Biomarcatori nella diagnosi del carcinoma dell ovaio: dialogo fra un patologo clinico e un ginecologo oncologo



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OPINIONI OPINIONS Biomarcatori nella diagnosi del carcinoma dell ovaio: dialogo fra un patologo clinico e un ginecologo oncologo Massimo Gion 1, Tiziano Maggino 2 1Centro Regionale Specializzato Biomarcatori Diagnostici Prognostici e Predittivi, Dipartimento di Patologia Clinica, Azienda ULSS 12 Veneziana, Venezia 2Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia, Dipartimento Materno-Infantile, Azienda ULSS12 Veneziana, Ospedale dell Angelo, Zelarino, VE ABSTRACT Biomarkers in the diagnosis of ovarian cancer: a dialogue between a clinical pathologist and a gynecologic oncologist. A general consensus exists on the effectiveness of CA125 in ovarian cancer management, where it is currently used as an aid in clinical decisions for the initial work-up, post-operative follow-up and for monitoring chemotherapy in advanced disease. It is, however, apparent that no effective marker is presently available for costeffective screening of asymptomatic population. The debate is still open on the role of markers in the differential diagnosis of adnexal masses and some agreement exists on the following issues: 1) the referral to a gynecologic oncologist improves outcome for ovarian cancer patients, including overall survival; 2) markers should not be intended as a cancer diagnostic test, but as one of the criteria for the selection of patients with adnexal mass at a higher cancer risk; 3) CA125 appears to have several shortcomings: low sensitivity for early stage disease and low specificity, especially in premenopausal women; 4) algorithms combining CA125, age and imaging to assess the risk of a mass being malignant improve diagnostic accuracy of CA125 used alone; 5) among novel markers, HE4 has emerged as the most effective, overperforming CA125 mainly in premenopausal women; 6) mixed data have been reported on the advantages of ROMA, a diagnostic algorithm integrating HE4, CA125 and menopausal status, vs. HE4 alone; 7) conflicting data suggest that properly designed and well performed studies are still needed to identify the most effective diagnostic approach to assess cancer risk in patients with adnexal mass. LA DIMENSIONE DEL PROBLEMA Nel mondo si stimano 225.000 nuovi casi di cancro ovarico ogni anno, che portano alla morte di 140.000 donne (1). Il tumore all ovaio rappresenta ~3% delle neoplasie che colpiscono la popolazione femminile (al nono posto per incidenza totale) ed è il secondo tumore ginecologico più frequente dopo il cancro dell utero. Tuttavia, la neoplasia ovarica è il tumore a più alto tasso di mortalità tra le neoplasie ginecologiche ed è la quinta causa di morte per cancro nelle donne. L incidenza cresce progressivamente con l età, con un picco fra 55 e 65 anni ovvero nella fase di peri- e post-menopausa. In Italia, sono ~5000 i nuovi casi e 3000 i decessi all anno, con una sopravvivenza complessiva del 41% a 5 anni dalla diagnosi; in altre parole, una donna su 70 è destinata ad ammalarsi e una su 100 a morire per tale neoplasia (2). I bassi indici di sopravvivenza sono legati al fatto che la neoplasia è spesso diagnostica in stadio avanzato. I sintomi di un cancro ovarico in stadio precoce sono minimi e la rilevazione della neoplasia allo stadio I è spesso un incidental finding. IL RAZIONALE DI UNA POTENZIALE UTILITÀ DEI BIOMARCATORI Alla domanda se esista un razionale per l uso dei biomarcatori, come per qualsiasi altro tipo di neoplasia, non è possibile dare una risposta dicotomica (si/no), ma la domanda va declinata per ciascuna delle diverse fasi in cui ci si può trovare ad affrontare la malattia. Nella stadiazione della malattia a diagnosi certa, così come nel monitoraggio della stessa, il carcinoma dell ovaio non si discosta significativamente da altre neoplasie; in questi scenari i marcatori sono considerati genericamente utili. Corrispondenza a: Massimo Gion, Centro Regionale Specializzato Biomarcatori Diagnostici Prognostici e Predittivi, Dipartimento di Patologia Clinica, Azienda ULSS 12 Veneziana, Campo SS Giovanni e Paolo 6777, 30122 Venezia. Tel. 0415294262, Fax 0415294910, E-mail massimo.gion@ulss12.ve.it. Ricevuto: 21.12.2012 Revisionato: 23.01.2013 Accettato: 25.01.2013 208 biochimica clinica, 2013, vol. 37, n. 3

OPINIONS OPINIONI In particolare, nella stadiazione per acquisire informazioni addizionali sull estensione e, in parte, sull aggressività della neoplasia; nel monitoraggio dopo terapia con intenti curativi per riconoscere precocemente la ricaduta; nel monitoraggio del trattamento per ottenere informazioni precoci sulla non-risposta alla chemioterapia (3-9). Diverso e particolare per il carcinoma dell ovaio è invece il ruolo dei marcatori per la diagnosi nei soggetti asintomatici, incluso lo screening, e per la diagnosi differenziale nelle donne con sintomi. Prendiamo l'esempio del carcinoma del colon o della mammella. Per questi tumori esistono approcci diagnostici applicabili in scenari di screening già ben collaudati, che hanno dimostrato un significativo impatto nella riduzione della mortalità. In tali neoplasie il ruolo in fase diagnostica dei marcatori oggi disponibili è sostanzialmente irrilevante, in quanto meno efficace delle strategie già applicate. Una situazione opposta si può rilevare nel caso dei tumori del polmone o del pancreas, nei quali non esistono oggi strategie costo-efficaci per la diagnosi precoce nei soggetti asintomatici e non sono disponibili marcatori con caratteristiche di sensibilità e specificità adeguate a complementare le tecniche di imaging. Una terza e ancora diversa situazione è rappresentata dal tumore della prostata, per il quale esiste un marcatore molto sensibile [antigene prostatico specifico (PSA)] che consente di identificare un numero elevato di tumori, molti dei quali però hanno caratteristiche di ridotta aggressività, per cui i pazienti possono ricevere trattamenti non necessari. Nel cancro della prostata il bisogno clinico irrisolto cui si cerca quindi di rispondere con i biomarcatori è la necessità di graduare il livello di aggressività delle molte neoplasie identificate. Nel caso del cancro del ovaio è noto come la prognosi sia radicalmente diversa a seconda che la diagnosi venga posta in stadio precoce o in stadio più avanzato. Infatti, la sopravvivenza a 5 anni raggiunge il 90%-60% se il tumore è rilevato negli stadi precoci (I-II), ma scende drasticamente a 20%-25% se la diagnosi è posta quando il cancro ha già raggiunto uno stadio avanzato (III-IV) (10). Esiste quindi un rilevante bisogno di fare diagnosi precoce, come nel caso del cancro del polmone e del pancreas, ma, diversamente da tali neoplasie, per l'ovaio esistono dei marcatori ragionevolmente sensibili e sufficientemente specifici per essere di potenziale supporto all'orientamento diagnostico. LA SCOMMESSA DELLO SCREENING Il poter disporre di un programma di screening per i tumori maligni dell'ovaio è ancora una sfida aperta per medici e ricercatori. Generalmente, se si sospetta una patologia ovarica, l'iter di approfondimento diagnostico standard prevede di eseguire un ecografia transvaginale e se si rileva una cisti complessa sono prescritti i biomarcatori. Qualora tale iter evidenzi il sospetto di una neoplasia maligna è generalmente prescritta la tomografia dell'addome e della pelvi per rilevare eventuali localizzazioni secondarie (11). La possibilità di applicare un esame di screening su una popolazione asintomatica e apparentemente sana è però ancora un argomento controverso. Negli anni '90, sopratutto nel Regno Unito, una serie di studi prospettici sullo screening dei tumori ovarici aveva dimostrato che la combinazione di determinazione del CA125 sierico e successiva valutazione con ecografia transvaginale nei casi positivi poteva diagnosticare neoplasie ovariche nelle donne asintomatiche (12). I limiti di tali studi erano legati alla bassa specificità e al basso valore predittivo positivo (VPP) dell approccio, con eccesso di diagnosi di patologie non neoplastiche e conseguente eccesso di trattamenti. D'altra parte, una percentuale di neoplasie in stadio iniziale sfuggiva allo screening in quanto CA125 negative. L esigenza dei ginecologi oggi sarebbe quella di poter disporre di un esame di screening primario facile da eseguire (esame di laboratorio), che offra un ottimale sensibilità (>90%), al quale far seguire un esame di approfondimento sufficientemente specifico al fine di ridurre i costi sanitari e le ricadute psicologiche per le donne. Tutto ciò, ovviamente, a fronte di un dimostrato miglioramento prognostico dei casi diagnosticati. Data la bassa prevalenza del carcinoma dell ovaio, si calcola che la malattia sia presente in una paziente ogni 2500 donne asintomatiche in post-menopausa. Perché una strategia di screening sia efficace, l esame eventualmente utilizzato dovrebbe avere una sensibilità di ~75%, ma una specificità 99,6% per raggiungere un VPP di ~10%, che comporterebbe la necessità di sottoporre a laparotomia 10 donne per trovare una neoplasia (13). Non presentando tali caratteristiche di specificità, nè il CA125 nè alcun altro biomarcatore studiato possono essere utilizzati in programmi di screening (3-9). IL PROBLEMA DELLA DIAGNOSI DIFFERENZIALE DELLE MASSE PELVICHE Negli Stati Uniti più di 200.000 donne ogni anno sono sottoposte a un intervento esplorativo per una tumefazione annessiale e a 13%-21% di queste donne viene posta una diagnosi di cancro (14, 15). Si stima che in premenopausa ~10% di tali tumefazioni sia francamente maligno, mentre la frequenza di malignità aumenta al 20% in post-menopausa. La possibilità di identificare correttamente in fase pre-operatoria le pazienti con una tumefazione annessiale altamente significativa per un sospetto di carcinoma è importante per una serie di competenze cliniche: - le pazienti trattate per tumore ovarico in ambito di competenze di ginecologia oncologica dimostrano una prognosi migliore rispetto a quelle trattate da un ginecologo generale o da un chirurgo generale (16); - indirizzare le pazienti a un centro di ginecologia oncologica a fronte di una diagnosi preliminare di sospetto carcinoma offre significativi vantaggi prognostici; biochimica clinica, 2013, vol. 37, n. 3 209

OPINIONI OPINIONS - alcune tumefazioni annessiali asintomatiche potrebbero essere indirizzate a un follow-up anziché all'intervento chirurgico; - tumefazioni annessiali più probabilmente benigne possono essere trattate con chirurgia mini-invasiva (laparoscopia) anziché laparotomica, con minori costi di salute per la donna e vantaggi economici per le comunità. Il ginecologo chiede oggi di poter disporre di uno strumento di valutazione sufficientemente semplice, ripetibile, possibilmente quantitativo, non soggettivo (come a volte è l'ecografia) per definire e stratificare il rischio di neoplasia. QUALI OPPORTUNITÀ E PROSPETTIVE? Come è noto, non esistono attualmente marcatori assolutamente specifici per un dato tipo di neoplasia. In altre parole non c è un marcatore che se positivo indica con certezza la presenza del tumore, mentre la esclude se negativo. Questo è vero anche nel caso del cancro del ovaio. Tuttavia, il valore di un marcatore può cambiare la probabilità post-test che la paziente ha di avere una neoplasia. Perché questo è particolarmente importante nel caso del tumore del ovaio? Come sì è detto, si ritiene oggi essenziale poter indirizzare verso centri specializzati le pazienti con una massa pelvica e un'alta probabilità che tale massa sia di origine neoplastica, lasciando invece alle ginecologie generali il trattamento delle masse non sospette. Comprensibilmente, nella pratica è infatti impossibile e, comunque, non economico, psicologicamente stressante e non conveniente per la paziente, trattare presso centri specializzati tutte le masse pelviche. Il ruolo dei biomarcatori nella diagnosi differenziale delle masse pelviche è quindi quello di selezionare fra le donne con masse pelviche quelle con diverso rischio di essere portatrici di un tumore maligno. La selezione operata dai marcatori può avvenire sia nella direzione di individuare le donne con rischio più basso ( rule-out ) che quelle con rischio aumentato ( rule-in ). Prendiamo l esempio del CA125, il marcatore più studiato e utilizzato nel tumore dell ovaio, identificato nel 1981 grazie allo sviluppo di un anticorpo monoclonale che mostrava una spiccata reattività verso cellule in coltura e campioni di tessuto di carcinoma ovarico. Oggi il dosaggio del CA125 è approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) per il monitoraggio della paziente durante il trattamento con chemioterapia e per la diagnosi differenziale delle donne con una massa pelvica. Le revisioni sistematiche e le meta-analisi disponibili sul ruolo del CA125 nel discriminare i tumori maligni dalle masse pelviche di natura benigna riportano valori di sensibilità fra 76% e 82% e di specificità fra 71% e 82% (17, 18). In realtà tali dati non sono immediatamente trasferibili alla pratica clinica quotidiana. Infatti, pressoché tutti gli studi sul CA125 esaminati nelle revisioni sono stati condotti su donne selezionate per essere sottoposte a chirurgia e confrontate con soggetti di controllo (9). Bisogna considerare che le pazienti selezionate per essere inviate all'intervento laparoscopico non sono rappresentative delle donne che si presentano al medico e alle quali viene diagnosticata per la prima volta un massa pelvica, che deve essere sottoposta a un accertamento diagnostico di primo livello. Le pazienti destinate alla chirurgia sono già state selezionate sulla base del rischio e conseguentemente hanno una probabilità di avere una neoplasia di ~25%. Nelle donne con una massa pelvica alla prima valutazione la prevalenza di carcinoma dell'ovaio è molto più bassa, aggirandosi intorno allo 0,2%, se calcolata sulla base di dati di incidenza disponibili (Stati Uniti e Regno Unito) (18, 19). In un gruppo non selezionato di donne che si presentano al ginecologo, la sensibilità del test può essere più bassa in quanto è più probabile trovarsi di fronte a stadi iniziali che il marcatore non riesce a identificare. Poi, nella popolazione generale non selezionata le condizioni benigne che possono modificare la specificità del marcatore sono diversamente distribuite. Ma, come già detto, il principale limite del marcatore è legato alla bassa prevalenza della malattia nelle donne che si presentano al ginecologo rispetto ai gruppi selezionati per condurre gli studi. Ricordiamo che il VPP è dato dal rapporto fra i veri positivi e il totale dei positivi (veri più falsi), mentre il valore predittivo negativo (VPN) è espresso dal rapporto fra i veri negativi e il totale dei negativi (veri più falsi). Una bassa prevalenza della malattia fa sì che il numero di falsi positivi sia molto alto rispetto ai veri positivi, con il risultato che il VPP diventa insoddisfacente. Combinando i dati delle meta-analisi con la prevalenza di tumore in donne con massa pelvica non selezionate, il CA125 usato da solo avrebbe un VPP di ~0,8% (18). Questo significa che su 100 casi positivi meno di uno avrebbe probabilmente un cancro e che 99 donne verrebbero indirizzate a una laparoscopia non necessaria. Più informativo risulta il VPN, che per il CA125 in una popolazione non selezionata con cisti ovarica o massa annessale è del 99,94% (18), dato che indica la mancata diagnosi di cancro in una donna ogni 2000 con marcatore negativo. Complessivamente, il CA125 usato da solo non risulta quindi adeguato per un utilizzo diagnostico in donne non selezionate. Sicuramente la bassa sensibilità per i tumori iniziali rappresenta un limite importante. Inoltre, il CA125 non viene espresso nel 60% dei carcinomi mucinosi e nel 20% dei carcinomi sierosi. Ma il principale problema è rappresentato dal basso VPP, che rende inefficace il test se usato da solo. Il CA125 è prodotto dall epitelio celomatico, da cui derivano i mesoteli (peritoneo, pleura, pericardio) e i tessuti di origine mülleriana. Per tale ragione, il CA125 è frequentemente elevato in molte patologie ginecologiche benigne, nelle flogosi peritoneali, nelle pericarditi e nella insufficienza cardiaca. Il caso delle patologie ginecologiche benigne, e in particolare dell endometriosi, rende di fatto il CA125 intrinsecamente poco efficace nella diagnosi differenziale delle masse pelviche. 210 biochimica clinica, 2013, vol. 37, n. 3

OPINIONS OPINIONI QUALI STRATEGIE PER MIGLIORARE L ACCURATEZZA DIAGNOSTICA? Integrazione del CA125 con informazioni cliniche e tecniche di imaging Le informazioni più comunemente associate al CA125 per rifinire le classi di rischio sono quelle derivate dall esame pelvico, dall ecografia e lo stato menopausale. Complessivamente in letteratura sono riportati oltre 80 modelli sviluppati per predire il rischio di carcinoma nelle donne con massa annessiale, basati sia sulle caratteristiche ecografiche che sull integrazione di informazioni diverse, incluso il CA125 (20). Nel 1990, Jacobs et al. elaborarono un algoritmo che calcolava un punteggio, definito risk of malignancy index (RMI), includendo nell elaborazione il risultato dell ecografia, del CA125 e lo stato menopausale (21). Il RMI è stato diffusamente studiato e applicato nel Regno Unito e risulta superiore agli altri modelli sia per sensibilità che specificità. Utilizzando per il punteggio del RMI un valore soglia di 200, ricavabile dalla meta-analisi di numerosi studi, il RMI mostra sensibilità compresa fra 71% e 85% e specificità fra 83% e 91%. L efficacia diagnostica del RMI è migliore di quella dell ecografia o del CA125 considerarti individualmente. Nel caso del CA125 RMI migliora soprattutto la specificità, che per il CA125 è compresa fra 71% e 82% (20, 22, 23). Sono state sviluppate diverse varianti del RMI (RMI 2, RMI 3), che hanno confermato l efficacia del modello (20). Tuttavia, il miglioramento della prestazione rispetto a CA125 ed ecografia considerati singolarmente rimane limitato. Inoltre, l associazione del marcatore con l ecografia richiede un approccio specialistico, che necessita dell apporto di un ecografista adeguatamente addestrato. Ricerca di nuovi biomarcatori Il carcinoma dell ovaio rappresenta un area di grande interesse per lo sviluppo di nuovi marcatori per numerose ragioni: la rilevanza epidemiologica, la natura paucisintomatica della malattia iniziale, la prognosi radicalmente diversa fra malattia iniziale e avanzata e l impatto prognostico del trattamento eseguito presso centri specializzati. Non sorprende quindi che molti gruppi di ricerca abbiano sviluppato e/o studiato biomarcatori nel carcinoma dell ovaio. Tra quelli valutati in modo non aneddotico vanno citati antigene carcinoembrionario (CEA), CA19.9, mesotelina, osteopontina, marcatori legati alla infiammazione, α- fetoproteina (AFP), gonadotropina corionica umana-β (β- HCG), CA72.4 e proteina 4 dell epididimo umano (HE4) (24). Fra le diverse categorie di biomarcatori considerati ha recentemente mostrato risultati interessanti lo studio dei microrna, piccole molecole di RNA non codificante, che frequentemente sono regolate in modo anomalo nelle neoplasie maligne. Nel cancro dell ovaio è stata rilevata una deregolazione di due famiglie di microrna (mir200 e let-7) coinvolte nella regolazione della transizione epitelio-mesenchimale (25). La deregolazione dei microrna sarebbe associata a una maggiore aggressività biologica della neoplasia, a chemioresistenza e a una prognosi più sfavorevole (26). Le linee guida sono concordi nel raccomandare la determinazione di AFP e β-hcg come esami di secondo livello nelle donne giovani (età <40 anni) nelle quali si sospetti la presenza di una neoplasia ovarica di natura non epiteliale (6, 7). Nessuna delle linee guida sul carcinoma dell ovaio raccomanda invece di utilizzare altri marcatori, oltre al CA125, nel sospetto di neoplasia epiteliale (3-9). Questo è comprensibile e giustificato dalle evidenze riportate dagli studi primari per CEA, CA19.9, CA72.4 o altri. Un discorso a parte va fatto per HE4, una glicoproteina inizialmente identificata nell'epididimo ed espressa anche nelle cellule epiteliali del tratto respiratorio superiore, nel pancreas e nelle cellule epiteliali dell apparato riproduttore. Essa è sovraespressa con alta frequenza nel tessuto del carcinoma dell ovaio, prevalentemente nei sottotipi clinicamente più rilevanti (sieroso, endometrioide) (27, 28). La sua localizzazione subcellulare suggerisce la natura secretoria della proteina, presupposto per la presenza della stessa in circolo. Inoltre, HE4 è espressa in ~30% dei tumori negativi per CA125 (29). Queste evidenze hanno suggerito per HE4 un ruolo come possibile marcatore sierologico del cancro dell'ovaio, ruolo avvalorato fin dalle prime osservazioni cliniche e confermato da pressoché tutti gli studi. Nel 2008, la determinazione di HE4 è stata approvata dalla FDA, che ha riconosciuto il marcatore come sostanzialmente equivalente al CA125 nel monitoraggio delle donne con tumore ovarico epiteliale, con malattia in progressione o recidivata. Una recente meta-analisi condotta su 2607 soggetti valutati in 12 studi ha confermato le caratteristiche del marcatore, che distingue in modo più accurato del CA125 le donne con carcinoma da quelle con patologie benigne. La sensibilità di HE4 è risultata infatti del 77% [intervallo di confidenza al 95% (IC): 74%- 82%] contro una sensibilità del CA125 del 73% (IC: 68%- 76%), la specificità del 91% (IC: 89%-92%) contro una specificità per il CA125 di 79% (IC: 76%-82%) e il rapporto di verosimiglianza positivo è risultato 8,7 (IC: 5,9-12,8) per HE4 contro 4,4 (IC: 2,7-7,2) per il CA125 (30). Dati simili sono emersi da una differente metaanalisi (31). Tuttavia, neppure HE4, se usato singolarmente, raggiunge le prestazioni ottimali di sensibilità e specificità richieste a un esame di primo livello. Integrazione di più marcatori La disponibilità di un nuovo marcatore, HE4, di efficacia comparabile, se non migliore, rispetto al CA125, che fornisce informazioni in parte non sovrapponibili a quelle di quest ultimo, ha stimolato la messa a punto e la valutazione di algoritmi che combinassero i due marcatori. E stato così sviluppato il risk of ovarian malignancy algorithm (ROMA), che include CA125, HE4 e stato menopausale. Numerosi studi hanno valutato biochimica clinica, 2013, vol. 37, n. 3 211

OPINIONI OPINIONS l efficacia del ROMA, riportando prestazioni migliori del CA125 e, in alcuni casi, del HE4 usati da soli. Nel 2011, la FDA ha approvato l uso dell algoritmo ROMA come supporto decisionale nelle donne sia in pre- che in postmenopausa che si presentano con massa annessiale, ribadendo però contestualmente che ROMA non deve essere impiegato per intenti di screening. Una recente meta-analisi condotta su 7792 dati riportati in 11 studi conferma che il ROMA è efficace nella diagnosi differenziale delle masse pelviche (32); in particolare, sarebbe più sensibile e meno specifico del HE4, ma più specifico del CA125 usato da solo, per la predizione del rischio di carcinoma iniziale ( early disease ) (32). Nel complesso i risultati dei numerosi studi condotti per valutare il ROMA nella discriminazione delle masse pelviche hanno portato a risultati discordanti. Alcuni studi sostengono la superiorità del ROMA, altri indicano come più efficaci gli score ecografici, altri ancora ritengono il ROMA ridondante rispetto al HE4, che di per sé sarebbe superiore al CA125. Come si giustifica tale diversità di risultati? Un motivo sono le casistiche, non omogene per tipologia di pazienti né per modalità di aggregazione dei casi (posizionamento dei casi cosiddetti borderline, caratteristiche dei casi con malattie benigne, ecc.). Poi ci sono le diversità dei metodi per determinare sia CA125 che, soprattutto, HE4. Ancora, la scelta di diversi valori di cut-off, legati ai metodi e alle popolazioni di riferimento, è senz altro un fattore influente. Si può ragionevolmente ritenere che una parte non trascurabile dell incertezza dei risultati ottenuti nei diversi studi sia dovuta a variabili metodologiche non controllate né totalmente controllabili dalle meta-analisi, intrinsecamente retrospettive. Per capire se il ROMA sia più efficace di HE4 e/o CA125 sono quindi ancora necessari studi prospettici di efficacia, con disegno e casistiche adeguati. Una novità interessante, che merita però qualche riflessione, è l invenzione di una nuova categoria di marcatori, definita in vitro diagnostic multivariate index assays (IVDMIA). Si tratta di algoritmi che includono variabili multiple integrate da funzioni matematiche particolari che portano a un risultato finale individualizzato al singolo paziente (ad es., classification, score, index, ecc.), che sarà poi utilizzato per le decisioni cliniche. Diversamente dagli algoritmi noti (RMI, ROMA) negli IVDMIA il risultato non è trasparente e non può essere ottenuto conoscendo i singoli parametri, in quanto la funzione (complessa) è parte integrante del modello. La cosa interessante è che il primo IVDMIA approvato dalla FDA è proprio un esame per la classificazione del rischio del carcinoma dell ovaio, denominato OVA1, e sviluppato utilizzando 5 parametri biochimici ricavati dall analisi proteomica (33). Merita qualche riflessione il fatto che 4 dei parametri siano proteine della fase acuta, del tutto aspecifici (transtiretina, apolipoproteina A-I, β 2 -microglobulina e transferrina) e il quinto sia il CA125 (33). Non stupisce quindi che fino a oggi la disponibilità di OVA1 non abbia ancora risolto il problema della classificazione delle masse pelviche sospette. QUALI NOVITÀ ALL ORIZZONTE? Dati promettenti vengono da analisi dinamiche di campioni raccolti in tempi successivi in ciascuna donna. Una valutazione pilota è stata condotta su una popolazione reclutata prospetticamente nello studio di chemioprevenzione CARET ( Carotene and retinol efficacy trial ). Nel corso del monitoraggio sono stati osservati 34 carcinomi dell ovaio incidenti, che sono stati confrontati con 70 controlli. Nei campioni raccolti e appropriatamente conservati sono stati misurati numerosi biomarcatori. Tra questi, CA125, HE4 e mesotelina hanno evidenziato un incremento progressivo nel tempo, che avrebbe permesso di anticipare la scoperta della neoplasia di tre anni (34). Dati simili sono stati ottenuti valutando retrospettivamente valori seriati di CA125 misurati annualmente in 44 casi di carcinoma dell ovaio incidenti nella popolazione reclutata nello studio PLCO ( Prostate lung colorectal and ovarian cancer screening trial ), condotto negli Stati Uniti. L incremento significativo del CA125, rilevato con un particolare algoritmo, ha anticipato di ~10 mesi il superamento del valore soglia tradizionale (35). E ragionevole ritenere che l analisi dinamica dei biomarcatori abbia potenzialità ancora inesplorate, in quanto l informazione diagnostica non si baserebbe più sulla necessità di una valore soglia convenzionale, ma su una variazione individuale nella singola persona (36). Tale approccio, ancorché caratterizzato da un solido razionale biologico, presenta sfortunatamente un grado di complessità applicativa molto rilevante, che rende difficili gli studi e improbabile una ricaduta clinica in tempi medi. CONCLUSIONI Gli strumenti diagnostici a nostra disposizione non sono ancora adeguati per la diagnosi di cancro all ovaio nelle donne asintomatiche e non ci autorizzano a pianificare programmi di screening di popolazione. I limiti dei marcatori sono la loro intrinseca aspecificità e la relazione che le concentrazioni degli stessi hanno con la dimensione della massa tumorale, il che implica una bassa sensibilità per le neoplasie di piccole dimensioni in quanto iniziali. Lo strumentario già oggi disponibile è invece adeguato per un soddisfacente approccio alla donna con massa annessiale. CA125, HE4, ecografia, individualmente considerati o integrati in algoritmi (RMI o ROMA) e bilanciati con le informazioni anamnestiche e la visita clinica danno ottime possibilità di definire la probabilità di cancro in modo ragionevolmente accurato. Cosa manca ancora? Forse un adeguato livello di standardizzazione. E inoltre necessario sviluppare percorsi diagnostico-terapeutico-assistenziali a livello di singola istituzione o in area regionale, affinché l uso e l interpretazione degli esami diagnostici, nonché gli atti decisionali che ne conseguono, non siano soggetti a eccessiva soggettività. 212 biochimica clinica, 2013, vol. 37, n. 3

OPINIONS OPINIONI CONFLITTO DI INTERESSI Massimo Gion è responsabile scientifico di un progetto che ha ricevuto supporto da Fujirebio Diagnostics Inc. nell ambito di una collaborazione pubblico-privata del programma PRIHTA Regione Veneto DGRV 102 del 31.01.12. Inoltre collabora allo studio multicentrico Valutazione di marcatori sierici nella diagnosi differenziale di neoplasie ovariche di pazienti con massa pelvica promosso da Fujirebio Diagnostics Inc. (nessun rapporto economico personale). BIBLIOGRAFIA 1. Jemal A, Bray F, Center MM, et al. Global cancer statistics. CA Cancer J Clin 2011;61:69-90. 2. AIRTUM Working Group. Italian cancer figures, report 2009: Cancer trend (1998-2005) Epidemiol Prev 2009;33(suppl 1):1-168. 3. American College of Obstetricians and Gynecologists. ACOG Practice Bulletin. Management of adnexal masses. Obstet Gynecol 2007;110:201-14. 4. Conte PF, Gadducci A, Sabbatini R, et al. Linee Guida Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM). 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