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1 1 - I segnali analogici e digitali Segnali analogici Un segnale analogico può essere rappresentato mediante una funzione del tempo che gode delle seguenti caratteristiche: 1) la funzione è definita per ogni valore del tempo (è cioè continua nel dominio) 2) la funzione è continua. Volendo "volgarizzare" le proprietà del segnale analogico conseguenti alle due caratteristiche sopra citate si potrebbe affermare che "è possibile disegnare l'andamento temporale di un segnale analogico senza mai staccare la penna dal foglio..." a = f ( t ) ; t appartiene all'insieme R, a appartiene all'insieme R Che i segnali elettrici analogici, in particolare, possono essere considerati rispondenti ai due requisiti sopra ricordati discende da alcune ovvie considerazioni. In primo luogo essi sono prodotti da generatori che operano nel mondo reale, in un ambito cioè in cui il tempo risulta essere "denso". Nel mondo reale il tempo è una grandezza continua ed è sempre possibile immaginare che, fra due istanti comunque vicini fra loro si trovi un istante intermedio in cui il generatore di cui si tratta produca un segnale di valore finito. In secondo luogo si deve considerare che non esistono, nel mondo reale, generatori di potenza infinita. Questa considerazione porta a concludere che non è possibile generare un segnale che presenti una variazione finita in tempo nullo: anche il più rapido transitorio reale presenta una evoluzione del segnale che risulta continua. Segnali digitali A differenza del segnale analogico quello digitale è costituito da una funzione "tempo discreta" e "quantizzata". Tale funzione risulta pertanto: 1) definita solamente in un insieme numerabile di istanti "equispaziati" 2) dotata di un codominio costituito da un insieme discreto di valori.

2 d = f ( ntc ) ; n appartiene all'insieme Z, d (a meno di un fattore di scala) appartiene all'insieme Z I segnali numerici, quindi, presentano due fondamentali differenze se confrontati con quelli analogici: sono definiti solamente in corrispondenza di prestabiliti istanti e fra un istante ed il successivo essi risultano "non definiti", possono assumere solamente un prestabilito numero di valori e passano, senza continuità, da un valore all'altro "saltando" gli eventuali valori concessi che si dovessero trovare compresi fra questi. Pregi del segnale digitale ( altrimenti detto "numerico" ) I segnali digitali godono di alcuni importanti pregi nei confronti di quelli analogici: I segnali digitali hanno una maggiore reiezione ai disturbi rispetto ai segnali analogici. I segnali analogici sono costituiti da funzioni continue pertanto possono assumere infiniti valori: il rumore che inevitabilmente si sovrappone al segnale ha pertanto la possibilità di determinare una variazione del valore del segnale composto (segnale utile + rumore) qualunque sia la ampiezza e la potenza del rumore. I segnali digitali, invece, presentano solamente un numero finito di valori separati da una fascia "proibita". Se il rumore non ha ampiezza (e potenza) tale da determinare un superamento della fascia proibita che separa due valori contigui non si riscontra alcuna alterazione del valore. I segnali digitali possono essere elaborati più facilmente dei segnali analogici Per elaborare matematicamente i segnali analogici si deve ricorrere agli amplificatori operazionali mediante i quale è possibile realizzare (in modo a volte molto approssimato) semplici operazioni (somma, sottrazione, logaritmo ed esponenziale, integrale e derivata rispetto al tempo, ecc.). La realizzazione di funzioni più "elaborate" può richiedere una complessità circuitale eccessiva e tale da introdurre una incertezza non accettabile per gli scopi prefissati. I segnali numerici possono invece essere elaborati mediante microprocessori e microcalcolatori i quali possono permettere la esecuzione di operazioni ed elaborazioni senza richiedere appesantimenti dell'hardware circuitale. Anche in questo caso, però, le operazioni non sono esenti da incertezza: i troncamenti e le approssimazioni introdotte dalla codifica utilizzata dal microprocessore per il trattamento dei dati sono infatti fonte di incertezza, ma si può ricorrere a codifiche (intero, reale a singola o doppia precisione, ecc.) tali da ridurre le incertezze introdotte in modo da renderle compatibili con gli scopi prefissati. I segnali digitali possono essere registrati in maniera più fedele e stabile dei segnali analogici. Per registrare un segnale analogico si può fare uso di nastri magnetici entro cui il segnale viene registrato: le prestazioni delle tecniche di registrazione meno sofisticate

3 vengono penalizzate dal fenomeno della smagnetizzazione del nastro registrato. Risultati migliori si possono ottenere mediante l'uso di tecniche di registrazione basate sulla modulazione di frequenza: la stabilità della velocità di riproduzione del nastro diviene però un vincolo stringente per garantire la fedeltà delle riproduzioni. Ricorrendo all'uso di memorie RAM oppure di dispositivi di memoria di massa a supporto magnetico (hard e floppy-disk) è possibile invece registrare i segnali digitali con estrema facilità. In questo caso, poi, la codifica usata è quella binaria e la presenza di una ampia fascia di separazione fra il livello considerato 0 e quello considerato 1 permette di garantire una stabilità del dato nel tempo e la sua reiezione pressoché totale ai disturbi. 2 - La conversione Analogico-digitale La conversione A/D richiede tre fasi successive: campionamento - discretizzazione del tempo quantizzazione - discretizzazione dell ampiezza codifica - uso di parole binarie per esprimere il valore del segnale IMPORTANTE: Discretizzazione vuol dire che da un un numero infinito di punti si passa ad un numero finito di punti Il campionamento Campionare un segnale analogico significa prelevare da questo una successione temporale di valori costituita dalla successione dei valori istantanei assunti dal segnale in corrispondenza di particolari istanti, detti "istanti di campionamento". L'intervallo che separa due successivi istanti di campionamento viene chiamato "periodo di campionamento" Tc ed il suo reciproco, indicato come fc, prende il nome di "frequenza di campionamento". y = f ( ntc ) ; n appartiene all'insieme Z, y appartiene all'insieme R

4 Si potrebbe essere indotti a pensare che il campionamento provochi una riduzione del contenuto informativo del segnale analogico in quanto si perde l'informazione sul valore assunto dal segnale in tutti gli istanti diversi da quelli di campionamento. Importante: Il teorema del campionamento ci dice invece che, in condizioni ideali, la esecuzione del campionamento non provoca perdita di informazione. Teorema del Campionamento o di Shannon In elettronica, telecomunicazioni ed informatica, il teorema del campionamento di Nyquist-Shannon o semplicemente teorema del campionamento, il cui nome si deve a Harry Nyquist e Claude Shannon, è un risultato di notevole rilevanza nell'ambito della teoria dei segnali. Definisce la minima frequenza, detta frequenza di Nyquist (o anche cadenza di Nyquist), necessaria per campionare un segnale analogico senza perdere informazioni, e per poter quindi ricostruire il segnale analogico tempo continuo originario. In particolare, il teorema afferma che, data una funzione la cui trasformata di Fourier sia nulla al di fuori di un certo intervallo di frequenze (ovvero un segnale a banda limitata), nella sua conversione analogico-digitale la minima frequenza di campionamento necessaria per evitare aliasing e perdita di informazione nella ricostruzione del segnale analogico originario (ovvero nella riconversione digitale-analogica) è pari al doppio della sua frequenza massima. La quantizzazione Da un punto di vista di principio, per quantizzare il segnale si deve innanzitutto definire il campo di valori entro cui il segnale deve mantenersi per permettere una corretta quantizzazione. Per il campo sopra citato, chiamato "campo di misura", vengono usualmente considerate due alternative: campo unipolare con estremo inferiore nullo ed estremo superiore Ec : campo di misura = [ 0, +Ec ] campo bipolare con estremo inferiore -Ec ed estremo superiore +Ec : campo di misura = [ -Ec, +Ec ]. Definito il campo di misura lo si deve suddividere in un numero arbitrario (ma finito) di intervalli contigui. Anche in questo caso si possono avere due alternative principali: suddivisione in intervalli di ampiezza costante: quantizzazione uniforme suddivisione in intervalli di ampiezze diverse: quantizzazione NON uniforme. Come faccio a scegliere il numero di intervalli? In base alla codifica che si farà dopo. La formula è n - - - > N di livelli = 2 dove n è il numero di bit con cui si farà la codifica (che viene stabilita a priori) Esempio: se voglio una codifica di 10 bit --- > 2 10 = 1024 livelli Esempio: se voglio fare una codifica a 3 bit --- > 2 3 = 8 livelli.

5 Maggiore è il numero di livelli e migliore è la conversione da analogico a digitale, ma maggiore è il costo per ottenere la conversione. Supponiamo di comprare un cellulare con convertitore A/D a 3 bit e un altro a 10 bit. Quale sarà migliore? Quello a 10 bit perché con 10 bit riesco ad approssimare meglio tutte le sfumature della voce umana che è analogica, però mi costerà di più rispetto ad un cellulare con convertitore A/D a 3 bit Come si fa la quantizzazione: 1) Si individua poi il valore centrale di ciascun intervallo in cui è stato suddiviso il campo di misura. 2) Si sostituisce infine al valore di ciascun campione del segnale campionato il valore centrale dell'intervallo in cui esso si trova. Incertezza di quantizzazione La alterazione che al massimo può essere apportata al valore di ciascun campione è pari alla semiampiezza dell'intervallo entro cui il valore del campione (analogico) si trova. Se si indica con il simbolo e la ampiezza dell'intervallo la incertezza introdotta dalla fase di quantizzazione (chiamata "incertezza di quantizzazione") risulta di ± e/2. Quantizzazione uniforme Facendo riferimento ad una quantizzazione uniforme in N intervalli di uguale ampiezza operata in un campo di misura bipolare [ -Ec, +Ec ] si ha: e = 2 Ec / N pertanto la incertezza di quantizzazione, che indichiamo con il simbolo g, vale: g = ± Ec / N

6 E' evidente che la incertezza di quantizzazione può essere ridotta agendo sia sull'ampiezza del campo di misura, sia sul numero degli intervalli in cui questo viene suddiviso con quantizzazione uniforme. Aumentando il numero di livelli diminuisce l incertezza di quantizzazione. E' poi altrettanto evidente che uno stesso valore della incertezza (assoluta) di quantizzazione ha un peso più o meno rilevante a seconda del valore del campione a cui si riferisce: quanto più il valore del campione è piccolo, tanto maggiore è il valore della incertezza relativa di quantizzazione. Proprio per cercare di contenere a valori "accettabili" la incertezza relativa di quantizzazione sono state introdotte le quantizzazioni non uniformi. La codifica La fase di codifica consiste nell'associare ad ogni intervallo in cui è stato suddiviso il campo di misura una parola (di solito espressa in codice binario) che lo identifica in modo univoco. Dal punto di vista misuristico non vi sono particolarità degne di nota, salvo che il ricordare che il numero di bit usati per la codifica determina il numero massimo di intervalli in cui è possibile suddividere il campo pertanto influisce sul valore della incertezza di quantizzazione che può essere ottenuto. Sono in uso diverse codifiche binarie fra le quali le più diffuse sono le seguenti: binario puro: o usata per campi unipolari [ 0, +Ec ] con la corrispondenza 0 = 000...000 - +Ec - 1 LSB = 111...111 binario con offset - "OB Code": o usata per campi bipolari [ -Ec, +Ec ] con la corrispondenza -Ec = 000...000 - +Ec - 1 LSB = 111...111 binario con offset complementato a due - "COB Code": o usata per campi bipolari [ -Ec, +Ec ] con la corrispondenza -Ec = 111...111 - +Ec - 1 LSB = 000...000 La figura sotto riportata mostra un esempio di codifica di tipo "binario con offset": I 6 valori del segnale numerico rappresentati sono, nell'ordine con cui sono stati convertiti: 100, 101, 110, 111, 101, 101