COMUNICAZIONE AZIENDALE E COMUNICAZIONE DEL RISCHIO



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Transcript:

COMUNICAZIONE AZIENDALE E COMUNICAZIONE DEL RISCHIO Tecniche e principi di comunicazione aziendale L arte di comunicare Riuscire a formare e informare non è semplice facile. Alla base di una corretta comunicazione c è la Motivazione all Ascolto, ovvero, dato che la percezione è una attività selettiva si apprende solo se si vuole. Quindi, risultano essenziali i bisogni del destinatario e la credibilità della fonte. In generale una persona assimila: Per questo risulta essenziale coinvolgere al massimo tutti i soggetti cercando di creare attività e strategie comunicative capaci di stimolare l ascoltatore in diversi modi. Un buon comunicatore, inoltre, deve essere in grado di adattare il lessico, il modo di parlare e, soprattutto, l atteggiamento in base all interlocutore. Infatti, il suo comportamento generale, incide al 55% circa sulla ritenzione, mentre la voce e il tono al 38%, e il significato delle parole solo al 7%. Di conseguenza, in un Sistema di Gestione della Sicurezza, gli approcci organizzativi e relazionali con i lavoratori dipendono anche da: Individuazione dei bisogni dei destinatari (es. Lavoratori e Preposti, RLS, Società, Etc.); credibilità della fonte (es. Datore di Lavoro, RSPP, Dirigenti per la Sicurezza, Etc.). Approccio comunicativo Esistono diversi approcci alla cultura della sicurezza:

1. Individualistico: il problema della sicurezza si risolve attraverso la selezione dei lavoratori. Secondo tale approccio esiste una naturale tendenza ad uniformarsi. (studi statistici: Viteles (1932) il 10% dei lavoratori assomma il 30% degli infortuni; Slocombe (1937) il 20% dei lavoratori assomma il 100% degli infortuni); 2. Sociologico: il comportamento è determinato dalla influenza sociale, ossia dai processi di conformismo nei gruppi di lavoro. Esiste una spontanea predisposizione delle persone ad uniformarsi alla condotta del gruppo di appartenenza, da una parte, e dall altra una pressione del gruppo nei confronti di chi devia; 3. Tecnologico normativo: realizzare iniziative coordinate di adeguamento e di riqualificazione delle strutture, degli impianti e degli ambienti di lavoro assicurarsi che tutti si adeguino scrupolosamente alle prescrizioni stabilite; 4. Globale, integrato: parzialità ed insufficienza degli altri approcci. Il disegno strategico del d.lgs. 81/2008: la sicurezza e il benessere psicofisico del lavoratore scaturisce solo da un azione: globale, organizzata, programmata, informata, partecipata sull ambiente, sull individuo, sul gruppo. La relazione concettuale intercorrente tra i suddetti approcci alla cultura della sicurezza è rappresentata dalla seguente immagine: Approfondendo l approccio globale possiamo individuare degli aspetti su cui si deve intervenire per diffondere la cultura della sicurezza: organizzativo, tecnologico, procedurale e comportamentale. Intervenire sugli aspetti organizzativi significa per esempio: ripensare l assetto strutturale, il clima organizzativo, la rete di rapporti interpersonali, il flusso delle informazioni, il lay-out dei posti di lavoro. Per quanto concerne la tecnologia si potrebbe: confrontare le caratteristiche dell ambiente in ogni suo aspetto (ubicazione, struttura, progettazione, ecc.) e valutare se rispondono ai requisiti richiesti dalle norme di sicurezza. I limiti o difetti riscontrati devono far decidere sostituzioni o adeguamenti. Intervenire sugli aspetti procedurali significa razionalizzare i processi e far sì che ciascuna persona che vi è impegnata abbia una piena padronanza delle procedure di lavoro, dell uso

degli strumenti messi a disposizione e delle misure da prendere per eliminare o almeno ridurre i fattori di rischio. Risulta, infine, fondamentale affrontare i problemi comportamentali in modo che i primi tre tipi di intervento vengano concretamente applicati. Infatti, di fronte ad un pericolo, conoscere i dispositivi da impiegare e le procedure relative non significa affatto operare in sicurezza correttamente. Occorre addestrare all uso corretto a far acquisire l educazione alla massima sicurezza. Parlare in pubblico Per concludere, diamo qualche consiglio per parlare in pubblico. Anzitutto dobbiamo ricordare che noi comunichiamo con tutto il nostro corpo e non solo con la parola. Quindi, un buon oratore sa gestire i suoi movimenti (es. la gesticolazione) e sa articolare il proprio intervento sulla base dei propri discenti. Inoltre non bisogna dimenticare che parte integrante della comunicazione è l ascolto. Per cercare di facilitare la didattica e per rendere il mio intervento efficace, devo preparare il mio intervento in modo da rispondere ad una serie di domande: 1. Chi è il mio pubblico? 2. Come organizzo il mio intervento? 3. Quali strumenti intendo usare? 4. Come posso fare per ricordare ciò che devo dire durante la mia esposizione? Sapere come è composto il mio pubblico mi permetterà di stabilire a priori il linguaggio e gli esempi da utilizzare, gli obiettivi e quali argomenti approfondire, la motivazione che li spinge ad essere presenti; per esempio: se dovrò parlare a un gruppo di ragazzi strutturerò il mio intervento in maniera completamente diversa rispetto ad un intervento rivolto ad un pubblico composto da dirigenti. Per organizzare il mio intervento nel migliore dei modi, dovrò anzitutto determinare i punti intorno ai quali costruire il mio intervento e ricercare le fonti delle informazioni che non fanno parte del proprio bagaglio culturale così da trattare in maniera esaustiva l argomento; poi dovrò cercare di cucire tutte le informazioni in un filo logico in modo da aumentare la chiarezza espositive, evitando ridondanze inutili. Infine integrarle con esempi, racconti, aneddoti per rafforzare l esposizione laddove è necessario per facilitare la spiegazione e il ricordo del concetto. A ben guardare gli strumenti si riducono a uno solo, ossia la parola che può essere: Parlata o scritta (lavagna, slide e filmati). È buono usare tutti gli strumenti che abbiamo a nostra disposizioni in modo da aumentare e diversificare gli stimoli (vedi inizio lezione). La gestione del cambiamento Il cambiamento richiede rigore nella gestione del progetto, con particolare attenzione alle esigenze delle persone coinvolte. Infatti è dal modo nel quale le persone affrontano e partecipano il cambiamento che ha origine il successo o il fallimento del progetto. Nei confronti del cambiamento le reazioni delle persone possono andare dal pieno appoggio, all indifferenza, all opposizione.

Nei confronti della diffidenza costituzionale espressa da coloro che sono sempre negativi nei confronti di ogni nuovo evento, non occorre preoccuparsi. Proprio per la loro caratterizzazione queste persone non avranno particolare ascendente sugli altri. C è anche chi dimostra falso sostegno: all inizio il suo comportamento appare quello di un sostenitore, ma al momento di agire subentra l immobilismo. A questi soggetti occorre dedicare attenzione: vanno coinvolti evidenziando il loro supporto al successo dell iniziativa. Quando l atteggiamento assunto è di apatia occorre un intervento di coinvolgimento, per non correre il rischio di un rallentamento del processo. Chi palesa opposizione aperta non è detto che sia un vero nemico. Le sue preoccupazioni iniziali potrebbero essere sincere. Risolti gli interrogativi ed i dubbi, queste stesse persone potrebbero diventare paladini dell impresa. C è chi manifesta entusiasmo fin dall inizio: verificata la loro buona fede, essi vanno incoraggiati. Le reazioni di risentimento in taluni soggetti possono invece avere origine da esperienze negative pregresse legate a insuccessi aziendali. Le loro energie vanno recuperate e incanalate nel processo di mutamento

Comunicazione del Rischio La formulazione del messaggio influisce sull impatto che questo avrà su chi lo riceve. Quindi, dobbiamo fare attenzione alla strutturazione del messaggio in modo che la comprensione sia corretta (ovvero sia facilmente decodificabile). Non solo dobbiamo considerare anche il canale comunicativo e le sue caratteristiche in modo che la trasmissione sia corretta. Per esempio, prendiamo in considerazione i Mass Media. Utilizzando questo tipo di canale comunicativo si rischio di creare un fenomeno di amplificazione (a sasso di stagno ), dando una visione distorta per esempio, della portata dell evento comunicato. In particolare, soprattutto per informazioni negative psicosi collettive, panico è importante essere efficaci per creare allarme solo laddove è necessario. Prima di passare a descrivere una corretta comunicazione del rischio e del pericolo, ricordiamo il loro significato: - Pericolo: caratteristica dell oggetto, indipendente dal grado in cui una persona può interagire con esso; - Rischio: un pericolo calcolato in relazione alla probabilità di venirne a contatto. E una stima e quindi ha dimensione di incertezza. COMUNICARE IL PERICOLO La percezione del pericolo è innata, ma la paura è una reazione emozionale che viene appresa. Questo può avvenire tramite un processo di apprendimento condizionato e/o selettivo: L apprendimento condizionato consiste nell associazione ripetuta del pericolo con uno stimolo negativo (es. paure fobiche, esperimenti di Pavlov basati su un sistema di premi e punizioni). Questo tipo di apprendimento ha una dimensione sociale ed è legata ad una predisposizione verso alcuni stimoli (es. paura dei serpenti nelle scimmie); L apprendimento selettivo può essere inteso come l Interazione tra programmi innati e condizionamento. Un esempio pratico di come avviene questo tipo di apprendimento può essere attraverso l osservazione degli altri (Uso dei testimonial nelle campagne comunicative), o magari in maniera diretta sperimentando da soli certi comportamenti. VALUTAZIONE DEL PERICOLO Possiamo valutare il rischio secondo questi parametri: - paurosità: rischi terrificanti, non volontariamente assunti, con conseguenze per le generazioni future; - osservabilità: rischi non osservabili, poco conosciuti dalla scienza, con effetti differiti nel tempo. In particolare, i rischi non osservabili sono spesso poco considerati (es. i pesticidi, i farmaci, i raggi X)sia perché hanno effetti differiti nel tempo; sia perchè sono difficili da comunicare perché l esperienza ad essi associata non è spiacevole. Molti pericoli sono invece spesso considerati rischiosi perché: - associati ad immagini terrificanti (es. il fungo atomico) ;

- sono incontrollabili, assunti in modo involontario(es. la guerra, la mafia, la criminalità ). Viceversa, rischi come il fumo o la guida pericolosa, che sono controllabili, volontariamente assunti, colpiscono persone singole, non hanno effetti sulle future generazioni, vengono valutati come poco paurosi. COMUNICAZIONE DEL RISCHIO Spesso la comunicazione del rischio tra esperti e pubblico fallisce perché la valutazione del rischio da parte delle persone è intuitiva, ovvero legata all esperienza e, quindi, non decisa in base ai dati, ma alla percezione. Bisogna, allora, trovare il sistema di superare questa barriera linguistico - cognitiva. Il primo passo consiste nel considerare il rischio percepito come il rischio scientificamente calcolato, declinato secondo altri fattori: Probabilità: probabilità molto basse possono esse percepite come una certezza del pericolo, se gli effetti potenziali sono molto gravi; Statistiche: sono generiche, se non rapportate al rischio del singolo individuo; Emozioni: sono spesso contrarie al valore effettivo del pericolo (es. volare non è rischioso, ma ho paura ); Controllo: le attività controllate personalmente sono stimate meno rischiose sulla base dell abilità/esperienza(es. guidare); Catastroficità: i morti per incidenti domestici distribuiti in un anno non hanno lo stesso impatto percettivo di un incidente aereo; Cecità psicologica: empatia verso vittime a noi vicine; Generazioni future: la vita di un bambino è percepita come più importante; Involontarietà: un rischio imposto è più fastidioso di uno scelto. ELABORAZIONE DEL RISCHIO Il rischio viene elaborato nella mente secondo due modalità: - analitica: elaborazione logica delle informazioni, basata su conoscenze teoriche(processo costoso e lento); - esperienziale: automatica, fatta di reazioni involontarie dovute allo stimolo e all emozione che suscita (esperienza diretta, vicariata, caratteristiche del rischio). Le reazioni emozionali spontanee sono spesso associate ad immagini. Quindi le informazioni sul rischio hanno maggiore impatto se creano nella nostra mente immagini cariche di emotività. A tale proposito, ricordiamo il ruolo dei Mass Media che rivestono nell Amplificazione del rischio. Infatti, alcune caratteristiche di questo canale comunicativo sono: - l uso di immagini; - le notizie rimbalzano da un mezzo all altro; - negative asymmetry (good news, no news). Inoltre, dobbiamo, per una corretta comunicazione del rischio, considerare che le persone pensano principalmente per immagini sensoriali (visive, uditive, olfattive ). Spesso, però,la comunicazione del rischio fa uso di dati quantitativi.

Per quanto detto finora, per realizzare una comunicazione efficace del rischio, si dovrà cercare di indurre reazioni emozionali nei destinatari, usando immagini, parole, suoni. In particolare la via esperienziale può essere evocata attraverso il linguaggio producendo immagini mentali. Esempio: Come trasmettere il rischio in maniera psicologicamente rilevante? Si può comunicare il rischio in modo da permettere ai soggetti di valutare il rischio individuale. Consideriamo due messaggi diversi nella forma, ma uguali nella sostanza: una donna di 60 anni che fuma ha lo 0,7% di probabilità di morire di cancro al seno. su 1.000 donne di 60 anni che fumano, 7 muoiono di cancro al seno!. Il secondo messaggio è più efficace del primo, in quanto la nostra mente ha difficoltà a comprendere i valori statistici e le frazioni, ma non ha nessun problema a figurarsi la situazione delle 7 donne decedute per cancro al seno. Un ultimo consiglio: il rischio viene valutato per confronto, non in isolamento: - Dare valori personalizzati; - Inquadrare gli eventi in un contesto, magari creando uno scenario di confronto.