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Pagina 1 di 7 rassegna stampa 26 Luglio 2016 IL CITTADINO Pronto soccorso preso d assalto: 30mila visite in soli sei mesi Si ammala, fa la maturità in corsia Il suo aiuto per sostenere le attività dell Alao Il Delmati cura i malati cronici: il nuovo modello piace a metà IL GIORNO

Pagina 2 di 7 Spesso si sceglie questa via invece di andare dal medico di famiglia Pronto soccorso preso d assalto: 30mila visite in soli sei mesi di CristinaVercellone È estate, ma ieri, come tutti i lunedì e i venerdì dell anno, il pronto soccorso è stato preso d assalto. L ipotesi è che il motore scatenante sia la chiusura nel fine settimana degli ambulatori dei medici di famiglia. «Non so come mai il super accesso sia il lunedì più del sabato e della domenica, è un mistero, ma così è, soprattutto in estate - annota il primario del pronto soccorso Stefano Paglia -. Nei primi 6 mesi del 2016 abbiamo superato i 30mila accessi. Più di 60mila pazienti all anno significa una media di 166 malati al giorno. I dati precisi non ci sono ancora, ma la sensazione è che i numeri siano in costante aumento. Di sicuro non stiamo riscontrando un grosso esodo estivo». Patologie emergenti? «Le più svariate - annota Paglia -, con una prevalenza per le malattie respiratorie e poi malori per il caldo nelle giornate più afose, anche se la situazione non è certo assimilabile, da questo punto di vista, a quella del 2003». In alcuni momenti della giornata però erano presenti contemporaneamente in pronto soccorso 40 persone. Il presidente dell ordine dei medici Massimo Vajani, dal canto suo, è sicuro. «Noi medici di famiglia - dice - cosa potremo fare di più? Prendiamo la giornata odierna. Dalle 9 alle 13.45 ho visitato i pazienti nell ambulatorio di Caviaga. Dalle 14.20 alle 17 in quello di Cavenago e poi, fino alle 21, credo, sarò in quello di Mairago. In un giorno così, nel quale devo sostituire anche il collega, finisco per visitare un centinaio di persone. Magari, tra queste, c è chi ha bisogno di una semplice ricetta, ma c è anche chi richiede una visita di 20 minuti. L ho già detto tante volte: spesso la gente va in pronto soccorso perché con un ticket di massimo 25 euro ha tutto quello che serve: visite, lastre e diagnosi. Dal medico di famiglia, invece, bisogna farsi scrivere la ricetta, prenotare gli esami al Cup, aspettare, tornare a farli, recarsi a prendere i risultati e riportarli dal medico di famiglia. Andare subito al pronto soccorso è più semplice. Non mi sento però di dire che il sistema sia sbagliato. Noi facciamo già 7 ore in ambulatorio, di più non possiamo. Se poi c è qualche collega che non lavora, allora si facciano nomi e cognomi. La convenzione prevede un ora al giorno di ambulatorio ogni 500

Pagina 3 di 7 assistiti, ma nessuno si limita a questo». Per Vajani, insomma, i medici di famiglia, si danno da fare molto più del dovuto. «Se riceviamo una telefonata tra le 8 e le 10 dobbiamo fare la visita domiciliare in mattinata. Se la telefonata arriva dopo, invece, dobbiamo effettuarla entro le 12 del giorno successivo. Nessuno di noi fa aspettare il proprio assistito - annota il presidente -. Anche il venerdì, dopo le 13, noi potremmo staccare e andare in ferie per tutto il week end, invece rimaniamo a disposizione per l intera giornata».

Pagina 4 di 7 la ragazza ha sostenuto l esame orale Nel reparto di medicina Si ammala, fa la maturità in corsia di Cri. Ver. Ha fatto l esame di maturità dal suo letto di ospedale. Carlotta S, classe 1996 di Pandino, non ha dovuto aspettare settembre, come prevederebbe la norma per gli studenti ammalati. Grazie alle risorse messe in campo dal reparto di medicina guidato dal primario Luciano Fugazza, ha potuto discutere la sua tesina e rispondere alle domande dei professori direttamente dalla corsia. Un interrogazione durata oltre un ora, ma che alla fine si è conclusa brillantemente, come hanno detto i docenti della commissione. Non era la prima volta che il reparto di medicina del Maggiore apriva le porte all esterno. Già tre anni fa, infatti, nella stessa sala riunioni dove questa volta si sono riuniti i professori e l ammalata, si era celebrato un matrimonio. Una donna di 65 e un uomo di 70 di Lodi, da moltissimi anni fidanzati, avevano deciso di convolare a nozze. Tre giorni prima del lieto evento però, quando i parenti erano già arrivati da Sud per la cerimonia, lo sposo si è ammalato di polmonite. Dimetterlo non era possibile. Così, è stato fatto sedere sulla carrozzina e portato nella saletta dove lui e la sua amata hanno potuto coronare il loro sogno. «La studentessa, che frequenta il liceo delle scienze applicate Galilei di Crema - racconta Fugazza - non poteva essere dimessa. Aveva fatto lo scritto normalmente, ma poi si è ammalata. La sorella gemella aveva sostenuto anche la prova orale, ma per lei non era possibile. Così, in seguito a una serie di mail tra me, il presidente della commissione e la scuola, è stato possibile trovare l accordo. Tutta la commissione si è spostata da Crema a Lodi. Nell auletta delle riunioni i 7 professori della commissione hanno interrogato l alunna. Il colloquio è durato un ora e 10 minuti circa. L emozione era alle stelle. Non sappiamo la valutazione, ma i professori mi hanno detto che la giovane paziente ha superato brillantemente l esame. Tra l altro, la ragazza, ha deciso, dopo questa avventura, di iscriversi alla facoltà di medicina. Una doppia soddisfazione per noi. Sempre di più il nostro ospedale si apre al territorio e ad iniziative che vanno oltre la pura assistenzialità. I genitori di Carlotta erano molto soddisfatti». Fugazza poi ricorda il matrimonio che si era svolto in corsia tre anni fa. Per l occasione i due sposi avevano deciso che fosse proprio lui, il primario, a fare da testimone di nozze. Tutta l équipe poi aveva partecipato al rinfresco allestito dalla famiglia nella stessa saletta che aveva fatto da teatro allo scambio degli anelli.

Pagina 5 di 7 Felice Vanelli Il suo aiuto per sostenere le attività dell Alao Quasi tutti conoscono il volto dell artista, ma pochissimi quello dell uomo pronto a spendersi gratuitamente per chi chiedeva il suo aiuto. «Felice Vanelli era generoso - testimonia Carla Allegri - presidente Alao (Associazione lodigiana amici di oncologia) -. Ci ha donato tre opere per finanziare le nostre attività». La prima risale al 2004, si intitola Meditazione e raffigura il volto di una donna. «Ne abbiamo realizzate 200 copie - spiega Allegri - e le offerte sono servite per l acquisto di quattro poltrone super accessoriate destinate ai pazienti del day hospital oncologico dell ospedale di Lodi. L originale invece se l era aggiudicato l allora direttore dell Azienda ospedaliera». Nel 2012, per sponsorizzare la senologia dell ospedale Maggiore, Vanelli aveva dipinto sul depliant promozionale una donna che si esamina con l autopalpazione. Il titolo è Prenditi cura di te. Un aiuto per capire e per decidere : «Lo ha fatto volentieri, per aiutare a comprendere l importanza della prevenzione e della diagnosi precoce. Sono state 3mila le copie distribuite e l orinale si trova nell ambulatorio di senologia. L ultimo opera è Arcangelo, in 200 riproduzioni, ancora in parte disponibili presso la sede Alao. Un arcangelo, appunto, allarga le braccia per accogliere le donne che entrano in ambulatorio». Il vescovo monsignor Maurizio Malvestiti ha benedetto il dipinto lo scorso anno ricevendo da Vanelli la prova d autore dedicata. A settembre il pittore avrebbe dovuto partecipare a un nuovo progetto in collaborazione con Alao, per sensibilizzare la Regione sull apertura di un nuovo hospice a nord del Lodigiano: «La sua morte è una perdita - conclude Allegri - non solo per il mondo dell arte, ma per tutti noi».

Pagina 6 di 7 Il direttore dell Ats Bosio visita il nosocomio e applaude al progetto Il Delmati cura i malati cronici: il nuovo modello piace a metà di Cristina Vercellone L ospedale barasino è l unico ad aver attivato il Pot previsto dalla riforma, ma i medici di famiglia sono divisi Il nuovo modello di assistenza dei malati cronici piace, ma non mancano le contestazioni. Il 12 luglio il manager Marco Bosio, direttore dell Ats della città metropolitana (l ex Asl), è arrivato a Sant Angelo con i suoi collaboratori, per verificare il funzionamento del Pot. Si tratta dell acronimo di Presidio ospedaliero territoriale, la nuova qualifica assegnata dalla riforma sanitaria regionale al Delmati. Quest ultimo è l unico ospedale lombardo ad aver realizzato quanto richiesto dalla Regione: con soli due infermieri, l equipe coordinata dalla pneumologa Sara Forlani ha già preso in carico 104 pazienti. Bosio si è complimentato con la nuova realtà, ma alcuni medici di famiglia invitati a collaborare sono partiti all attacco. «Prima di pensare al Pot - hanno detto - fate funzionare bene l ospedale. Sistemate, per esempio, l accesso alla cartella informatizzata e pensate a disporre le ricette quando dimettete i malati». Alcuni giorni dopo, i vertici dell ospedale hanno riproposto un piano di collaborazione che tenesse conto delle richieste dei medici di famiglia. Il Pot, infatti, dovrebbe prevedere la cura dei malati cronici con una doppia patologia, soprattutto di carattere respiratorio e cardiologico. Invece di essere assistiti in ambulatorio devono rivolgersi al Delmati: l ospedale può mettere anche a disposizione esami diagnostici e specialistici in tempo reale. I medici di famiglia sono stati invitati ad entrare con i loro ambulatori direttamente in ospedale. Un idea questa che però non è piaciuta: «Il Pot - annota il medico di famiglia di Sant Angelo, rappresentante della Cgil Fiorentino Curto Cuppone - è un modo moderno di affrontare la sanità. Sono d accordo a collaborare, ma dall esterno. Non si possono far venire i pazienti dai paesi in ospedale quando hanno lo studio sotto casa. Giuseppe Monticelli, infatti, ci ha inviato una nuova proposta che va in un altra direzione». D accordo con Cuppone è anche il presidente dell ordine dei medici Massimo Vajani: «Mi sta bene - annota - che il Delmati offra dei servizi specialistici che hanno scopo di snellire le code in

Pagina 7 di 7 Pronto soccorso o negli ambulatori, ma non sono d accordo nemmeno io sull ipotesi che i medici di famiglia debbano lasciare gli ambulatori di paese per trasferirsi in ospedale. Io però all incontro non c ero e il progetto del Pot è sempre stato portato avanti bene dal direttore socio sanitario Paolo Bernocchi». A incontrare Bosio al Delmati c erano, oltre ai medici di famiglia del distretto di Sant Angelo, il manager dell Asst (ex Azienda ospedaliera) Giuseppe Rossi, il direttore sanitario Roberto Riva, il medico Davide Archi e Bernocchi con la sua cabina di regia. Il Pot lodigiano ha suscitato l interesse anche dell università Bocconi, della Cattolica di Milano e dell ospedale di Milano Niguarda. Gli accademici stanno analizzando gli effetti di applicazione della riforma sanitaria. E lo fanno proprio a partire da Sant Angelo.