L esposizione al rischio d interesse del banking book e. la crisi finanziaria: evidenze dalle banche italiane



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Dipartimento di Impresa e Management Cattedra di Economia dei Mercati e degli Intermediari Finanziari L esposizione al rischio d interesse del banking book e la crisi finanziaria: evidenze dalle banche italiane RELATORE Prof. Domenico Curcio CANDIDATO Stella Boksic Matr. 171601 Anno Accademico 2013/2014

INDICE INTRODUZIONE -1- CAPITOLO PRIMO Il rischio di tasso di interesse: fonti, effetti, metodi di misurazione e di gestione -3-1. Le fonti del rischio di tasso di interesse. 3 2. Gli effetti del rischio di tasso di interesse.. 5 3. Metodi di misurazione del rischio di tasso di interesse...7 3.1 Il modello del repricing gap.. 7 3.1.1 Il modello base 7 3.1.2 Le evoluzioni. 10 3.1.3 I limiti. 13 3.2 Il modello del duration gap. 15 3.2.1 Il concetto di duration. 15 3.2.2 Il modello base...16 3.2.3 I limiti e le conseguenti evoluzioni del modello..18 3.3 I modelli basati sul cash-flow mapping 21 3.3.1 La metodologia basata su intervalli discreti...21 3.3.2 Il clumping. 21 4. Metodi di gestione del rischio di tasso d interesse 23 4.1 Il duration matching. 24 4.2 Il ricorso ai contratti derivati. 25 4.2.1 I contratti Future.. 27 4.2.2 Gli Interest Rate Swap. 29 4.2.3 Le opzioni sui tassi d interesse.. 32 I

CAPITOLO SECONDO Le disposizioni di vigilanza prudenziale -35-1. I Princìpi per la gestione e la supervisione del rischio di tasso di interesse proposti dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria (Luglio 2004)...36 2. Le Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche proposte dalla Banca d Italia (Circolare n 263/2006)...40 CAPITOLO TERZO L esposizione al rischio di tasso di interesse del banking book: evidenze dal campione di 26 banche commerciali italiane durante la crisi finanziaria del 2008-47- 1. Il contesto: la crisi finanziaria del 2008.. 48 2. Le evidenze dal campione di 26 banche commerciali italiane.51 CONCLUSIONI -67- BIBLIOGRAFIA..69 II

INTRODUZIONE Il rischio di tasso d interesse è uno dei principali rischi affrontati dalle banche nella realtà operativa. La sua rilevanza nella determinazione del reddito d esercizio e del valore patrimoniale delle banche è strettamente legata alla natura delle attività e passività detenute dalle banche stesse: esse tipicamente assumono posizioni in attività e passività il cui valore è sensibile alle variazioni dei tassi d interesse, e la cui redditività o, nel caso delle passività, i cui oneri sono anch essi ancorati al livello dei tassi di mercato. Inoltre, uno dei compiti principali svolti dalle banche nel sistema economico è quello della trasformazione delle scadenze: esse raccolgono il risparmio presso le famiglie a breve termine e concedono prestiti a lungo termine alle imprese. Tale attività comporta un mismatching delle scadenze tra le attività e le passività iscritte in bilancio, e la conseguente assunzione del rischio di tasso d interesse. Tale rischio si configura dunque come parte integrante dell attività bancaria e, se gestito bene, costituisce un importante fonte di redditività per la stessa. Dall altro lato però, in ipotesi di movimenti avversi dei tassi d interesse, tale rischio può costituire una seria minaccia per gli utili d esercizio e per il valore patrimoniale delle banche. La gestione del rischio d interesse assume dunque grande importanza nell operatività delle banche: essa deve porsi l obiettivo di limitare i possibili effetti negativi provocati dalla volatilità dei tassi d interesse e, se possibile, accentuare gli eventuali effetti positivi. Affinché il sistema di gestione sia efficace, è indispensabile per le banche dotarsi di opportuni sistemi di misurazione del rischio: affinché siano adeguati, tali sistemi devono essere capaci di quantificare in modo corretto e affidabile il grado di rischio sopportato dalle banche stesse. Le autorità di vigilanza bancaria hanno predisposto negli anni un quadro regolamentare di vigilanza organico e più volte aggiornato, con l obiettivo di evitare un eccessiva esposizione al rischio d interesse del sistema bancario. Tra le disposizioni di vigilanza prudenziale proposte, le autorità suggeriscono le metodologie di misurazione del rischio che le banche dovrebbero adottare, a conferma dell importanza di questa fase nel processo di gestione del rischio d interesse. La gestione del rischio d interesse risulta poi ancora più importante nei periodi caratterizzati da alta volatilità dei tassi d interesse: è questo il caso della crisi finanziaria 1

iniziata negli Stati Uniti nell estate 2007, e diffusasi velocemente in Europa e nel resto del mondo nei mesi seguenti. La forte recessione sperimentata dall economia globale negli anni della crisi ha richiesto un deciso intervento delle banche centrali, che hanno agito mediante manovre sui tassi d interesse ufficiali e strumenti di politica monetaria non convenzionali. La BCE, come anche altre banche centrali, é intervenuta sul corridoio dei tassi d interesse ufficiali riducendolo progressivamente, fino ai minimi storici. L alta volatilità dei tassi di mercato e le progressive riduzioni dei tassi d interesse ufficiali hanno provocato cambiamenti nella term structure e, di conseguenza, nei tassi d interesse praticati dalle istituzioni finanziarie, le quali si sono trovate a fronteggiare un grande rischio, legato alla sensibilità del loro reddito d esercizio e del loro valore patrimoniale alle variazioni dei tassi d interesse. Il presente elaborato si propone di fornire una trattazione generale sul tema del rischio di tasso d interesse sopportato dalle banche, e ha come obiettivo finale quello di stimare l esposizione al rischio di tasso d interesse delle banche italiane durante la crisi finanziaria, per verificare se sono state in grado di gestire adeguatamente tale rischio e, in particolare, se hanno mantenuto un livello di esposizione entro i limiti proposti dalle autorità di vigilanza. Le stime sono state fatte mediante i metodi di misurazione proposti dal quadro regolamentare di vigilanza prudenziale: la metodologia semplificata e la tecnica delle simulazioni storiche. Il Capitolo 1 tratta le fonti, gli effetti, i metodi di misurazione e di gestione del rischio di tasso d interesse. Il Capitolo 2 espone le principali disposizioni di vigilanza prudenziale in tema di rischio d interesse a livello internazionale e nazionale. Il Capitolo 3 riporta l indagine empirica condotta su un campione di 26 banche italiane durante la crisi finanziaria e volta a stimare il livello di esposizione al rischio di tasso d interesse del sistema bancario italiano. 2

CAPITOLO PRIMO Il rischio di tasso di interesse: fonti, effetti, metodi di misurazione e di gestione Il rischio di tasso d interesse è definito dal Comitato di Basilea (BCBS, 2004) come l esposizione della condizione economico-patrimoniale di una banca ai movimenti avversi dei tassi di interesse. 1. Le fonti del rischio di tasso di interesse Il 1 comma dell art. 10 del TUB (d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385) sancisce che [La raccolta di risparmio tra il pubblico e l'esercizio del credito costituiscono l'attività bancaria]. Essa ha carattere d'impresa. La raccolta del risparmio è tipicamente effettuata presso le famiglie, le cosiddette unità in surplus, che preferiscono investire i propri risparmi per brevi periodi, mentre l esercizio del credito è rivolto alle imprese, le cosiddette unità in deficit, che preferiscono essere finanziate a medio-lungo termine. E proprio questa incompatibilità di preferenze tra le due unità che richiede l intervento delle banche le quali, attraverso un processo di trasformazione delle scadenze, riescono a trasferire indirettamente fondi dalle unità in surplus alle unità in deficit (Alemanni, Anolli, Millon Cornett, & Saunders, 2011). Ciò comporta per le banche un mismatching delle scadenze tra le attività e le passività iscritte in bilancio, e questo aspetto determina per le stesse l assunzione di un rischio di interesse (Resti & Sironi, 2008). Il Comitato di Basilea (BCBS, 2004) individua in particolare quattro fonti del rischio di interesse: il rischio di revisione del tasso; il rischio di curva dei rendimenti; il rischio di base; il rischio di opzione. Il rischio di revisione del tasso deriva dal disallineamento delle scadenze (per le posizioni a tasso fisso) e delle date di revisione del tasso (per le posizioni a tasso 3

variabile) delle attività, passività e posizioni fuori bilancio. Ciò implica per le banche un esposizione sia del reddito che del valore economico del patrimonio a fluttuazioni impreviste al variare dei tassi d interesse. Ad esempio, in ipotesi di rialzo dei tassi, una banca che finanzi un prestito a lungo termine a tasso fisso con un deposito a breve subirebbe una riduzione sia degli utili derivanti dalla posizione che del suo valore sottostante: i flussi in entrata generati dal prestito rimarrebbero invariati per tutta la sua durata, mentre i flussi in uscita per il pagamento degli interessi sul deposito aumenterebbero al momento della sua scadenza, che è appunto inferiore a quella del prestito. Anche il rischio di curva dei rendimenti deriva dal disallineamento delle scadenze e delle date di revisione del tasso, e consiste in variazioni inattese nella curva dei rendimenti, che si ripercuotono negativamente sul reddito e sul valore economico delle banche. Ad esempio, nell ipotesi che la curva dei rendimenti accentui la sua inclinazione, il valore economico di una posizione lunga in titoli di Stato a 10 anni coperta da una posizione corta in titoli di Stato a 5 anni si ridurrebbe, in quanto la posizione è coperta contro spostamenti paralleli della curva, ma non per tutta la sua durata. Il rischio di base, invece, deriva dal fatto che le variazioni dei tassi attivi e passivi su strumenti diversi, ma con caratteristiche di revisione del prezzo analoghe, non sono perfettamente correlate, e dunque lo spread tra i due tassi potrebbe variare, implicando per la banca cambiamenti imprevisti nei flussi finanziari e nei differenziali di rendimento fra attività, passività e posizioni fuori bilancio, nonostante queste abbiano scadenze o frequenze di revisione del tasso analoghe. Ad esempio, se una banca finanzia un prestito a un anno con revisione mensile del tasso basata sul rendimento dei BOT a un mese mediante un deposito a un anno con revisione mensile del tasso basata sul LIBOR a un mese, e in caso di rialzo dei tassi il LIBOR aumenta più del rendimento dei BOT, la banca subirebbe una variazione sfavorevole dei flussi finanziari e una riduzione del differenziale di rendimento fra le due posizioni. Il rischio di opzione deriva dal diritto di opzione incorporato in molte attività, passività e strumenti fuori bilancio detenuti dalle banche. Esse detengono nel portafoglio bancario strumenti con opzioni implicite, spesso a favore della controparte, tra cui vari tipi di obbligazioni con clausole call o put, prestiti che conferiscono al mutuatario la 4

facoltà di rimborso anticipato, e vari tipi di depositi a durata indeterminata che conferiscono al depositante la facoltà di prelevare fondi in qualsiasi momento, senza alcuna penale. Poiché, per definizione, un opzione conferisce al detentore la facoltà, ma non l obbligo, di esercitare una data azione sull attività sottostante, generalmente le opzioni vengono esercitate a vantaggio del detentore e a svantaggio del venditore, che in questo caso è la banca. Inoltre, esse contribuiscono ad aumentare il grado di leva finanziaria delle banche, che amplifica gli effetti delle posizioni in tali strumenti sulla loro situazione economico-patrimoniale. 2. Gli effetti del rischio di tasso di interesse Se da un lato dunque l assunzione del rischio di tasso di interesse è parte integrante dell attività bancaria, e anzi, può essere un importante fonte di redditività e di creazione di valore per gli azionisti (BCBS, 2004), appare evidente dalle considerazioni effettuate che un eccessiva esposizione a tale rischio può costituire una minaccia agli utili e al patrimonio delle banche. In un ottica reddituale un ipotetica variazione dei tassi d interesse ha effetti sul margine d interesse, in quanto incide sugli interessi attivi e passivi praticati dalle banche, ossia, sui ricavi derivanti dalla concessione di prestiti e sui costi della raccolta. A tale proposito il Comitato di Basilea (BCBS, 2004) fa notare che, con l espandersi dell attività bancaria, il margine d intermediazione e le commissioni nette hanno acquisito maggiore peso nella determinazione, insieme al margine di interesse, del risultato economico complessivo di una banca, e che i proventi e gli oneri non da interessi sono anch essi sensibili alle variazioni dei tassi d interesse. Da tale considerazione emerge la necessità di valutare in una visione più ampia gli effetti delle variazioni dei tassi d interesse sul risultato economico della banca: esso risulta infatti in gran parte determinato da flussi sensibili a tali variazioni. In un ottica patrimoniale, un ipotetica variazione dei tassi d interesse ha effetti sul valore economico del capitale, sul quale si ripercuotono le variazioni di valore attuale sperimentate dalle attività e passività iscritte in bilancio. 5

Ad esempio, in un ottica reddituale un ipotetico rialzo dei tassi di mercato determinerebbe per le banche asset-sensitive 1 un incremento del margine d interesse, perché l incremento degli interessi attivi praticati sui prestiti sarebbe maggiore dell incremento degli interessi passivi corrisposti per la raccolta; in un ottica patrimoniale, invece, uno stesso ipotetico rialzo dei tassi di mercato determinerebbe per le medesime banche una riduzione del valore economico del capitale, perché la riduzione del valore delle attività sarebbe maggiore della riduzione del valore delle passività. L esempio esposto vale in modo speculare per le banche liability-sensitive 2 (che, nel caso del suddetto ipotetico rialzo dei tassi, sperimenterebbero una riduzione del margine d interesse, ma otterrebbero beneficio da un incremento del loro valore economico patrimoniale). Il Comitato di Basilea (BCBS, 2004) ritiene che l approccio patrimoniale, che considera l impatto dei movimenti dei tassi d interesse su tutti i flussi finanziari futuri, sia più appropriato per fornire indicazioni accurate circa la situazione complessiva di una banca e i potenziali effetti a lungo termine di tali movimenti. L approccio reddituale è, invece, tipicamente incentrato su un analisi di breve periodo, perché tiene conto unicamente dell impatto sul reddito d esercizio. Oltre agli effetti sul reddito e sul valore economico aziendale, il Comitato suggerisce un terzo effetto, che riguarda i risultati futuri di una banca: le perdite latenti. Questo effetto deriva dalla contabilizzazione a valori contabili piuttosto che a valori di mercato delle poste di bilancio: esse incorporano così guadagni o perdite latenti dovute a precedenti variazioni dei tassi d interesse, ma che si ripercuoteranno nel tempo sul reddito della banca. Ad esempio, un prestito a tasso fisso a lungo termine, erogato quando il livello dei tassi d interesse era più basso e rifinanziato in seguito con passività recanti tassi d interesse maggiori, comporterà per la banca un drenaggio di risorse per tutta la durata residua del prestito. 1 Le banche sono definite asset-sensitive quando nel loro bilancio le attività sensibili ai movimenti dei tassi d interesse sono in volume maggiore rispetto alle passività sensibili. 2 Le banche sono definite liability-sensitive quando nel loro bilancio le passività sensibili ai movimenti dei tassi d interesse sono in volume maggiore rispetto alle attività sensibili. 6

3. Metodi di misurazione del rischio di tasso di interesse Abbiamo visto come un eccessiva esposizione al rischio di tasso d interesse possa impattare negativamente sul patrimonio e sulla redditività delle banche; esse dunque dovrebbero disporre di adeguati sistemi di gestione del rischio: per fare ciò è necessario innanzitutto l utilizzo di metodi di misurazione che siano quanto più in grado di fornire una rappresentazione precisa ed esaustiva del grado di rischio sopportato dalle banche. Resti e Sironi (2008) propongono tre modelli di misurazione del rischio d interesse: il modello del repricing gap; il modello del duration gap; i modelli basati sul cash-flow mapping. I primi due modelli citati sono proposti anche da Millon Cornett e Saunders (2011). 3.1 Il modello del repricing gap Il modello del repricing gap è un modello di tipo reddituale : esso misura l impatto che una variazione dei tassi d interesse genera sul margine d interesse, e dunque sugli utili correnti. 3.1.1 Il modello base Il gap è una misura sintetica di esposizione al rischio di interesse che lega le variazioni dei tassi di interesse di mercato alle variazioni del margine di interesse (differenza tra interessi attivi e interessi passivi) (Resti e Sironi, 2008, p.11). Il gap (G) di un dato periodo t (gapping period) è definito come la differenza tra le attività sensibili (AS) e le passività sensibili (PS) alle variazioni dei tassi d interesse, dove per attività (passività) sensibili si intendono quelle attività (passività) che scadono o che prevedono una revisione del proprio tasso di interesse nel corso del periodo t: G! = AS! PS! (1.1) Il valore ottenuto è espresso in termini monetari. 7

Figura 1.1 Il concetto di repricing gap Attività sensibili (AS t ) Passività sensibili (PS t ) GAP t = (AS t - PS t ) > 0 Attività non sensibili (ANS t ) Passività non sensibili (PNS t ) Fonte: Resti A., Sironi A., (2008) Rischio e valore nelle banche. Misura, regolamentazione, gestione, ed. Egea. Partendo dalla formula del margine d interesse possiamo arrivare a una formalizzazione della relazione tra la variazione del margine d interesse e il gap: MI = IA IP = i! AFI i! PFI = i! AS + ANS i! PS + PNS (1.2) da cui: ΔMI = Δi! AS Δi! PS (1.3) Dove MI, IA, IP, i a, i p, AFI e PFI sono rispettivamente il margine d interesse, gli interessi attivi, gli interessi passivi, il livello medio dei tassi attivi, il livello medio dei tassi passivi, il totale delle attività finanziarie e il totale delle passività finanziarie. La formula (1.3) si basa sull ipotesi che le variazioni dei tassi d interesse impattino solo sulle attività e passività sensibili. Ipotizzando inoltre che gli interessi attivi e passivi siano soggetti a variazioni uniformi, otteniamo: Δi! = Δi! = Δi (1.4) ΔMI = (AS PS) Δi = G Δi (1.5) L equazione (1.5) mostra la relazione positiva tra la variazione del margine d interesse e il gap, in ipotesi di variazioni dei tassi d interesse. Ad esempio, in ipotesi di rialzo dei tassi, se G > 0 (dunque AS > PS), la banca subirà una variazione positiva del margine d interesse, perché il volume di attività sensibili che subiranno una rinegoziazione, e quindi un incremento di tasso d interesse, è maggiore del volume delle passività sensibili. In questo caso il differenziale di rendimento dato dalle suddette posizioni aumenterà. In caso contrario, se G < 0 (dunque AS < PS) la banca subirà una variazione negativa del margine d interesse, perché il volume delle 8

passività sensibili che subiranno una rinegoziazione, e quindi un incremento di tasso di interesse, è maggiore del volume delle attività sensibili, e il differenziale di rendimento dato dalle suddette posizioni si ridurrà. Gli effetti di una variazione dei tassi d interesse possono essere riassunti nella seguente tabella: Tabella 1.1 Gap, variazioni dei tassi ed effetti sul margine d interesse Gap > 0 Gap < 0 Δi > 0 (rialzo dei tassi) ΔMI > 0 ΔMI < 0 Δi < 0 (ribasso dei tassi) ΔMI < 0 ΔMI > 0 Fonte: Resti A., Sironi A., (2008) Rischio e valore nelle banche. Misura, regolamentazione, gestione, ed. Egea. Inoltre, dal concetto di gap possiamo ricavare alcuni indicatori utili per la gestione del rischio d interesse: Δ(!" ) = (! ) Δi (1.6)!"!" dove MP sono i mezzi propri; questo indicatore ci fornisce informazioni riguardo all impatto delle variazioni dei tassi d interesse sulla redditività della gestione denaro, ossia sull attività di intermediazione creditizia tradizionale; Δ(!" ) = (! ) Δi (1.7)!"!" questo indicatore ci fornisce una misura dell impatto delle variazioni dei tassi d interesse sulla redditività delle attività finanziarie detenute; Gap ratio =!"!" (1.8) quest ultimo indicatore, non essendo espresso in termini monetari, non risente delle dimensioni di una banca ed è dunque di agevole utilizzo nel confronto tra banche di dimensioni diverse. 9

3.1.2 Le evoluzioni L analisi finora effettuata si fonda sull ipotesi semplificatrice che eventuali variazioni dei tassi di mercato si traducano in variazioni degli interessi attivi e passivi relative all intero esercizio, perché solo in questo modo vale l equazione (1.5), che considera la variazione del margine d interesse come funzione positiva della variazione dei tassi d interesse. Nella realtà, l eventuale variazione dei tassi d interesse esercita i propri effetti dalla data di scadenza o di revisione del tasso della singola posta alla fine del gapping period ( che generalmente è uguale a un anno). In generale, indicando con s j il periodo, espresso in frazione di anno, compreso tra oggi e la data di scadenza o revisione del tasso di una generica attività sensibile j che frutta un tasso di interesse i j, gli interessi attivi maturati nel corso dell anno sono uguali a ia! = as! i! s! + as! (i! + Δi! ) (1 s! ) (1.9) Gli interessi attivi maturati nel corso dell anno sono dunque dati da una componente certa [as j * i j * s j ] e da una componente incerta [as j * (i j + Δi j ) * (1 s j )], ed è proprio quest ultima componente che determina la variazione degli interessi attivi: Δia! = as! Δi! (1 s! ) (1.10) da cui possiamo ricavare la variazione complessiva degli interessi attivi maturati sulle n attività sensibili della banca:! ΔIA =!!! as! Δi! (1 s! ) (1.11) Lo stesso ragionamento è replicabile per le m passività sensibili, e otteniamo così! ΔIP =!!! ps! Δi! (1 s! ) (1.12) Definiamo il maturity-adjusted gap come la differenza tra attività e passività sensibili, ognuna ponderata per il periodo compreso tra la data di scadenza o di revisione del tasso e la fine del gapping period (fissato a un anno), 10

G!" =! as! 1 s!! ps! (1 s! ) (1.13) e, ipotizzando sempre una variazione uniforme dei tassi d interesse attivi e passivi (Δi j = Δi k = Δi j, k), otteniamo una nuova relazione tra la variazione del margine d interesse e il gap (che ora è aggiustato per la maturity ): ΔMI = ΔIA ΔIP = G!" Δi (1.14) L equazione (1.14) corregge la distorsione insita nell equazione (1.5), la quale si fonda sull ipotesi semplificatrice che eventuali variazioni dei tassi di mercato si traducano in variazioni degli interessi attivi e passivi relative all intero esercizio. Un passo ulteriore nell affinamento del modello del repricing gap richiede che si tenga conto delle scadenze effettive delle attività e passività considerate in un dato gapping period. In questo modo, oltre al gap finale relativo all intero gapping period, si ottengono i gap marginali e i gap cumulati. I gap marginali o periodali sono definiti come differenza tra attività e passività che prevedono la rinegoziazione del tasso in un particolare periodo futuro. I gap cumulati sono definiti come differenza tra attività e passività che prevedono la rinegoziazione del tasso entro una determinata data futura. Questi ultimi non sono altro che la somma algebrica dei gap marginali relativi ai periodi precedenti più il periodo in esame. Il calcolo dei gap marginali è importante poiché una banca, che ha un gap cumulato annuo nullo, può comunque subire una riduzione del margine d interesse: ciò accade quando le variazioni dei tassi d interesse rispetto alla condizione iniziale sono di segno opposto a quello del gap marginale relativo al medesimo periodo. La tabella 1.2 aiuta a comprendere questo fenomeno. 11

Tabella 1.2 Gap marginali e variazioni dei tassi di interesse Periodo Livello tassi Livello tassi Δi rispetto a MG EFFETTO attivi passivi t 0 (in bp) ( mln) SU MI t 0 6,0% 3,0% 1 mese 5,5% 2,5% -50 140! 3 mesi 6,3% 3,3% +30-170! 6 mesi 5,6% 2,6% -40 120! 12 mesi 6,6% 3,6% +60-90! Totale 0 Fonte: Resti A., Sironi A., (2008) Rischio e valore nelle banche. Misura, regolamentazione, gestione, ed. Egea. Nota: I valori di MG sono stati ricavati da un esempio presente nel testo citato. Grazie ai gap marginali può essere definito un ulteriore tipo di gap, il cosiddetto gap cumulato ponderato, dato dalla somma dei gap marginali ponderati per il relativo periodo medio mancante alla fine del gapping period (fissato a un anno): G!! =!!! MG! (1 t! ) (1.15) dove n, MG j e t j sono rispettivamente il numero degli intervalli temporali considerati all interno del gapping period, il gap marginale del j-esimo intervallo temporale, e la scadenza media del j-esimo intervallo temporale. Otteniamo così una nuova relazione tra la variazione del margine d interesse e il gap (che ora è cumulato ponderato ): ΔMI = ΔIA ΔIP = G! Δi (1.16) Il gap cumulato ponderato è anche chiamato duration del margine d interesse, perché è un indicatore della sensibilità del margine d interesse a variazioni dei tassi di mercato. Esso è utile ai fini della semplificazione dei calcoli in quanto, contrariamente al maturity-adjusted gap, non richiede la conoscenza dell effettiva data di riprezzamento di ogni singola attività e passività sensibile; ma il contributo principale di questo indicatore è che consente di stimare l impatto sul margine d interesse di più variazioni infra-annuali dei tassi d interesse. 12

Riassumendo, anche se il gap cumulato annuo risulta nullo, la banca potrebbe subire una riduzione del margine d interesse per due motivi: 1. la possibilità che nel periodo di riferimento vi siano più variazioni dei tassi di mercato di segno opposto a quello dei gap marginali; 2. anche se ci fosse un unica variazione dei tassi di mercato, essa esercita effetti differenti sul margine d interesse generato dalle posizioni alla base dei singoli gap periodali. Secondo il modello del repricing gap la strategia ottima di immunizzazione del margine d interesse dalle variazioni dei tassi di mercato richiede che tutti i gap marginali siano nulli, ossia che le scadenze delle attività e delle passività siano perfettamente bilanciate, ma tale ipotesi risulta assolutamente irrealistica vista l importanza e la rilevanza della funzione di trasformazione delle scadenze svolta dalle banche. Nella realtà operativa le banche, piuttosto che annullare, mirano a minimizzare i gap marginali attraverso opportuni strumenti di copertura. 3.1.3 I limiti I maggiori limiti del modello del repricing gap sono: l ipotesi di variazioni uniformi dei tassi attivi e passivi; l ipotesi di variazioni uniformi dei tassi di diversa scadenza; il trattamento delle poste a vista (secondo la logica del modello del repricing gap anch esse sono sensibili alle variazioni dei tassi di mercato, ma l analisi empirica mostra che l adeguamento dei rendimenti delle suddette poste è vischioso e asimmetrico); la mancata considerazione degli effetti di variazioni dei tassi d interesse sulla quantità di fondi intermediati; la mancata considerazione degli effetti di variazioni dei tassi sui valori di mercato 3. 3 Si veda anche Sharma M. (2012), A Dynamic GAP Framework by Relaxing the Assumptions Behind the GAP and Duration GAP. 13

Una possibile soluzione al primo limite (ipotesi di variazioni uniformi dei tassi) è il ricorso al gap standardizzato, che tiene conto della diversa reattività dei tassi attivi e passivi alle variazioni dei tassi di mercato. Tale metodo si articola in 3 fasi: 1. identificazione di un tasso di riferimento (come per esempio il tasso Euribor a 3 mesi); 2. stima della sensibilità dei diversi tassi bancari attivi e passivi rispetto alle variazioni del tasso di riferimento; 3. calcolo del gap standardizzato. Indicando con β j e γ k i coefficienti di sensibilità all Euribor (rispettivamente per le attività e le passività), definiamo il gap standardizzato come segue: G!!! =!!! as! β!!!! ps! γ! (1.17) Il terzo limite, legato al trattamento delle poste a vista, è oggi meno rilevante, almeno per quanto riguarda l asimmetria, grazie all art. 10 comma 5 del decreto legge n. 223 del 4/07/2006, che prevede che le variazioni dipendenti da modifiche del tasso di riferimento devono operare contestualmente e in pari misura, sia sui tassi debitori sia su quelli creditori. Il quarto limite, legato alla mancata considerazione degli effetti di variazioni dei tassi d interesse sui fondi intermediati, potrebbe essere attenuato costruendo i coefficienti β e γ sopra citati in modo da tenere conto della sensibilità delle quantità ai prezzi, ma poiché è plausibile che la relazione tra i tassi di mercato e i fondi intermediati sia di difficile stima, normalmente le banche non tengono conto dell interazione tra prezzi e quantità nel calcolare la loro esposizione al rischio d interesse. Per quanto riguarda l ultimo limite (la mancata considerazione degli effetti di variazioni dei tassi d interesse sul valore economico aziendale), occorre cambiare prospettiva e passare a un approccio di tipo patrimoniale: il modello del repricing gap è per costruzione un metodo reddituale, e quindi inadatto a cogliere i suddetti effetti. 14

3.2 Il modello del duration gap Il modello del duration gap è un modello di tipo patrimoniale : esso misura l impatto che una variazione dei tassi d interesse genera sul valore di mercato del patrimonio della banca. Questo modello supera uno dei limiti fondamentali del repricing gap che, valutando gli effetti di variazioni dei tassi di mercato sul margine d interesse, è proiettato al breve periodo: con il duration gap è invece possibile avere una visione più ampia e proiettata al lungo periodo, proprio perché ha come variabileobiettivo il valore economico del patrimonio della banca. 3.2.1 Il concetto di duration La duration, o durata media finanziaria, è definita come la media aritmetica delle scadenze dei flussi di cassa associati a un titolo obbligazionario a tasso fisso, ponderate per i flussi di cassa stessi attualizzati al TIR: D =!!!!!!"! (!!!)!!! (1.18) Essendo una media ponderata delle scadenze, la duration è espressa in unità temporali, generalmente in anni. Essa ha relazione positiva con la vita residua dello strumento analizzato, e ha relazione negativa con l importo e la frequenza della cedola corrisposta e con il TIR. Può inoltre essere interpretata come la sensibilità del prezzo di un titolo obbligazionario a variazioni dei tassi di mercato. Dato il prezzo di un titolo P =!!"! (!!!)!!!! (1.19) la sua derivata prima rispetto al tasso di rendimento (i) è!" =! t FC!"!!!! 1 + i!!!! =!! t FC!!!!!!! (1 + i)!! (1.20) Dividendo entrambi i membri per P si ottiene 15

dp di 1 P = 1!!!! 1 + i t FC! 1 + i!! P = 1 1 + i D (1.21) da cui!" =! di (1.22)!!!! Definiamo poi la modified duration come MD =!!!! (1.23) e otteniamo infine!"! = MD di (1.24) La duration modificata ci consente di approssimare le variazioni di prezzo di un titolo date dalle variazioni dei tassi di mercato. Poiché in generale la duration di un portafoglio è pari alla media delle duration dei singoli asset che compongono il portafoglio ponderate per il valore di mercato dei rispettivi asset, le banche possono ricavare le duration del loro attivo e del loro passivo semplicemente conoscendo le duration e i valori di mercato delle poste iscritte in bilancio. 3.2.2 Il modello base Il modello del duration gap si fonda, come suggerisce il nome, proprio sul concetto di duration, la quale consente alle banche di stimare la variazione del valore di mercato delle loro attività e passività in ipotesi di variazioni dei tassi d interesse. La variazione del valore di mercato delle attività è esprimibile con la seguente formula: da cui ΔVM! VM! = D! 1 + i! Δi! = MD! Δi! (1.25) 16

ΔVM! = MD! Δi! VM! (1.26) dove VM A, D A, MD A, e i A indicano rispettivamente il valore di mercato, la duration media ponderata, la duration modificata e il tasso di rendimento medio dell attivo. Il ragionamento è equivalente per le passività: da cui ΔVM! VM! = D! 1 + i! Δi! = MD! Δi! (1.27) ΔVM! = MD! Δi! VM! (1.28) dove VM P, D P, MD P, e i P indicano rispettivamente il valore di mercato, la duration media ponderata, la duration modificata e il tasso di rendimento medio del passivo. Combinando le equazioni (1.26) e (1.28) è possibile stimare la variazione del valore di mercato del patrimonio delle banche: ΔVM! = ΔVM! ΔVM! = MD! Δi! VM! ( MD! Δi! VM! ) (1.29) Assumendo che le variazioni dei tassi di rendimento medi dell attivo e del passivo siano uguali (Δi A = Δi P = Δi), l equazione può essere riformulata come segue: ΔVM! = (MD! VM! MD! VM! ) Δi (1.30) da cui, raccogliendo a secondo membro il valore di mercato, si ottiene ΔVM! = (MD! L MD! ) VM! Δi (1.31) dove L rappresenta l indice di leva finanziaria della banca, ed è pari a VM P / VM A. Possiamo riscrivere l equazione (1.31) come segue: 17

ΔVM! = DG VM! Δi (1.32) L equazione (1.32) evidenzia le tre variabili che incidono sulla variazione del valore di mercato del patrimonio delle banche: 1. la dimensione dell attività d intermediazione svolta dalla banca (VM A); 2. la dimensione della variazione dei tassi d interesse (Δi); 3. la differenza tra la duration modificata dell attivo e quella del passivo, corretta per il grado di leverage della banca (leverage adjusted duration gap), anche definita come duration gap (DG). Secondo il modello del duration gap la strategia ottima di immunizzazione del valore di mercato del patrimonio di una banca dalle variazioni dei tassi di mercato richiede che il duration gap sia nullo - ossia che risulti soddisfatta la relazione MD A = L * MD P - e dunque che la duration modificata delle attività sia inferiore a quella delle passività. Nel caso in cui il duration gap sia diverso da zero, l equazione (1.32) potrebbe essere usata per stimare la variazione attesa del valore economico di una banca a fronte di variazioni dei tassi d interesse. 3.2.2 I limiti e le conseguenti evoluzioni del modello Sebbene il modello del duration gap presenti dei vantaggi rispetto al modello del repricing gap, perché offre una visione più ampia dell esposizione al rischio d interesse di una banca, esso non è comunque esente da problemi, tra cui i principali sono: la natura dinamica delle politiche di immunizzazione dal rischio di interesse fondate sul modello del duration gap (l efficacia di una strategia volta ad annullare il duration gap risulta molto limitata nel tempo per due motivi: il primo motivo è che il duration gap varia nel tempo, come conseguenza delle variazioni delle duration dell attivo e del passivo, e il secondo motivo è che le stesse variazioni dei tassi d interesse implicano modifiche del duration gap della banca, e ciò richiederebbe una riformulazione delle politiche di immunizzazione ogni volta che si verifichi una variazione dei tassi di mercato); i costi connessi alle politiche di immunizzazione suggerite dal modello del duration gap (tali politiche richiedono infatti una ristrutturazione del bilancio 18

della banca volta a modificare la duration, e dunque le scadenze, dell attivo e del passivo, e possono comportare elevati costi, sia in senso stretto che nel senso di costi-opportunità); il grado di approssimazione con cui la duration stima gli effetti di variazioni dei tassi d interesse sul valore economico del patrimonio della banca; l ipotesi di variazioni uniformi dei tassi attivi e passivi negoziati dalla banca 4. Il secondo problema è superato dalle banche nella realtà operativa grazie al ricorso alla negoziazione di strumenti derivati, che risulta meno oneroso rispetto alle politiche di ristrutturazione del bilancio sopra citate. Il terzo problema può essere superato affiancando all indicatore di duration gap un secondo indicatore, il convexity gap, che consente di ottenere un approssimazione più puntuale dell impatto di variazioni dei tassi d interesse sul valore economico del patrimonio della banca. Tale indicatore si fonda sul concetto di convexity, che è espressa dalla seguente formula: C =!!!!!!!!!"! (!!!)!!! (1.33) La convexity è un indicatore della dispersione dei flussi di cassa di un titolo intorno alla sua duration. Dato il prezzo di un titolo P =!!!!!"! (!!!)! (1.34) la sua derivata seconda rispetto al tasso di rendimento (i) è!!! =! t t 1 FC!!!! (1 + i)!!!! =!!!! t! + t FC (!!!)!! (1 + i)!!!!!! (1.35) Dividendo entrambi i membri per P si ottiene 4 Si veda anche Sharma M. (2012), A Dynamic GAP Framework by Relaxing the Assumptions Behind the GAP and Duration GAP. 19

!!!!!!! =!!!!!!!!!!"!!!!!!! (!!!)!! =! C (1.36)!!!! Il risultato ottenuto è anche definito come modified convexity: MC =! (!!!)! C (1.37) Il convexity gap è espresso dalla seguente formula: CG = MC! L MC! (1.38) Esso permette di stimare con maggiore precisione la variazione di valore economico del patrimonio della banca, ora ricavabile con la seguente formula (si noti la similitudine con il polinomio di Taylor): ΔVM! = DG VM! Δi + CG VM!!!!! (1.39) Ed infine, il quarto problema, relativo all ipotesi di variazioni uniformi dei tassi attivi e passivi, può essere risolto grazie all utilizzo del beta-duration gap, che tiene conto del diverso grado di sensibilità dei tassi attivi e passivi alle variazioni dei tassi di mercato. Indicando con β A e β P rispettivamente il grado di sensibilità media dei tassi attivi e passivi alle variazioni dei tassi di mercato, il beta-duration gap è definito come: BDG = MDA β! L MDP β! (1.40) e la variazione del valore di mercato del patrimonio della banca sarà stimata come segue: ΔVM! = BDG VM! Δi (1.41) 20

Si tratta di una soluzione molto simile a quella adottata nel modello del repricing gap, nel quale si ricorre all uso del gap standardizzato per tenere conto della diversa sensibilità dei tassi attivi e passivi alle variazioni dei tassi di mercato. 3.3 I modelli basati sul cash-flow mapping Sia il modello del repricing gap che quello del duration gap si basano sull ipotesi limitante che le variazioni dei tassi d interesse delle diverse scadenze siano uniformi, ossia che la curva dei rendimenti sia soggetta a shift paralleli. I modelli basati sul cash-flow mapping permettono di superare questo limite considerando la possibilità di variazioni differenti dei tassi d interesse delle diverse scadenze. Tali modelli prevedono una distribuzione dei flussi di cassa attivi e passivi delle banche in un numero limitato di fasce temporali e basano la loro analisi sulla term structure (la curva dei tassi zero-coupon). Le due metodologie più note sono: la metodologia basata su intervalli discreti; il clumping. 3.3.1 La metodologia basata su intervalli discreti Tale metodologia è stata prescelta dal Comitato di Basilea e dalla Banca d Italia ai fini della misurazione dell esposizione al rischio di tasso di interesse del banking book. Per la sua trattazione si rimanda al Capitolo 2, Paragrafo 2. 3.3.2 Il clumping Il metodo del clumping, detto anche cash-bucketing, prevede che ogni flusso reale associato alle attività (passività) della banca sia scomposto in due flussi di cassa fittizi con scadenza pari rispettivamente al vertice che precede e a quello che segue la scadenza del flusso di cassa reale. Se il flusso reale scade al tempo t, i due flussi fittizi avranno scadenza pari ai vertici predefiniti, rispettivamente n e n+1 (con n < t < n+1). Poiché la creazione dei flussi di cassa fittizi non deve alterare significativamente le caratteristiche delle singole attività (passività) di partenza, i nuovi flussi di cassa devono garantire: 21

l identità dei valori di mercato; l identità della rischiosità ( espressa in termini di duration modificata). Analiticamente: 𝑉𝑀! = 𝐷𝑀! = 𝐷𝑀!!"!"!!!!!!!"! = 𝑉𝑀! + 𝑉𝑀!!! =!!!"!!!!"!!! + 𝐷𝑀!!!!"!!!"!!!!"!!!!!! =!"!!!!!!!!!!!! (1.42)!"!" 𝐷𝑀!!"! + 𝐷𝑀!!!!"!!!!! + dove ij è il tasso associato alla scadenza del flusso, VMj è il valore di mercato del flusso che scade in j, FCj è il valore nominale del flusso che scade in j e DMj è la duration modificata del flusso che scade in j (con j=n,n+1,t). Il primo vincolo consente di mantenere invariato il valore attuale del portafoglio, e il secondo permette di evitare che eventuali variazioni dei tassi zero-coupon delle diverse scadenze (t, n e n+1) provochino variazioni di valore attuale del flusso reale differenti da quelle subite dai flussi fittizi ad esso associati. I valori di mercato che soddisfano entrambi i vincoli sono: (𝐷𝑀! 𝐷𝑀!!! ) (𝐷𝑀! 𝐷𝑀!!! ) (𝐷𝑀! 𝐷𝑀! ) = 𝑉𝑀! (𝐷𝑀! 𝐷𝑀!!! ) 𝑉𝑀! = 𝑉𝑀! 𝑉𝑀!!! (1.43) E i valori nominali dei due flussi fittizi sono pari a: (𝐷𝑀! 𝐷𝑀!!! ) 1 + 𝑖! (𝐷𝑀! 𝐷𝑀!!! ) (𝐷𝑀! 𝐷𝑀! ) = 𝑉𝑀! 1 + 𝑖!!! (𝐷𝑀! 𝐷𝑀!!! ) 𝐹𝐶! = 𝑉𝑀! 𝐹𝐶!!!! (𝐷𝑀! 𝐷𝑀!!! ) 1 + 𝑖!! (𝐷𝑀! 𝐷𝑀!!! ) 1 + 𝑖!! (𝐷𝑀! 𝐷𝑀! ) 1 + 𝑖!!!!!! = 𝐹𝐶! (𝐷𝑀! 𝐷𝑀!!! ) 1 + 𝑖!! = 𝐹𝐶!!!! (1.44) 22

Una variante del clumping si fonda sull equivalenza fra la volatilità del valore di mercato del flusso reale e la volatilità complessiva del valore di mercato dei due flussi fittizi, tenendo in considerazione le rispettive correlazioni. Analiticamente, la seconda equazione del sistema (1.42) sarebbe sostituita dalla seguente: σ!! = α! σ!! + (1 α)!! σ!!! + 2α(1 α)σ! σ!!! ρ!,!!! (1.45) dove α è pari a VM n /VM t e compreso tra 0 e 1 (0 α 1), σ t, σ n, σ n+1 rappresentano la volatilità delle variazioni di prezzo dei titoli zero-coupon con scadenza rispettivamente pari a quella del flusso reale (t) e dei due flussi fittizi (n e n+1), e ρ n,n+1 è il coefficiente di correlazione fra le variazioni di prezzo dei titoli zero-coupon con scadenza in n e n+1. Questa variante del clumping è stata recentemente raffinata dai suoi stessi autori (Mina & Xsiao, 2001). Oltre ai tre modelli di misurazione del rischio di tasso d interesse proposti, ne esistono ulteriori, sia in letteratura che nella realtà operativa, che adottano tecniche più sofisticate. Tra questi sono da citare le metodologie VaR 5, i modelli M-Absolute/M- Square, i modelli Duration Vector/M-Vector, i modelli Key-Rate Duration 6, e i modelli Principal Component Duration, di cui gli ultimi quattro sono stati discussi recentemente da Nawalkha e Soto (2012). 4. Metodi di gestione del rischio di tasso d interesse Come abbiamo visto, l assunzione del rischio di tasso d interesse è parte integrante dell attività bancaria. Esso assume particolare rilevanza nella determinazione del reddito d esercizio e del valore patrimoniale delle banche, e proprio questa sua rilevanza richiede che le banche si dotino, oltre che di un efficace sistema di misurazione, anche di un adeguato sistema di gestione del rischio, al fine di limitare i possibili effetti 5 Per un applicazione si veda Fiori R., & Iannotti S. (2006), Scenario based principal component value-at-risk: An application to Italian banks' interest rate risk exposure. 6 Per un applicazione si veda Curcio D., & Gianfrancesco I. (2011), Il rischio di tasso di interesse del banking book: profili applicativi. 23

negativi che la volatilità dei tassi d interesse può avere sulla loro situazione economicopatrimoniale. Tra i princìpi proposti dal Comitato di Basilea per la gestione e supervisione del rischio d interesse (BCBS, 2004) il Principio 3 in particolare prevede proprio che le banche si dotino di apposite unità dedicate al monitoraggio e alla gestione del rischio, indipendenti dalle altre funzioni aziendali preposte all assunzione di posizioni rischiose. Nel rispetto di tale principio, e in generale del quadro regolamentare di vigilanza prudenziale in tema di rischi, negli ultimi anni le banche hanno rafforzato ulteriormente il loro sistema di controlli interni e di gestione dei rischi. Tipicamente, esse prevedono nella loro struttura organizzativa un area apposita dedicata al risk management o comunque, nel caso di banche di minori dimensioni, individuano persone o comitati preposti esclusivamente a tale funzione. Nella realtà operativa i risk manager ricorrono a due strategie principali per ridurre l esposizione della banca al rischio d interesse: 1. Il duration matching; 2. L utilizzo di strumenti derivati. L indagine condotta da Esposito, Nobili, e Ropele (2013) su un campione di 68 gruppi bancari italiani nel periodo compreso tra il secondo semestre del 2008 e il primo semestre del 2012 mostra che durante la crisi finanziaria le banche hanno ridotto la propria esposizione facendo ricorso in modo complementare alle due strategie sopra citate. Il carattere di complementarità ha caratterizzato specialmente le decisioni di risk management delle banche asset-sensitive. É emerso poi che il ricorso ai derivati è stato più marcato per le banche di grandi dimensioni e per quelle con un elevata quota di prestiti non finanziata mediante la raccolta al dettaglio. Il loro utilizzo ha garantito in media una copertura pari a circa un terzo dell esposizione di bilancio. 4.1 Il duration matching La prima strategia, riguardante il bilanciamento delle attività e passività iscritte in bilancio, rientra nell ambito dell Asset & Liability Management, il processo di gestione delle attività e passività di una banca. Ai fini della riduzione dell esposizione al rischio 24

d interesse, tale processo ha come obiettivo quello di ridurre il disallineamento tra le scadenze delle attività e passività sensibili, o meglio, tra le duration delle attività e passività sensibili (si parla appunto di duration matching). Come abbiamo visto, i modelli proposti nel Paragrafo 3 suggeriscono proprio l adozione di questo tipo di strategia, ma spesso le operazioni volte all allineamento delle duration tra attività e passività risultano molto costose per le banche. Inoltre, come fa notare Hull (2011), tali operazioni non immunizzano il banking book dagli spostamenti non paralleli della zero curve (solitamente, i tassi d interesse a breve sono più volatili dei tassi d interesse a lungo termine, e non sono perfettamente correlati con loro). Questo è il motivo per cui negli ultimi anni il ricorso ai contratti derivati ai fini di copertura ha assunto sempre più rilevanza nelle strategie di risk management adottate dalle banche. 4.2 Il ricorso ai contratti derivati I derivati sono strumenti finanziari il cui valore è ancorato a quello dell attività sottostante. Essi sono negoziati sui mercati a termine. Per coprirsi dal rischio d interesse, le banche fanno ricorso tipicamente ai seguenti contratti derivati: Futures Interest Rate Swap Opzioni sui tassi d interesse Mentre i futures e gli interest rate swap sono contratti derivati simmetrici, in cui entrambe le parti si impegnano ad eseguire una prestazione, le opzioni sono contratti di tipo asimmetrico, in cui una parte ha un privilegio, e nel caso in cui intenda esercitare tale privilegio la sua controparte ha l obbligo di eseguire la prestazione concordata. Ne deriva che ricorrendo a derivati simmetrici le banche riducono le loro possibilità di perdita, ma allo stesso tempo riducono in misura uguale le loro possibilità di guadagno, mentre ricorrendo a derivati asimmetrici esse riescono a ridurre le loro possibilità di perdita senza alterare le loro possibilità di guadagno. 25

Inoltre, mentre i futures sono contratti che hanno come sottostante un titolo obbligazionario, gli interest rate swap e le opzioni hanno come sottostante un tasso d interesse. Da ciò si potrebbe concludere che i futures vengono usati per coprirsi dagli effetti patrimoniali indotti da variazioni dei tassi d interesse, in quanto consentono di limitare la variabilità delle caratteristiche dei titoli obbligazionari sottostanti detenuti dalle banche, e di conseguenza la variabilità del valore economico degli stessi titoli, mentre gli altri derivati citati sono usati per coprirsi dagli effetti reddituali indotti da variazioni dei tassi d interesse, in quanto consentono di limitare la variabilità dei tassi d interesse praticati dalle banche, e di conseguenza la variabilità del loro margine d interesse. Ahmed, Beatty, e Takeda (1997) hanno osservato un campione di 152 gruppi bancari americani nel 1994 dal quale è emerso che il gruppo delle banche che faceva ricorso ai derivati presentava un esposizione al rischio d interesse con media e mediana inferiori rispetto a quelle registrate dal gruppo di banche che non ne faceva uso. Inoltre, per la maggioranza delle banche che ne faceva uso, i derivati hanno determinato una riduzione dell esposizione. Purnanandam (2006) ha analizzato un campione di circa 8.000 banche nel periodo compreso tra il 1997 e il 2003 e ha rilevato che il 90% dei derivati de esse detenuti a fini di copertura è composto da derivati su tassi d interesse. L analisi si pone in linea con altri studi empirici che mostrano una relazione positiva tra la dimensione della banca e il ricorso ai derivati a fini di copertura. Lo studio condotto da Moser e Zhao (2009) ha mostrato che il ricorso ai derivati su tassi d interesse da parte dei gruppi bancari americani è più che raddoppiato (in termini di valore nozionale) dal Dicembre 1997 al Dicembre 2003. Si tratta di un risultato coerente con quanto detto prima riguardo alla convenienza che le banche riscontrano nell usare i derivati anziché effettuare operazioni di duration matching, che possono risultare eccessivamente onerose. Dallo studio emerge un ulteriore risultato interessante: le banche oggetto di osservazione usano le strategie di gestione del gap per controllare l esposizione associata a variazioni dei tassi d interesse a breve, mentre fanno ricorso ai derivati per controllare l esposizione associata a cambiamenti nell inclinazione della curva dei rendimenti. 26

4.2.1 I contratti future I contratti future sono contratti a termine negoziati su mercati regolamentati, le cui condizioni sono standardizzate. Un contratto a termine è un accordo mediante il quale due controparti si impegnano ad eseguire una prestazione differita nel tempo, le cui condizioni sono però stabilite al momento della stipula del contratto. Tipicamente i contratti a termine prevedono lo scambio di una certa quantità di attività sottostante a un prezzo prefissato. I contratti future permettono dunque di negoziare le condizioni di acquisto o di vendita di un attività sottostante sin da ora, eliminando l incertezza che tipicamente accompagna le condizioni future di mercato. In Italia, i contratti future sono negoziati sull IDEM (acronimo di Italian Derivatives Market). A livello internazionale, tra i maggiori mercati figurano il CME Group, il Nyse Euronext, l Eurex, il Tokyo Financial Exchange, e il BM&F-Bovespa. Le caratteristiche dei contratti sono stabilite dal mercato sui cui sono negoziati: ogni contratto è specificato sulla base dell attività sottostante, della sua dimensione, dei titoli consegnabili, delle modalità e dei mesi di consegna, e il suo prezzo varia in relazione ai movimenti di mercato. Le controparti stabiliscono esclusivamente il volume di contratti negoziati (sulla base dei tagli stabiliti dalla borsa) e scelgono i contratti sulla base del mese di consegna previsto e sulla base dell attività sottostante. Sui mercati dei future le controparti interagiscono mediante la clearing house, un istituzione che garantisce la corretta esecuzione dei contratti e grazie alla quale le controparti non sono esposte al rischio d insolvenza. Per entrare in un contratto future le controparti devono rivolgersi a un intermediario, il quale bada a gestire il conto di margine del suo cliente: ciascuna controparte è tenuta a versare un margine iniziale, per esempio pari al 5% del valore del contratto (ai fini di garanzia dell esecuzione del contratto); le oscillazioni giornaliere del prezzo del contratto che si verificano sul mercato generano variazioni anche nei conti di margine, e tali variazioni vengono addebitate/accreditate giornalmente. Ciascun mercato stabilisce i propri livelli minimi del margine (chiamati margini di mantenimento), e qualora tale livello sia superato, a seguito di perdite nella posizione, l intermediario è tenuto a chiedere al proprio cliente di reintegrare il conto per ripristinare il margine al livello 27