Ricerca e confronti 2010

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Ricerca e confronti 2010 ATTI Giornate di studio di archeologia e storia dell arte a 20 anni dall istituzione del Dipartimento di Scienze Archeologiche e Storico-artistiche dell Università degli Studi di Cagliari (Cagliari, 1-5 marzo 2010) Giovanni Columbu L architettura di un film ArcheoArte. Rivista elettronica di Archeologia e Arte Supplemento 2012 al numero 1 Registrazione Tribunale di Cagliari n. 7 del 28.4.2010 ISSN 2039-4543. http://archeoarte.unica.it/

ArcheoArte. Rivista elettronica di Archeologia e Arte (ISSN 2039-4543) Supplemento 2012 al numero 1 a cura di Maria Grazia Arru, Simona Campus, Riccardo Cicilloni, Rita Ladogana Dipartimento di Storia, Beni Culturali e Territorio dell Università degli Studi di Cagliari Sezione di Archeologia e Storia dell Arte Cittadella dei Musei - Piazza Arsenale 1 09124 CAGLIARI Comitato scientifico internazionale Alberto Cazzella (Università di Roma La Sapienza); Pierluigi Leone De Castris (Istituto Universitario Suor Orsola Benincasa, Napoli); Attilio Mastino (Università degli Studi di Sassari); Giulia Orofino (Università degli Studi di Cassino); Philippe Pergola (CNRS - Université de Provence. Laboratoire d archéologie médiévale méditerranéenne); Michel-Yves Perrin (École Pratique des Hautes Études); Antonella Sbrilli (Università di Roma La Sapienza); Mario Torelli (Accademia dei Lincei) Direzione Simonetta Angiolillo, Riccardo Cicilloni, Annamaria Comella, Antonio M. Corda, Carla Del Vais, Maria Luisa Frongia, Marco Giuman, Carlo Lugliè, Rossana Martorelli, Alessandra Pasolini, Fabio Pinna, Maria Grazia Scano, Giuseppa Tanda Direttore scientifico Simonetta Angiolillo Direttore responsabile Fabio Pinna Impaginazione Nuove Grafiche Puddu s.r.l. in copertina: Il Castello di Cagliari nel 1358

L architettura di un film Giovanni Columbu e-mail: giovanni.columbu@tiscali.it Sono molteplici le coniugazioni e le affinità dell arte del cinema con altre arti e discipline. Il cinema infatti è pittura, teatro, architettura, letteratura, musica, decorazione e design, e naturalmente fotografia. Si tratta di un tema vastissimo e affascinante che affiora di continuo e necessariamente nel mio lavoro di regia cinematografica, al quale in questo intervento non potrò che fare solo brevi e un po sommari accenni. Il cinema eredita l esperienza delle arti che lo hanno preceduto, le assimila, le fa proprie, ne assorbe l evoluzione elaborando e via via arricchendo i propri codici espressivi. Dalla pittura trae certamente ispirazione, riprendendo le geometrie e le inquadrature, il taglio delle singole figure rappresentate e le composizioni stesse dei quadri. Visioni che ritroviamo nelle porzioni di spazio inquadrate dalla cinepresa e che rinominate diventano primi e mezzi primi piani, piani americani, campi medi e campi lunghi, costituendo i fondamenti della grammatica filmica. Con la pittura il cinema mantiene aperto il dialogo. Vive un rapporto di scambio e di contagio, spesso mediato dalla video-arte, quel genere contemporaneo di elaborazioni artistiche che, pur senza produrre veri e propri racconti, sembrano volte a sperimentare le possibilità espressive dell immagine in movimento trasposta su un video o in un breve film. Quasi in ogni bel film è possibile intuire le predilezioni pittoriche del regista. Ma è curioso scoprire che l esigenza di una narrazione dinamica, che includa il divenire del tempo oltre la fissità dell istante pittorico, è presente anche in molte opere del passato, quasi che il cinema fosse atteso e in certa misura preesistesse alla scoperta dei mezzi tecnici che lo hanno reso possibile. Mi viene in mente, perché l ho rivisitata recentemente, la straordinaria Passione di Hans Memling (1471) che in un unico quadro, in una sola inquadratura si potrebbe dire, racchiude una complessa sequenza temporale. Lo spettatore è indotto a mettere a fuoco e scorrere lo sguardo sulle varie parti della rappresentazione: affiancati gli uni agli altri, senza soluzione di continuità, ritrova i momenti culminanti delle ultime ore del Cristo e può ricostruirne la concatenazione temporale operando ArcheoArte 1 Supplemento 2012: 767-769 http://archeoarte.unica.it/ ISSN 2039-4543. - 767 -

G. Columbu mentalmente una sorta di montaggio parallelo. Ogni istante infatti può essere letto rispetto agli altri come flashback o come flash forward, da quello dell Ultima Cena già pervaso di inquietanti presagi a quello apertamente violento e tragico della morte sul Golgota. Un altro esempio possibile è il Monumento equestre a Giovanni Acuto di Paolo Uccello (1436). In quest opera la dinamica dello spazio-tempo sembra rimandare dalla pittura al pittore. Tra la parte alta in cui campeggia la figura a cavallo e quella sottostante in cui figura un plinto monumentale interviene una variazione del punto di vista, un movimento analogo a quello che nel cinema si definirebbe un carrello verticale della macchina da presa. La pittura e il cinema hanno molte radici in comune e in un certo senso vivono da sempre in un rapporto di prossimità. Tra le relazioni che non sembrano darsi come effetto di una discendenza univoca mi viene da pensare anche a quella tra architettura e cinema. La relazione sembra affiorare ed essere compresa in entrambe le arti. Il cinema è architettura perché si circostanzia necessariamente in un luogo, trasformandolo in spazio scenico, riconosce e affida al paesaggio naturale e urbano un ruolo che nel racconto si affiancherà a quello dei personaggi, concorrendo a dare forma e senso alla storia. Architettura urbana e architettura del paesaggio, prospettiva, profondità di campo, linee di fuga, tagli di luce e zone d ombra. Gli scenografi sono spesso architetti e i film sono spesso discorsi sull architettura. In certi casi i film sono testimonianze di una contemporaneità destinata in un breve lasso di stagioni a diventare memoria, in altri casi operano la ricostruzione del passato e talvolta prefigurano architetture fantastiche e mondi futuri. Ma non si può non constatare che l architettura è di per sé stessa arte cinematica. Lo è sempre stata, perché presuppone una visione dinamica, perché invita i propri fruitori a trovare un proprio punto di osservazione, a definire percorsi e mettere a fuoco una sequenza di visioni. Così come il cinema è successione di sguardi oggettivi e soggettivi, fissati sulla pellicola e destinati attraverso il montaggio a comporre una rappresentazione, anche l architettura, al di là della sua dimensione oggettiva, comporta un arte del vedere. Vorrei aggiungere in questo breve intervento che nell elaborazione di un film - pur avendo personalmente sempre prediletto del cinema soprattutto la forma e lo stile della narrazione o la bellezza delle singole scene - oltre allo studio importantissimo delle immagini risultano determinanti certe scelte preliminari e di fondo, ideative e di metodo. Anche in questa riflessione mi è d aiuto pensare all architettura come ad una metafora del cinema. Mi rendo conto che la possibilità di conferire interesse e bellezza ad una scena dipende solo in parte da quel che si potrà fare sul set, dal taglio di un inquadratura, da un movimento della macchina da presa e dalla più o meno felice direzione degli attori. Scopro puntualmente che la costruzione di un film, proprio come quella di un architettura, deriva in gran parte da un impianto strutturale. Come un architettura, infatti, un film poggia su delle fondamenta e ha bisogno di solidi pilastri per sorreggersi; necessita che i materiali costruttivi siano quelli appropriati. Se, ad esempio, si sbaglia nella scelta dei luoghi in cui dare corso alla realizzazione o nell individuare gli elementi che nel racconto avranno una parte essenziale, perché ne costituiscono l ossatura e lo sorreggono, sarà inutile abbellire i colori, i singoli scorci, i dettagli o gli elementi decorativi della nostra opera. Gli attori sono i pilastri. É importantissimo trovare il modo giusto per dirigerne la recitazione. Ma l atto cruciale della regia non risiede tanto nella direzione quanto nella scelta di un attore. Una volta scelto, infatti, quell attore non potrà che essere sé stesso. Così un musicista: gli si potrà domandare di rifare le musiche diverse volte ma non di comporre le musiche che avrebbe fatto un altro. Anche nel film a cui sto lavorando ora, quello tratto dai Vangeli, sono incorso in una circostanza che mi ha richiamato a questa analogia. Avevo scelto come interprete per la figura di Gesù, dunque per la parte del protagonista principale, un giovane che mi aveva colpito per la bellezza, per il carattere mite e dolce e per una sorta di sua misteriosa melanconia. Ma questo giovane, che nel film avrebbe dovuto dominare o porsi immensamente al di sopra dei suoi interlocutori, messo a confronto con gli altri interpreti che nella storia occupano posti di primo piano - quelli di Pilato e di Caifa - risultava debole o non abbastanza forte. Avrei dunque dovuto affidare la sensazione della sua superiorità a degli espedienti registici. E cercavo delle giustificazioni nella storia. Mi domandavo se il Gesù di cui testimonia il Vangelo conquistasse le folle e il loro amore e suscitasse timore e invidia ai sacerdoti per l immensa forza d animo, per la genialità dell intelletto e per le qualità oratorie, di cui come uomo era dotato, o invece per il potere sopranaturale che a lui, uomo come tutti gli uomini, era stato conferito da Dio. L interpretazione che cercavo di dare della storia era forse sostenibile. Ma avvertivo che stavo per porre al centro di una vasta - 768 -

L architettura di un film rappresentazione corale una figura che non riusciva spontaneamente ad affermarsi come avrebbe dovuto. Ecco, quella figura che io avevo situato al vertice della rappresentazione rischiava di essere come una fragile chiave di volta su cui avrebbe dovuto gravitare un intero e complesso edificio. Mi ero presto reso conto che era inutile aggiungere alla mia costruzione nuovi pilastri o rafforzare quelli esistenti edificando robusti contrafforti, gettando nuove travi di raccordo o innalzando nuove suggestive pareti. E riflettevo su quanto fossero invece del tutto solide e convincenti altre figure, quella di Giuda più di ogni altra. Giuda era formidabile. Interpretato da un giovane che non era stato scelto per la bellezza, perché stando ad un criterio di giudizio convenzionale non era per niente bello, ma che spiccava per la bravura, per la forza e per l intensità. Finché non abbiamo osato prendere in considerazione quell eventualità che fino ad allora appariva insostenibile e quasi sconvolgente. Mettere l interprete di Giuda, intenso e forte, anche se privo di bellezza, al posto di quello di Gesù. Dopo qualche giorno di notevole turbamento, alla vigilia di un nuovo stage di riprese, ci siamo risolti per questo cambiamento radicale. E subito, modificando il centro della rappresentazione, tutte le relazioni tra le figure, quelle di forza, di tensione e di gravità, apparivano mutate e trovavano finalmente un nuovo solido equilibrio. Dovrei infine dire di un altra analogia e affinità, la più stretta e profonda, tra il cinema e un altra fondamentale vicenda creativa: la vita. Dovrei dire che i procedimenti linguistici del cinema, pur avvalendosi dell immensa eredità di altre discipline e pur continuando a dialogare con queste, traggono ispirazione prima che da ogni altra esperienza da quella del tutto comune e tuttavia così inventiva e affascinante del vedere e del vivere. Si dovrebbe aprire qui il capitolo che più mi sta a cuore: quello della flessibilità dei progetti cinematografici, della relazione tra copione e messa in scena, tra materiale girato e montato, della necessaria, continua reinvenzione dell opera. Credo davvero che il fare cinema, nonostante la complessità realizzativa e gli artifici di cui necessita, forse più di altre arti, scaturisca da una dimensione creativa condivisa e quotidiana di cui tutti possono essere testimoni. Perché ognuno, nella propria vita, si trova a essere attore e regista, a far proprio un punto di vista, un copione e un ruolo, a registrare le proprie emozioni e a trasformarle in sensi e significati e infine a elaborare una visione e un racconto. Anche quell avventuroso e appassionante racconto potrà materializzarsi nelle opere del lavoro, nelle parole o nella discreta dimensione del sé, ma avrà sempre a che fare un po misteriosamente con la bellezza e la poesia. - 769 -