IN QUESTO NUMERO. Jobs act e flessibilità gestionale: una importante novità di Enrico Cazzulani

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N 43 Novembre 2015 IN QUESTO NUMERO Jobs act e flessibilità gestionale: una importante novità di Enrico Cazzulani Jobs Act e jus variandi: una riforma attesa da oltre 40 anni. di Angelo Zambelli Mobilità orizzontale: dal principio di necessaria «equivalenza» alla nozione di «livello e categoria legale di inquadramento». di Aldo Bottini L assegnazione a mansioni superiori: il quadro normativo attuale. di Giuseppe Bulgarini d Elci La modifica delle mansioni e gli accordi in sede protetta. di Antonella Negri Modifica in peius, obbligo formativo e possibili conseguenze in tema di repechage. di Giorgio Molteni Mutamento di mansioni e ruolo della contrattazione collettiva. di Simonetta Candela Fotolia.com 1

JOBS ACT E FLESSIBILITÀ GESTIONALE UNA IMPORTANTE NOVITÀ di Enrico Cazzulani Past President AIDP Gruppo Regionale Lombardia Troppo spesso in questi mesi l attenzione degli operatori e dei media si è concentrata sulla flessibilità introdotta dal Jobs Act relativamente all inizio e alla fine del rapporto di lavoro. Su quest ultimo punto, in particolare, e sull abolizione dell articolo 18 sembra essere focalizzato il dibattito che la nuova legislazione ha suscitato. Senza negare l importanza di questi importanti cambiamenti e del loro impatto sulla vita lavorativa, penso sia importante dedicare la dovuta attenzione anche ad altre novità, forse meno appariscenti ma non meno importanti, introdotte dalla nuova legislazione. In questo contesto sembra importante commentare, dopo quanto fatto nell ultimo numero della nostra newsletter dedicata ai controlli a distanza, un'altra rilevantissima novità introdotta nel nostro ordinamento con la nuova disciplina del mutamento di mansioni: si tratta di un importante elemento che favorisce la flessibilità organizzativa e gestionale e che, perciò, va maneggiato con cura evitando ogni possibile forma di abuso. JOBS ACT E JUS VARIANDI: UNA RIFORMA ATTESA DA OLTRE 40 ANNI di Angelo Zambelli Grimaldi Studio Legale 3 del D.Lgs. 81/2015, nell ambito del c.d. Jobs Act, ha riformato integralmente l'articolo 2103 del codice civile, modificando in modo sostanziale la disciplina sulle mansioni introdotta, nel 1970, dall'art. 13 dello L'art. Statuto dei Lavoratori. La norma statutaria aveva stabilito limiti stringenti all'esercizio del c.d. jus variandi del datore di lavoro, vale a dire la possibilità per quest ultimo di modificare unilateralmente le mansioni del lavoratore, limiti che sono rimasti inalterati sino all'entrata in vigore, il 25 giugno scorso, del Decreto in esame. La revisione della disciplina delle mansioni si pone l obiettivo di bilanciare due diversi interessi: da un lato, quello dell impresa ad impiegare al meglio i propri dipendenti e, dall'altro, l interesse dei lavoratori a vedere tutelata non solo la propria professionalità, ma anche il posto di lavoro. Si assiste, quindi, dopo oltre 40 anni dall'entrata in vigore dello Statuto dei Lavoratori, al passaggio da una mobilità fortemente vincolata ad una mobilità diversificata a seconda delle ragioni che la giustificano. Una delle novità di maggior rilievo è certamente rappresentata dalla rimozione del principio della necessaria equivalenza tra mansioni, che costituiva il limite invalicabile allo jus variandi. Ed invero, il D.Lgs. 81/2015 ha ampliato lo 444 2

spazio d'azione per la mobilità orizzontale, consentendo al datore di lavoro di assegnare al dipendente qualunque mansione riconducibile «allo stesso livello e categoria legale di inquadramento». Non solo: nella nuova norma codicistica è saltato anche il principio correlato dell irriducibilità della retribuzione, previsto in precedenza. Il nuovo testo dell art. 2103 c.c. modifica altresì la mobilità verticale: infatti il lavoratore, qualora per un periodo continuativo di sei mesi (anziché tre, come stabilito nella precedente versione) ovvero per il diverso periodo previsto dalla contrattazione collettiva, venga assegnato a mansioni superiori, ha diritto al relativo inquadramento, salvo che novità della norma - non vi rinunzi ovvero l assegnazione alle mansioni superiori non sia avvenuta per sostituire un altro lavoratore in servizio. Oltre alle citate modifiche, il Decreto in parola ha introdotto la possibilità per il datore di lavoro di assegnare il lavoratore a mansioni inferiori - purché rientranti nella medesima categoria legale - in caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali aventi incidenza sulla posizione del lavoratore ovvero nelle ulteriori ipotesi stabilite dai contratti collettivi. In tali casi il mutamento di mansioni dovrà essere comunicato per iscritto al lavoratore, a pena di nullità, fermo restando il diritto di quest ultimo a conservare il livello di inquadramento ed il medesimo trattamento retributivo, fatta eccezione per gli elementi retributivi collegati a particolari modalità di svolgimento della precedente prestazione lavorativa (quale ad esempio, l indennità di trasferta ove non più prevista in ragione delle nuove mansioni). La nuova formulazione dell art. 2103 c.c. prevede espressamente, inoltre, la possibilità di stipulare in sede protetta accordi individuali di modifica delle mansioni, della categoria legale e del livello di inquadramento e della relativa retribuzione, qualora sussista un interesse del lavoratore alla conservazione dell'occupazione, all'acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita. Da quanto sopra appare evidente come la nuova disciplina, a differenza di quella precedente - evidentemente ispirata ad una sorta di principio di irreversibilità della posizione professionale del lavoratore pur tenendo in considerazione gli interessi del lavoratore, mostri di dare rilievo alle effettive esigenze aziendali e quindi alla volontà dell'imprenditore che, dopo quasi mezzo secolo di applicazione di una normativa dai contenuti estremamente rigidi, potrà ora contare su limiti meno rigorosi nell'assegnazione delle mansioni ai propri dipendenti. Fotolia.com 3

Fotolia.com MOBILITÀ ORIZZONTALE: DAL PRINCIPIO DI NECESSARIA «EQUIVALENZA» ALLA NOZIONE DI «LIVELLO E CATEGORIA LEGALE DI INQUADRAMENTO» di Aldo Bottini Toffoletto De Luca Tamajo e Soci Il decreto legislativo n. 81/2015, ormai noto come il codice dei contratti, riscrive, all art. 3, il testo dell'art. 2103 del codice civile, che regola la possibilità di modificare le mansioni del lavoratore (il c.d. ius variandi). La nuova norma si applica a tutti i lavoratori, e non solo ai nuovi assunti come la disciplina dei licenziamenti. Si tratta di un intervento di grande impatto pratico, che rende più flessibile (e quindi più attrattivo) il lavoro subordinato anche durante il rapporto, e non solo alla sua cessazione. E quindi perfettamente coerente con l impianto generale del Jobs act. La vecchia norma, che risaliva allo Statuto dei lavoratori del 1970, era caratterizzata da una particolare rigidità, che ostacolava in maniera rilevante qualsiasi processo di riorganizzazione aziendale. Lo ius variandi poteva esercitarsi solo tra mansioni equivalenti. La nozione di equivalenza, peraltro, è stata elaborata nel corso degli anni dalla giurisprudenza in termini piuttosto restrittivi, coinvolgendo non solo il profilo oggettivo (parità di contenuto professionale) ma anche quello soggettivo (coerenza con il bagaglio professionale acquisito). In questo quadro, i margini di discrezionalità della valutazione giudiziale erano molto ampi, ben potendo il giudice anche prescindere dalle considerazioni che hanno portato i contraenti collettivi a collocare determinati profili professionali nello stesso livello di inquadramento. Rispetto a questo panorama, il decreto opera significative innovazioni. Innanzitutto amplia lo spazio all'interno del quale può liberamente (cioè sen- 4

za necessità di motivazione) esercitarsi il mutamento unilaterale di mansioni: non più mansioni equivalenti alle ultime svolte, ma mansioni riconducibili allo stesso livello di inquadramento contrattuale e alla stessa categoria legale di appartenenza (dirigente, quadro, operaio, impiegato art. 2095 cod. civ.). Il giudice non potrà più fare alcuna valutazione (autonoma) di equivalenza tra le nuove mansioni e quelle precedenti, ma dovrà limitarsi a verificare che il mutamento rimanga all interno dello stesso livello e categoria. Anche sotto questo profilo, la limitazione della discrezionalità del giudice appare coerente con la filosofia del Jobs act. Ne esce invece valorizzato il ruolo della contrattazione collettiva. Sarà, infatti, sostanzialmente quest ultima a delimitare l ambito in cui può liberamente applicarsi la c.d. mobilità orizzontale, cioè lo spostamento lecito e acausale da una mansione a un altra, fermo restando naturalmente il limite della categoria legale. Il che comporta la necessità di porre particolare attenzione, in sede di redazione dei contratti collettivi, nella definizione di declaratorie e profili, che d ora in avanti segneranno i confini della (libera) mobilità orizzontale. Si potrà porre, poi, un tema di interpretazione della volontà delle parti collettive in quei settori (ad esempio le banche) in cui viene utilizzato un sistema di inquadramento basato non su livelli a ciascuno dei quali corrisponde un determinato trattamento retributivo, bensì altri che si articolano in ampie aree professionali suddivise in più specifici profili o posizioni che identificano la retribuzione dovuta. Va infatti identificato, in questi casi, quale dei due raggruppamenti corrisponda al livello menzionato dalla norma di legge. La modifica delle mansioni all interno del livello e della categoria non è solo acausale, ma anche libera nella forma, non essendo richiesta, diversamente dal caso dell assegnazione al livello inferiore, la forma scritta. E invece previsto, ove necessario, l assolvimento dell obbligo formativo, il cui mancato adempimento non determina comunque la nullità della modifica. L ASSEGNAZIONE A MANSIONI SUPERIORI: IL QUADRO NORMATIVO ATTUALE di Giuseppe Bulgarini d Elci Carnelutti Studio Legale Associato Ai sensi del nuovo art. 2103 c.c., in caso di assegnazione a mansioni superiori il lavoratore ha diritto al trattamento corrispondente alle più qualificanti attività svolte, in ciò risultando confermata la disciplina previgente. L assegnazione diviene, quindi, definitiva, salva diversa volontà del lavoratore, ove la medesima non abbia avuto luogo per ragioni sostitutive di altro lavoratore in servizio, dopo il periodo fissato dai contratti collettivi o, in mancanza, dopo sei mesi continuativi. In questo secondo passaggio della novella, si collocano sensibili novità rispetto al vecchio testo. Anzitutto, il novellato testo dell art. 2103 c.c. espressamente consente al lavoratore di esprimere il proprio diniego alla definitiva promozione nel superiore livello di inquadramento, laddove una analoga previsione non era presente nella precedente formulazione. La giurisprudenza si era già espressa, peraltro, 5

nel senso della possibilità, per il lavoratore, di rinunciare all effetto della promozione automatica sancito dall art. 2103 c.c., purché la decisione unilaterale del dipendente adibito alle mansioni superiori fosse stata determinata da una sua scelta esclusiva e non indotta dal datore di lavoro. In secondo luogo, cambia sensibilmente il termine di durata dello svolgimento di funzioni superiori necessario a far scattare la promozione automatica, che era fissato in tre mesi nella previgente formulazione della norma e viene oggi aumentato a sei mesi. Va registrato, inoltre, che oggi i sei mesi devono essere «continuativi», mentre durante la vigenza della vecchia norma nulla era stato disposto in merito ai criteri di computo dell intervallo temporale, lasciando uno spazio aperto ad interpretazioni contrastanti. Un primo gruppo di decisioni aveva ritenuto necessaria, ai fini della promozione automatica, la frequenza e sistematicità di reiterate assegnazioni di un lavoratore allo svolgimento di mansioni superiori, richiedendosi altresì la prova di una programmazione iniziale della molteplicità degli incarichi e di una predeterminazione utilitaristica di siffatto comportamento da parte del datore di lavoro. In senso contrario, un altro gruppo di decisioni aveva ritenuto cumulabili periodi di breve assegnazione alle mansioni superiori intervenuti con carattere di frequenza e sistematicità, prescindendosi dall esistenza di un intento datoriale fraudolento. Il contrasto non avrà più ragion d essere d ora in avanti, considerando che il novellato art. 2103 c.c. ancora il diritto del lavoratore al superiore inquadramento contrattuale all esercizio continuativo dunque, con esclusione di uno svolgimento frazionato di mansioni riconducibili al più elevato livello di inquadramento per sei mesi ininterrotti. Tanto nel precedente quanto nel nuovo testo, l effetto della promozione automatica per lo spirare del termine previsto dalla legge (o dalla contrattazione collettiva) non si produce nel caso in cui il lavoratore sia adibito allo svolgimento di mansioni superiori allo scopo di sostituire un lavoratore assente. Anche qui, tuttavia, si registra una novità di non scarso rilievo, perché la previgente formulazione dell art. 2103 c.c. si riferiva all ipotesi dei lavoratori assenti «con diritto alla conservazione del posto». Viceversa, il novellato testo esclude tout court dalla promozione l ipotesi in cui le mansioni superiori siano state affidate per ragioni sostitutive di «altro lavoratore in servizio», risultando in tal modo allargata la previsione ad ogni ipotesi di sostituzione di lavoratori assenti, ivi compresi i casi in cui ciò non sia dipeso da una condizione soggettiva del lavoratore medesimo (es., malattia o gravidanza), bensì da una programmata esigenza datoriale (es., lavoratore in distacco o trasferito). Fotolia.com 6

LA MODIFICA DELLE MANSIONI E GLI ACCORDI IN SEDE PROTETTA Fotolia.com di Antonella Negri BonelliErede Il D.Lgs. 81/2015, modificando il testo dell art. 2103 cod. civ., ha introdotto anche la possibilità di modificare in peius mansioni, livello, inquadramento del lavoratore ed il relativo trattamento economico e normativo. Il patto di demansionamento non è una novità assoluta: già dal 1991 è espressamente previsto nell ambito della procedura sindacale per i licenziamenti collettivi (art. 4 Legge 223/1991) e, per costante giurisprudenza, è consentito se finalizzato a salvare il posto di lavoro. Il nuovo disposto dell art. 2103 c.c. ne detta però ora una disciplina generale, prevedendo garanzie sostanziali e formali a tutela dei lavoratori. Da un punto di vista sostanziale, i patti debbono essere ricondotti a causali specifiche e tassative: «conservazione dell occupazione», «acquisizione di una diversa professionalità», «miglioramento delle condizioni di vita». La prima ragione giustifica il demansionamento quale alternativa al recesso datoriale recependo così quanto la giurisprudenza delle nostre corti ha già ammesso. Certamente applicabile per evitare licenziamenti per motivo oggettivo (soppressione del posto di lavoro), la norma potrebbe però avere anche una più ampia applicazione potendosi, ad esempio, riferire anche a un re(sotto) inquadramento di un lavoratore dimostratosi inadeguato a svolgere una certa attività o che non abbia superato il periodo di prova. La seconda causale pare riferirsi a modifiche così radicali di mansioni, con mutamento anche di settore, per cui il lavoratore si troverebbe a dover ricostruire la propria professionalità. La ragione, diversa dal mantenimento del posto di lavoro, che potrebbe spingere il lavoratore a tale scelta, potrebbe essere quella di intraprendere un nuovo percorso professionale che gli potrebbe consentire, in futuro, migliori prospettive di crescita e di carriera. La terza ipotesi riguarda, invece, la sfera personale del lavoratore e (quasi opposta alla precedente) sembra una declinazione della, ormai nota, filosofia del downshifting: lavorare meno o con minor responsabilità e stress, guadagnar meno, ma vivere meglio preservando energie da dedicare ai propri interessi. Con queste specifiche causali, al lavoratore potrà essere attribuito un nuovo e inferiore inquadramento contrattuale (addirittura una diversa categoria legale) cui corrisponderà altresì una riduzione della retribuzione che dovrà essere rispettosa solo dei minimi del nuovo livello di inquadramento (fermo restando, ovviamente, ogni trattamento di miglior favore eventualmente concordato tra le parti). L impatto del nuovo e inferiore inquadramento avrà, poi, effetto anche su tutti altri istituti connessi alla esecuzione e cessazione del rapporto (numero di giorni di ferie, durata del comporto o del preavviso). Dal punto di vista formale, la garanzia per i lavoratori è costituita dal fatto che tale patto dovrà essere sottoscritto in «sede protetta», ovvero di fronte alle commissioni di conciliazione istituite presso la Direzione territoriale del lavoro, in sede sindacale o presso le sedi di certificazione, con diritto dei lavoratori ad essere assistiti da un rappresentante sindacale, consulente del lavoro o avvocato. Le commissioni dovranno accertare sia la genuinità del consenso del lavoratore che la sussistenza delle causali indicate nell accordo, che dunque sarà bene esplicitare nell accordo stesso. La legge non specifica le conseguenze di un accordo certificato in assenza delle effettive specifiche causali, ma dovrebbe ritenersi, in base ai principi generali, che lo stesso possa essere impugnato giudizialmente dal lavoratore. 7

MODIFICA IN PEIUS, OBBLIGO FORMATIVO E POSSIBILI CONSEGUENZE IN TEMA DI REPECHAGE di Giorgio Molteni Trifirò & s Avvocati Il D. Lgs. n. 81/2015, con un innovazione di ampia portata rispetto alla disciplina previgente, prevede la possibilità di assegnare il lavoratore a mansioni appartenenti al livello di inquadramento immediatamente inferiore (purché rientranti ex art. 2095 cod. civ. nella medesima categoria legale) in caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incida sulla sua posizione e nelle ulteriori ipotesi stabilite dai contratti collettivi, anche aziendali. La condizione prevista dal decreto per l assegnazione di mansioni inferiori (riassetto organizzativo) pare essere più ampia rispetto a quella (processi di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale, da individuare sulla base di parametri oggettivi) cui fa riferimento la legge delega, il che potrebbe porre problemi di costituzionalità sotto il profilo dell eccesso di delega. La modifica degli assetti organizzativi non presuppone necessariamente una situazione di crisi e neppure è necessario che il demansionamento sia l unica possibile alternativa al licenziamento; qualunque vicenda determinativa di un mutamento dell organizzazione aziendale (ad esempio, ammodernamento tecnologico) che incide sulla posizione del lavoratore può giustificarne l assegnazione a mansioni inferiori, fermo restando che la modifica organizzativa non può esaurirsi nel mero demansionamento, che ne deve invece essere la conseguenza diretta. Se il riassetto organizzativo incide sulla posizione di più lavoratori, il datore può scegliere quello cui attribuire mansioni inferiori; alla scelta non paiono analogicamente applicabili, stante la diversità della fattispecie, i criteri di cui all art.5 della legge 223/91, fatto salvo il generale divieto di atti discriminatori. La normativa in esame prevede altresì che il mutamento di mansioni sia accompagnato, ove necessario, dall assolvimento dell obbligo formativo, il cui mancato adempimento non determina comunque la nullità dell atto di assegnazione delle nuove mansioni. Ciò non significa, però, che la violazione dell obbligo formativo sia priva di effetti, dovendosi invece ritenere che essa renda non imputabile al dipendente la sua eventuale inadeguatezza al nuovo ruolo (da cui non potrà quindi conseguire l applicazione di sanzioni disciplinari) e che, nei casi più gravi, giustifichi addirittura il rifiuto di svolgere la prestazione, ex art. 1460 c.c.. Il mutamento di mansioni va comunicato per iscritto, a pena di nullità, ed il lavoratore ha diritto a conservare il livello di inquadramento ed il trattamento retributivo in godimento, fatta eccezione per gli elementi retributivi collegati a particolari modalità di svolgimento delle precedenti mansioni; solo mediante una conciliazione in sede protetta è possibile concordare anche una riduzione del livello e/o della retribuzione, sempre che sussista l interesse del lavoratore al mantenimento dell occupazione, all acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita. Poiché la nuova norma ha ampliato il c.d. debito lavorativo del dipendente anche alle mansioni del livello inferiore, pare corretto ritenere che, in caso di soppressione di una determinata posizione lavorativa, il datore di lavoro prima di procedere al licenziamento per giustificato motivo oggettivo sia tenuto a verificare la possibilità di ricollocare il lavoratore in mansioni di livello inferiore (ove ricorrano le condizioni di cui sopra), come già affermato in passato da parte della giurisprudenza. 8

Fotolia.com MUTAMENTO DI MANSIONI E RUOLO DELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA Il (nuovo) art. 2103 c.c., al comma 4, affida ai «contratti collettivi» la possibilità di prevedere «ulteriori ipotesi di assegnazione di mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore, purché rientranti nella medesima categoria legale». Il rinvio ai «contratti collettivi», senza ulteriori specificazioni, deve essere letto in combinato disposto con l'art. 51 del medesimo decreto, secondo cui «salvo diversa previsione, ai fini del presente decreto, per contratti collettivi si intendono i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria». L'unico limite interno alla modifica delle mansioni attiene alla necessaria riconducibilità alla «medesima categoria legale» delle mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore (fermo restando che deve trattarsi di un solo livello di inquadramento inferiore). A riguardo si osserva come la nuova disposizione non risulti ancorata ad alcun presupposto 'causale'. Se ne deduce, quindi, l'ammissibilità di ipotesi aggiuntive rispetto a quelle che giustificano l'adibizione a mansioni inferiori mediante ius variandi o accordo individuale (ossia, la modifica degli assetti ordi Simonetta Candela Clifford Chance 9

ganizzativi aziendali che incida sulla prestazione del lavoratore), con ciò allontanandoci definitivamente dalla tradizionale configurazione della adibizione a mansioni inferiori come extrema ratio rispetto alla perdita del posto di lavoro. Si tratta di un strumento sicuramente innovativo ma non del tutto sconosciuto al nostro sistema giuridico, ponendosi di fatto nel solco già tracciato dall'art. 8 della legge n. 148 del 2011, di cui supera le rigidità, se non dei vincoli esterni (il rispetto dei principi costituzionali e delle disposizioni comunitarie), sicuramente di quelli interni (le finalità della legge). La contrattazione collettiva (anche aziendale) potrà, dunque, valorizzare le esigenze di flessibilità organizzativa dell'impresa, dando solidità agli esperimenti negoziali sin qui praticati dalle imprese nell'incertezza interpretativa di un dato normativo rimasto invariato per oltre quaranta anni. Peraltro, l'esigenza di flessibilità, ben potrà essere contemperata rispetto agli interessi individuali dei lavoratori, prevedendo nell'ambito degli stessi accordi termini e condizioni di assegnazione a diverse mansioni, ivi compresa la necessità di una adeguata formazione che la norma per la prima volta prevede e che potrà essere declinata in base alle specifiche circostanze ed esigenze del caso. Fotolia.com Informazioni utili Autori del numero Newsletter Andrea Orlandini Presidente AIDP Gruppo Regionale Lombardia Enrico Cazzulani Past President AIDP Gruppo Regionale Lombardia Domenico Butera Vicepresidente AIDP Gruppo Regionale Lombardia Paolo Iacci Vicepresidente AIDP e Responsabile Editoria Aldo Bottini Toffoletto De Luca Tamajo e Soci Giuseppe Bulgarini d Elci Carnelutti Studio Legale Associato Simonetta Candela Clifford Chance Giorgio Molteni Trifirò & s Avvocati Antonella Negri BonelliErede Angelo Zambelli Grimaldi Studio Legale Contatti Via Cornalia, 26-20124 Milano Tel. + 39 02.67178384 Fax. + 39 02.66719181 aidplombardia@aidp.it A cura di Paola De Gori Coordinamento redazionale Daniela Tronconi Per iscrizioni newsletter.aidplombardia@aidp.it Grafica e Impaginazione HHD - Kreita.com 10