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Corte di Cassazione, Sez. Un. penale, sentenza 23 febbraio 2017- dep. 28 aprile 2017 n. 20664, Presidente Canzio, Relatore Petruzzellis Malversazione in danno dello Stato - Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche concorso apparente di norme - concorso di reati «Il reato di malversazione in danno dello Stato (art. 316-bis cod. pen.) concorre con quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis cod. pen.)». Nella sentenza in commento, le Sezioni Unite sono state chiamate a pronunciarsi circa il rapporto sussistente tra il reato di malversazione a danno dello Stato (art. 316 bis c.p.) e quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640 bis c.p.). Per comprendere i termini della questione sembra opportuno ricordare che: -il delitto di malversazione in danno dello Stato si realizza allorché il soggetto agente utilizzi una somma ottenuta a titolo di sovvenzione dallo Stato o dalle Comunità europee, per un fine privato diverso da quello di favorire la realizzazione di opere o lo svolgimento di attività di pubblico interesse, per il quale la sovvenzione era stata accettata. -il delitto di truffa aggrava per il conseguimento di erogazioni pubbliche è configurato nel caso in cui l agente ottenga, abusivamente e in particolare ponendo in essere una truffa (ex art. 640 c.p.), contributi o altre erogazioni dallo Stato, da altri enti pubblici o da Comunità europee. Le SSUU, nell analizzare il rapporto tra i predetti delitti danno conto dei due contrapposti orientamenti giurisprudenziali che sul punto erano sorti. Secondo l orientamento giurisprudenziale prevalente, i due reati possono concorrere tra loro, denotando una diversità strutturale e teleologica. -Sotto il primo profilo bisogna osservare che i due comportamenti incriminati sono differenti e cronologicamente distinti: la truffa aggravata, infatti, stigmatizza un comportamento a monte, rappresentato dall illecito conseguimento di finanziamenti pubblici mediante artifizi o raggiri in cui dunque, elemento costitutivo è la frode; la malversazione punisce, invece, un comportamento a valle, ossia il fatto di non destinare i fondi alle finalità di pubblico interesse per le quali gli stessi erano stati erogati. Il reato di malversazione, dunque, non presuppone, né ha tra i suoi elementi costitutivi strutturali la truffa, posto che i fondi distratti possono essere ottenuti anche legittimante. -Quanto al secondo profilo, bisogna evidenziare la diversità del bene protetto dalle due norme: mentre il 640 bis tutela il patrimonio, l art. 316 bis tutela il buon andamento della PA, nella forma dell interesse pubblico che l erogazione vuole perseguire. Per queste ragioni l orientamento prevalente ha sempre sostenuto che i delitti di cui agli artt. 640 bis e 316 bis c.p. potessero configurare un concorso di reati, escludendo che tra le due fattispecie intercorresse un rapporto di specialità, non potendosi riscontrare a livello astratto l identità di materia che giustificherebbe l applicazione dell art. 15 c.p. Il contrapposto orientamento, sostenuto dalla giurisprudenza minoritaria, invece, ha individuato un concorso apparente di norme tra le due fattispecie in esame: secondo questo orientamento, in particolare, gli art. 316 bis e 640 bis c.p., sarebbero in rapporto di sussidiarietà, essendo la fattispecie di cui all art. 316 bis residuale e sussidiaria rispetto a quella di cui all art. 640 bis c.p. Secondo questa impostazione, non ha rilevanza la diversità del fatto tipico che caratterizza le due norme in esame in quanto il problema sorge proprio quando, in presenza di erogazione ottenuta in modo fraudolento, venga impressa una diversa destinazione alla stessa, prospettandosi un concorso apparente di norme.

Questa ricostruzione, inoltre, ritiene che non può individuarsi una netta differenza dei beni tutelati in quanto i due comportamenti incriminati, cioè quello a monte e quello a valle, rappresenterebbero gradi diversi di offesa allo stesso bene, posto che l offesa al patrimonio implica anche un offesa al buon andamento della PA, e l offesa al buon andamento, con la destinazione dei finanziamenti a scopi diversi, finisce al contempo per offendere il patrimonio della PA. Ecco perché in relazione al rapporto tra gli artt. 316 bis e 640 bis c.p. deve parlarsi di sussidiarietà (e non può parlarsi di specialità). La diversa destinazione impressa al finanziamento ottenuto mediante frode, rappresenta, in realtà, la fase esecutiva del medesimo progetto criminoso, e in ossequio al principio del ne bis in idem sostanziale, non potrebbero sanzionarsi autonomamente due comportamenti offensivi dello stesso bene, seppur riconducibili a due momenti cronologicamente distinti. Le SSUU, dopo aver fatto riferimento ai predetti contrastanti orientamenti, ampliano il problema al tema generale del concorso apparente di norme. Il concorso apparente di norme, affermano le SSUU, che si realizza ove, attraverso un confronto degli elementi strutturali, più fattispecie risultano applicabili al medesimo fatto, fa sì che la legge speciale deroghi a quella generale, salvo che sia altrimenti stabilito, come disposto dall art. 15 c.p. Da questa norma si evince che ove si escluda il concorso apparente di norme, è possibile derogare alla regola del concorso di reati solo quando la legge preveda le c.d. clausole di riserva, le quali impongono l applicazione di una sola norma ritenuta prevalente. È noto, osserva la Corte, come sul punto sussista un ampio e risalente dibattito in dottrina teso ad ampliare il concorso apparente di norme alle figure dell assorbimento, della consunzione e dell ante-fatto o post-fatto non punibile. Tali ricostruzioni vengono, invece, respinte dalla giurisprudenza delle SSUU per la mancanza di riferimenti normativi che ne consentano un collegamento alla voluntas legis, oltre al fatto che risultano fondate su elementi di incerta individuazione e quindi suscettibili di opposte valutazioni da parte degli interpreti. Che il concorso apparente di norme ammetta il solo criterio della specialità, non può essere messo in discussione neppure dalla recenti pronunce della Corte EDU sul divieto di ne bis in idem sostanziale, in quanto da tali interventi si ricava solo la necessità di una comparazione concreta e complessiva delle fattispecie in concorso, con particolare attenzione al fatto oggetto di contestazione e agli elementi costitutivi della fattispecie. L essenza del divieto espresso dalla pronuncia della Corte EDU è rappresentata dalla necessità di non sottoporre ad accertamento due volte l interessato per il medesimo fatto storico, non essendo precluso il perseguimento della persona sottoposta a controllo in due autonome procedure. Le SSUU, dunque, condividono l orientamento prevalente della giurisprudenza che individua nel criterio di specialità l unico principio legalmente previsto in tema di concorso apparente. Dunque la tesi della giurisprudenza minoritaria che individuava tra la malversazione e la truffa aggravata ai danni dello stato un concorso apparente di norme, rifacendosi al criterio di sussidiarietà, è da escludere. Tuttavia, nemmeno di specialità si può parlare con riguardo al rapporto tra gli artt. 316 bis e 640 bis c.p. in quanto le fattispecie in esame hanno genesi e sviluppo autonomo, mentre la specialità può ravvisarsi solo ove ci sia un identico contesto di fatto e una delle norme contenga necessariamente gli elementi dell altra. Dall analisi delle norme si deduce che gli artifizi e raggiri che caratterizzano la fattispecie di cui al 640 bis, non sono elemento costitutivo della fattispecie di cui all art. 316 bis, potendosi le sovvenzioni previste, ottenere in qualsiasi modo; mentre la distrazione delle somme erogate dalla

loro finalità, che caratterizza la fattispecie di cui all art. 316 bis, non costituisce elemento costitutivo della fattispecie di cui al 640 bis, in quanto quest ultima non necessariamente deve sfociare in tale attività. Si tratta di due fattispecie autonome, e in questo senso depone anche lo sviluppo storico e sistematico delle due previsioni incriminatrici: si tratta di norme contenute in disposizioni di legge autonome, ma entrate in vigore a brevissima distanza l una dall altra; inoltre manca la previsione di clausole di riserva. L autonomia delle due fattispecie viene rimarcata, infine, dalla diversità dei beni giuridici tutelati (come affermato dalla giurisprudenza maggioritaria predetta) e dalla circostanza che i due reati si consumano fisiologicamente in tempi diversi. Tutte queste riflessioni portano a concludere che, in presenza di condotte ricalcanti ambedue le fattispecie, ci si troverà dinnanzi a un concorso materiale dei due reati, eventualmente unificabili nel vincolo della continuazione.