Riconoscimento e refertazione delle fratture vertebrali da osteoporosi L osteoporosi rappresenta un serio problema per la sanità pubblica. L incidenza di fratture vertebrali aumenta con l età. La popolazione invecchia progressivamente e i costi finanziari e umani relativi alle fratture da osteoporosi si moltiplicheranno in maniera esponenziale. In accordo con la Fondazione Internazionale dell Osteoporosi, più del 40% delle donne di media età in Europa saranno affette da una o più fratture da osteoporosi durante il resto della loro vita. Le fratture vertebrali da osteoporosi sono presenti con grande incidenza nelle fasi iniziali della vita e prima di tutti gli altri tipi di fratture, compreso le fratture dell anca (1). Tuttavia è difficile determinare l esatta incidenza delle fratture vertebrali da osteoporosi che occorrono ogni anno, dal momento che una proporzione significativa è clinicamente misconosciuta (2). Sia le fratture vertebrali sintomatiche che quelle asintomatiche sono associate ad un incremento della morbilità (3) e della mortalità (4-5). I sintomi clinici delle fratture vertebrali comprendono dolore al rachide, limitazione funzionale, diminuzione in altezza, deformità e inabilità (6). Tutti questi sintomi portano alla fine ad un isolamento sociale dell individuo che determina una diminuzione della qualità della vita (7). Inoltre la presenza di una frattura vertebrale aumenta il rischio di altre successive fratture vertebrali di circa 5 volte (8). E infine tra le donne che hanno sofferto di una frattura vertebrale recente, il 20% avrà una nuova frattura vertebrale entro i successivi 12 mesi (9). Dal momento che la maggior parte delle fratture vertebrali non hanno rilevanza clinica, la diagnosi mediante l esame radiologico, nella pratica clinica, è da considerarsi la migliore modalità per identificare e per confermare la presenza di una frattura vertebrale da osteoporosi (10). La severità delle fratture vertebrali può essere determinata visivamente dai radiogrammi del rachide usando la valutazione semiquantitativa, sviluppata da Genant (11). Nella valutazione semiquantitativa, ogni singola vertebra riceve un grado di severità che varia da 0, 1, 2 o 3, che corrisponde alla mancanza di fratture, a lievi, moderate o severe fratture, basate rispettivamente sull apparente diminuzione delle altezze anteriori, intermedie o posteriori dei corpi vertebrali. In soggetti con pregresse fratture vertebrali, la severità delle fratture è legata all intensità della rachialgia e alla limitazione funzionale (12). Le manifestazioni cliniche, la morbilità e l aumento della mortalità sono più elevate in pazienti con fratture vertebrali di grado severo. Tuttavia, l incidenza di ogni tipo di frattura, anche di quelle classificate come lievi o moderate, porta ad un incremento del rischio di successive nuove fratture vertebrali e alle associate conseguenze sulle condizioni generali di salute del soggetto. Pertanto, la più importante distinzione radiografica sta nel distinguere un quadro normale (assenza di fratture) da un quadro patologico (presenza di fratture). Nel fare questa distinzione e nel differenziare quadri normali e deformità vertebrali non fratturative dalle vere fratture vertebrali, massima attenzione deve essere data alle specifiche caratteristiche radiografiche che indicano le fratture. Occasionalmente, l uso di altre tecniche di imaging, quali la TC, la RM e la scintigrafia ossea possono essere di aiuto nel riconoscimento delle fratture.
In sintesi, la diagnosi radiologica può essere usata per identificare la presenza di fratture vertebrali da osteoporosi, molte delle quali sono asintomatiche. Tutte le vertebre che presentano una riduzione in altezza superiore al 15% rispetto alle altre altezze vertebrali devono essere definite come fratturate, per evitare possibili ambiguità. In condizioni cliniche appropriate, la diagnosi radiologica precoce di fratture vertebrali, seguita da adeguata terapia, dovrà prevenire l occorrenza di altre successive nuove fratture vertebrali evitando così inutili sofferenze. Bibliografia (1) Meunier PJ, et al. Clin Ther 1999; 21(6):1025-1044. (2) Riggs BL, Melton LJ3rd. Bone 1995; 17(5 Suppl):505S-511S. (3) Ettinger B, et al. J Bone Miner Res 1992; 7(4):449-456. (4) Kado DM, et al. Arch Intern Med 1999; 159(11):1215-1220. (5) Ensrud KE, et al. J Am Geriatr Soc 2000; 48(3):241-249. (6) Nevitt MC, et al. Ann Intern Med 1998; 128:793-800. (7) Gold DT. Rheum Dis Clin North Am 2001; 27(1):255-262. (8) Melton LJ, et al. Osteoporos Int 1999; 10(3):214-221. (9) Lindsay R, et al. JAMA 2001; 285(3):320-323. (10) Genant HK, et al. J Clin Densitom 2000; 3(3):281-290. (11) Genant HK, et al. J Bone Miner Res 1993; 8(9):1137-1148. (12) Ross PD. Am J Med 1997; 103(2A):30S-42S.
Linee guida per l utilizzo della densitometria ossea Introduzione L osteoporosi è la più comune malattia metabolica dell osso, che colpisce 1 donna su 3 e 1 uomo su 12 nel corso della vita. L osteoporosi è caratterizzata da una diminuzione quantitativa e da un alterazione qualitativa di tessuto osseo, che determinano una ridotta massa ossea, un alterazione nella struttura ossea trabecolare e corticale e un incremento del rischio di fratture, in assenza di traumi (c.d. fratture da insufficienza o da fragilità). Queste fratture tendono a manifestarsi in regioni dello scheletro ricche in osso trabecolare, quali ad esempio il polso, la colonna vertebrale e l anca, e determinano un aumento della morbilità (rachialgia, riduzione in altezza, deformità vertebrali) e mortalità (20% a seguito di fratture dell anca) nei soggetti colpiti. Dal momento che sono oggi disponibili terapie efficaci (HRT, SERMS, Bifosfonati) per incrementare la densità minerale ossea (Bone Mineral Density, BMD) e ridurre il rischio di frattura, è importante che i pazienti affetti da osteoporosi e che sono a rischio di fratture siano identificati prima che si verifichi l evento fratturativo. Diagnosi di osteoporosi É ormai stabilito che la presenza dei più importanti fattori di rischio di frattura (ipogonadismo, anamnesi familiare positiva, in particolare madre con frattura del collo femorale, basso indice di massa corporea, perdita di altezza, fumo di sigarette, eccessivo consumo di alcool) sono insufficienti nell identificare i soggetti con osteoporosi. Se c è una anamnesi positiva per fratture da traumi lievi, visibili sui radiogrammi, insieme ad altri aspetti (assottigliamento dello spessore corticale dell osso, riduzione nel numero delle trabecole), allora la diagnosi può essere fatta sui radiogrammi. Al contrario, un semplice giudizio basato sulla densità dell osso valutato sulle radiografie è un errore metodologico. Comunque, nonostante il determinismo dell evento fratturativo dipenda da svariati fattori inclusa la propensione a ca-dere e la risposta alla caduta, la valutazione della densità minerale ossea, BMD, rappresenta il più importante fattore di rischio; il 60-70% della resistenza dell osso dipende dal BMD. Pertanto è importante avere a disposizione dei metodi quantitativi accurati e precisi (riproducibili) per valutare le condizioni del tessuto osseo. Indicazioni cliniche per la densitometria ossea: - Fattori di rischio per ridotta massa ossea (donne di età >65 anni) - Forte familiarità positiva (storia materna di fratture da osteoporosi: femore) - Menopausa precoce (<45 anni: spontanea o chirurgica) - Amenorrea secondaria (>12 mesi) - Donne in postmenopausa con ridotto peso corporeo (<57 Kg) o indice di massa corporea (Body Mass Index, BMI) <19 Kg/m 2. - Riscontro radiologico di osteopenia e/o osteoporosi - Terapia prolungata con glucocorticoidi - Immobilizzazione prolungata - Malattie endocrine (iperpatiroidismo, ipogonadismo primitivo, ipertiroidismo, s. di Cushing, panipopituitarismo) - Malattie gastrointestinali (malassorbimento) - Insufficienza renale cronica - Anoressia nervosa - Trapianti d'organo - Monitorare la risposta terapeutica Ruolo della Densitometria Ossea 1) Diagnosi di osteoporosi, come definita dall Organizzazione Mondiale della Sanità dal valore del T score (che rappresenta la deviazione standard per razza e sesso dal picco della massa ossea raggiunto in età giovanile) inferiore a 2.5, utilizzando la Densitometria a raggi X a doppia energia, DXA al rachide, all anca e al radio distale. Questa definizione non è applicabile per altre sedi anatomiche e per altre tecniche diagnostiche. 2) Prognosi - predire il rischio di frattura. 3) Determinare l intervento della terapia. Non esiste un accordo universale sul livello di BMD per intervenire, dal momento che altri fattori di ordine clinico devono essere presi in considerazione (età, pregresse fratture, altre malattie concomitanti, etc). É comunque utile ricordare che non deve essere trattata la densità minerale ossea in se, ma il paziente che è unico e diverso dall altro. 4) Monitorare la risposta in relazione al tempo e al trattamento (variazioni della densità
ossea che possono essere ritenute significative devono essere uguali a 2.8 volte il valore della precisione della tecnica in esame; un intervallo di tempo di 18-24 mesi è necessario prima di una successiva misurazione). Per essere infine clinicamente rilevante il metodo utilizzato deve avere un coefficiente di precisione espresso in termini di coefficiente di variabilità in percento (%CV) migliore di 1. Tecniche di densitometria ossea: Le tecniche di misura della densità ossea universalmente riconosciute ed accettate sono la densitometria a raggi X a singola e a doppia energia (DXA, SXA) e la Tomografia Computerizzata Quantitativa (QCT). Entrambe possono essere utilizzate a livello dello scheletro assile e appendicolare. Un'altra tecnica che presenta molti aspetti interessanti e grosse potenzialità è la Ultrasonografia Quantitativa (QUS), che permette di analizzare gli aspetti qualitativi della struttura ossea (architettura, elasticità) e di predire il rischio di frattura. DXA: è la tecnica più diffusa e disponibile. Viene utilizzata generalmente a livello del rachide lombare (L1-L4) e al femore prossimale (totale, collo femorale, triangolo di Ward, regione trocanterica). L accuratezza della metodica è del 3-8%; la precisione è inferiore a 1%CV. Le dosi di radiazioni erogate sono estremamente basse (1-6µSv), e simili alla naturale dose di esposizione terrestre (7µSv). Artefatti possono causare un falso elevato valore di BMD a livello del rachide (fratture, alterazioni degenerative dei metameri vertebrali, artrosi interapofisaria, ossificazioni legamentarie, calcificazioni vascolari dell aorta addominale, punti metallici da pregressi interventi, etc. E queste condizioni rappresentano un grosso problema specie nei soggetti di età avanzata; pertanto prima di procedere alla scansione del rachide è necessario valutare prima i radiogrammi della colonna vertebrale per escludere dall analisi le vertebre interessate dai processi degenerativi. Si consiglia pertanto nei soggetti anziani di utilizzare la DXA solo in corrispondenza del collo femorale. L analisi mediante DXA esprime inoltre una densità (espressa in g/cm 2 ) aerea proiettiva piuttosto che una reale densità volumetrica. E questo la rende dipendente dalle dimensioni e crea dei problemi nella valutazione della colonna nei bambini e nei soggetti di bassa statura nei quali la BMD sarà sottostimata. La DXA periferica è disponibile per l analisi del radio distale e del calcagno ed eroga una dose di esposizione ancora più bassa di quella erogata della DXA al rachide. QCT: è la tecnica considerata gold standard perché è l unica che fornisce una misura volumetrica selettiva dell osso corticale e trabecolare in mg/cc, non dipendente dalla forma. Viene eseguita di solito al rachide lombare (T12-L3), all avambraccio o al collo femorale. Dal momento che l osso trasecolare è 8 volte metabolicamente più attivo dell osso corticale, la QCT è più sensibile della DXA nel documentare le variazioni della densità minerale ossea. La precisione della tecnica è di 1%CV, mentre la dose di esposizione è di circa 100µSv al rachide e 1.3µSv al radio. La definizione di osteoporosi fornita dall OMS non è applicabile per la QCT e pertanto i risultati devono essere espressi in termini di Z score che esprime la deviazione standard dai valori medi di una popolazione sana di riferimento della stessa età e sesso. QUS: i principali vantaggi degli US consistono nel fatto che le apparecchiature sono piccole, portatili, poco costose, relativamente facili da usare e non utilizzano raggi X. I parametri fisici analizzati con gli US sono la velocità (in m/s), l attenuazione (in db/mhz) e la combinazione di entrambi. Questi parametri forniscono informazioni complementari alla densità minerale ossea e in particolare si riferiscono allo spessore delle trabecole, alla resistenza, al carico del tessuto osseo (elasticità), all architettura dell osso e in definitiva hanno un valore predittivo per il rischio di frattura nei soggetti con osteoporosi. Le più importanti pubblicazioni scientifiche hanno analizzato principalmente il calcagno e le falangi, e le misure possono essere effettuate in presenza di acqua o a secco. La definizione dell OMS non è applicabile a questa tecnica. Conclusioni: Per utilizzare la densitometria ossea nella pratica clinica è essenziale per i radiologi: - basarsi sulle conoscenze scientificamente disponibili; - valutare le differenti tecniche a disposizione
e conoscerne i vantaggi e gli svantaggi; - sapere interpretare i risultati per la gestione del paziente con osteoporosi Bibliografia Genant HK, Guglielmi G, Jergas M. Bone Densitometry and Osteoporosis. Springer- Verlag Berlin, 1998 Blake GM, Wahner HW, Fogelman I. The evaluation of osteoporosis: dual energy X-ray absorptiometry. M Dunitz London, 1999 Njeh C, Hans D, Glueer CC, Genant HK. Quantitative Ultrasound: assessment of osteoporosis and bone status. M Dunitz London, 1999 JN Fordham. Manual of bone densitometry measurements. Springer Verlag Berlin, 2000 Kanis JA, Glueer CC et al. An update on the diagnosis and assessment of osteoporosis with densitometry. Osteoporos Int 2000; 11:192-202 Prof. Giuseppe Guglielmi Dipartimento di Scienze Radiologiche IRCCS Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza 71013 - San Giovanni Rotondo Tel. 0882-410542 - Fax 0882-411705 e-mail: guglielmi_g@hotmail.com