PREMESSA La diffusione del virus HIV-1, responsabile nell'uomo della sindrome da immunodeficienza acquisita, continua incontrastata in buona parte del mondo ed in particolare in Africa. In tale continente i primi casi di sindrome da immunodeficienza acquisita sono stati segnalati in paesi della regione centrale intorno al 1982. Da allora questa infezione virale si è propagata, dapprima lentamente poi via via più rapidamente, sino ad interessare tutte le nazioni della parte centro-orientale del territorio africano ed oggi tale infezione si riscontra anche in diversi paesi dell'africa occidentale e meridionale. (Piot,1993) In questo studio si è valutata la prevalenza di infezione da HIV-1 in un gruppo di studenti provenienti dai diversi continenti e soggiornanti temporaneamente a Torino, presso il Bureau International du Travail, per corsi di perfezionamento ed aggiornamento professionale. Si è successivamente accentrato l'interesse sul campione di studenti provenienti dal solo continente Africano al fine di valutare tramite test di screening e di conferma la prevalenza di questa infezione sia nell'intera popolazione che nelle 4 distinte aree in cui il territorio africano è stato scomposto: settentrionale, centro-orientale, occidentale e meridionale. Si è infine cercato di accertare l'esistenza di associazione tra presenza di anticorpi specifici per HIV-1 ed alcuni presumibili fattori di rischio quali: malattie sessualmente trasmesse, malaria, tubercolosi ed ospedalizzazioni. -5-
INTRODUZIONE -6-
CENNI STORICI Sono trascorsi ormai dieci anni da quando la Sindrome da Immunodeficienza Acquisita si è imposta alla nostra attenzione. I primi casi si sono verificati nel relativamente lontano 1981. Risale al giugno 1981 la prima segnalazione ufficiale al mondo medico scientifico da parte del CDC (Center For Disease Control) della comparsa di 5 casi di polmonite da Pneumocistys Carinii verificatisi nei mesi precedenti in giovani omosessuali maschi di Los Angeles. Tale patologia il cui agente eziologico è un microrganismo di incerta classificazione, generalmente considerato un protozoo, sino ad allora si era incontrata molto raramente e solo in individui gravemente immunodepressi. I cinque casi segnalati erano persone che non presentavano alcuna causa allora nota di immunodeficienza. Sempre nello stesso periodo giunse al CDC la segnalazione da New York di diversi casi di Pneumocistys Carinii associati a sarcoma di Kaposi ancora in giovani omosessuali maschi. Il sarcoma di Kaposi, forma di tumore vascolare che sino ad allora aveva interessato soprattutto individui con più di 60 anni, nei quali si localizzava quasi esclusivamente a livello della cute degli arti inferiori, nei casi denunciati presentava localizzazioni multiple anche al capo, al collo, al tronco, agli arti superiori, nonchè nei visceri. -7-
I casi di associazione delle due patologie, accompagnate frequentemente anche da altre infezioni opportunistiche, aumentarono nei mesi seguenti e si osservarono anche in altri gruppi di popolazione: tossicodipendenti che facevano uso di stupefacenti per via endovenosa, emofilici, trasfusi o sottoposti ad infusioni di emoderivati. I dati epidemiologici raccolti dai CDC nel 1982 consentirono di affermare che si trattava di una nuova malattia infettiva e siccome tutti i malati presentavano come caratteristica comune un grave deficit immunitario, alla nuova malattia venne dato il nome di " AIDS " da Acquired Immuno Deficiency Syndrome (sindrome da immunodeficienza acquisita). Negli anni seguenti si identificarono casi di AIDS anche in altri continenti: in Europa, in Africa ecc... Si dimostrò poi che la malattia era trasmissibile oltre che tramite rapporti omosessuali, anche tramite quelli eterosessuali nonchè da madre a figlio. Era oramai certo che responsabile dell' AIDS era un agente infettivo virale trasmissibile per via ematica, sessuale e materno fetale. Nel 1983 ricercatori francesi dell' Institu Pasteur di Parigi guidati da Luc Montagnier identificarono un virus nei linfonodi dei malati di AIDS, che denominarono LAV ( Virus Associato alla Linfoadenopatia ). (Barré-Sinoussi, 1983 ) L'anno successivo in USA, Robert Gallo ed i suoi collaboratori del National Cancer Institute di Bethesda, annunciarono di aver isolato da soggetti con AIDS il virus -8-
ritenuto responsabile della malattia; ad esso venne dato il nome di HTLV-III (Human T-Lymphotropic Virus type III ). ( Gallo, 1984 ) Nel 1985 venne poi dimostrata la struttura genetica del virus dell' AIDS e si scoprì che LAV e HTLV- III erano lo stesso virus. Il Comitato Internazionale per la Tassonomia dei Virus propose allora il nome di HIV da Human Immunodeficiency Virus ( virus dell'immunodeficienza umana ) che venne accettato ufficialmente in tutto il mondo solo nel 1986. All'inizio del 1985 si isolò da un paziente senegalese, che presentava il quadro clinico dell' AIDS un retrovirus con caratteristiche simili a quelle di HIV, ma sufficientemente differenziato da essere considerato un sierotipo diverso. Per tale motivo esso venne denominato HIV-2, riservando all'isolato iniziale il nome di HIV-1. HIV-2, diffuso soprattutto in Africa nord-occidentale, sembra possedere minore capacità patogena rispetto ad HIV-1. ( Essex, 1988 ) La scienza ha risposto con prontezza alla nuova epidemia. In due anni, dalla metà del 1982 alla metà del 1984, ne sono stati chiariti i caratteri principali, è stato isolato il nuovo virus: " il VIRUS dell'immunodeficienza dell'uomo " e si è dimostrato che esso è la causa della malattia, sono stati messi a punto degli specifici esami del sangue ( nel 1985 è stato approvato ufficialmente l'uso di un test immunoenzimatico chiamato " ELISA " per lo screening delle donazioni di sangue e per la diagnosi di infezione ) e sono stati individuati i bersagli del virus nell'organismo. -9-
Dopo l'impulso iniziale i progressi sono stati costanti anche se lenti. Nonostante, comunque, l'elevato impegno del mondo scientifico non è ancora disponibile alcuna cura definitiva o vaccino e l'epidemia continua a diffondersi. (Gallo, 1988 ). La Zidovudina ( AZT ) approvata nel 1987 per il trattamento di pazienti con AIDS o in stato avanzato di infezione, pur avendo degli effetti benefici, infatti sembra possa prolungare il periodo medio di sopravvivenza dei pazienti affetti da AIDS in fase avanzata di circa un anno, non rappresenta una risposta definitiva, poichè può essere tossico soprattutto per il midollo osseo. (Yarchoan, 1988 ) -10-
ORIGINE I primi retrovirus sono stati scoperti agli inizi del XX secolo come il virus del Sarcoma di Rous ( RSV ) e il virus ALV (Avian Leukemia Virus). Quarant'anni dopo Gross ( 1951 ) ha evidenziato il primo retrovirus murino: il virus della leucemia murina (MULV ). Infine recentemente sono stati identificati dei retrovirus umani come HTLV e HIV. Virus appartenenti a questa famiglia sono stati osservati però anche in molteplici vertebrati, in un mollusco ( mitilo ), in un anellide ( tenia ), e un insetto ( mosca ) e questo ne accentua il carattere universale. Perciò si può sostenere che i retrovirus umani tra i quali quello dell'immunodeficienza esistano senza ombra di dubbio da lungo tempo confinati in qualche regione del mondo. Gli aumentati scambi commerciali e l'incremento del flusso migratorio delle popolazioni avrebbero favorito la diffusione della malattia. ( Darlix, 1991 ) -11-
AGENTE EZIOLOGICO TASSONOMIA I virus dell'immunodeficienza umana appartengono alla famiglia RETROVIRIDAE. Tale famiglia comprende virus a RNA con nucleocapside a simmetria elicoidale rivestito da capside icosaedrico, avvolto da pericapside lipidico con diametro intorno ai 100 nm. I retrovirus sono caratterizzati dalla capacità di codificare la sintesi di transcriptasi inversa ( DNA polimerasi RNA dipendente ), enzima che consente al virus di trascrivere il proprio genoma RNA in DNA. La versione DNA del genoma virale grazie all'enzima integrasi viene integrato come provirus nel genoma della cellula ospite che resterà pertanto indefinitivamente infetta e produrrà replicandosi una progenie cellulare a sua volta infetta. L'integrazione è responsabile di due aspetti caratteristici delle infezioni retrovirali: la latenza e il decorso clinico a poussés. Frequentemente i virus appartenenti a questa famiglia instaurano infezioni croniche nei loro ospiti in quanto i retrovirus, in linea di massima, non esercitano attività tossica e la maggior parte di essi non esercita attività citolitica. -12-
PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEI RETROVIRUS FORMA GRANDEZZA PERICAPSIDE SIMMETRIA AC. NUCLEICO REPLICAZIONE ALTRE PECULIARITA' : ROTONDA 100 nm circa PRESENTE ELICOIDALE E CUBICA RNA MONOELICA CITOPLASMATICA -TRANSCRIPTASI INVERSA -INTEGRASI -ASSENZA CITOCIDIA I virus appartenenti alla famiglia RETROVIRIDAE, capaci di provocare neoplasie o malattie infiammatorie croniche degenerative, in base ad un criterio prevalentemente patogenetico, senza però trascurare le caratteristiche morfologiche e di sequenza genomica, vengono ragruppati in tre sottofamiglie. -13-
SOTTOFAMIGLIA GENERE CARATTERISTICHE ONCOVIRINAE ONCOVIRUS VIRUS TRASFORMANTI, ONCOGENI. LENTIVIRINAE LENTIVIRUS VIRUS CITOLITICI, responsabili di malattie cronico-degenerative. SPUMAVIRINAE SPUMAVIRUS VIRUS responsabili di lesioni SCHIUMOSO-SPONGIFORMI. ONCOVIRUS Questo genere comprende tutti i virus a RNA tumorigeni. Essi posseggono come tutti gli altri retrovirus RNA nel codice genetico, l'enzima transcriptasi inversa che consente di sintetizzare DNA sullo stampo di RNA virale e l'integrasi che ne permette l'inserimento nel genoma della cellula ospite determinandone la trasformazione. Tali virus pur producendo all'interno della cellula ospite nuovi virioni, solo sporadicamente ne inducono la lisi. Esistono 4 tipi morfologici di oncovirus, distinguibili tramite osservazione al microscopio elettronico, che vengono indicati con le lettere A,B,C,e D. -14-
TIPO A : Sono sempre intracitoplasmatici, localizzati nel reticolo endoplasmatico e nelle cisterne della cellula ospite. Mancano tutti di pericapside. Sono di due categorie : 1) Di 75 nm di diametro, costituisce il precursore dei virioni di tipo B che possono essere individuati prima dell'acquisizione del pericapside. 2) Di 60-90 nm di diametro, costituisce una specie di oncovirus a se stante, che alcuni autori considerano distinta dagli oncovirus, e chiamano cisternavirus A ( interessano cavie e topi ). TIPO B: Sono caratterizzati dalla posizione eccentrica del nucleocapside, con un diametro di 100-125 nm. Presentano un pericapside dal quale protrudono i peplomeri. Il virus più importante di questo tipo è quello di Bittner che induce la comparsa di Adenocarcinoma Mammario nel topo.tale tumore può essere trasmesso da una generazione all'altra tramite il latte materno. -15-
TIPO C: Presentano il nucleocapside in posizione centrale con diametro intorno ai 100 nm. Numerosi oncovirus sono di questo tipo. Fra questi abbiamo: il Virus del Sarcoma dei Polli ( o Virus di Rous) che provoca leucemia nei polli e in altri uccelli, altri virus che determinano leucemie e tumori sempre in campo aviario, virus tumorigeni dei rettili ( virus della vipera ), virus oncogeni e leucemogeni dei mammiferi ( topo, gatto, hamster, suini, bovini, primati ) a cui si sono aggiunti in tempi recenti i due virus leucemogeni per l'uomo: HTLV-I e II. TIPO D: Con piccole differenze rispetto ai virioni di tipo C. Il nucleocapside è cilindrico o a forma di sbarra ed è più piccolo di quello degli altri tre tipi. E' caratteristico di alcuni primati. -16-