Esperienze di didattica interculturale in Italia. Quale modello per la scuola?



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Esperienze di didattica interculturale in Italia. Quale modello per la scuola? di Milena Santerini In un momento in cui si parla della cosiddetta crisi del multiculturalismo, va invece maturando, nelle scuole europee, la coscienza della necessità di investire maggiori risorse ed energie per aprire le istituzioni alla diversità realizzando una più efficace integrazione degli alunni stranieri. Infatti, contrariamente a quanto viene spesso affermato, nessun paese occidentale ha finora messo in atto misure politiche o culturali che abbiano minato l identità nazionale, né tali provvedimenti sono richiesti dagli immigrati. Anzi, si potrebbe affermare che il cammino verso l integrazione va comunque procedendo, anche se lentamente e con alcuni ritorni indietro, verso una stabilizzazione dei nuovi cittadini e verso misure diversificate di riconoscimento culturale. Le scuole europee e la differenza culturale La scuola è stata una delle prime istituzioni a gestire l emergenza dell arrivo degli alunni immigrati, provvedendo alle necessarie misure per accoglierli. Questo non significa però che una vera e propria educazione interculturale intesa come costruzione di dialogo e confronto a partire dalle differenze, nella ricerca di un difficile equilibrio tra valori universali e diritti specifici delle minoranze immigrate sia stata effettivamente messa in atto nella scuola, né che il sistema scolastico nel suo insieme abbia recepito le trasformazioni derivanti da questo cambiamento, veramente epocale: in sintesi, il passaggio all intercultura, ovvero a strategie di confronto con la diversità a vari livelli, è tuttora da compiere. 1 L approccio interculturale non si può limitare alle strategie di accoglienza degli stranieri, pena il ritrovarsi in un ghetto pedagogico ; 2 non ha sviluppato, però, perlomeno fino a questo momento, la forza di imporsi come un modello per l intero insegnamento. Si potrebbe affermare che, per quanto riguarda la scuola italiana ed europea, l utopia interculturale sia ancora da realizzare a livello di curricoli, programmi, formazione e soprattutto di presa a carico del pluralismo culturale e linguistico degli stranieri; come scrive Cristina Allemann Ghionda, sulla base di una ricerca comparata condotta in Francia, Germania, Italia e Svizzera, «i discorsi retorici della politica scolastica non si traducono che eccezionalmente in pratiche scolastiche adeguate. I sistemi scolastici resistono al cambiamento». 3 Le cause di tale immobilismo, come si è detto, vanno riportate, anzi tutto, alla mancanza di modelli politici e sociali che tengano effettivamente conto del multiculturalismo presente nelle nostre società, ed in secondo luogo alle resistenze del sistema scolastico, impermeabile alle riforme e sostanzialmente refrattario a cambiamenti che non siano settoriali o di ordine puramente strutturaleorganizzativo. Il nostro paese ha ripercorso, anche se con significative variazioni, le fasi attraversate dall educazione interculturale nelle scuole europee e occidentali negli ultimi decenni: fase di assimilazione (inserimento delle culture minoritarie con assente o scarsa attenzione alla cultura d origine); multiculturalismo (scoperta del pluralismo, ma anche rischio di relativismo e folklorizzazione delle culture); interculturalità (fase ancora in divenire in cui occorre realizzare l integrazione delle culture nella reciprocità). Anche Elio Damiano ripercorre questo itinerario individuando le fasi della invisibilità, della patologizzazione (i bisogni degli alunni stranieri vengono marginalizzati e affrontati con forme di pedagogia compensativa), culturalizzazione (viene posta la questione della diversità) fino ad un approdo secondo cui l approccio interculturale va proposto a tutti gli alunni. 4 Cristina Allemann Ghionda, nella stessa direzione, ha parlato di un pendolo che, nelle scuole europee, ha posto in alternanza soluzioni di tipo universalistico, cioè incuranti della diversità, e

attenzione verso le differenze culturali. James Lynch ha proposto una rassegna delle varie risposte messe in atto dai curricoli scolastici per far fronte alla diversità culturale, descrivendo alcuni approcci all educazione interculturale concretizzati nei curricoli scolastici: l approccio aggiuntivo, di tipo cumulativo; quello multiculturale folkloristico, in cui prevale l elemento esotico; l antirazzismo e la riduzione del pregiudizio, in cui viene messo al centro il problema della discriminazione; l approccio basato sui metodi di cooperazione. 5 Michel Pagé, operando un tentativo analogo soprattutto a partire dalla situazione canadese, ha riscontrato varie correnti di idee soggiacenti al pluralismo etnico-culturale in educazione, da quella compensatoria, che pone l accento sullo svantaggio degli alunni a rischio a causa della provenienza, per assicurare uguali chances di riuscita scolastica, a quella isolazionista, che valorizza le culture minoritarie a scuola attraverso attività separate, fino a quella antirazzista, che favorisce la presa di coscienza della discriminazione. Il percorso in Italia tra diversità e uguaglianza L itinerario percorso dalla scuola italiana è iniziato nel 1989-90, con le prime circolari ministeriali sull argomento dell inserimento degli alunni extracomunitari, che contenevano però ancora norme di carattere generale. 6 La scuola italiana, di fronte al problema-immigrati sfruttava le risorse già fornite dalla legislazione e interveniva sull organizzazione didattica (numero di alunni stranieri per classe, individualizzazione degli interventi). Compare, in questo periodo, l educazione interculturale, mediazione non riduttiva degli apporti culturali diversi ma animatrice di un confronto tra di loro. Inquadrata nel contesto democratico per la promozione della convivenza, essa viene considerata un obiettivo anche in assenza di alunni stranieri. In Italia, come si è detto, l adozione di misure scolastiche di supporto all inserimento degli immigrati e dei loro figli, precede un progetto organico da parte dello stato. I caratteri delle iniziative sono dunque, forse più che altrove, segnati dall emergenza e dalla necessità di risolvere con urgenza i problemi linguistici e di apprendimento degli immigrati. Ciò non significa che l arrivo dei cittadini stranieri non abbia contribuito a realizzare innovazioni; tuttavia, esse sono avvenute in modo parziale e frammentario, senza toccare l assetto scolastico complessivo. D altronde, l autonomia scolastica favorisce una estrema diversificazione e frammentazione delle proposte e delle scelte pedagogiche. Il panorama si presenta così piuttosto variegato, a seconda delle decisioni e delle programmazioni curricolari delle singole scuole nelle varie città. 7 L obiettivo dell apertura della scuola, come si è detto, non è sufficiente se non si affiancano coerenti misure volte alla promozione dell uguaglianza. La scuola italiana, in questi anni, ha seguito indubbiamente la strada di fornire pari opportunità di accesso agli alunni immigrati; tuttavia, si tratta oggi di non compiere passi indietro e, soprattutto, di creare occasioni formative differenziate supplementari, non certo speciali per gli alunni immigrati: laboratori linguistici, presenza di mediatori culturali, attuazione di specifiche modalità di valutazione, approfondimenti sulla cultura degli alunni, dossier per la comunicazione scuola-famiglia e così via. La fase di stabilizzazione degli immigrati richiede che si spinga ancor più fortemente in direzione di quella integrazione simbolica rappresentata dalla cultura scolastica; ciò può contribuire ad evitare che, all esterno della scuola, vivano una concreta emarginazione dal tessuto sociale, restando allievi in classe, stranieri in città. 8 Un modello per la scuola interculturale In questo senso, va costruita una via italiana all intercultura che rappresenti un paradigma per la scuola. Dal punto di vista teorico, si tratta di dare come obiettivo primario alla scuola l integrazione, in senso pieno, delle differenze (etniche, sociali, linguistiche, di genere, ecc.) Ciò significa porre come condizione di associare la linea dell apertura a quella dell uguaglianza. Finora, l inserimento degli immigrati è rimasto confinato nelle iniziative speciali con carattere di marginalità, orientato verso bisogni specifici, senza riuscire a modificare l impianto stesso della vita scolastica. Le migliori

esperienze pedagogiche mostrano, in realtà, che l integrazione degli stranieri costituisce un occasione insuperabile di diversificazione delle strategie didattiche, ampliamento culturale e apertura della classe. L integrazione del pluralismo, infatti, ha possibilità di successo soltanto nella misura in cui l intero sistema si apra al cambiamento, senza considerare l alunno immigrato come portatore di un deficit né la differenza culturale o linguistica come un handicap. Il pluralismo culturale e linguistico provoca la scuola nel ribadire la sua vera identità e il suo ruolo di apertura a tutte le differenze, di provenienza, genere, personalità, livello sociale, storia scolastica e, allo stesso tempo, di garantire pari opportunità di apprendimento. Tuttavia, non basta dire integrazione. Come si è detto, i modelli pedagogici e didattici, in questi anni, si sono ispirati a diverse concezioni (assimilazionista, relativista, ecc.) Si tratta oggi di concepire un integrazione in prospettiva interculturale. Ciò significa un compito in divenire di messa in dialogo e in relazione, in base ad alcune linee concettuali e di azione: 1. Un idea di cultura soggettiva e non oggettiva, cioè interpretata in modo singolo e originale da ogni individuo. Ne consegue: a) il superamento dell essenzialismo (ridurre le culture ad un nucleo circoscritto di contenuti, atteggiamenti, valori), per cui interi continenti vengono ricondotti a pseudo-descrizioni unitarie (la cultura africana ); ai singoli individui sono attribuite immancabilmente presunte caratteristiche del gruppo ( tutti i Cinesi ); b) il rifiuto del differenzialismo, per cui si pensa erroneamente che ogni cultura coincida con un determinato territorio e che possa finire o cominciare là dove c è una frontiera. In realtà, anche se alcuni tratti come la lingua e il patrimonio storico-artistico, la religione sono attribuibili a determinate aree geografiche, di fatto i confini sono porosi e una cultura può essere trasversale, imprimendo i suoi caratteri sulla vita di persone che vivono ovunque nel mondo. Ogni individuo, quindi, è multiculturale, e ogni cultura si presenta come un insieme complesso di tratti mai puri, bensì frutto dell incrocio di scambi e meticciati. Il dialogo tra persone di culture diverse implica il riconoscimento che l altro è anche il simile. 2. L opzione per il dialogo. Una cultura, in quanto dinamica e permeabile, non è statica, ma tendente a mutare nel tempo (salvo particolari chiusure ). La cultura si re-interpreta continuamente, e l incontro pluralistico avviene in un disordine creativo e vitale, non in astratto. Ciò significa che è possibile, anzi necessario, un lavoro di reciproca trasformazione, un dialogo che apporti reciprocamente cambiamenti in direzione di una umanizzazione. Se è un dato la relatività delle culture, non può, quindi, essere una scelta efficace il relativismo, per cui esse, considerate tutte ugualmente valide, ma separate e impermeabili, non riescono a dialogare e a trasformarsi vicendevolmente. 3. La relazione interculturale al centro. La diversità culturale si sperimenta nella relazione tra le persone (insegnanti, alunni, famiglie). La classe, il gruppo sono punti di riferimento, luoghi in cui si sperimenta la diversità culturale (ma anche personale, sociale, di genere, ecc.) Questa scelta di contesto implica che gli interventi devono essere rivolti a tutti, non ad un gruppo-bersaglio. La classe, in questo senso, non è altro che la zona di mediazione tra le culture, il contesto comune in cui si rende possibile il dialogo. Una comunicazione centrata soltanto sul contenuto, i fatti, tenderà ad aumentare la distanza tra gli interlocutori, o ad irrigidire lo scambio. Al contrario, come in questo caso, le strategie centrate sulle relazioni e sulla collocazione del discorso in un contesto, facilitano la comprensione. La dimensione dell apertura e della tolleranza, contro ogni pregiudizio e forma di xenofobia, diviene centrale nel progetto scolastico e di classe, attraverso un lavoro sulle rappresentazioni reciproche (verbali e non verbali), la decostruzione di pregiudizi, le strategie basate sul decentramento e sull empatia, il contrasto alle varie forme di razzismo. 4. Politiche linguistiche integrate nell organizzazione scolastica. Sull insegnamento dell italiano come seconda lingua si gioca una delle sfide del successo scolastico. Tuttavia, le strategie

linguistiche devono uscire dall emergenza e dalla provvisorietà e divenire parte integrante del curricolo e di un progetto educativo più ampio. Dal punto di vista didattico, la seconda fase dell intercultura richiede di considerare maggiormente i fattori di influenza sull apprendimento dell italiano, di ordine psico-linguistico, socio-culturale, affettivo. Inoltre, le domande di riconoscimento culturale poste dai gruppi di immigrati di più vecchia immigrazione e i vantaggi del bilinguismo conducono ad inserire, nelle modalità più opportune, e in forme flessibili considerando le circa 190 nazionalità presenti nella scuola italiana l insegnamento delle Lingue e culture d origine. 5. Prospettiva interculturale nelle discipline. La soluzione delle materie ospitanti ha costituito uno dei modi di elaborare la didattica interculturale. Finora, infatti, sono state elaborate strategie di insegnamento che puntano all individuazione di contenuti e letture interculturali all interno delle discipline scolastiche (Storia, Geografia, Letteratura, Scienze ecc.) In una nuova fase, tuttavia, è possibile pensare ad una revisione del curricolo in senso interculturale e non solo interdisciplinare. 6. Educazione alla cittadinanza per la coesione sociale. Il problema va posto nei termini dell equilibrio tra un educazione interculturale centrata sulle differenze e una maggiore attenzione agli obiettivi di coesione sociale propri dell educazione alla cittadinanza. I due termini devono essere visti come intrecciati nella scuola attuale. Infatti, come si è sottolineato, la cultura etnica non è la sola determinante nella vita di una persona, ma hanno larga parte gli aspetti sociali, economici e politici; l apertura alle differenze, di conseguenza, è insufficiente, da sola, a garantire l armonia dei rapporti tra gruppi. La direzione più valida di ricerca e di azione si presenta, allora, quella di un educazione alla cittadinanza che comprenda la dimensione interculturale e che si dia come obiettivi l apertura, l uguaglianza e la coesione sociale. Per raggiungere le finalità di questo progetto pedagogico è necessario creare un equilibrio tra le acquisizioni dell educazione interculturale come è stata intesa fino ad oggi (capacità di conoscere ed apprezzare le differenze) e gli obiettivi della convergenza e della coesione sociale. 7. Una nuova formazione degli insegnanti. Un modello italiano per l intercultura passa, infine, da una rinnovata visione della formazione degli insegnanti come sensibili alle culture. Si tratta quindi di puntare ad una costruzione di tipo riflessivo della personalità dei docenti, per renderli capaci di apertura alla diversità e di interpretazione degli aspetti singolari e soggettivi. Una formazione di tipo esperienziale deve sostituire quella puramente conoscitiva realizzata finora nel nostro paese. A questo aspetto va però aggiunta la competenza di gestire le grandi questioni etiche inerenti all intercultura, tra relativismo e rischio di assimilazione. Si deve poi dotare l insegnante di strumenti metodologici per inserire la prospettiva interculturale nelle discipline scolastiche. Infine, non può mancare nella formazione l immersione e la scoperta, per quanto parziale, di almeno un universo culturale degli immigrati, cioè la conoscenza il più possibile approfondita di una comunità etnica della propria zona, nelle sue forme di vita e di relazione. In conclusione, l idea di un modello interculturale per la scuola, come si è visto, apre una finestra su vari modelli al plurale: di didattica, di gestione della classe, di relazione, di formazione dei docenti. Nella loro connessione, questi elementi possono costituire la base per fare dell accoglienza della diversità un paradigma della scuola in quanto tale. Milena Santerini è professore ordinario di Pedagogia generale nella facoltà di Scienze della Formazione dell Università Cattolica di Milano, coordinatrice del corso di laurea in Scienze della Formazione primaria e direttore scientifico del Master in Formazione interculturale. Si occupa di problematiche sociali e interculturali, in particolare per quanto riguarda il dialogo tra culture e l integrazione degli immigrati

Bibliografia M. Abdallah Pretceille, Vers une pédagogie interculturelle, Publications de la Sorbonne, Paris 1990 C. Allemann Ghionda, Comparaison internationale en sciences de l éducation: le cas des approches interculturelles en milieu scolaire, in «Bulletin de l Association pour la recherche interculturelle», n. 38, 2003 S. Claris, A scuola di intercultura. Proposte educative e didattiche, La Scuola, Brescia 2002 E. Damiano (a cura di), La sala degli specchi. Pratiche scolastiche di educazione interculturale in Europa, Franco Angeli, Milano 1999 P.R. Dasen, C. Perregaux (a cura di), Pourquoi des approches interculturelles en sciences de l éducation?, De Boeck Université (coll. Raisons éducatives, vol. 3), Bruxelles 2000 G. Favaro, Il mondo in classe. Dall accoglienza all integrazione dei bambini stranieri a scuola, Nicola Milano Editore, Bologna 2000 G. Giovannini, L. Queirolo Palmas, Una scuola in comune. Esperienze scolastiche in contesti multietnici italiani, Edizioni Fondazione Giovanni Agnelli, Torino 2002 G. Giovannini, Allievi in classe, stranieri in città. Una ricerca sugli insegnanti di scuola elementare di fronte all immigrazione, Franco Angeli, Milano 1998 J. Lynch, Educazione multiculturale in una società globale, Armando editore, Roma 1993 G. Maggioni, A. Vincenti (a cura di), Nella scuola multiculturale. Una ricerca sociologica in ambito educativo, Donzelli Editore, Roma 2007 F. Ouellet, Les défis du pluralisme en éducation. Essais sur la formation interculturelle, Les Presses de l Université Laval - L Harmattan, S. Nicolas (Québec) - Paris 2002 M. Santerini, Intercultura, La Scuola, Brescia 2003 M. Santerini, P. Reggio, La scuola dell altro. Intercultura e formazione degli insegnanti, in V. Cesareo (a cura di), L altro. Identità, dialogo e conflitto nella società plurale, Vita e Pensiero, Milano 2004, pp. 261-302 M. Santerini, P. Reggio, Formazione interculturale. Teoria e pratica, Unicopli, Milano 2007 Note 1 - M. Santerini, Intercultura, La Scuola, Brescia 2003; Ead., Progettare l intercultura, in «Animazione sociale», n. 10, 2001, pp.79-86. 2 - C. Perregaux, La formazione degli insegnanti agli approcci interculturali tra riflessione e azione, in C. Sirna (a cura di), Docenti e formazione interculturale, Il Segnalibro, Torino 1996, p. 238. 3 - C. Allemann Ghionda, Comparaison internationale en sciences de l éducation: le cas des approches interculturelles en milieu scolaire, in «Bulletin de l Association pour la recherche interculturelle», n. 38, 2003, p. 44. 4 - E. Damiano (a cura di), La sala degli specchi. Pratiche scolastiche di educazione interculturale in Europa, Franco Angeli, Milano 1999, p. 16. 5 - J. Lynch, Educazione multiculturale in una società globale, Armando editore, Roma 1993, pp. 52-59. 6 - La ricostruzione delle fasi nella scuola italiana è in M. Santerini, Cittadini del mondo, La Scuola, Brescia 1994, cap. X. 7 - G. Giovannini, L.Queirolo Palmas, Una scuola in comune. Esperienze scolastiche in contesti multietnici italiani, Edizioni Fondazione Giovanni Agnelli, Torino 2002. 8 - G. Giovannini, Allievi in classe, stranieri in città. Una ricerca sugli insegnanti di scuola elementare di fronte all immigrazione, Franco Angeli, Milano 1998.