Rinunzie e transazioni nel diritto del lavoro LAUREA MAGISTRALE - 2016 MONICA MC BRITTON
Rinunzie e transazioni nel diritto del lavoro La disciplina delle rinunzie e transazioni nel diritto del lavoro è parte del sistema di garanzia dei diritti dei lavoratori. È contenuta nell art. 2113 c.c. novellato nel 1973. È disciplina speciale rispetto al regime civilistico ordinario. Implica la compressione del potere di disposizione del lavoratore in quanto contraente debole nel rapporto contrattuale. Il regime è lo stesso anche nell ipotesi di <<parasubordinazione>>; cioè, si applica anche alle forme contrattuali di collaborazione coordinata e continuativa a carattere prevalentemente personale.
Definizioni RINUNZIA: negozio unilaterale recettizio di dismissione di un diritto da parte del suo titolare. TRANSAZIONE: contratto mediante il quale le parti, facendosi reciproche concessioni rimuovono una lite esistente o prevengono una lite futura.
Art. 2113 c.c. Le rinunzie e le transazioni, che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi concernenti i rapporti di cui all'art. 409 del codice di procedura civile, non sono valide. L'impugnazione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto o dalla data della rinunzia o della transazione, se queste sono intervenute dopo la cessazione medesima. Le rinunzie e le transazioni di cui ai commi precedenti possono essere impugnate con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, del lavoratore idoneo a renderne nota la volontà. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alla conciliazione intervenuta ai sensi degli articoli 185, 410, 411, 412-ter e 412-quater del codice di procedura civile.
Segue: art. 2113 c.c. Le rinunzie e le transazioni, che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi concernenti i rapporti di cui all'art. 409 del codice di procedura civile, non sono valide. Domanda: Quali rinunzie e transazioni non sono valide ( sono annullabili)? R. Soltanto quelle contrarie alle norme inderogabili di legge e contratti collettivi.
Segue: art. 2113 c.c. L'impugnazione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto o dalla data della rinunzia o della transazione, se queste sono intervenute dopo la cessazione medesima. Le rinunzie e le transazioni di cui ai commi precedenti possono essere impugnate con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, del lavoratore idoneo a renderne nota la volontà. Interessi tutelati: Lavoratore: il termine di decadenza non decorre durante lo svolgimento del rapporto -> disciplina speciale Datore di lavoro: l apposizione di un termine di decadenza allo scopo di garantire la certezza del diritto -> le rinunzie e transazioni sono annulabili.
Se le rinunzie o le transazioni sono state impugnate L impugnazione potrà aver un seguito con la presentazione di un ricorso al giudice nel termine quinquennale di prescrizione. OPPURE Le parti arrivano ad una successiva transazione. Come renderla valida? Art. 2213, co. 4: Le disposizioni del presente articolo non si applicano alla conciliazione intervenuta ai sensi degli articoli 185, 410, 411, 412-ter e 412-quater del codice di procedura civile. Dunque
Rinunzie e transazioni valide In sede giurisdizionale, sindacale o amministrativa. Ratio: in queste ipotesi si presuppone che la volontà espressa dal lavoratore non sia viziata dalla sua debolezza contrattuale. La certificazione Art. 82 D. lgs. 276/2003 (modificato dal collegato lavoro) - Rinunzie e transazioni Le sedi di certificazione di cui all'articolo 76, del presente d. lgs. sono competenti altresì a certificare le rinunzie e transazioni di cui all'art. 2113 c.c. a conferma della volontà abdicativa o transattiva delle parti stesse.
Le quietanze a saldo Dichiaro di non aver più nulla a che pretendere dal rapporto intercorso ed accetto la presente somma a saldo e stralcio di ogni controversia sul rapporto medesimo. Sono dichiarazioni di scienza, di opinione. Non esprimono una volontà dismissiva, non implicano in alcun modo rinuncia o transazione.
Transazioni collettive Eventuali transazioni collettive, poste in essere dai sindacati, circa diritti quesiti dei lavoratori in assenza di uno specifico mandato non sono valide perché non si può parlare di rinunzia o transazione se non si è titolare del diritto. Tali rinunzie o transazioni potranno essere ratificate successivamente dal lavoratore interessato.
PRESCRIZIONE Prescrizione breve quinquennale: art. 2948, nn. 4 e 5 c.c. -> crediti di natura retributiva periodica Prescrizione ordinaria: art. 2946 c.c. -> risarcimento danno, anche per mancato versamento dei contributi previdenziali, crediti retributivi di natura non periodica. DECORRENZA Problema: i principi desumibili dall art. 2113 c.c. in merito all esigenza di tutela del contraente debole nel rapporto di lavoro hanno una portata generale? Se sì, allora la decorrenza dei termini di prescrizione durante lo svolgimento del rapporto è in contrasto con questi principi.
Gli interventi della Corte Costituzionale Sent. N. 63/1966: ha dichiarato l illegittimità costituzionale dell art. 2948, n. 4, 2955, n. 2 e 2956 c.c. limitatamente alla parte in cui consentono che la prescrizione del diritto alla retribuzione decorra durante il rapporto di lavoro Infatti, ha argomentato, il timore del licenziamento può indurre il lavoratore a non rivendicare i propri diritti. Dunque, la decorrenza della prescrizione (quinquennale) viene differita alla fine del rapporto. Se non che
Segue gli interventi della Corte Costituzionale Il riferimento al timore del licenziamento come causa che impedisce la piena manifestazione della volontà del lavoratore è stato l elemento che ha consentito alla Corte di rivedere parzialmente la sent. 63/1966. Nei rapporti dotati di stabilità, come ne p.i. o nell area di operatività della tutela reale contro I licenziamento ( reintegrazione, se il licnziamento è ingiustificato), la Corte ha ritenuto che non sussista il timore del lavoratore di far valere I propri diritti. Indirizzo molto criticato: la condizione di inferiorità del lavoratore nei confronti dei poteri datoriali è strutturale nel rapporto di lavoro subordinato ( e anche, spesso, in quello <<parsubordinato>>); si pensi ad es. Alla progressione di carriera. Con la l. 92/2012 e il Jobs Act, nuovamente la questione riacquista attualità.