L ABROGAZIONE DELLA PROCEDURA SULL ESONERO DALLA RESPONSABILITA SOLIDALE DEL COMMITTENTE



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L ABROGAZIONE DELLA PROCEDURA SULL ESONERO DALLA RESPONSABILITA SOLIDALE DEL COMMITTENTE Dr. Eufranio Massi Dirigente della Direzione provinciale del lavoro di Modena Le considerazioni esposte sono frutto esclusivo del pensiero degli autori e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l Amministrazione di appartenenza Con un provvedimento, per certi versi inaspettato dalla maggior parte degli operatori, è stato cancellato dal nostro ordinamento il Decreto interministeriale 25 febbraio 2008 n. 74, con il quale, in ritardo di quasi due anni dalla data di pubblicazione della legge n. 248/2006, il precedente Esecutivo aveva dato attuazione operativa alle previsioni contenute nei commi compresi da 28 a 34 dell art. 35. Senza voler tornare ad esaminare nel merito il contenuto del Decreto, va ricordato come, pur nella previsione prolungata dell entrata in vigore (cosa che sarebbe dovuta avvenire il 16 giugno 2008), gli operatori più attenti avevano avuto modo di sottolineare la farraginosità e la complessità degli adempimenti previsti, senza che, con l espletamento degli gli stessi, si potesse giungere ad un vero esonero dalla responsabilità solidale. Si è parlato di burocrazia vessatoria : forse si tratta di un giudizio troppo duro ma è anche vero che una serie di problemi risultavano, sul piano procedurale, di difficile soluzione. Basti pensare, ad esempio, alla possibilità che, in un secondo momento, successivo all asseverazione del professionista o alla consegna della documentazione (che avrebbe riguardato, ovviamente, i soli lavoratori dipendenti regolari), fossero emerse rivendicazioni economiche da parte di lavoratori con contratto a progetto (quindi autonomi e, come tali, non compresi nella procedura che riguardava i soli dipendenti) o, addirittura, in nero : l iter, giunto a buon fine, non avrebbe, comunque, esonerato il committente da una eventuale responsabilità solidale verso tali prestatori. E ovvio che, a fronte di tali rischi (non solo ipotetici, purtroppo, in alcuni settori particolarmente a rischio come quello edile o quello delle pulizie), il committente avrebbe dovuto pensare all attivazione di forme di cautele come controlli sulla filiera anche improvvisi, per verificare la presenza del personale dichiarato o di prevedere una fideiussione rapportata al valore del costo del lavoro. Ovviamente, il venir meno del decreto interministeriale, non esonera il committente dal porre in essere tutta una serie di controlli che lo possano tranquillizzare sul corretto svolgimento dei rapporti, delle fasi di lavoro e degli stati di avanzamento, sia ai fini del pagamento (es. esibizione del DURC e

della documentazione attestante la regolarità delle prestazioni) che, per altri versi, come gli adempimenti connessi al rispetto dell art. 26 del D.L.vo n. 81/2008. Il Decreto Legge 3 giugno 2008, n. 97, prevedendo interventi di natura fiscale, ha toccato anche la materia dell esonero del committente dalla responsabilità nella filiera appalti subappalti con un breve ottavo comma, inserito nell art. 3. A ben guardare anche la norma originaria, contenuta nella legge n. 248/2006 era frutto di una iniziativa più del Ministero dell Economia che di quello del Lavoro: ne è, infatti, la dimostrazione che il fatto che tutte le norme originarie partivano, innanzitutto, dall aspetto fiscale (si pensi, all IRPEF) e alcune delle altre questioni (si pensi, ad esempio, al comma 34) furono introdotte in sede di conversione dell originario D.L. n. 233/2006. Del resto, anche dalla scrittura del D.I. n. 74 si nota come il provvedimento sia stato concepito, innanzitutto, nelle stanze di via XX Settembre. Tutti i commi da 29 a 34 dell art. 35 della legge n. 248/2006 ed il conseguente decreto attuativo, recita la norma oggetto di commento, sono abrogati. Con la cancellazione della normativa di riferimento, esce dal nostro ordinamento anche quella sanzione amministrativa monstre, compresa tra 5.000 e 200.000 euro, che avrebbe fatto dormire sonno poco tranquilli alla committenza, ivi compresa quella pubblica e che sarebbe scattata in caso di inottemperanza alle verifiche, nell ipotesi in cui fossero state accertate dagli organi di vigilanza, irregolarità fiscali, salariali o contributive. Ma la domanda principale che è necessario porsi ed alla quale è obbligatorio rispondere, è questa: al di là della mancata entrata in vigore del Decreto Interministeriale n. 74 (che, si ripete, avrebbe portato, in molte ipotesi, alla produzione di documenti di complessa formulazione), è cambiato qualcosa sotto l aspetto della responsabilità solidale del committente? La risposta è: ben poco. Ma andiamo con ordine. Dal testo originario della legge n. 248/2006 non è stato espunto il comma 28 il quale afferma che l appaltatore risponde in solido con il subappaltatore della effettuazione e del versamento delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente e del versamento dei contributi previdenziali e dei contributi assicurativi obbligatori per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dei dipendenti a cui è tenuto il subappaltatore. Tale solidarietà, che non può che inserirsi nel corpus della responsabilità nella filiera prevista dall art. 29, comma 2, non fa altro che sottolineare come tra i due datori di lavoro interessati la

responsabilità sia comunque piena, comprendendo, esplicitamente, sia quella relativa all IRPEF sui salari corrisposti dal subappaltatore che i premi assicurativi. Ma è con l abrogazione del comma 34 che, curiosamente, si creano disparità nella responsabilità solidale nella filiera. Probabilmente all errore, perché di questo, ad avviso di chi scrive, si tratta, si potrà porre agevolmente rimedio durante la discussione in Parlamento: infatti, cancellando il comma (del quale interessava abrogare la prima parte che faceva riferimento all entrata in vigore del decreto attuativo) si è espunto anche l ultimo periodo che recitava resta fermo quanto previsto dall art. 29, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, che deve intendersi esteso anche per la responsabilità solidale per l effettuazione ed il versamento delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente. Paradossalmente, la responsabilità solidale del committente nella filiera è piena (nei limiti temporali che vedremo), fatta eccezione per l IRPEF, cosa che, invece, permane, per tale onere, tra l appaltatore ed il subappaltatore. Ma è l art. 29, comma 2, del D. L.vo n. 276/2003 (modificato nel corso degli anni dall art. 6, commi 1 e 2, del D.L.vo n. 251/2004 e dall art. 1, comma 911, della legge n. 296/2006) a rappresentare il fulcro della solidarietà: in caso di appalto di opere e servizi il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti. Il comma 3 ter, ferme restando le sanzioni9 previste in caso di somministrazione irregolare e quelle relative alla instaurazione dei rapporti di lavoro, esclude dalla responsabilità solidale il committente persona fisica che non eserciti attività d impresa o professionale come, ad esempio, il cittadino privato che ha affidato ad un impresa lavori all interno della propria abitazione. La solidarietà è senza tetto, nel senso che è piena per le voci richiamate, ma è soggetta ad un limite temporale di durata: due anni dalla cessazione dell appalto o del subappalto. Ad avviso di chi scrive, la solidarietà risponde, innanzitutto, ad una esigenza di carattere generale: il committente deve affidare i propri lavori a soggetti provvisti sia di idonea capacità organizzativa che di forza economica : sotto questo aspetto gli adempimenti che, sul piano della sicurezza, in caso di affidamento di lavori in appalto il Legislatore richiede all art. 26 del D.L.vo n. 81/2008, si pongono in continuità con i dettati

dell art. 29, comma 2 (acquisizione del certificato di iscrizione alla Camera di Commercio, possesso dei requisiti di idoneità tecnico professionale, ecc.). Si rende, ora, necessario qualche piccolo chiarimento. Il primo è rappresentato dal fatto che il termine di due anni dalla cessazione dell appalto va inteso come termine massimo entro cui i lavoratori interessati a rivendicazioni di natura economica possono proporre un azione rivendicativa nei confronti del committente, mentre per quel che concerne l appaltatore o il subappaltatore con il quale hanno avuto una prestazione lavorativa alle dipendenze, i termini di prescrizione dei crediti sono quelli ordinari. Per completezza di informazione va ricordato come l attivazione del ricorso giudiziale debba obbligatoriamente essere preceduta dal tentativo obbligatorio di conciliazione da espletare avanti alla commissione provinciale costituita presso la Direzione del Lavoro, o in sede sindacale ex art. 411 c.p.c. C è un unica eccezione al tentativo obbligatorio con possibilità di andare direttamente in giudizio: essa riguarda l eventuale controversia promossa da lavoratori impegnati in appalti di servizi (c è l obbligazione in solido dell appaltante, secondo la previsione dell art. 3, comma 3, del D.L.vo n. 72/2000) e dipendenti da imprese stabilite in uno Stato dell Unione Europea diverso dall Italia. L art. 6, comma 2, consente di by passare l art. 410 c.p.c.. Ma sul punto relativo al termine biennale dalla scadenza dell appalto per un azione rivendicativa, come ci si deve comportare in tutte quelle ipotesi in cui l appalto principale scade dopo un periodo particolarmente lungo, ma i vari subappalti finiscono ben prima dello stesso? In sostanza, i termini vanno considerati dalla fine dell appalto principale o dalla cessazione dei singoli subappalti che, tecnicamente, nel rapporto appaltatore subappaltatore sono dei normali appalti? Ad avviso di chi scrive, la scadenza biennale per la responsabilità solidale nei confronti del committente è riferita al singolo appalto (o subappalto) ove sono stati impiegati i lavoratori, non potendo protrarsi nel tempo, a dismisura, eventuali obbligazioni solidali (si pensi, ad esempio, ad appalti che si protraggono per tantissimi anni nelle c.d. grandi opere ). Un ulteriore chiarimento concerne il riferimento alla corresponsione ai lavoratori dei contributi previdenziali dovuti. Si tratta di una imprecisione terminologica, atteso che i versamenti contributivi sono dovuti non ai lavoratori ma agli Istituti previdenziali. Piuttosto, va chiarito che allorquando il Legislatore ha fatto riferimento alla contribuzione ha inteso riferirsi a tutti quei versamenti (previdenziali ed assicurativi) che scaturiscono, per legge, dall attivazione di un rapporto di lavoro. Se così non fosse, paradossalmente, l appaltatore

ed il subappaltatore sarebbero solidalmente tenuti al versamento dei premi assicurativi per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali perché così afferma espressamente il comma 28 dell art. 35 della legge n. 248/2006, ma tale solidarietà non ci sarebbe a carico del committente, atteso che l art. 29, comma 2, parla soltanto di contributi previdenziali dovuti. Un terzo chiarimento concerne la responsabilità solidale per i trattamenti dovuti: superata la parità di retribuzione con il personale interno, il Legislatore riconosce che il contratto di appalto può portare a trattamenti economici diversi. La responsabilità del committente è relativa alle retribuzioni previste dal CCNL applicato al personale in forza presso l appaltatore o i subappaltatori. Va ricordato, peraltro, che, per effetto dell art. 7 della legge n. 31/2008, in caso di più contratti collettivi applicati in un determinato ambito territoriale, ai soci lavoratori delle società cooperative va riconosciuto quello sottoscritto dalle associazioni sindacali e dalle associazioni di rappresentanza del mondo cooperativo comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Ovviamente, quando si parla di responsabilità solidale del committente ci si riferisce anche al c.d. danno differenziale, ossia ai danni per i quali il lavoratore, dipendente da imprese della filiera appaltisubappalti, non risulti indennizzato dall INAIL o dall IPSEMA (settore marittimo), fatti salvi i casi di rischi propri riferibili a queste ultime (art. 26, comma 4, del D. L.vo n. 81/2008, che ha ripreso, sostanzialmente, il contenuto dell art. 1, comma 910, della legge n. 297/2006). Un altra questione da risolvere riguarda l individuazione dei lavoratori per i quali scatta la responsabilità solidale: essi sono quelli che direttamente sono stati impegnati nell esecuzione dell opera, con l ovvia esclusione di coloro che nell impresa appaltatrice o in quella subappaltatrice sono stati impiegati in attività meramente strumentali che nulla hanno a che vedere con l opera realizzata. (ad esempio, impiegati amministrativi). Un quinto problema riguarda l applicabilità o meno del principio solidaristico ex art. 29, comma 2, al committente pubblico: qui la risposta, ad avviso di chi scrive, è negativa atteso che l art. 1, comma 2, del D. L.vo n. 276/2003 afferma che lo stesso non si applica, se non espressamente richiamato, alla Pubblica Amministrazione ed al loro personale, cosa che, nel caso di specie, non si rinviene (a differenza, ad esempio, dell art. 19 sanzioni in materia di rapporto di lavoro -, dell art. 86, comma 9, primo periodo contratti di somministrazione a tempo determinato e dell art. 86, comma 9, secondo periodo - contratti di formazione e lavoro -).

Alla Pubblica Amministrazione in qualità di committente non può che trovare, al momento, applicazione l art. 1676 c.c. il quale afferma che coloro che alle dipendenze dell appaltatore hanno dato la loro attività per eseguire l opera o prestare il servizio possono proporre azione diretta contro il committente per conseguire quanto è loro dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l appaltatore nel tempo in cui essi propongono la domanda. Si tratta, come appare evidente, di una responsabilità solidale minore, peraltro ritenta ammissibile dalla Magistrature di legittimità (Cass., 405171984, Cass., 3559/2001). Il limite è rappresentato dalla concorrenza del debito riferito al momento in cui il lavoratore presenta l istanza. Ciò significa che, se per ipotesi, quanto dovuto all appaltatore è stato completamente saldato, non c è alcuna forma solidaristica. La norma, peraltro, parlando di quanto è dovuto, potrebbe far pensare, da un punto di vista teorico, alla possibile presentazione di una rivendicazione per somme anche non strettamente afferenti il rapporto di lavoro. Modena, 23 giugno 2008 Eufranio MASSI Dirigente della Direzione provinciale del Lavoro di Modena