli algebrici è che il tensore degli sforzi di Reynolds sia direttamente associato alle variabili medie locali; nella realtà però, la turbolenza non risponde istantaneamente al flusso medio ma si aggiusta in un tempo collegato alla struttura turbolenta e per questo i modelli a 0 equazioni risultano poco dettagliati. Vengono quindi introdotti i modelli ad una equazione differenziale nei quali la viscosità turbolenta viene modellata in funzione di quantità turbolente per le quali è necessario risolvere equazioni di trasporto diffusione. In questo modo la viscosità turbolenta assume il compito di trasferire informazioni dal campo turbolento a quello medio. In questi modelli differenziali la quantità turbolenta rispetto alla quale viene determinata la viscosità turbolenta è la radice dell energia cinetica turbolenta, per cui si pone: (1.24) 21

e viene determinata dall equazione di trasporto associata: (1.25) inoltre il modello, lasciando incognita, risulta incompleto. Tale problema viene risolto nel da Spalart e Allmaras [17] i quali, introducendo un equazione empirica per la lunghezza caratteristica, sono riusciti a creare un modello di turbolenza completo, che porta il loro nome. Tale modello consta di un equazione di trasporto diffusione per : (1.26) dove inoltre è richiesta la conoscenza di tre funzioni ed otto coefficienti empirici. In questo modo il modello risulta essere affidabile soprattutto in zone di gradiente avverso e viene utilizzato spesso in campo aeronautico, converge velocemente alla soluzione stazionaria e non richiede elevata risoluzione nelle zone vicino alla parete. 1.3.4 Modelli a due equazioni differenziali e modello SST. Nel 1942 Kolmogorov suggerì che la turbolenza può essere descritta adeguatamente da due grandezze indipendenti determinabili mediante equazioni differenziali. Sulla base di tale ipotesi e considerando due equazioni relative ad altrettante quantità turbolente, è possibile determinare modelli completi, tra i quali distinguiamo i modelli e. 22

Come prima equazione si utilizza solitamente la (1.24) per l'energia cinetica turbolenta e scegliendo inoltre il rateo di dissipazione dell'energia cinetica turbolenta è possibile la definizione delle seguenti grandezze: scala di lunghezza scala di velocità scala di tempo viscosità turbolenta / con Nel modello la seconda equazione di trasporto risulta essere: (1.27) proposta da Launder e Sharma [18], con, e Il modello presentato non è esente da problemi numerici soprattutto in prossimità di punti dove il termine è singolare. Pertanto allo scopo di risolvere questa criticità si sono ideati modelli che al posto di considerano il rapporto denominato Questa quantità identifica una frequenza del fenomeno turbolento e il suo inverso definisce quindi una scala di tempo. Per il modello la seconda equazione di trasporto, nella versione sviluppata da Wilcox [19] è: (1.28) con,, e 23

Anche se questo modello riduce i problemi numerici e richiede una minore attenzione nella scelta delle costanti, esso è piuttosto sensibile ai valori scelti per le condizioni al contorno. Un metodo di particolare interesse è il modello SST (Shear Stress Transport). Questo modello nasce dall'unione del modello proposto da Wilcox ed un modello modificato in modo da far apparire la variabile nelle equazioni. Si vogliono così unire l'efficacia del modello proposto da Wilcox vicino alla parete e la scarsa sensibilità alle condizioni della corrente esterna di un modello. Le equazioni che compongono il modello di turbolenza SST sono le seguenti: equazione per l'energia cinetica turbolenta k (1.29) equazione per il rateo medio di dissipazione (1.30) dove,, La funzione F1 assume valore unitario vicino alla parete (attivando così il modello di Wilcox), mentre assume valore nullo lontano dalla superficie (passando così al modello ). La viscosità turbolenta è così definita: (1.31) dove è il modulo della vorticità. 24

All'interno dello strato limite e viene così limitato il valore della viscosità turbolenta al fine di tenere in considerazione l'effetto di trasporto legato agli sforzi di Reynolds, che risulta importante soprattutto in presenza di un gradiente di pressione avverso. Allontanandosi dalla parete F2 diminuisce in analogia a F1, e l'espressione della viscosità turbolenta si riconduce a quella valida per il modello standard, inoltre i valori di tutte le costanti che appaiono nelle equazioni sono ottenuti tramite la seguente funzione peso: (1.32) Nell equazione (1.32) rappresenta il primo valore della costante e il secondo. Questo procedimento deriva dal fatto che le costanti assumono valori diversi all'interno (primo valore) o all'esterno dello strato limite (secondo valore). Le funzioni e sono così definite: 25

Le costanti relative al modello vengono elencate qui di seguito: 26

CAPITOLO 2 Il software SU2. 2.1 Caratteristiche del codice. Il codice di calcolo SU2 è un software per la simulazione fluidodinamica e per l ottimizzazione geometrica realizzato presso il dipartimento di Aeronautica ed Astronautica dell università di Stanford (California, USA), è scritto in linguaggio C++ ed è di pubblico dominio. Per quanto riguarda l ottimizzazione geometrica esso presenta diversi strumenti scritti in linguaggio Python, i quali permettono ad SU2 di effettuare anche il calcolo parallelo, mentre per quanto riguarda la simulazione fluidodinamica esso è stato sviluppato per la risoluzione di problemi fisici descritti da sistemi di equazioni differenziali alle derivate parziali (PDE). Ciò che rende questo software innovativo è il fatto che, pur essendo stato concepito per la simulazione fluidodinamica, esso si presta bene ed in maniera efficiente anche per la risoluzione di problemi differenti, governati quindi da sistemi di equazioni di altra natura, per cui risulta essere un codice molto versatile e facilmente generalizzabile. Queste caratteristiche di versatilità e flessibilità sono state conferite al codice SU2 da parte dei suoi sviluppatori mediante una struttura a moduli separati mediante i quali vengono implementati diversi modelli fisici ed ovviamente i modelli matematici che li descrivono. Inoltre, grazie a questo approccio, il codice implementa sia metodi agli elementi finiti (FEM) che metodi ai volumi finiti (FVM) oltre che solutori multi fisici con i quali è possibile combinare i due metodi. I moduli di cui si compone SU2 sono i seguenti: SU2 CFD: per la risoluzione dei sistemi di equazioni differenziali. 27

SU2 DDC: per la suddivisione del dominio di calcolo in caso di calcolo parallelo. SU2 GPC: per il calcolo della sensitività aerodinamica su una superficie da ottimizzare proiettando la sensitività su un set ridotto di variabili di progetto. SU2 MDC: per modificare al griglia di calcolo a seguito di variazioni di geometria La versione di SU2 utilizzata in questo lavoro è la 3.8 eagle disponibile sul sito http://su2.stanford.edu. Grazie all utilizzo di classi ad oggetto, tramite le quali si possono individuare facilmente le parti del codice e modificarle opportunamente senza alterare le altre funzioni del software, è possibile tenere costantemente SU2 sotto aggiornamento, per cui sono sempre disponibili versioni aggiornate. 2.2 Architettura del software. Con riferimento al modulo SU2 CFD, ovvero quello utilizzato per le simulazioni condotte in questo lavoro di tesi, nonché il modulo principale, vengono riportate di seguito le caratteristiche delle classi ad oggetti, molte delle quali sono comuni anche ad altri moduli. CConfig: rileva i dati fisici, matematici e numerici del caso da simulare dal file di controllo avente estensione.cfg. COutput: immette i dati di output all interno di files il cui formato dipende dal software scelto per la visualizzazione nel file di controllo. CIntegration: risolve il sistema di equazioni che caratterizzano il problema richiamando la classe figlia CMultiGridIntegration la quale a sua volta connette tra di loro le sottoclassi CGeometry per leggere e processare il file della mesh, CSolution dove sono definite le procedure di calcolo e CNumerics che discretezza i termini delle equazioni da risolvere, per integrare rispetto allo spazio ed al tempo. 28

A loro volta queste sotto classi si dividono come segue: CGeometry: CPhysicalGeometry : per la costruzione della mesh duale rispetto a quella in input, e sulla quale si basa l approccio ai volumi finiti. CMultiGridGeometry: per la costruzione delle griglie innestate utilizzate nel multi grid. CPrimal e CDualGrid: le quali caratterizzano geometricamente la griglia primaria e quella duale. CSolution: ogni classe figlia rappresenta un diverso solutore e tali sottoclassi ne richiamano altre all interno di CNumerics per discretizzare i termini delle equazioni da risolvere. Inoltre CSolution presenta delle classi instanziate come ad esempio: CVariable: per raccogliere le variabili relative al tipo di equazioni in ogni punto della mesh. CNumerics: oltre a discretezzare i termini delle equazioni da risolvere, calcola i residui ed i Jacobiani nei nodi della griglia di calcolo mediante le variabili presenti in CVariables, trasmette i risultati a CSolution la quale a sua volta chiama le funzioni in presenti in CSparseMatrix impiegate per la risoluzione del sistema lineare. 2.3 Mesh native. Le mesh native non sono altro che le griglie di calcolo all interno delle quali SU2 calcola le soluzioni, esse sono scritte in formato ASCII ed hanno estensione.su2. Al loro interno vengono riportate informazioni sulla tipologia degli elementi che le compongono, sui nodi che compongono la cella, sul numero totale di nodi e sulla 29

loro connettività e tali informazioni sono importanti in quanto SU2 è stato concepito per lavorare su griglie non strutturate. Infatti nella prima riga viene specificata la dimensione del problema (3D, 2D o 1D), attraverso NDIME, mentre subito dopo viene stabilita la connettività dei nodi specificando il numero totale di elementi, mediante NELEM e poi descrivendo ognuno di questi con ogni singola riga dove il primo numero definisce l identificatore dell elemento che viene descritto nella riga, cui seguono i nodi di cui si compone ed il numero che lo identifica. Successivamente viene dichiarato il numero totale di punti attraverso NPOIN e vengono definite le coordinate degli stessi. Infine vengono specificati i punti che definiscono la frontiera esterna della griglia definendo dapprima il numero di contorni (markers) con NMARK, e per ognuno di questi vengono indicati il nome ed il numero di elementi che lo costituiscono. 30

CAPITOLO 3 Simulazioni sul profilo NACA 0012. 3.1 Descrizione Lo scopo di quest analisi è quello di verificare l affidabilità dei risultati ottenuti con il codice di calcolo SU2, relativamente ai fluidi viscosi in regime di moto turbolento, confrontandoli con i risultati ottenuti dalla National Aeronautics Space Administration, più nota con l acronimo NASA, utilizzando i propri codici di calcolo quali CFL3D (NASA LaRC Stati Uniti d America), FUN 3D (NASA LaRC Stati Uniti d America) od altri codici, quale NTS (Russia). Il problema è stato impostato sulla risoluzione numerica delle equazioni di Navier Stokes, basandoci sull approccio RANS, ed utilizzando il modello di turbolenza a due equazioni differenziali SST, con la differenza che i codici impiegati dalla NASA hanno utilizzato una griglia di calcolo 897 x 257, mentre il codice SU2 una griglia 449 x 129 ed un altra più grossolana 225 x 65, aventi ognuna circa un quarto dei punti rispetto alle precedenti. Il ricorso a griglie di calcolo più grossolane rispetto a quella utilizzata dalla NASA è dovuto alle limitate risorse computazionali del laptop utilizzato per le simulazioni. Le simulazioni sono state condotte per un unico valore dell angolo di attacco, pari a zero (α = 0 ), ed ipotizzando che il flusso fosse stazionario. Le condizioni ambientali, identiche a quelle riprodotte dalla NASA per le proprie simulazioni, sono le seguenti : Numero di Mach Ma = 0,15 Pressione Temperatura p = 101325 Pa T = 273,15 K Numero di Reynolds Re = 6*E6 Tabella 3.1. Parametri condizioni ambientali. 31

I parametri d interesse utili per il confronto sono : Il Coefficiente di portanza CL Il Coefficiente di resistenza CD Coefficiente di pressione CP in funzione della corda x/c Coefficiente di attrito superficiale CF funzione della corda x/c Figura 3.1. Profilo NACA 0012 La figura 3.1 mostra il profilo alare NACA 0012 in cui la dimensione lineare è stata adimensionalizzata rispetto alla corda del profilo; il profilo è stato discretizzato con 256 segmenti. 3.2 Domini di calcolo I domini di calcolo, all interno dei quali sono stati effettuati i calcoli dal codice SU2, sono costituiti dalle griglie di calcolo 449 x 129 e 225 x 65, disponibili sul sito ufficiale di SU2 http://su2.stanford.edu [TestCases/rans/naca0012], all interno del file contenente i casi test. Per quanto riguarda la griglia 449 x 129, questa è quindi costituita da 449 nodi lungo la direzione normale e 129 nodi lungo la direzione tangente alla superficie 32

del profilo, per un totale di 57824 punti e 57344 elementi quadrilateri. La griglia di calcolo presenta una forma cosiddetta a C, si veda la figura 3.2, ed il cui bordo esterno è posto ad una distanza di circa 500 corde dal profilo. La griglia 225 x 65, invece, è costituita da 225 nodi lungo la direzione normale e 65 nodi lungo la direzione tangente alla superficie del profilo. Essa presenta le stesse caratteristiche della precedente con la differenza che, essendo costituita da un minore numero di punti, ovvero 14576 e quindi un minor numero di celle quadrilatere, ossia 14336, i risultati ottenuti con questa sono caratterizzati da una risoluzione spaziale minore rispetto a quelli ottenuti con la griglia precedente. Figura 3.2. Dominio di calcolo. Figura 3.3. Profilo all interno del dominio di calcolo. 33

3.3 Risultati. La tabella 3.2 riporta i risultati delle simulazioni effettuate con angolo di attacco nullo e con le condizioni ambientali e di flusso precedentemente descritte in tabella 3.1. In particolare (tabella 3.2), vengono riportati i valori del coefficiente di resistenza CD ottenuti con il codice SU2 e con i codici di calcolo utilizzati dalla NASA, ed i grafici che mostrano, in ascisse, il contatore del numero di iterazioni ed in ordinate l andamento dei residui dell equazione di conservazione della massa (res flow 0), della quantità di moto (res flow1), dell energia (res flow 2) e delle equazioni differenziali relative al modello di turbolenza SST (res turb 0,1), utili per constatare se si sia raggiunta o meno, ed in che misura, la soluzione stazionaria. Non viene riportato il valore del coefficiente di portanza aerodinamica CL in quanto, essendo nullo l angolo di attacco, ci si aspetta che esso abbia valore nullo. CFL 3D FUN 3D NTS SU2 225 x 65 0.007591 449 x 129 0.007697 897 x 257 0.00809 0.00808 0.00809 Tabella 3.2. Confronto valori del CD. Le seguenti figure 3.4 e 3.5, invece, riportano rispettivamente l andamento dei residui associati alle equazioni di conservazione ed alle equazioni differenziali del modello di turbolenza SST, ottenuti con SU2, in funzione del numero di iterazioni effettuate. Inoltre, non sono disponibili i grafici relativi agli stessi andamenti ottenuti dalla NASA, ma la stessa afferma che i propri risultati sono stati ottenuti raggiungendo la soluzione stazionaria. 34

Figura 3.4. Andamento residui delle equazioni di conservazione in funzione del numero di iterazioni (mesh 449 x 129). Figura 3.5. Andamento residui delle equazioni del modello di turbolenza in funzione del numero di iterazioni (mesh 449 x 129). Da quanto si evince dai dati riportati in tabella 3.2 e dai grafici mostrati in figura 3.4 e 3.5, si può affermare che la soluzione calcolata dal codice SU2 è molto prossima alla soluzione stazionaria, in quanto entrambe le simulazioni presentano un ottima convergenza iterativa; in particolare si è osservato che i valori asintotici cui tendono i vari residui, utilizzando la griglia 449 x 129 sono 35

leggermente più bassi rispetto agli stessi valori calcolati con la griglia 225 x 65, il cui andamento è riportato di seguito nelle figure 3.6 e 3.7. Figura 3.6. Andamento residui delle equazioni di conservazione in funzione del numero di iterazioni (mesh 225 x 65). Figura 3.7. Andamento residui delle equazioni del modello di turbolenza in funzione del numero di iterazioni (mesh 225 x 65) Se ne conclude, quindi, che la soluzione calcolata con la griglia più densa si avvicina di più alla soluzione stazionaria, tale soluzione non differisce peraltro significativamente da quella calcolata con la griglia avente meno punti; infatti, le differenze in termini del valore del CD ammontano al 1,37%. 36

Figura 3.8. Distribuzione numero di Mach; α = 0. Figura 3.9. Distribuzione della pressione; α = 0. Le figure 3.8 e 3.9 mostrano la distribuzione del numero di Mach e della pressione intorno al profilo, calcolati con il reticolo 449 x 129. In particolare, per quanto riguarda la pressione, poiché l angolo di attacco è nullo si ha una distribuzione simmetrica tra l intradosso e l estradosso, ragion per cui la risultante delle forze aerodinamiche in direzione ortogonale al flusso è nulla, rendendo nullo il coefficiente di portanza aerodinamica CL. 37

Il confronto tra i valori del CD ottenuti dalla NASA e quelli ottenuti con SU2 è riportato nella tabella 3.3, dove attraverso l analisi degli scarti percentuali, in funzione delle griglie di calcolo, si può valutare il grado di precisione e quindi di attendibilità dei risultati ottenuti con SU2. CD (NASA) CD (SU2) SCARTO % MIN MAX MIN MAX 0,00808 0,00809 0,007697 (mesh 449 x 4,7 % 4,8 % (mesh 897 x (mesh 897 x 129 ) 257) 257) 0,007591 (mesh 449 x 6 % 6,2 % 129 ) Tabella 3.3. Confronto valori del CD ottenuti con SU2 con i valori di riferimento NASA. Infatti, poiché la NASA afferma che lo scarto percentuale tra il valore massimo e minimo del CD calcolati con i propri codici non supera il 5%, si può notare che, utilizzando la mesh 449 x 129, i valori del CD calcolati con SU2 presentano uno scarto massimo perfettamente in linea con il riferimento NASA, cosa che invece, non accade con la griglia 225 x 65. Affinché si possa avere una valutazione più completa sulla capacità di SU2 di fornire risultati precisi ed attendibili è bene confrontare anche la distribuzione dei coefficienti di pressione Cp e di attrito superficiale Cf, rappresentati graficamente nelle figure 3.10 e 3.11 in funzione della quantità x/c, dove c è la corda del profilo. Nei grafici seguenti (fig. 3.10 e 3.11) vengono confrontati gli andamenti del Cp e del Cf calcolati con SU2 e con la griglia 449 x 129, con gli stessi calcolati dalla NASA mediante il codice CFL3D. 38

Figura 3.10. Confronto andamenti del Cp ottenuti con SU2 (mesh 449 x 129) e CFL3D Figura 3.11. Confronto andamenti del Cf ottenuti con SU2 (mesh 449 x 129) e CFL3D Dai precedenti grafici, si può notare come l andamento del coefficiente di pressione determinato con SU2 mediante la griglia 449 x 129, sia essenzialmente sovrapponibile allo stesso determinato con CFL3D usando invece, la griglia 897 x 257, a meno di qualche piccola differenza da imputare alla diversità delle griglie, cosa che, invece, non accade per il coefficiente di attrito superficiale in quanto, soprattutto in prossimità del bordo d uscita, si verifica che le due curve non sono sovrapponibili. Anche in questo caso le cause sono da attribuirsi probabilmente alla diversa risoluzione delle griglie di calcolo. 39

Se invece andiamo a diagrammare sempre gli stessi coefficienti, dove però questa volta quelli calcolati con SU2 sono stati ottenuti con la griglia 225 x 65 (fig. 3.12 e 3.13), si nota che gli andamenti del Cp sono ancora sovrapponibili, ovviamente a meno di differenze che in questo caso sono più significative rispetto al caso precedente, mentre gli andamenti del Cf non lo sono. Ancora una volta tali discrepanze vanno, attribuite alla minore risoluzione della mesh. Figura 3.12. Confronto andamenti del Cf ottenuti con SU2 (mesh 225 x 65) e CFL3D Figura 3.13. Confronto andamenti del Cp ottenuti con SU2 (mesh 225 x 65) e CFL3D 40

3.4 Costo computazionale. Il costo computazionale relativo a ciascuna simulazione varia in maniera molto sostanziale in base a quale griglia di calcolo viene utilizzata. Infatti, essendo proporzionale al prodotto nx x ny, ovvero al prodotto dei punti della griglia lungo x ed y, si ha che aumentando o diminuendo il numero di tali punti, e quindi le dimensioni della mesh, il costo computazionale varierà in relazione a tali variazioni. In particolare, con riferimento alle due griglie utilizzate, si ha che la griglia 449 x 129 avendo un numero di punti doppio sia lungo x che lungo y rispetto alla griglia 225 x 65, sarà caratterizzata da un costo computazionale proporzionale al prodotto 2nx x 2ny, ovvero pari a quattro volte il costo computazionale richiesto dalla griglia più piccola. In termini di minuti di calcolo, a parità di numero di iterazioni (12000 per entrambe le simulazioni), il costo computazionale assume un valore di circa 12h per la mesh 449 x 129 ed un valore di circa 3h per la mesh 225 x 65, ovvero di circa 3,6s e 0,9s per ogni iterazione, rispettivamente per la griglia più grande e più piccola. 52 50 48 46 44 42 40 38 36 34 32 30 28 26 24 22 20 18 16 14 12 10 8 6 4 2 0 Cos. Comp (h) 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 Cos. Comp (h) Figura 3.14. Andamento del costo computazionale in funzione del fattore di variazione. 41

CAPITOLO 4. SIMULAZIONI SUL PROFILO VKI LS 82. 4.1 Descrizione. Lo scopo di queste simulazioni, come accennato in precedenza, è quello di verificare il grado di affidabilità del software CFD SU2 relativamente alla simulazione fluidodinamica applicata alle turbomacchine, nell ipotesi di fluido viscoso e regime di moto turbolento. Tale verifica è stata condotta confrontando i risultati ottenuti con i dati sperimentali e con i risultati di altre simulazioni presenti in letteratura. Nello specifico si è fatto riferimento alle pubblicazioni [12,13]. I dati pubblicati in [13] essendo dei dati sperimentali, sono stati ricavati direttamente tramite degli esperimenti in galleria del vento (Isentropic Light Piston Compression Tube facility CT 2 del VKI), dai quali sono stati rilevati: pressione e temperatura totali, pressione statica ed intensità di turbolenza, mentre per quanto riguarda i dati pubblicati in [12], essi sono relativi a delle simulazioni nelle quali le equazioni RANS vengono chiuse con il modello di turbolenza di Baldwin Lomax e risolte su griglie di calcolo strutturate C - Type non periodiche, dove la non periodicità viene creata solo sulla scia allo scopo di aumentare la risoluzione in quella zona del campo di moto. In questo lavoro il problema è stato impostato sulla risoluzione delle equazioni RANS, utilizzando, per la chiusura del sistema di equazioni, sia il modello di turbolenza ad una equazione differenziale Spalart Allmaras, sia il modello di turbolenza a due equazioni differenziali SST, al fine di attuare un confronto anche in base al modello di turbolenza utilizzato, mentre per quanto riguarda la griglia di calcolo è stata usata una di tipo non strutturato. Tutte le simulazioni sono state effettuate ipotizzando che il flusso fosse stazionario, ed in due differenti condizioni di flusso, ovvero un flusso transonico 42

ed uno subsonico, descritte dal parametro Mais (Isentropic Mach Number), il quale assume rispettivamente i valori 1.0 e 0.875. Le condizioni ambientali che determinano tali condizioni di flusso sono riportate nella tabella 4.1: T0 (temp.tot) P0 (press.tot) P1 (statica) Re Mais = 1.0 404.1 K 0.904*E+05Pa 0.47756*E+05Pa 10^6 Mais = 0.875 404.1 K 0.904*E+05Pa 0.54903*E+05Pa 10^6 Tabella 4.1. Condizioni ambientali. I parametri di interesse sono: la componente lungo l asse x delle forze aerodinamiche CFx la componente lungo l asse y delle forze aerodinamiche CFy la distribuzione lungo la paletta del Numero di Mach isoentropico Mais in funzione del parametro adimensionale x/c. Il profilo utilizzato per tutte le simulazioni è il profilo di palettatura statorica LS 82, il quale è stato interamente progettato e realizzato presso il Von Karman Institute per essere utilizzato come ugello di alta pressione all interno della componente statorica di turbine a vapore ad alto regime di rotazione. La sua funzione è quella di accelerare il flusso in ingresso abbassandone la pressione, ovvero di trasformare l elevata energia termica in energia cinetica la quale, a sua volta, viene trasformata in energia meccanica attraversando la palettatura rotorica. Tale trasformazione di energia avviene per intero nell ugello se la macchina è ad azione, altrimenti, in caso di macchina a reazione viene ripartito tra l ugello e la girante. 43

Nella figura 4.1 viene illustrato il profilo VKI LS 82: Figura 4.1 [13]. Profilo LS 82. i cui dati geometrici sono riportati di seguito: corda c = 67.647 mm g/c = 0.850 dove c è il passo γ = 55 rispetto alla direzione assiale RLE/c = 0.061 dove RLE è il raggio del bordo d attacco 44

4.2 Dominio di calcolo. All interno della turbomacchina il flusso subisce delle deviazioni dalla direzione assiale. Con riferimento al profilo LS 82, si ha che in ingresso il flusso è assiale, ma nell attraversare la palettatura compie una rotazione di circa 80 intorno a questa, il che comporta che il flusso in uscita sia fortemente deviato dalla direzione assiale, per cui la scelta di un opportuna griglia di calcolo è fondamentale affinchè il campo di moto all interno della turbomacchina sia riprodotto in maniera accurata. Per le mesh utilizzate nella simulazione fluidodinamica nelle turbomacchine, si devono tenere in considerazione i seguenti aspetti: 1. Accuratezza vicino al bordo d attacco e di uscita 2. Descrizione della scia 3. Imposizione della periodicità In letteratura sono stati sviluppati diversi tipi di griglie, ognuno con diverse caratteristiche: 1) le griglie H - type le quali pur essendo semplici da generare non presentano un buon livello di accuratezza vicino ai bordi d attacco e di uscita, 2) le griglie O - type le quali invece non forniscono buone riproduzioni della scia soprattutto per flusso transonico, e 3) le griglie C - type le quali sono abbastanza efficienti per quanto riguarda i punti 1 e 2, ma a loro volta non funzionano bene se il flusso in uscita risulta deviato dalla direzione assiale di un angolo maggiore di 70. Nella simulazione del flusso in turbomacchine, anziché simulare il campo di moto in tutti i passaggi interpalari, si preferisce, per motivi di efficienza computazionale, simulare il campo di moto all interno di un unico passaggio, ed imporre condizioni al bordo di tipo periodico nella direzione assiale. L imposizione della periodicità del flusso consiste nell imporre condizioni di corrispondenza della soluzione tra due punti simmetrici, ovvero la 45

corrispondenza cosiddetta point to point, la quale è il modo più semplice per imporre tali condizioni, inoltre nelle griglie C - type non periodiche, questa condizione viene di solito eliminata solo sulla scia. Sebbene il codice SU2, utilizzato in questo lavoro di tesi, sia un codice di calcolo non strutturato, la griglia di calcolo utilizzata per tutte le simulazioni è stata derivata da una griglia di tipo strutturata O - type bidimensionale formata da 15714 elementi quadrilateri, con 16009 punti lungo x e 15715 punti lungo y, e per la quale sono state impostate tre condizioni di periodicità. La griglia di calcolo è mostrata in figura 4.3. La frontiera esterna viene definita mediante 7 contorni (NMARKER = 7) i quali sono: MARKER aerofil di 240 elementi, MARKER inflow di 29 elementi, MARKER out flow di 29 elementi, MARKER periodic_1 di 144 elementi, MARKER periodic_2 di 144 elementi, e due MARKER send receive di 294 elementi. Figura 4.2. Dominio di calcolo. 46

4.3 Risultati. In questo paragrafo vengono riportati i risultati ottenuti dalle simulazioni effettuate sul profilo LS 82 le cui condizioni ambientali e di flusso sono state precedentemente descritte nella tabella 4.1. In particolare vengono riportati, nella tabella 4.2, i valori cui si assestano CFx e CFy calcolati utilizzando i modelli di turbolenza SA ed SST nonché gli andamenti in funzione del numero di iterazioni dei residui dell equazione di conservazione della massa (res flow 0), della quantità di moto (res flow1), dell energia (res flow 2) e delle equazioni differenziali relative ai modelli di turbolenza utilizzati (res turb 0,1). Tali parametri sono utili per constatare se si sia raggiunta o meno, ed in che misura, la soluzione stazionaria, e quale dei due modelli consenta di ottenere una migliore convergenza iterativa. Mais CFx CFy SST 1.0 0.195169 0.0791948 SA 1.0 0.196047 0.0793456 SST 0.875 0.162499 0.0697383 SA 0.875 0.162846 0.0697681 Tabella 4.2. Valori di assestamento CFx e CFy in funzione del modello di turbolenza. Da quanto emerge, dalla tabella 4.2, si può affermare che in caso di flusso transonico, ovvero Mais = 1.0, la soluzione calcolata utilizzando il modello di turbolenza SST presenta, seppur di poco, valori di assestamento di CFx e CFy minori rispetto agli stessi calcolati con il modello di turbolenza SA, infatti i valori di CFx differiscono per lo 0,45% ed i valori di CFy per lo 0,19%, mentre, tale differenza diventa meno evidente nel caso di flusso subsonico con Mais = 0.875, dove i valori di CFx differiscono per lo 0,21% ed i valori di CFy per lo 0,04%. Per valutare quale dei due modelli di turbolenza presenti una migliore convergenza iterativa è quindi necessario riportare gli andamenti dei residui delle equazioni che vengono risolte in funzione del numero di iterazioni. 47

Nel caso di flusso subsonico e per il modello SST, le figure 4.3 e 4.4 riportano, rispettivamente per le equazioni di conservazione della massa, quantità di moto ed energia e per le due equazioni di trasporto delle quantità turbolente, l andamento del logaritmo dei residui in funzione del numero di iterazioni. Le corrispondenti figure relative al modello SA sono la 4.5 e 4.6. Figura 4.3. Andamento dei residui delle equazioni di conservazione in funzione del numero di iterazioni (Mais=0.875, SST). Figura 4.4. Andamento dei residui delle equazioni del modello di turbolenza in funzione del numero di iterazioni (Mais=0.875, SST). 48

Figura 4.5. Andamento dei residui delle equazioni di conservazione in funzione del numero di iterazioni (Mais=0.875, SA). Figura 4.6. Andamento del residuo dell equazione del modello di turbolenza in funzione del numero di iterazioni (Mais=0.875, SA). 49

Dai grafici riportati nelle figure 4.3, 4.4, 4.5 e 4.6, si evince che nel caso di flusso subsonico (Mais = 0.875) le soluzioni calcolate presentano una buona convergenza iterativa con entrambi i modelli di turbolenza, per cui possono considerarsi prossime alla soluzione stazionaria. Le figure 4.7 e 4.8 riportano, invece, l andamento del logaritmo dei residui in funzione del numero di iterazioni, rispettivamente per le equazioni di conservazione della massa, quantità di moto ed energia e per le due equazioni di trasporto delle quantità turbolente, relativamente al caso di flusso transonico e modello di turbolenza SST. Allo stesso modo, le figure 4.9 e 4.10, mostrano gli andamenti relativi alle stesse quantità ed alla stessa situazione di flusso ottenuti con il modello di turbolenza SA. Figura 4.7. Andamento dei residui delle equazioni di conservazione in funzione del numero di iterazioni (Mais=1.0, SST). 50

Figura 4.8. Andamento dei residui delle equazioni del modello di turbolenza in funzione del numero di iterazioni (Mais=1.0, SST). Figura 4.9. Andamento dei residui delle equazioni di conservazione in funzione del numero di iterazioni (Mais=1.0, SA). 51

Figura 4.10. Andamento del residuo dell equazione del modello di turbolenza in funzione del numero di iterazioni (Mais=1.0, SA). Da quanto emerge dai grafici nelle figure 4.7, 4.8, 4.9 e 4.10, se ne deduce che anche per flusso transonico (Mais = 1.0) le soluzioni calcolate usando sia il modello di turbolenza SST e sia il modello SA presentano entrambe una buona convergenza iterativa, per cui possono ancora una volta essere considerate prossime alla soluzione stazionaria. Possiamo quindi dedurre che le soluzioni calcolate con SU2, per entrambe le condizioni di flusso, presentano una buona convergenza iterativa indipendentemente dal modello di turbolenza utilizzato. Fin qui le soluzioni ottenute con SU2 sono state confrontate tra di loro ed in termini di storie di convergenza per valutare la qualità di convergenza alla soluzione stazionaria del software, utilizzando modelli di turbolenza diversi. Per valutare il grado di affidabilità delle soluzioni calcolate con SU2, in merito alla simulazione fluidodinamica per le turbomacchine, è opportuno effettuare un confronto più accurato, ovvero, confrontando tra di loro gli andamenti delle pressioni sulla superficie del profilo ottenuti con utilizzo dei modelli di turbolenza SA ed SST, e le immagini del campo di moto ottenuto con SU2, con quelle presenti in letteratura di cui si è detto nel par. 4.1. 52

L andamento delle pressioni sulla superficie del profilo viene espresso mediante l andamento del numero di Mach isoentropico Mais sulla stessa superficie. Il numero di Mach isoentropico non è altro che un parametro adimensionale rappresentativo della pressione. Tale parametro viene espresso in funzione del valore x /c dove c è la corda del profilo, si veda la fig. 4.1. Affinchè il grafico fosse rappresentativo della distribuzione di pressione sulla superficie del profilo, è stato necessario ruotare il sistema x, y di un angolo pari a γ (vedi fig. 4.1) per far coincidere l asse x con la direzione della corda c. Per poter diagrammare i valori di Mais in funzione di x /c è stato necessario scrivere un piccolo programma in linguaggio MATLAB, il cui codice è di seguito riportato: Figura 4.11. Codice di calcolo in linguaggio MATLAB. dove a e y sono i vettori delle ascisse e delle ordinate e p è il vettore della pressione sulla superficie del profilo, acquisiti dal file surface_flow.csv, generato da SU2. 53

Il primo ciclo crea il vettore c ruotando il vettore delle ascisse dell angolo γ, il secondo ciclo adimensionalizza c rispetto alla corda creando il vettore j, ed il terzo ciclo calcola Mais; la matrice A viene creata affinchè i valori di x /c e di Mais calcolati siano restituiti in forma matriciale per poter essere copiati in un file di testo da far leggere al programma di visualizzazione PARAVIEW tramite il quale vengono diagrammati. Figura 4.12. Distribuzione del campo di densità (Mais=1.0, SST) Figura 4.13. Distribuzione del campo di densità (Mais=1.0, SA). 54

Fig. 4.14. Distribuzione del campo di densità (dati sperimentali VKI [13] a sx, Arnone [12] a dx). Guardando le figure 4.12 e 4.13, le quali riportano le isolinee del campo di densità ottenute con SU2, e confrontando le stesse con quanto è mostrato nelle figure 4.14, le quali mostrano il campo di moto relativo allo stesso parametro e ottenute sperimentalmente, si può notare che, per flusso transonico (Mais = 1.0) i campi di moto ottenuti con SU2, utilizzando entrambi i modelli di turbolenza (SA ed SST), sono in linea con quelli mostrati dai dati sperimentali. Inoltre, oltre all analogia con le immagini sperimentali, le immagini del campo di moto ottenute con SU2 mostrano caratteristiche molto similari in relazione al modello di turbolenza utilizzato. In particolare, si può notare in tutte le immagini la presenza di un onda d urto in posizione corrispondente a circa ¾ dell estradosso, la quale, poiché a monte di essa il flusso tende ad accelerare diventando supersonico, causa un forte aumento di pressione il quale fa si che il flusso deceleri riportandosi in condizioni subsoniche. Per quanto riguarda il flusso subsonico (Mais = 0.875), non sono disponibili immagini relative alle indagini sperimentali e, pertanto, non è possibile effettuare un confronto con il campo di moto calcolato, che è mostrato nelle figure 4.15 e 4.16 per il modello SA ed SST rispettivamente. 55