Polygonum bistorta L. e altre specie del genere Polygonum

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Transcript:

116 Polygonum species Polygonum bistorta L. e altre specie del genere Polygonum Famiglia: Polygonaceae Sinonimi: Persicaria bistorta (L.) Samp. Etimologia: Il nome del genere e della famiglia origina dal greco polùs, molto e gònu, nel senso di nodo, per via dei numerosi nodi che caratterizzano i fusti di gran parte delle specie. Il termine bistorta ha il significato legato alla forma della radice, due volte contorta, contorta su se stessa. Nomi comuni in Italiano: in italiano si usa comunemente il termine bistorta per indicare la principale delle specie di questa scheda, ma tradizionalmente si usa anche quello di serpentaria e serpentina per via del suo utilizzo popolare contro i morsi dei serpenti. Molti e diversi i nomi dialettali. Avvertenze: La cottura delle foglie riduce il loro contenuto di acido ossalico, consistente in diverse specie, e dannoso per diverse patologie. La bistorta La bistorta è specie diffusa in tutta l Europa settentrionale e centrale e in altura anche nell Italia peninsulare, nei prati ricchi di elementi nutritivi di alta collina e di mezza montagna, in particolare l ungo l Arco alpino e sui maggiori rilievi appenninici centrali. Si tratta di una piccola pianta erbacea, alta poco più di mezzo metro, che annualmente emette radici e fusti aerei dal rizoma. La pianta si fa notare per la bella fioritura tardo primaverile ed estiva nei diversi toni di rosa, che risalta facilmente nel verde dei prati umidi. Ha foglie ovato-lanceolate di una certa variabilità nella forma, dotate di una lunga guaina avvolgente il fusto e di una lamina più o meno sottile e lievemente ondulata, più scure sulla pagina superiore. L infiorescenza è una spiga cilindrica terminale, ricca di piccoli fiori persistenti. I fusti bruni rimangono evidenti fino ad autunno inoltrato. L'uso della bistorta

La bistorta viene utilizzata non solo a scopo alimentare ma anche a scopi terapeutici, impiegata per favorire la funzionalità e regolarità del sistema digerente e per contrastare i disturbi del ciclo mestruale. Le vengono attribuite tradizionalmente anche molte altre proprietà, fra cui virtù antinfiammatorie e lenitive, febbrifughe e vulnerarie. A livello popolare è ritenuta fra le migliori erbe astringenti ed emostatiche. Le parti utilizzate raccolte in stagioni diverse, in primavera le foglie e in autunno i rizomi sono assunte solitamente in forma di decotti e infusi. L infuso di radice polverizzata era bevuta in passato contro gli aborti e la peste [6]. L'infuso è ancora consigliato per i capelli grassi. La bistorta è buona specie mellifera e viene utilizzata oggigiorno anche a scopi ornamentali. La radice può essere utilizzata per tingere (giallo-marrone). La bistorta in cucina La piante è tradizionalmente utilizzata a scopo alimentare in area alpina e sui rilievi abruzzesi. Le foglie giovani, dal delicato sapore, vengono utilizzate come gli spinaci [9], particolarmente nelle alpi piemontesi [6], ma anche in zuppe di erbe miste o in frittate o crude in insalata (quando particolarmente tenere e anche se risultano un po gommose). A scopo alimentare si raccolgono anche i semi, a fine estate, consumabili crudi o cotti, ma con grande difficoltà dal momento che sono molto piccoli. Anche la radice è segnalata per il suo utilizzo. Ricca di amido e tannino, deve essere lessata per ridurre quest ultimo e poi tostata, polverizzata e mescolata alla farina per la panificazione. Nel Nord dell Inghilterra entra come ingrediente di una caratteristica preparazione quaresimale amara chiamata Easter ledger pudding (Facciola. S. Cornucopia - A Source Book of Edible Plants). Lo stesso autore segnala l utilizzo della radice in zuppe e stufati [183]. Polygonum aviculare L. Il termine usato per individuare questa specie indica che i frutti della pianta sono apprezzati dagli uccelli. In italiano il nome più comune di questa piana è quello di centinodio, ma vengono utilizzati anche altri termini e non mancano quelli dialettali, seppure per i più, data la sua dimensione modesta, è una pianta ignorata e dal nome sconosciuto. Piantina annuale di assai modeste dimensioni, non più alta di 20-30 cm., per questo motivo passa spesso inosservata, ancorché abbia carattere infestante di diverse

coltivazioni e si trovi facilmente lungo i bordi delle strade e nelle zone di calpestio delle aree antropizzate, nei terreni incolti, in zone sassose ruderali e lungo i fossi. Si tratta in realtà di una specie quasi cosmopolita, comune in gran parte d Italia, dal mare alla montagna. Ha fusti glabri e striati, molto ramificati e ricchi di foglioline, striscianti sul terreno, anche se in terreni adatti possono anche presentarsi ascendenti o eretti. Le piccole foglie, che presentano una certa polimorfia, hanno forma ovata o lanceolata e sono dotate di guaina. I minuscoli fiori, presenti dalla tarda estate, sono per lo più di colore verde-biancastro ma possono assumere anche lievi tonalità carnee. La pianta è nota soprattutto per gli impieghi terapeutici. Raccolta in estate o all'inizio dell'autunno veniva essiccata per un uso successivo. Come la bistorta, anche il centinodio ha comprovate proprietà terapeutiche per la funzionalità e regolarità del sistema digerente e per il contrasto dei disturbi del ciclo mestruale, ed è buona per la gola e per le prime vie respiratorie. Alla pianta, ricca di silicio e buona rimineralizzante sono attribuite anche altre interessanti virtù terapeutiche e per questo è oggetto di attenzione da parte dei ricercatori. Nella tradizione popolare si ricorreva ad essa soprattutto per le sue proprietà astringenti a questo scopo si usava anche per gli animali domestici ma anche per quelle antiflogistiche e antiemorragiche, come cicatrizzante ed emostatico a portata di mano, ma le vengono comunemente attribuite anche proprietà antielmintiche, cardiotoniche, emollienti e febbrifughe. Veniva utilizzata anche per favorire l'eliminazione dei piccoli calcoli renali e della vescica. Recenti ricerche hanno dimostrato la sua utilità contro la dissenteria batterica. È considerata anche pianta mellifera e buona per produrre minuscole granaglie, come suggerisce il nome della specie, per gli uccelli. Dalle foglie si può ricavare un buon colorante blu. La pianta è segnalata anche per la commestibilità e l uso alimentare di foglie e semi, anche se del tutto residuale nelle tradizioni italiane (mentre è segnalato un consumo popolare in Turchia [6]). Le prime sono utilizzate crude o cotte o in funzione aromatica ma soprattutto per ricavarne un tè, buono anche per gli usi terapeutici che abbiamo visto. I semi sono piuttosto piccoli ma possono essere essiccati e macinati e poi utilizzati per dolci e altre preparazioni. Polygonum hydropiper L. (Sin.: Persicaria hydropiper (L.) Opiz) Il termine usato per la specie suggerisce anche quello usato comunemente in italiano, ossia pepe d acqua. Si tratta di una pianta diffusa nella zona temperata e che si trova abbondante anche in Italia, soprattutto vicino agli acquitrini, lungo i fossati e nei prati umidi. Alta intorno al metro, la pianta ha radice affusolata e fusto eretto, foglie lucide, picciolate e alterne, oblunghe o lanceolate, punteggiate in trasparenza di ghiandole. I fiori bianchi o rosati, portati dall inizio dell estate, sono raccolti in spighe discontinue e pendenti.

La pianta è nota per il suo utilizzo alimentare in funzione aromatica e per quelli medicinali, anche se l uso terapeutico popolare oggigiorno è molto scemato. Essa appartiene comunque alla storia della medicina popolare occidentale come a quella orientale. Come le altre specie è utile per contrastare i disturbi del ciclo mestruale e regolare il transito intestinale, ma le si attribuiscono anche capacità emostatiche, ipertensive, antiemorroidali e antinfiammatorie, ecc. Per via delle componenti di tannino e rutina, veniva utilizzata anch essa come astringente ed emostatico domestico. Per le varie terapie si usa spesso l intera pianta, magari mescolata ad altre erbe, ma i semi sono utilizzati in particolare per i loro effetti carminativi e stimolanti. A scopo alimentare si possono utilizzare le foglie e i fiori. Anche se le foglie si possono utilizzare crude o cotte si adoperano in particolare, e da lungo tempo, le foglie e i fiori, seccati e polverizzati, come succedaneo del costoso pepe. Con le parti piccanti si possono preparare salse ma i semi germogliati e le giovani piantine trovano utilizzo anche come guarnizioni eduli (in Estremo Oriente sono venduti nei mercati). La specie entra come componente del c. d. pastis francese [6]. In altra sezione del nostro sito sono riportate informazioni su chi commercializza piante e polvere di pepe d acqua in Italia. Polygonum persicaria L. (La specie ha molti sinonimi e nelle nomenclature più recenti il termine Persicaria è usato per indicare un genere in cui sono raccolte alcune delle specie qui indicate) Il termine della specie deriva comunque dalla somiglianza delle foglie con quelle del pesco. La pianta, alta fin circa il mezzo metro, fiorisce da giugno ad ottobre ed è solitamente annoverata tra le comuni erbacce, infestante delle coltivazioni ancorché cresca soprattutto al riparo dal sole. Anch essa tipica dell'emisfero settentrionale temperato, è ampiamente diffusa in Italia, in particolare in luoghi ombrosi e umidi. Può ritrovarsi, a seconda della natura del terreno, con portamento prostrato o ascendente, ma anche decombente, comunque con stelo gracile e caratterizzato da ocree caratteristiche delle piante oggi raggruppate nel genere Persicaria.

Le foglie, alterne lungo il fusto e brevemente picciolate, sono lanceolate e acuminate all'apice, con evidenti nervature. L infiorescenza è una spiga terminale, a volte interrotta, che parte dalle ascelle fogliari e porta fiori biancastri o rosati. Gli usi terapeutici comprovati di questa specie non sono dissimili da quelli delle altre del genere viste sopra, finalizzati soprattutto a regolarizzare il transito intestinale e a svolgere funzioni astringenti e vermifughe. Si segnalano usi della pianta per ottenere un colorante giallo. A scopo alimentare si possono utilizzare i semi, i germogli e le giovani foglie, anche se si tratta si specie poco utilizzata. Le foglie si segnalano per entrare a far parte della tipica zuppa friulana denominata pistic. Polygonum viviparum L. (Sin.: Bistorta bulbifera Greene, Persicaria vivipara (L.) Ronse Decr., Bistorta vivipara (L.) Delarbre) La pianta è definita comunemente bistorta alpina ma diversi sono i termini dialettali [2]. Si tratta di una piccola specie perenne, tipica delle regioni temperato-fredde dell emisfero settentrionale, che in Italia è presente nei luoghi umidi di montagna. Non va oltre i trenta centimetri in altezza e larghezza ed è caratterizzata da tipici bulbilli rossi che si formano alla base. In estate porta fiori bianchi o leggermente rosati. La pianta viene utilizzata come astringente ed emostatico domestico (la radice) e contro le affezioni della bocca e della gola. A scopo alimentare si possono utilizzare le foglie, che cotte hanno un gradevole sapore di aspro, ma anche la radice e i semi. Questi ultimi, piccoli, presso qualche popolazione sono conservati e utilizzati sottaceto. Le piccole radici sono ricche di amido e arrostite hanno un gradevole sapore di nocciola. Ridotte in farina sono segnalate per la panificazione presso alcune popolazioni [2]. È segnalato anche l uso al naturale dei bulbilli basali. Polygonum japonicum Meissn. (Sin.: P. cuspidatum Sieb.&Zucc. P. sieboldii Reynoutria japonica Houtt.) Il c. d. poligono giapponese è presente in Italia e considerata come specie alloctona

sempre più diffusa e invasiva, oggetto anche di inserimento in più o meno sensate liste regionali di sradicamento. Si tratta di una specie erbacea perenne che a differenza delle altre qui riportate arriva ad essere alta anche tre metri, ed è caratterizzata da grossi fusti che permangono in inverno e per questo sono facilmente individuabili, sia in inverno che in primavera, quando spuntano evidenti i nuovi getti. Qui interessa per l utilizzo in cucina, in alcune aree del mondo ben superiore a quello delle altre specie indicate in questa scheda. Si possono consumare, cotti, i giovani e consistenti germogli primaverili. Vengono talvolta utilizzati come sostituti del rabarbaro per preparare marmellate e torte, avendo un sapore non troppo dissimile. Si utilizzano anche i piccoli semi, polverizzati e utilizzati in funzione aromatica o di addensante per le zuppe, o mescolato a farine per pane o dolci. È segnalato anche il consumo della radice ma la gastronomia a base di piante spontanee si concentra essenzialmente sui grossi e ancor teneri germogli, utilizzati in vari modi [109], anche come una sorta di cannelloni da riempire.