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Introduzione Questa tesi si propone di analizzare le soluzioni normative adottate in Italia e da un vicino europeo, la Spagna, per contrastare un fenomeno in continua evoluzione come quello del doping. Ponendo sempre attenzione al panorama giuridico internazionale che, dagli anni Ottanta in poi, ha offerto una produzione normativa molto ricca in materia, si è sviluppato un indagine sincronica e diacronica. La ricerca tiene conto della diffusione sociale del doping e delle cause che ne hanno portato ad un preoccupante sviluppo, tanto da farlo includere tra i maggiori problemi di salute pubblica a livello europeo. Per dare maggiore concretezza all indagine sociologica, abbiamo fatto uso di dati empirici provenienti da indagini del settore medico-scientifico e di articoli apparsi sui maggiori quotidiani nazionali. In Italia il punto di vista adottato nell analisi del panorama giuridico evidenzia le carenze mostrate dagli ordinamenti, sportivo o statale, che negli anni si sono occupati di sanzionare il problema e delle ragioni, non sempre di carattere strettamente giuridico, che hanno spinto il legislatore penale ad intervenire nel 2000. Il confronto con l ordinamento spagnolo, che non ha previsto una repressione penale ad hoc nel tentativo di arginare il fenomeno, 1

vuole evidenziare quanto l auspicata armonizzazione sanzionatoria a livello internazionale sia ancora molto lontana dall attuarsi e quanto l opportunità di un intervento del diritto penale sul tema sia ancora oggetto di controversie dottrinali. 2

CAPITOLO I Il doping: le dimensioni sociali e storiche del fenomeno. 1.1 - L evoluzione normativa della repressione del doping. 1.1.1 - La definizione di doping. Il termine doping, secondo una prima etimologia, avrebbe le sue origini in un dialetto sudafricano. Con questo termine si identificava un liquore stimolante che era somministrato durante le cerimonie religiose (Dop) 1. Da questa radice si sarebbe arrivati al nostro doping che, derivato dall inglese, può essere tradotto in italiano con drogaggio. La legge 14 dicembre 2000, n.376- Tutela sanitaria delle attività sportive e lotta contro il doping all art. 1 comma 2 fornisce una definizione che ha riassunto e chiarito le precedenti denominazioni contenute in vari documenti internazionali. Nel nostro ordinamento, quindi, il doping si caratterizza come la somministrazione o l assunzione di farmaci o di sostanze 1 FERRARA, Doping antidoping, 2004, XIX, Padova, pag.11. 3

biologicamente o farmacologicamente attive e l adozione o la sottoposizione a pratiche mediche, non giustificate da condizioni patologiche, ed idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell organismo, al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti. Una definizione che non ha mancato di trovare critici ed oppositori ma che ha senz altro il merito di essere punto di riferimento in una materia complessa e disorganica che, solo negli ultimi anni, è diventata oggetto di attenzione da parte del legislatore penale. Tale intervento legislativo si è avuto, infatti, dietro la spinta di un crescente allarmismo, suscitato da gravi episodi di doping, avvenuti in occasione di grandi avvenimenti sportivi (un esempio per tutti il Tour de France del 1998), diffusi, amplificati ed esaminati dai mass media con grande clamore. La legge si è inserita in un ambito internazionale già ricco di atti e documenti relativi al doping, un tema che è stato ampiamente disciplinato e sanzionato dall ordinamento sportivo italiano. Tra gli atti internazionali più importanti possiamo ricordare: la Carta internazionale olimpica contro il doping adottata nel 1988 durante la Prima conferenza mondiale permanente per la lotta contro il doping nello sport, la Dichiarazione di Losanna sul doping nello sport adottata nel 1999 nel corso della Conferenza Mondiale sul Doping nello Sport. In ambito strettamente comunitario, il 4

Consiglio d Europa ha svolto un importante ruolo adottando risoluzioni e raccomandazioni agli Stati con l invito a prendere le misure necessarie contro il doping nello sport. Tra i più importanti documenti del Consiglio d Europa: la Carta europea contro il doping nello sport del 1984 e la Convenzione di Strasburgo contro il doping, approvata il 16 novembre 1989 e ratificata dall Italia con legge del 1995, n.522. Questa convenzione è stata un precedente importante ed autorevole per la nostra legge penale, avendo definito all art. 2 il doping nello sport come la somministrazione agli sportivi o l uso da parte di questi ultimi di classi farmacologiche di agenti di doping o di metodi di doping. Questa definizione, seppure meno dettagliata e specifica di quella adottata dal legislatore italiano, è stata poi sviluppata più compiutamente dal legislatore italiano. 1.1.2 - Breve storia del doping È un luogo comune affermare che il doping, insieme ad altre forme di frode, non è una novità. Spesso, però, si tende ad immaginare un antico mondo dello sport dominato dalla nobiltà di spirito e dalla purezza di cuore. La lunga storia del doping dovrebbe mettere in guardia gli studiosi del problema dall applicare ad esso soluzioni semplicistiche. 5

In genere, ogni volta che la vittoria in una competizione sportiva ha coinvolto questioni di status o di denaro sono stati fatti tentativi per cercare vantaggi nel doping. L idea che una sostanza, un prodotto possano alleviare fatica e sofferenza fa da sempre parte della cultura dei popoli ed è, forse, qualcosa che appartiene all inconscio collettivo. Questi concetti rientrano anche in quella metafora della vita che è rappresentata dallo sport. Galeno ci tramanda che i Greci usavano stimolanti per migliorare le prestazioni sportive, alle Olimpiadi antiche diete ed accorgimenti alimentari erano pratica diffusa. Nel Colosseo, ai tempi dei romani, i gladiatori usavano radici ed erbe stimolanti per poter continuare a combattere dopo essere stati feriti. Più di recente, nel Diciannovesimo secolo, numerosi atleti fecero uso di una varietà di sostanze per esaltare le loro prestazioni, tra cui la stricnina, la nitroglicerina, l oppio, l alcool e la caffeina. Sostanze a volte usate anche in combinazione tra loro. L uso eccessivo portò ad eccessi e provocò problemi. Il primo decesso fu di un ciclista, Arthur Linton, avvenuto nel 1896 per assunzione di stricnina somministratagli dal suo allenatore. L attribuzione delle responsabilità della morte fu controversa, anche se alla fine l istruttore fu squalificato. Altri atleti andarono vicino alla morte, ma, fino agli inizi degli anni 20, 6

le notizie documentate di un uso di sostanze dopanti nello sport sono scarsissime. Il vero progresso nello studio e nell uso delle sostanze dopanti si è avuto con la seconda guerra mondiale e con l evoluzione della scienza chimico-farmaceutica che ne è seguita. Il riferimento è alla scoperta e all impiego di anfetamine. In un primo momento vennero somministrate ai piloti di caccia che risultavano più aggressivi e resistenti alle lunghe ore alla cloche degli aerei. Gli anni 50 sono segnati dall uso di questi stimolanti nello sport ed in particolare nelle discipline di grande durata e fatica come ciclismo, maratone, nuoto. Alcuni tragici decessi attirarono l attenzione dell opinione pubblica sull abuso di queste droghe. Il primo a destare questo tipo di interesse avvenne durante le Olimpiadi di Roma nel 1960: l olandese Knut Jensen morì durante la 100 km a squadre per aver assunto enormi quantità di stimolanti. Sette anni dopo, durante il Tour de France, i media di tutto il mondo documentarono la morte dell inglese Tom Simpson, excampione del mondo; l atleta aveva ancora delle pasticche di anfetamine nelle tasche della maglietta. La potenza di queste immagini attirò l attenzione del grande pubblico su questo fenomeno. 7

A partire dagli anni 60 la rivoluzione dei costumi contribuì ad una maggior tolleranza nei confronti dell uso delle droghe ed il progredire della ricerca biochimica portò sul mercato una più vasta scelta di prodotti dopanti. Negli USA comparvero i primi anabolizzanti. Questi nuovi preparati venivano assunti per un periodo di mesi o settimane anteriore al momento della gara. Gli atleti arrivavano puliti alla competizione agonistica, dopo aver eliminato le tracce del trattamento e potendo fruire dei vantaggi chimici. Con gli steroidi è possibile affrontare carichi di allenamento superiori e gli effetti collaterali da questi prodotti non si manifestano nell immediato, come poteva accadere con le anfetamine, ma nell arco di un periodo più lungo. Negli anni della guerra fredda lo sport diventa mezzo, veicolo per affermare la validità di un modello politico sull altro. La Germania dell est vinse 541 medaglie alle Olimpiadi e nessun atleta tedesco risultò positivo ai test in quegli anni. Inchieste e processi hanno scoperto il velo sulla triste realtà del Doping di stato. Una complessa macchina organizzativa che, guidata da Manfred Ewald, coinvolse circa diecimila atleti cui veniva somministrato ogni genere di prodotto che potesse incrementare la prestazione agonistica. I danni causati da questi trattamenti furono spesso irreversibili. Il modello tedesco divenne facilmente 8

esportabile nei paesi del blocco socialista ma anche negli USA. La differenza che queste terapie consentivano di ottenere a livello agonistico portarono anche altri paesi europei, tra cui l Italia, a adeguarsi a queste pratiche. Dagli anni 80 in poi negli USA si comincia ad usare l HGH, detto ormone della crescita, dapprima estratto dalle ipofisi dei cadaveri, e poi realizzato in via sintetica. Questo tipo di doping è efficientissimo e diffusissimo ancora oggi in quanto non esiste un test validato dagli organismi sportivi internazionali per individuarlo. Francia, Gran Bretagna e Spagna hanno ruoli di primissimo piano nell uso di queste pratiche. Negli anni 90 i medici dell Est vengono scelti in molte nazioni perché offrano la loro esperienza nell eludere i controlli. L avanzare della scienza offre prodotti sempre più sofisticati e difficili da individuare. Spesso si dice che la ricerca di prodotti dopanti viaggi più velocemente dell anti-doping. In realtà non esiste una specifica ricerca sul doping ma una ricerca di prodotti destinati a risolvere gravi problemi riguardanti la salute pubblica. È questo il caso dell eritropoietina ricombinante (comunemente nota come EPO) che, nata come farmaco salvavita per dializzati, somministrata in modo abnorme ed improprio a soggetti sani ha rivoluzionato gli sport di resistenza. L uso non 9

terapeutico di questi farmaci li trasforma in veri e propri strumenti delittuosi. I medici spesso sono compiacenti e tranquillizzano l atleta-utente. In una clamorosa intervista del 1999, rilasciata quando era medico responsabile di una formazione ciclistica professionista, Michele Ferrari (che ha avuto tra i suoi assistiti anche Lance Armstrong), sosteneva senza vergogna che meglio di sottoporre gli atleti a snervanti stage d allenamento in altura, era somministrare loro l Epo. Doping, secondo questa concezione, era solo ciò che veniva individuato nei test di controllo. 1.1.3 - Le dimensioni del fenomeno. Ad alto livello il doping è molto praticato. La nuova generazione di farmaci è talmente potente nel modificare le prestazioni che neppure un patrimonio di doti fisico-atletiche eccezionale riesce a colmare il divario tra atleta dopato e non. Le strategie si sono evolute con il passare del tempo e con l aumento di offerta di prodotti disponibili. Non più azione occasionale nel giorno della gara ma strategia di preparazione farmacologia svolta su base annuale in funzione delle qualità fisiche da migliorare e degli impegni in calendario. Si può quasi considerare il doping come una cura. Durante il periodo di allenamento più intenso vengono assunti farmaci che consentono di sopportare carichi di 10

allenamento altrimenti impensabili. A questo periodo ne segue uno cosiddetto di scarico in cui vengono eliminate dall organismo le sostanze assunte precedentemente, eludendo così i test di controllo. Nomi importanti dello sport nazionale ed internazionale sono stati coinvolti in scandali ed inchieste che, molto spesso, si presentano come punte dell iceberg di un fenomeno molto diffuso e tollerato. Sarebbe errato e superficiale considerare questa pratica come fenomeno esclusivamente di vertice. I dati dei farmaci con valenza dopante disponibili sul mercato ci inducono ad una valutazione più prudente. Questi preparati sono tanto diffusi da non trovare giustificazione solo nell uso ed abuso della fascia di agonisti maggiori nelle varie discipline. Il problema infatti non riguarda solo il più ristretto ambito etico-sportivo, ma ci sposta sul piano della tutela della salute pubblica, in particolare tra i giovani. Ulteriore testimonianza della larga diffusione di questi farmaci ci viene dall incredibile massa di sequestri operati dai NAS e dalla Guardia di finanza. Negli ultimi anni il traffico è in crescente espansione ed i sequestri si sono succeduti a ritmo incalzante, mettendo in evidenza una dimensione internazionale prima insospettabile. Il volume commerciale a livello mondiale di alcuni farmaci è ingiustificatamente troppo elevato in rapporto alle esigenze dei 11

malati ai quali i farmaci sono destinati. Dove va a finire il surplus che non è utilizzato a fini terapeutici? Molti indizi e alcune indagini della magistratura portano direttamente allo sport. Dati relativi ai volumi di vendita di farmaci come Epo, HGH, betabloccanti, anabolizzanti, relativi all anno 1997 riportano valori superiori ai 500 miliardi di lire (circa 250 milioni di euro). 2 Il totale delle vendite comprende due fenomeni differenti: l illecito acquisto da parte di atleti, a fine di doping, e il legittimo acquisto ed utilizzo, da parte dei malati, a fini terapeutici. Questa precisazione si rende necessaria riguardo a farmaci come Epo e HGH, e non per gli steroidi, il cui uso è limitatissimo in ambito curativo. Fatta questa premessa, di 250 milioni di euro di vendite, circa 150 milioni possono essere riferiti al Doping. Il dato emerge dalle numerose inchieste della magistratura in Piemonte, Lazio, Campania e Sicilia, che hanno messo in luce una mole consistente di false ricette mediche, per mezzo delle quali gli sportivi riuscivano a procurarsi questi farmaci, spesso perfino a carico del Sistema Sanitario Nazionale. Se alle vendite dei farmaci doping dovessimo aggiungere anche la vendita di integratori, raggiungeremmo sicuramente dati di vendita molto maggiori. 2 FERRARA, Doping antidoping,2004,xix, Padova, pag.18. 12

1.1.4 - Le cause del fenomeno Il doping si è diffuso perché tanti, troppo fattori hanno spinto nella stessa direzione. L organizzazione sportiva ad alto livello, il disinteresse, se non la complicità delle varie strutture di controllo statuali, la monetizzazione sempre più marcata dello sport, toccato da interessi economici che soprattutto negli ultimi anni lo hanno trasformato e trasfigurato rispetto al passato. Uno sport portatore di istanze economiche, che abbandona tutta una serie di valori che ne avevano costituito la trama essenziale. Fra le cause principali alcune se ne possono individuare all interno del mondo sportivo, altre al di fuori dello sport stesso. 3 All interno dello sport ha pesato tantissimo la professionalizzazione dello sport ed il professionismo vero e proprio. Questa trasformazione ad alto livello è stata importantissima: il mondo dilettantistico nel quale ciascun appassionato dedicava allo sport ritagli di tempo libero, è divenuto di colpo professionistico, senza che contemporaneamente fosse cresciuta una cultura sportiva adeguata. L aumentata possibilità di guadagni ha infatti generato, all interno delle organizzazioni sportive, una progressiva selezione di persone con un unico 3 FERRARA, Doping antidoping, 2004, XIX, Padova, pag. 23. 13

obiettivo: il risultato da realizzare ad ogni costo, come unico fine dell intera attività. Vincere fa andare in tv e sui media dunque ripaga lo sponsor che investe, dunque diventa l unico fine. Il timore della sconfitta e della conseguente perdita del sostegno economico, pone un enorme pressione sugli atleti, tanto da spingerli ad usare qualunque mezzo per mantenere ed aumentare il loro attuale livello di successo. Qualsiasi mezzo viene accettato, anche se pone un serio rischio per la salute individuale. Nel 1999 un noto professionista del ciclismo, Erwan Mentheour, autore di un libro-rivelazione (Secret défonce) ammise che avrebbe facilmente accettato di bersi mezzo litro di benzina per arrivare al quinto posto di un Tour de France se il medico della sua squadra glielo avesse prescritto. Anche per le federazioni sportive è divenuto prioritario conseguire risultati di rilievo per poi contrattare denaro sul mercato della pubblicità e con le televisioni. Ciò ha spinto a pesanti trasformazioni dei modelli di pratica sportiva, aumentando il numero delle gare di alto livello. Gli atleti, spinti da allenatori irresponsabili, hanno aumentato a dismisura il tempo dedicato all attività sportiva ed agli allenamenti, senza preoccuparsi delle conseguenze sui giovani. 14

Tra i giovani e tra i dilettanti i modelli di comportamento assunti dagli atleti di vertice sono diventati punto di riferimento. La tendenza ad emulare i campioni trova terreno fertile anche fra molti allenatori e medici che prospettano agli atleti la pratica del doping come strumento unico ed indispensabile per raggiungere gli stessi successi degli sportivi più affermati. Tutto questo ha portato ad un brusco arretramento dell età d inizio delle pratiche dopanti. In molti sport, purtroppo, le categorie giovanili sono la copia di quelle maggiori. Si diffondono comportamenti che infrangono le regole etiche fondamentali dello sport. L agonismo troppo precoce provoca anche la saturazione dell interesse e l abbandono. Molte cause del doping si trovano anche al di fuori del mondo sportivo. Come già accennato in precedenza, dagli anni sessanta in poi, lo sport è divenuto il tramite con il quale molti paesi, soprattutto del blocco sovietico, hanno cercato di conquistare consenso internazionale usando l immagine di grande efficienza che derivava loro dai grandi risultati sportivi nelle manifestazioni sportive come Mondiali ed Olimpiadi. In questi paesi il doping è stato organizzato a livello statale. Per contrastare questo fenomeno altri paesi hanno organizzato, a livello nazionale, un sistema, per quanto possibile, simile. 15