Recenti prove di efficacia in Broncopneumologia pediatrica. Marcello Bergamini Pediatra di Famiglia Ferrara. Asmologia



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Recenti prove di efficacia in Broncopneumologia pediatrica Marcello Bergamini Pediatra di Famiglia Ferrara Negli ultimi due anni la letteratura internazionale si è arricchita di numerosi contributi di elevata qualità in vari campi di interesse bronco-pneumologico e allergologico. Alcuni di questi lavori hanno un importanza particolare in quanto le loro conclusioni potrebbero condurre, nel futuro e nell ambito delle diverse patologie indagate, a rilevanti cambiamenti nella pratica clinica. Attraverso l analisi critica di questi studi tenteremo di capire se questa speranza sia fondata o meno. Ogni pubblicazione scientifica può possedere i crismi della novità, ed è ovvio che tale assunto valga maggiormente per i lavori di ricerca sperimentale, pura; esso può però valere anche per i trial clinici ben condotti, siano essi di tipo osservazionale che di tipo randomizzato controllato e di intervento. Ho ritenuto opportuno, in questo contesto, individuare i lavori scientifici forieri di nuove, o nuovamente definite, evidenze le quali avessero un immediata correlazione con la pratica clinica bronco-pneumo-allergologica del pediatra. Per raggiungere questo scopo ho deciso di consultare regolarmente il servizio di aggiornamento settimanale on-line della canadese Mc Master University di Toronto (una delle culle della Evidence Based Medicine), denominato Evidence Updates 1 ; il servizio consente di accedere alle pubblicazioni che gli esperti della Mac Master periodicamente selezionano, eliminando il grande ed inevitabile rumore prodotto dalle migliaia di lavori pressoché inutili. Oltre a questa strategia, ho monitorato le uscite delle più importanti riviste internazionali (i cosiddetti core clinical journals ) e delle Revisioni Sistematiche Cochrane 2 nei settori della Broncopneumologia e dell Allergologia; infine ho consultato alcuni fra i migliori esperti delle suddette discipline. I termini temporali della mia ricerca partono dagli inizi del 2008, limite che mi è sembrato ragionevole ben sapendo che le vere novità, e meno ancora le vere e proprie prove di efficacia, in campo medico non sono così frequenti come potrebbe apparire dal numero spropositato, in rapporto al tempo, delle pubblicazioni. La conclusione, non certo definitiva, della ricerca si pone ai primi giorni del mese di Ottobre 2009. Per ovvie ragioni di opportunità e di tempo ho infine operato un ulteriore e definitiva selezione per ottenere i lavori più significativi. Asmologia 1. Agli inizi del 2009 è uscito sul New England Journal of Medicine un lavoro sul trattamento in età prescolare delle crisi asmatiche con steroidi orali. Un RCT che ha suscitato alquanto scalpore 3 ; i medesimi autori inglesi avevano peraltro dimostrato qualche anno prima come la somministrazione di uno steroide da parte dei genitori, per via orale a domicilio e per cinque giorni, non riusciva a modificare il loro score respiratorio, né diminuiva la necessità del ricovero. In questo nuovo studio multicentrico, 687 bambini dai 10 mesi ai 5 anni ricoverati nel corso di un episodio acuto di wheezing sono stati randomizzati a ricevere placebo oppure 10 mgr di Prednisolone orale (20 mgr sopra i 2 anni) per 5 giorni. Fra i due gruppi non risultò alcuna differenza significativa per l indicatore d esito primario (la durata del ricovero) così come per nessun altro degli indicatori d esito secondari (le differenze fra i due gruppi negli score clinici respiratori a 4, 12 e 24 ore dal ricovero, le dosi totali di salbutamolo somministrate durante il ricovero e a casa, gli score dei sintomi respiratori registrati dai genitori a domicilio nell arco dei primi 7 giorni dopo il ricovero, il tempo richiesto dal bambino per tornare alle sue normali attività, e infine la percentuale degli eventuali nuovi ricoveri, sempre dovuti a wheezing, e avvenuti nel mese successivo. La conclusione degli autori, che nei bambini di età prescolare ricoverati in ospedale per crisi di broncospasmo acuto da lieve a moderato un ciclo di cinque giorni di prednisolone orale

non è superiore al placebo nel ridurre la durata della degenza e l intensità dei sintomi, deve fare i conti con le seguenti obiezioni: - il limite inferiore di età (10 mesi) che i partecipanti dovevano avere per poter essere arruolati non esclude la possibilità che alcune delle crisi respiratorie acute fossero, in realtà, casi di bronchiolite acuta del lattante; - quasi tutti i bambini arruolati con wheezing di entità lieve moderata non sarebbero molto probabilmente stati ricoverati in una realtà come quella italiana dove, a differenza che nel Regno Unito, esiste la rete dei pediatri di famiglia; - lo score clinico che i genitori dovevano registrare tramite un diario non è mai stato validato a livello internazionale; - altri studi sull argomento 4 avevano dimostrato come un ciclo di 3 giorni di prednisolone per os in bambini di 1 anno ospedalizzati per il primo episodio di broncospasmo era in grado di diminuire in misura statisticamente significativa rispetto al placebo le ricadute nei due mesi seguenti, pur non riuscendo a ridurre la durata del ricovero. E interessante a questo punto osservare che le principali Linee Guida (LG) internazionali sull Asma (GINA 5, SIGN 6 ) e le più recenti LG della Società Italiana di Pediatria 7 raccomandano con forza di grado A la terapia steroidea orale nelle crisi acute di broncospasmo. Solo le LG SIGN differenziano, in linea teorica, la situazione nei bambini di età superiore o inferiore ai 6 anni, ma alla fine non forniscono raccomandazioni concrete in merito alla gestione dei bambini critici, in particolare per quanto riguarda la terapia steroidea orale. 2. Tra il 2008 ed il 2009 si è sviluppato nella comunità scientifica un notevole dibattito sui possibili effetti avversi della terapia inalatoria con i Corticosteroidi a lunga durata d azione, o Long Acting Beta-Agonists (LABA). I risultati della Revisione Sistematica con metanalisi di Bateman e colleghi, apparsa nel 2008 sugli Annals of Internal Medicine 8, hanno dimostrato come l aggiunta di salmeterolo alla terapia cronica con steroidi inalatori non aumenta il rischio di ricovero per asma, rispetto all utilizzo dei soli corticosteroidi inalatori (CSI); l associazione dei due farmaci diminuirebbe invece, seppur lievemente, la frequenza di riacutizzazioni gravi. Nel lavoro venivano presi in considerazione sia trials su adulti che su bambini. Lo studio SMART (Salmeterol Multicenter Asthma Research Trial) 9 aveva invece evidenziato un numero maggiore di morti per asma, e di eventi a rischio per la vita in rapporto all uso dei LABA, ma in questa metanalisi erano inclusi soprattutto studi su pazienti che assumevano i LABA in monoterapia; pertanto i suoi risultati non sono confrontabili con quelli della più recente RS di Bateman. Per chiarire (definitivamente?) le cose è sopraggiunta, nel 2009, una sontuosa RS della Cochrane Collaboration in cui le metanalisi erano state effettuate differenziando i bambini dagli adulti. Le sue principali, importanti, conclusioni sono le seguenti: - l aggiunta di un LABA alla dose abituale di CSI, nei bambini con asma persistente, non si è dimostrata in grado di ridurre la frequenza delle esacerbazioni asmatiche, ma si è dimostrata superiore nel migliorare la funzionalità respiratoria - rispetto a dosi doppie di CSI, l aggiunta di un LABA non ha aumentato significativamente il rischio di esacerbazioni e si è associata ad un significativamente migliore aumento del PEF e ad un miglioramento della crescita staturale. 3. Un altro importante filone di discussione fra gli specialisti allergologi e pneumologi si è sviluppato negli ultimi mesi sulla terapia di fondo dei pazienti asmatici (con wheezing persistente oppure ricorrente ad elevata frequenza) in età prescolare. Raccomandazioni formalmente differenti sono infatti reperibili nei documenti di consenso internazionali: in particolare, mentre le LG della British Thoracic Society e del SIGN raccomandano il possibile uso degli inibitori dei leucotrieni, Montelukast in testa, nel caso gli steroidi inalatori non possano essere usati, le LG GINA ed il Consensus europeo PRACTALL 10 raccomandano i CSI, dai 2 anni di vita in su senza distinzioni, in qualità di opzione preferenziale, lasciando liberi i medici di intervenire con il Montelukast in veste di vera e propria alternativa rispetto

agli incrementi delle dosi steroidee, in qualsiasi caso di asma controllato in modo non ottimale. A parziale chiarimento del problema, nel 2009 è stata pubblicata una RS di autori italiani 11 che ha evidenziato come esista a tutt oggi un unico lavoro nei bambini sotto i 5 anni nel quale siano stati confrontati i CSI in monoterapia con gli inibitori dei Leucotrieni in monoterapia, per il controllo dell asma 12. Da tale lavoro risulta una differenza non significativa fra i due tipi di intervento, ma esso è gravato da notevoli pecche metodologiche che vanno dalla bassa numerosità campionaria al mancato successo della procedura di randomizzazione. Dati di qualità scarsa quindi, ma si tratta degli unici disponibili per quelle fasce di età. Le conclusioni generali della RS, che interessava a dire il vero tutte le età pediatriche, sono che nei bambini veramente asmatici può essere preso in esame l uso del Montelukast in caso di impossibile assunzione dei CSI o di comparsa di eventi avversi con il loro uso. E bene ricordare che, nei bambini sotto i 5-6 anni affetti wheezing ricorrente di natura virale, anche l uso dei CSI possiede prove di efficacia che dobbiamo considerare, al momento, di mediocre qualità 13. 4. Un nuovo corticosteroide inalatorio si è andato affermando negli ultimi anni, la Ciclesonide, in virtù della potenziale minore incidenza di effetti avversi. Sulla Cochrane Collaboration sono state pubblicate nel 2008 due RS dedicate a tutte le fasce di età, una sul confronto fra questo nuovo farmaco ed il placebo 14 ed una seconda sul suo confronto con altri CSI 15. Quest ultima è senza dubbio più interessante dal punto di vista clinico, in considerazione del fatto che i CSI sono già da tempo considerati il gold-standard nella prevenzione delle riacutizzazioni nei soggetti asmatici. Gli autori avevano dimostrato un efficacia noninferiore della terapia con Ciclesonide sui principali parametri di funzionalità respiratoria. Per quanto riguarda la popolazione pediatrica era risultata soltanto una minor incidenza di Candidosi orale nei bambini trattati con Ciclesonide, ma era stata fortemente raccomandata la programmazione di ulteriori studi nell infanzia. Ed ecco, sempre nel 2008, arrivare lo studio esclusivamente pediatrico, di Skoner 16, che arruola per la randomizzazione 661 bambini poi seguiti per un totale di 20 mesi e dimostra nei bambini trattati anche con dosi elevate di Ciclesonide (corrispondenti alle dosi abituali di Fluticasone Priopionato o di Budesonide) una diminuzione della velocità media di crescita staturale rispetto al gruppo placebo di soli 1,5 mm dopo 1 anno, a fronte dei 3 mm circa dello studio CAMP 17 o degli oltre 4 mm dello studio SMART 18, entrambi effettuati con i comuni CSI. Pneumologia Bronchiolite del lattante - La possibilità che una soluzione ipertonica, quando inalata dal lattante in preda alla bronchiolite, potesse avere effetti terapeutici attraverso molteplici meccanismi, era già nota da tempo. Nel 2008 è stata pubblicata dalla Cochrane un interessante RS che ha selezionato quattro studi di confronto fra Ipertonica 3% e soluzione fisiologica 0,9% per un totale di 254 pazienti 19. Sessantacinque di questi provenivano dall unico studio su lattanti non ricoverati; fra questi, quelli trattati con Ipertonica venivano in seguito ricoverati con la stessa frequenza di quelli trattati con Fisiologica, forse a causa della loro minore gravità. Nei pazienti ricoverati invece, era ben evidente il successo della terapia, in quanto essi rimanevano ricoverati per un tempo mediamente inferiore del 26% (cioè circa 1 giorno di degenza). Entrambe le categorie di pazienti presentavano poi scores clinici migliori a seguito dell inalazione di Ipertonica rispetto all inalazione di Fisiologica, e questo effetto era più evidente nei primi due giorni dall esordio, meno al terzo. Nessun evento avverso di rilievo è stato segnalato, ma bisogna ricordare che in 3 di questi lavori era prevista l inalazione contemporanea di Adrenalina (a dosaggi nettamente inferiori a quelli utilizzati nel tentativo di cura della malattia) e nell altro di un broncodilatatore, con lo scopo di

contrastare il possibile effetto bronco-ostruttivo dell Ipertonica; ciò può aver condizionato in modo positivo la comparsa di eventi avversi nella popolazione studiata. - Nel 2009 è stato pubblicato sul NEJM uno studio randomizzato controllato, multicentrico, multifattoriale (sono stati confrontati fra loro più interventi), in doppio cieco, controllato con doppio placebo, realizzato fra il 2004 e il 2007 in Canada con la partecipazione di 8 Dipartimenti di Emergenza Pediatrica (DEP) distribuiti su quel territorio nazionale 20. Lo studio canadese ha il merito di voler cercare una possibile via per un problema, quello della bronchiolite acuta del lattante, per il quale un approccio farmacologico (escludendo qui l approccio non strettamente farmacologico costituito dalla Soluzione Ipertonica) sembra oggi poco percorribile. Dobbiamo infatti tenere nel debito conto i risultati di alcune recenti metanalisi Cochrane sull uso dell adrenalina e dei broncodilatatori (efficacia modesta e su outcomes di tipo solamente funzionale), e sull uso degli steroidi, orali o per inalazione (efficacia non dimostrata). Plint e colleghi hanno qui ipotizzato l efficacia del tutto nuova dell intervento combinato Adrenalina (2 inalazioni distanziate di mezz ora) più Desametasone (1 mg/kg subito, fino ad un massimo di 10 mg, seguito, a domicilio, da altre 5 monodosi giornaliere di 0,6 mg/kg). Essi hanno tentato di dimostrare la loro ipotesi allestendo un RCT quantitativamente importante e qualitativamente buono; e hanno scelto un indicatore d esito primario particolarmente robusto, la frequenza di ricovero per patologia respiratoria nei 7 giorni successivi alla prima visita di arruolamento in Pronto Soccorso. Hanno perciò randomizzato in 4 gruppi 800 bambini di età compresa fra il mese e mezzo all anno, colpiti dal loro primo episodio di distress respiratorio acuto associato a segni clinici di infezione virale delle prime vie aeree. Essi ricevevano, alternativamente, Desametasone orale più placebo per inalazione, Adrenalina inalatoria più placebo orale, entrambi i farmaci, oppure entrambi i placebo (metodica double dummy). Le differenze riscontrate nell outcome primario (il ricovero in settima giornata) fra Adrenalina e Placebo e fra Desametasone e Placebo risultarono decisamente non significative in prima, settima e ventiduesima giornata, mentre il confronto fra il gruppo Adrenalina più Desametasone e il gruppo Placebo raggiunse la significatività statistica alla 7 giornata. Il numero di pazienti che sarebbe necessario trattare (NNT) con entrambi i farmaci per far sì che uno di loro non si ritrovi ricoverato alla 7 giornata fu 11, un risultato apprezzabile, pur in considerazione della scarsa precisione di questa stima (Intervalli di Confidenza 95% da 6 a 75) ma tenendo ben in mente qual è l impatto assistenziale ed economico dei ricoveri per bronchiolite nell età del lattante. Gli eventi avversi ebbero una frequenza davvero modesta (nonostante le dosi elevate di steroidi) e non diversa da gruppo a gruppo; la loro entità fu lieve e i quadri clinici rilevati, comunque, non erano riconducibili in modo causale al tipo di intervento. Le analisi di sensitività effettuate non dimostrarono cambiamenti di direzione dei risultati in rapporto alla presenza o meno di atopia, di infezione da VRS documentata o di un quadro iniziale decisamente peggiore Un approccio nuovo quindi, da verificare con studi dedicati al solo confronto fra il trattamento combinato ed il placebo, per cercare di ottenere, attraverso un aumento della numerosità campionaria, risultati migliori e meno imprecisi. Fibrosi cistica L ipotesi di una possibile efficacia della Soluzione Ipertonica nell indurre un miglioramento dei parametri funzionali del soggetto (adulto o bambino) con Fibrosi Cistica, e nell indurre un minor numero di esacerbazioni polmonari nel medio e nel lungo termine, era stata posta da tempo. A questo interrogativo ha cercato di dare una risposta solo di recente una RS Cochrane 21 che include 22 studi, l ultimo dei quali risale al 2006, per un totale di 442 pazienti. Un solo lavoro 22 aveva previsto un trattamento a lungo termine (4 anni) con due inalazioni giornaliere di Ipertonica, avendo come confronto la Fisiologica: una differenza significativa nel FEV1 fu riscontrata fra i due gruppi dopo 4 settimane di studio; nel tempo questa efficacia veniva perduta, mentre invece si mantenevano buoni i risultati per quanto riguardava la qualità della vita e la riduzione delle

esacerbazioni. Negli studi in cui essa fu confrontata con l inalazione di Dessossiribonucleasi ricombinante, si dimostrò l inefficacia a lungo termine dell Ipertonica nel miglioramento della funzionalità polmonare dei pazienti. Gli autori della RS concludono affermando che l utilizzo della Soluzione Ipertonica a concentrazioni superiori al 3% è comunque raccomandabile. Tosse cronica Sulla prestigiosa rivista Chest è apparso, verso la fine del 2008, un lavoro di grande interesse pratico 23, non uno studio di intervento per dimostrare l efficacia di un farmaco sulla tosse cronica del bambino, bensì un lavoro pragmatico, destinato a verificare sul campo l efficacia, in termini diagnostici e terapeutici, dell applicazione delle Linee Guida pediatriche dell American College of Chest Phisicians (ACCP), pubblicate sempre su quella rivista nel 2006 24. Un gruppo di pediatri turchi ha progressivamente reclutato, presso il centro di Allergologia dell Ospedale pediatrico di Izmir, una serie di bambini affetti da tosse cronica, definita dalla durata superiore alle 4 settimane in accordo con le citate Linee Guida statunitensi. Il criterio fondamentale di inclusione dei pazienti, oltre a quello della durata della tosse, era l assenza dei cosiddetti pointers, termine che sta ad indicare tutta la serie di segni e sintomi di allarme che, se presenti, dovrebbero orientare il medico verso un eziologia specifica della tosse. Furono così arruolati 108 bambini dai 6 ai 14 anni con tosse cronica ; essi, secondo le raccomandazioni, furono subito sottoposti ad un Rx standard del torace e ad un indagine di funzionalità respiratoria (Spirometria). Venti pazienti risultarono affetti da Asma, tre pazienti ebbero invece un Rx torace evocativo di patologia suppurativa endobronchiale. Gli 85 bambini rimanenti vennero seguiti per altre 2-4 settimane, durante le quali ricevettero, in 5 casi una diagnosi di Malattia da Reflusso Gastro-Esofageo (GERD) e in 31 casi una diagnosi di Upper Airway Cough Syndrome (UACS), denominazione che va a sostituire il tradizionale postnasal discharge. Di quegli 85 bambini, i 47 affetti da tosse cronica non specifica vennero sottoposti a 2 diversi tipi di trial empirico di terapia: 39 bambini con tosse catarrale eseguirono un ciclo di 10 giorni di Claritromicina, mentre 8 bambini con tosse secca eseguirono un ciclo di terapia con Budesonide 400 mcg/die per 2-3 settimane. In conclusione e al termine di questo lungo e articolato iter diagnostico-terapeutico, i componenti del team ottennero le seguenti diagnosi, più o meno definitive: - 25% Asma più sintomi simil-asmatici - 23.4 % Bronchite batterica protratta - 20.3% UACS - 12% Bronchite batterica protratta più sintomi simil-asmatici - 7.4% UACS più sintomi simil-asmatici - 4.6% Malattia da Reflusso Gastro-esofageo - 2.7% Bronchiectasie - 1.8% Risoluzione spontanea - 0.9% Tubercolosi, Mycoplasmosi e Malformazione congenita Rispetto ai precedenti dati della letteratura, provenienti da vari lavori di Anne Chang, ciò che differisce è la frequenza di bronchite batterica a decorso protratto, decisamente inferiore in questo trial (23.4%) rispetto ad un noto lavoro di Marchant 25, che riportava una frequenza del 40% ma su di una popolazione costituita da bambini di età inferiore ai 2 anni. La frequenza del 23,4% di Bronchite Protratta risulta essere di poco inferiore, nel lavoro di Asilsoy, alla frequenza cumulativa del 25% fra Asma e asthma-like symptoms, un valore inaspettato. Tale tendenza potrebbe essere attribuita al fatto che l arruolamento era avvenuto presso un ambulatorio di Allergologia e all età non più giovanissima dei pazienti. Si tratta indubbiamente di un lavoro importante poiché rappresenta un primo tentativo di applicazione sul campo di Linee Guida

gestionali sulla tosse a decorso prolungato, un problema estremamente frequente nell ambulatorio del pediatra generalista, per il quale purtroppo i bambini vanno incontro, spessissimo, ai più disordinati interventi, proprio a causa della mancanza di un preciso indirizzo operativo in campo diagnostico e terapeutico. Ricerca e genetica Nel corso dei primi anni del terzo millennio l attenzione dei genetisti e degli allergologi si è posata in modo particolarmente consistente sull associazione fra determinate alterazioni del patrimonio genetico e probabilità di sviluppare dermatite atopica, sensibilizzazione allergica, allergia alimentare, rinite allergica e asma. Per tentare di dimostrare tali associazioni sono stati prodotti in quel periodo numerosi studi epidemiologici, sia del tipo caso-controllo sia su gruppi familiari. Molto recentemente è apparsa sul British Medical Journal una Revisione Sistematica qualitativamente molto buona e dal significativo titolo di Filaggrin gene defects and risk of developing allergic sensitisation and allergic disorders 26. La Filaggrina è una proteina che svolge un ruolo fondamentale nel mantenimento di un efficace barriera cutanea nei confronti dei vari insulti ambientali. La sua primaria funzione sembra essere quella aggregare il citoscheletro epidermico formando uno strato proteico-lipidico in grado di regolare la permeabilità della cute all acqua ed a tutte quelle molecole che possono svolgere un ruolo allergenico. Il gene della profilaggrina risiede nel cromosoma 1q21, all interno del complesso di differenziazione dell epidermide. Le mutazioni che conducono alla perdita della capacità funzionale della Filaggrina sono relativamente frequenti, arrivando ad interessare il 10% circa della popolazione del mondo occidentale. In Europa le più comuni mutazioni riscontrate sono la R501X e la 2280del4. L ipotesi che si sta facendo strada, suffragata da modelli sperimentali su topi con Eczema Atopico, è che le alterazioni della barriera cutanea presenti nei soggetti portatori delle suddette mutazioni e affetti da dermatite atopica, conducano dapprima alla sensibilizzazione allergenica nei confronti degli proteine penetrate attraverso la barriera, poi allo sviluppo di reazioni sistemiche e di quadri patologici di iperreattività delle vie aeree. Nella citata RS del BMJ sono stati selezionati 20 studi caso-controllo e 8 analisi su gruppi di famiglie. I suoi risultati più importanti possono essere così riassunti: i soggetti che risultano portatori delle due mutazioni hanno una probabilità di sviluppare sensibilizzazione allergica di 1.91 volte superiore ai soggetti senza mutazioni; questa tendenza è meno eclatante negli studi casocontrollo (1.57 volte). La probabilità di sviluppare Dermatite Atopica è risultata invece di 2 volte superiore negli studi su base familiare e di ben 4.78 volte negli studi caso-controllo. Gli studi che avevano indagato i rapporti fra le mutazioni del gene della Filaggrina e lo sviluppo di Rinite Allergica hanno evidenziato una probabilità di malattia 1.78 maggiore nei soggetti senza DA e 2.84 maggiore nei soggetti con DA. Tale associazione incondizionata non è stata invece dimostrata per l Asma: nei soggetti con mutazioni infatti, la probabilità di sviluppare Asma era significativamente maggiore se essi erano portatori di Dermatite Atopica (2.8 volte in più negli studi caso-controllo e 2.3 negli studi su base familiare), mentre non era significativamente maggiore quando i pazienti non soffrivano di Dermatite Atopica. Ciò sembrerebbe indicare che sono soltanto le condizioni di alterata barriera cutanea indotte dalla DA a predisporre il bambino portatore di mutazioni allo sviluppo di una sensibilizzazione a livello respiratorio. Le implicazioni di questa scoperta per la pratica clinica pediatrica e dermatologica sono ben comprensibili: la buona protezione della cute dal contatto con potenziali allergeni respiratori e alimentari, unitamente alla preservazione del suo effetto barriera con prodotti emollienti, provvedimenti già da tempo ritenuti fondamentali nel soggetto eczematoso, potrebbero rivestire davvero il ruolo, ora basato su robuste prove scientifiche, di prevenzione della cosiddetta marcia allergica nel bambino già riconosciuto come geneticamente predisposto.

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