http://www.altalex.com/index.php?idnot=46962



Documenti analoghi
Maltrattamenti in danno di lavoratrici e costituzione di parte civile della consigliera regionale di parità


Corte di Cassazione penale: modificazione sostanziale di un impianto di verniciatura industriale

Circolare n.9 / 2010 del 13 ottobre 2010 CONTROLLO SUL LAVORO E PRIVACY: LE ULTIME NOVITA

Cassazione: giusta causa di licenziamento per il furto in azienda anche se c'è assoluzione nel giudizio penale sentenza 802/2013 commento e testo

Mobbing e tutela delle condizioni di lavoro

Cassazione Penale, 28 luglio 2011, n Smaltimento di materiali tossici e mancanza di formazione professionale

L ASSISTENZA LEGALE AL LAVORATORE E IL RUOLO DELL ANMIL

Indagini bancarie aperte a tutti.

RISOLUZIONE N. 8/E. Con l interpello specificato in oggetto, concernente la rettifica di una dichiarazione di successione, è stato esposto il seguente

Regolamento di attuazione degli articoli 20, comma 2, e 21 del decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196,

R E P U B B L I C A I T A L I A N A I N N O M E D E L P O P O L O I T A L I A N O. La Corte d Appello di Brescia, Sezione Lavoro, composta dai

Corte di Cassazione - copia non ufficiale

Cass. Sez. III 02 Luglio 2010 n 15706

TRIBUNALE DI UDINE. sezione civile

Roma, Alle Direzioni Regionali dell Agenzia delle Dogane Loro sedi. All Area Centrale Gestione Tributi e Rapporto con gli Utenti Sede

CORSO DI AGEVOLAZIONI TRIBUTARIE DI INTERESSE NOTARILE AGEVOLAZIONI RELATIVE AI BENI IMMOBILI. Giurisprudenza

INCONTRO SUL TEMA: D. LGS. N. 81/2008, ART. 300

SENTENZA N. 355 ANNO 2005

Commissione Tributaria Provinciale di Milano, Sez. 46, sent. n. Massima E illegittima l iscrizione a ruolo eseguita da un Ufficio

Art. 54 decreto legge

TUTELA DELLE MINORANZE LINGUISTICHE

Sezione Lavoro. Sentenza n del 12 ottobre (Presidente S. Mattone Relatore V. Di Nubila)

L impresa bancaria. Essa prevedeva all art. 1, comma 1 che la raccolta del risparmio tra il pubblico sotto

L AZIONE DI REGRESSO DELL INAIL COME STRUMENTO DI PREVENZIONE

Sindacati parti civili nei processi per gli infortuni sul lavoro anche se la vittima non era iscritta

Medico (assi)cura te stesso. Milano

LE NUOVE QUESTIONI SUL RIPARTO DELL ONERE DELLA PROVA

RISOLUZIONE N. 190/E QUESITO

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha DECISIONE

Casi Transfrontalieri Il Diritto Penale Europeo per gli avvocati difensori. Avv. Vania Cirese.

RISOLUZIONE N.126/E QUESITO

LA FORMAZIONE E L INFORMAZIONE ANTINFORTUNISTICA DEI LAVORATORI DEVONO ESSERE DOCUMENTATE

RISOLUZIONE N. 90 /E

IX LEGISLATURA. Bologna, 12 marzo 2014 Alla c.a. Presidente dell Assemblea legislativa della Regione Emilia Romagna Cons.

Corte Costituzionale Sentenza del 9 aprile 1969, n. 68

Ristoro delle spese legali del dipendente coinvolto in procedimento penale

OGGETTO: Imposte sui redditi. XX. Art. 6, comma 1, lettera c), del DPR n. 601 del 1973.

La successione. Obiettivi

Conclusioni del Garante europeo per la protezione dei dati innanzi al Tribunale dell Unione Europea Caso T-343/13 Lussemburgo, 24 Marzo 2015

REGIONE MARCHE GIUNTA REGIONALE

REGOLAMENTO SUL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI

Roma,28 dicembre 2007

RISOLUZIONE N. 195/E

QUESITO SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE

UDIENZA SENTENZA N REG. GENERALE n.22624/08 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Corso universitario di aggiornamento professionale Università degli Studi di Roma Tor Vergata INPS Gestione dipendenti pubblici

ART. 1 (Modifiche al codice penale)

TRIBUNALE DI ROMA sezione lavoro REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

PER. Associazioni di Promozione Sociale, di cui all art. 7 della. legge 7 dicembre 2000 n. 383, in persona del Segretario

Ministero dell'economia e delle Finanze Dipartimento del Tesoro Direzione V Il Capo della Direzione. Roma,

MASSIME LAVORO. Corte di Cassazione Sez. Lav. 4 Dicembre 2014, n (Pres. F. Lavoro (rapporto di) Lavoro subordinato Controversia di lavoro

NOTE SU. obbligo di referto dell esercente la professione sanitaria. obbligo di denuncia del pubblico ufficiale dell incaricato di pubblico servizio

Risoluzione n. 78/E. Roma, 28 maggio 2004

per l'accertamento,con contestuale istanza cautelare,

SISTEMA DISCIPLINARE. Venis Venezia Informatica e Sistemi S.p.A.

Il fallimento italiano delle società trasferite all estero

Bollettino Ufficiale n. 26 del 28 / 06 / Deliberazione della Giunta Regionale 11 giugno 2007, n

R E P U B B L I C A I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

Oggetto: Istanza d interpello. Fondazione X. Acquisizione della qualifica di ONLUS. Partecipazione di enti pubblici e società commerciali.

Oggetto: definizione della controversia XXX / ITALIACOM.NET XXX

RISOLUZIONE N. 119 /E

RACCOLTA FIRMA PER L INTRODUZIONE DEL REGISTRO DEI TESTAMENTI BIOLOGICI DEL COMUNE DI VERONA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia. (Sezione Terza) SENTENZA

Deliberazione 21 settembre 2011 (G.U. n. 227 del 29/09/2011)

LEZIONE 4 DICEMBRE 2013

Il/la sottoscritto/a. nato/a a il. in qualità di (carica sociale) dell impresa ( denominazione e ragione sociale) DICHIARA

(Giudice di Pace di Palermo, Dr.ssa Mantegna, sentenza n. 3209/12 parti : S.M. c/ Italiana Assicurazioni S.p.A.).

Il Tribunale di Udine, sezione civile, DECRETO

TRIBUNALE DI PROC. PENALE N.. R.G.N.R. Il sottoscritto. nato a e residente a.in qualità di

Discriminazioni di genere in Emilia Romagna. Dati e riflessioni di un fenomeno in evoluzione

DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE. Di iniziativa dei Senatori DE PETRIS. "Riconoscimento degli animali nella Costituzione"

Verso una cultura della parità: Codice di condotta INGV e strumenti giuridici per la tutela delle vittime di molestie sul luogo del lavoro

CIRCOLARE N. 49/E. 2. Rimborsi dovuti ai sensi dell articolo 68 del d.lgs. n. 546 del Tempestiva esecuzione dei rimborsi...

Caratteristiche della prestazione intellettuale:

Infiltrazioni di acqua dalla terrazza di copertura del fabbricato condominiale:

AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI SIENA REGOLAMENTO RECANTE NORME SUGLI INCARICHI AI DIPENDENTI PROVINCIALI

Roma, 09 settembre 2003

PIEMONTE. D.G.R. n del 1/8/2005

Il nuovo rito per i licenziamenti. Il novellato art. 18 S.L Mirco Minardi

IMMOBILE COMPRATO E RISTRUTTURATO IN COPPIA, MA LA CONVIVENZA SI CHIUDE: POSSIBILE IL RIMBORSO ALLA DONNA NON

DIPARTIMENTO PER GLI AFFARI INTERNI E TERRITORIALI DIREZIONE CENTRALE DEI SERVIZI ELETTORALI. Circolare n. 12/2009 Roma, 23 marzo 2009 All.

presso gli uffici dell Avvocatura comunale, piazza Galileo n. 4;

La correttezza dell assunto pronunciato dal Gup di Milano, viene ribadita

I diritti di difesa nella giurisprudenza della Corte EDU

Sentenza della Corte. 12 febbraio 1974

Interessi di mora nel calcolo della soglia antiusura

Alcuni chiarimenti in merito alla qualificazione del servizio di gestione del Centro diurno per anziani

SECURITY MANAGERIALE E RICONOSCIMENTO DELL INFORTUNIO PROFESSIONALE PATRONATO ANMIL ROMA- CONSULENTE CENTRALE AVV.

SENATO DELLA REPUBBLICA

WHISTLEBLOWING > domande e risposte

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia. (Sezione Quarta) ha pronunciato la presente

Anaao-Cref Servizio Tutela Lavoro

FONDAZIONE ITALIANA SCLEROSI MULTIPLA ONLUS STATUTO

Sistema Disciplinare e Sanzionatorio

«IL PROCESSO D APPELLO DINANZI ALLA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE»

RISOLUZIONE N. 225/E

Il fondo comune d investimento. Patrimonio separato e soggettività. 14/07/2014. Annunziata & Conso

Copertura delle perdite

Codice Penale art. 437

Transcript:

Maltrattamenti del lavoratore: sindacato legittimato a costituirsi parte civile Cassazione penale, sez. VI, sentenza 16.04.2009 n 16031 (Paola Corsini) http://www.altalex.com/index.php?idnot=46962 La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza 16031 dello scorso 16 aprile, ha stabilito che la Consigliera di parità e il sindacato di appartenenza di un lavoratore, sono legittimati a costituirsi parte civile nel giudizio penale che si instauri ai danni del datore di lavoro che abbia maltrattato il lavoratore stesso. La questione non era particolarmente complessa. Alcune operatrici di sala, in servizio presso l aeroporto Caselle di Torino venivano ripetutamente maltrattate dal Signor C.A., in qualità di supervisore, il quale pronunciava in continuazione frasi oscene alle dipendenti, facendo riferimento alle loro doti sessuali e lasciando intendere che non sarebbero stati autorizzati ferie e permessi, se non dietro prestazioni sessuali. Il Signor C.A., accusato del reato di maltrattamenti, chiedeva l applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi degli articoli 444 ss. c.p.p., in sede di udienza preliminare. Il Giudice per le indagini preliminari, inoltre, condannava l imputato alla rifusione delle spese di costituzione, assistenza e rappresentanza in favore delle parti civili di cui era stata ammessa la costituzione, tra le quali, il Consigliere delle parità regionale del Piemonte e la Filt CGIL, in persona del legale rappresentante pro tempore. Il Signor C.A. promuoveva ricorso per Cassazione avverso tale sentenza, nella parte in cui ammetteva la costituzione delle sopra citate parti civili e lo condannava alla refusione delle spese in favore delle stesse. Il ricorrente deduceva l inosservanza o erronea applicazione della legge penale e di norme processuali, ritenendo che né la disciplina processuale vigente, né quella contenuta nel d.lgs. 198/2006, recante il cd. codice delle pari opportunità, legittimerebbero la costituzione del Consigliere regionale di parità come parte civile in giudizio. A ciò, secondo la tesi del ricorrente, si dovrebbe aggiungere che il delitto di maltrattamenti, così come configurato attualmente dall ordinamento giuridico, consiste in un offesa individuale, il che esclude a priori che l interesse cui è preordinato l ente regionale citato, possa essere leso dalla condotta penalmente rilevante considerata. In particolare, con riferimento alla normativa vigente, il ricorrente afferma che l istituto di cui all art. 91 c.p.p., a norma del quale gli enti e le associazioni senza scopo di lucro ai quali, anteriormente alla commissione del fatto per cui si procede, sono state riconosciute, in forza di legge, finalità di tutela degli interessi lesi dal reato, possono esercitare, in ogni stato e grado del procedimento, i diritti e le facoltà attribuiti alla persona offesa dal reato e la costituzione di parte civile non sono tra loro sovrapponibili. Infatti, dall art. 212 disp. coord. c.p.p., si evince che il fondamento dell azione civile nel processo penale è rinvenibile soltanto nell art. 74 c.p.p.. Inoltre, sempre nell ottica del ricorrente, la legittimazione processuale richiamata dal già citato codice delle pari opportunità, non prevede alcuna legittimazione alla costituzione di parte civile, in quanto la disciplina di cui agli artt. 36 e 37 del suddetto decreto, si riferisce esclusivamente all azione in giudizio volta ad ottenere la dichiarazione o l accertamento di discriminazioni, eventualmente anche a carattere collettivo.

Infine, il ricorrente pone in rilievo la mancanza di una lesione alla tutela del patrimonio morale e al perseguimento dello scopo istituzionale che derivano dalla diminuzione del prestigio e dal discredito nei confronti dei lavoratori. La Corte ha ritenuto il ricorso infondato. Innanzitutto, bisogna ricordare che il ruolo della Consigliera di parità è strettamente connesso all interesse pubblico, nonché alla promozione e al controllo dell attuazione dei principi di uguaglianza di opportunità e di non discriminazione. La Corte ha correttamente richiamato il Codice della pari opportunità, che ha ridefinito i compiti e le funzioni della figura della Consigliera di parità. Nel caso considerato, ad avviso della Corte non può essere messo in discussione il fatto che i comportamenti che fondavano l accusa al ricorrente, avessero integrato gli estremi del reato di maltrattamenti, rispetto al quale risulta palese la configurazione di una posizione soggettiva giuridicamente tutelata della Consigliera di parità, quale soggetto danneggiato. Tale ragionamento vale anche con riferimento alle organizzazioni sindacali rappresentative degli iscritti che siano stati vittime del reato sopra richiamato. Tale delitto, infatti, non solo lede l integrità psichica e fisica del lavoratore, ma provoca altresì un grave turbamento che incide negativamente sulla salute della vittima e sulla sua personalità morale, compromettendo il suo rapporto con la realtà lavorativa e con la percezione del luogo di lavoro. Alla luce di quanto sopra, il Supremo Consesso ha ritenuto che la Consigliera o il Consigliere regionale di parità fossero legittimati a costituirsi parte civile <<non quale ente rappresentativo di interessi diffusi, ma quale danneggiato dal reato di maltrattamenti commessi nei confronti di più lavoratori, al fine di ottenere il ristoro del danno non patrimoniale subito>>, come riconosciuto dall art. 37, commi 1 e 2, d.lgs. 198/2006. Tale pretesa risarcitoria, peraltro, non sarebbe finalizzata esclusivamente ad ottenere il ristoro dei danni non patrimoniali subiti, ma sarebbe volta, altresì, all adozione di provvedimenti idonei alla rimozione delle discriminazioni accertate. Nel caso considerato, come si è già evidenziato, i maltrattamenti erano consistiti nella ripetizione di frasi oscene alle lavoratrici, sottoposte a continue avances da parte del Signor C.A. e nell adibire le stesse a mansioni inutili e/o più gravose rispetto a quelle impartite ad altri colleghi delle cinque lavoratrici-vittime. I suddetti atti, evidentemente sono idonei a concretizzare una discriminazione diretta, ai sensi dell art. 25, co. 1, cod. pari opportunità, poiché comportamenti di questo tipo sono in grado di produrre un effetto discriminatorio nei confronti delle lavoratrici e rilevano altresì come comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso e in ogni caso aventi lo scopo o l effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo, ai sensi dell art. 26 della medesima fonte normativa. La Consigliera di parità, dunque, nel caso di specie, aveva promosso l azione giudiziale al fine di vedersi riconoscere il diritto al risarcimento di un danno jure proprio nell ambito del processo penale, per la realizzazione di interessi penali che la legge le riconosce e tutela. Di conseguenza, ci si trova di fronte ad un vero e proprio soggetto danneggiato dal reato, cui è consentito azionare l articolo 74 c.p.p. per il ristoro del danno subito.

Alla luce di quanto sopra esposto, la Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto che nel caso considerato fosse da escludere l operatività dell art. 212 delle disp. coord. c.p.p. (più volte richiamato dal ricorrente) poiché l ente riveste, in considerazione delle disposizioni normative che lo regolamentano, la posizione di danneggiato dal reato e tale situazione trova tutela nel combinato disposto degli articoli 185 c.p. e 74 c.p.p.. (Altalex, 24 luglio 2009. Nota di Paola Corsini) SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE VI PENALE Sentenza 5 febbraio 16 aprile 2009, n. 16031 Svolgimento del processo 1. Con la sentenza in epigrafe indicata, il giudice per le indagini preliminari ha applicato ex art. 444 ss. c.p.p. nei confronti di A.C. e in relazione all'accusa di maltrattamenti - per avere, nella qualità di "supervisore", ripetutamente maltrattato cinque operatrici di sala, dipendenti della Spa Sagat e in servizio presso l'aeroporto di **** - la pena richiesta dalle parti e ha inoltre condannato l'imputato alla rifusione delle spese di costituzione, assistenza e rappresentanza in favore delle costituite parti civili, tra le quali, oltre alle persone offese, vi erano l'avv.to Alida Vitali quale Consigliera delle parità regionale del Piemonte e la Filt CGIL, in persona del suo segretario generale pro tempore. 2. La difesa del ricorrente impugna e l'ordinanza 10 maggio 2007 e la sentenza de qua nella parte in cui, l'una ha ammesso la costituzione ex parte civile della Consigliera regionale di parità e, l'altra, ha condannato l'imputato alla refusione delle spese in favore in suo favore. In sintesi deduce: 1. inosservanza o erronea applicazione della legge penale e di norme processuali, poichè la Consigliera regionale di parità non avrebbe potuto essere ammessa a costituirsi parti civile, essendo priva della legitimatio ad causam. Premesse le ragioni a fondamento dell'ammissibilità dell'impugnazione proposta, il ricorrente pone in rilevo che, nell'atto di costituzione, l'ente regionale persegue un interesse pubblico, in sè astratto e diffuso, che non avrebbe potuto giustificare la legitimatio ad causam: gli interessi diffusi, comuni a tutti gli individui in generale non possono che essere privi di tutela giurisdizionale poichè configurano un a pluralità di situazioni pregiudicate o messe in pericolo e da un comportamento. La specifica caratterizzazione della titolarità di tale situazione giuridica soggettiva sostanziale - distinta sia rispetto ai diritti individuali dei rappresentati che rispetto ai diritti propri degli enti rappresentativi - richiede che sia una legge a definire, in relazione alla specificità dei casi, la legittimazione ad agire. La disciplina processuale vigente, alla stregua del combinato disposto dell'art. 74 c.p.p. e art. 185 c.p., richiede che presupposti della costituzione sono la sussistenza del danno criminale e del danno civile. Gli enti e le associazioni rappresentative di interessi lesi dal reato sono legittimati ex art. 91 c.p.p. a esercitare diritti e facoltà propri della persona offesa e ciò non è implicito riconoscimento a costituirsi parte civile. La non sovrapponibilità tra l'istituto di cui all'art. 91 c.p.p. e la costituzione di parte civile discende dall'art. 212 disp. coord. c.p.p. per il quale il fondamento dell'esercizio dell'azione civile nel processo penale non può che essere individuato dall'art. 74 c.p.p.. Si pone in rilievo che il codice delle pari opportunità, con riguardo al Consigliere regionale di parità, non prevede alcuna legittimazione alla costituzione di parte civile. La legittimazione è circoscritta ad ambiti precisi e diversi dal processo penale.

La legittimazione processuale prevista dal D.Lgs. n. 198 del 2006, artt. 36 e 37, fa riferimento all'azione in giudizio volta a ottenere la dichiarazione o l'accertamento di discriminazioni, eventualmente anche a carattere collettivo. Si tratta di legittimazione specifica e caratterizzata da situazioni ben definite e vincolata all'azione giudiziale intrapresa in campo giuslavoristico e che, al di là delle ipotesi di azione diretta all'accertamento di pratiche discriminatorie a carattere collettivo, la partecipazione del Consigliere non può essere autonoma ma vincolata all'iniziativa della persona interessata e al conferimento di delega allo stesso ente ovvero è riconosciuta la possibilità di un intervento ad adiuvandum ex art. 105 c.p.c.. In tale contesto, non può trovare applicazione l'art. 212 disp. coord. c.p.p., poichè non vi è una legge o regolamento che preveda la costituzione di parte civile della Consigliera delle parità. Peraltro, anche là dove dovere ritenersi applicabile l'anzidetto disposizione, la costituzione di parte civile o l'intervento nel processo al di fuori delle ipotesi stabilite dall'art. 74 c.p.p., detto intervento può essere ammesso nei limiti e alle condizioni previste negli artt. 91 c.p.p. e ss. e, pertanto, solo là dove vi sia il consenso della persona offesa ex art. 94 c.p.p., risultante da atto scritto o da scrittura privata autenticata. Altro profilo che il ricorrente pone in rilievo è la mancanza di una lesione alla tutela del patrimonio morale e al perseguimento dello scopo istituzionale derivanti dalla diminuzione del prestigio e dal discredito nei confronti dei lavoratori. Posto che dato incontrovertibile è che l'interesse pubblico cui è collegato la posizione della Consigliera di parità è quello della promozione e del controllo dell'attuazione dei principi di uguaglianza di opportunità e di non discriminazione, il ricorrente ritiene che il delitto di maltrattamenti, nella configurazione giuridica riconosciutagli, consiste nell'offesa indubbiamente individuale e ciò esclude che l'interesse cui è preordinato l'ente regionale possa essere leso dalla condotta incriminatrice de qua. La fondatezza della pretesa risarcitoria deve derivare da un diretta e immediata lesione al diritto di personalità dell'ente e non può derivare da un mero collegamento ideologico. Il delitto di maltrattamenti potrebbe arrecare alla Consigliera esclusivamente un danno morale che nella specie non può coincidere con una generica lesione dell'interesse dell'ente al raggiungimento dei propri scopi. Infine, per il ricorrente è da escludere che configuri un danno "riflesso", inteso ne senso della propagazione delle conseguenze dell'illecito alle cd. vittime secondarie. Affinchè ciò possa essere ammesso e necessario che vi sia una lesione etiologicamente collegata con il fatto illecito. Connessione tra una condotta illecita che incida sulla integrità psicofisica e sul patrimonio morale di un lavoratore, rispetto alla lesione dello scopo statutario di un ente che si proponga finalità di tutela dell'uguaglianza di opportunità e della parità di trattamento nel mondo del lavoro. 3. La difesa della consigliera di parità della regione Piemonte rileva la corretta applicazione della disciplina in tema di costituzione parte civile degli enti esponenziali. Pone in rilievo la non operatività dell'art. 212 disp. coord. c.p.p. e art. 91 c.p.p., in quanto la consigliera di parità si è costituita ex art. 74 c.p.p. quale soggetto danneggiato. Il codice delle pari opportunità prevede agli artt. 36 e 37, oltre che per la costituzione in giudizio con delega dell'interessato, anche l'azione collettiva diretta della consigliera di parità volta a ottenere il risarcimento di danni non patrimoniali in caso di discriminazione in ambiente di lavoro. 3. Tale è la sintesi ex art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1 dei termini delle questioni poste. 1. Il ricorso è infondato. Motivi della decisione Il giudice di merito ha correttamente riconosciuto alla Consigliera regionale di parità la legitimatio ad causam in ragione degli scopi istituzionali di intervento. In particolare, alla Consigliera di parità l'ordinamento riconosce la tutela alla promozione dei principi di pari opportunità e di non discriminazione sessuale tra uomini e donne nell'ambiente di lavoro. Mette conto rilevare che il D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198, art. 15, recante "il codice delle pari opportunità" ridefinisce, rispetto alla L. n. 125 del 1991, compiti e funzioni della Consigliera o Consigliere di parità, riproducendo quanto già stabilito dal D.Lgs. n. 196 del 2000.

Tra le molteplici funzioni spiccano, oltre alla rilevazione di "situazioni di squilibrio" per la garanzia contro le discriminazioni, i compiti di promozione di progetti di azioni positive, anche attraverso l'impiego di risorse comunitarie, nazionali e locali per raggiungere le finalità "...di rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono la realizzazione di pari opportunità"...azioni positive dirette... a favorire l'occupazione femminile e realizzare l'uguaglianza sostanziale tra uomini e donne nel lavoro" (D.Lgs. n. 198 del 2006, art. 42). Tale complessivo contesto normativo, ritiene il Collegio, riconosce alla Consigliera o al Consigliere di parità un rafforzamento di strumenti per realizzare la pari dignità dei lavoratori negli ambienti di lavoro ed impedire che si crei un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo. Non è da revocare in dubbio che i comportamenti, sui quali si fonda l'accusa formulata all'odierno ricorrente, abbiano concretizzato il delitto di maltrattamenti rispetto al quale si configura una posizione soggettiva giuridicamente tutelata della consigliera di parità, quale soggetto danneggiato dal reato. A conclusioni analoghe si è pervenuti per le organizzazioni sindacali, rappresentative degli iscritti vittime di violenza sessuale commessa sul luogo di lavoro che possono costituirsi parte civile ed ottenere il risarcimento del danno, in quanto tale delitto lede l'integrità psico-fisica del lavoratore e provoca un grave turbamento che viola la personalità morale e la salute della vittima, compromettendone la stabilità psicologica ed il rapporto con la realtà lavorativa e la percezione del luogo. Ed è così ritenuta legittima la costituzione di parte civile "iure proprio" dell'organizzazione sindacale di appartenenza del lavoratore vittima del reato di violenza sessuale posto in essere sul luogo di lavoro, in quanto la condotta integrante tale reato è idonea a provocare un danno sia alle persone offese che al sindacato, per la concomitante incidenza sulla dignità lavorativa e sulla serenità del lavoratore che ne è vittima e, inoltre, perchè tale condotta è in contrasto con il fine perseguito dal sindacato, costituito dalla tutela della condizione lavorativa e di vita degli iscritti sui luoghi di lavoro (Sez. 3^, 7 febbraio 2008, dep. 26 marzo 2008, n. 12738). Ritiene il Collegio che la Consigliere o il Consigliere regionale di parità siano legittimati a costituirsi parte civile, non quale ente rappresentativo di interessi diffusi ma quale "danneggiato" dal reato di maltratti menti commessi nei confronti di più lavoratori, al fine di ottenere il ristoro del danno non patrimoniale subito. 2. La legittimano ad causarti e la costituzione "iure proprio", quale parte civile, della Consigliera o del Consigliere regionale delle parità - e nei casi di rilievo nazionale anche della Consigliera o Consigliere nazionale - non è altro che la pretesa volta a ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale che il D.Lgs. n. 198 del 2006, art. 37, commi 1 e 2, "codice delle pari opportunità" espressamente riconosce loro, mediante ricorso davanti al tribunale in funzione di giudice del lavoro o al tribunale amministrativo regionale competenti per territorio, nell'ipotesi in cui sia rilevata "...l'esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori diretti o indiretti di carattere collettivo". Pretesa risarcitoria che - oltre ad essere rivolta a ottenere la liquidazione del danno non patrimoniale, qualora richiesto e nel caso ne ricorrano le condizioni - è diretta all'adozione di provvedimenti idonei a alla rimozione delle discriminazioni accertate. Una pretesa risarcitoria che legittima i titolari di essa - e dunque non solo i singoli lavoratori, ma anche la Consigliera o il Consigliere di parità - a costituirsi parte civile nel caso di procedimenti per fatti delittuosi commessi a danno di più lavoratori e dai quali emergano comportamenti diretti o indiretti di carattere discriminatorio "collettivo". Non è da revocare in dubbio che i maltrattamenti - consistiti nel pronunciare ripetutamele frasi scurrili, indirizzate alle dipendenti, del tipo "ce lo piccolo, ma cattivo e profumato", nel fare riferimento alle proprie doti sessuali, lasciando intendere, con espressioni come "tutto a un prezzo", che non sarebbero stati concessi permessi o ferie se non dietro prestazioni sessuali, umiliando le lavoratrici davanti ai colleghi con frasi come "stè quattro puttane che non fanno niente tutto il giorno...", nel fare ripetute avances e imponendo alle dipendenti mansioni più gravose, ripetitive e/o inutili rispetto a quanto ordinato agli altri lavoratori - ledano la dignità personale e l'integrità psicofisica delle lavoratrici o dei lavoratori. Si è in presenza di atti che realizzano per un verso una "discriminazioni diretta" ex art. 25, comma 1, del codice delle pari opportunità, trattandosi di comportamenti che producono un effetto pregiudizievole discriminatorio rispetto alle lavoratrici. Per altro verso, realizzano indubbi comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso e in ogni caso aventi "...lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo" (art. 26, comma 1, del codice).

3. La diversità di sedi giudiziarie davanti alle quali far valere la pretesa risarcitoria e indubbiamente correlata alla tutela richiesta per ottenere il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno non patrimoniale. Come noto, il danno non patrimoniale è risarcibile nei soli casi "previsti dalla legge", e cioè, secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 cod. civ.: a) quando il fatto illecito sia astrattamente configurabile come reato; in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di qualsiasi interesse della persona tutelato dall'ordinamento, ancorchè privo di rilevanza costituzionale; b) quando ricorra una delle fattispecie in cui la legge espressamente consente il ristoro del danno non patrimoniale anche il di fuori di una ipotesi di reato (ad es., nel caso di illecito trattamento dei dati personali o di violazione delle norme che vietano la discriminazione razziale); in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione dei soli interessi della persona che il legislatore ha inteso tutelare attraverso la norma attributiva del diritto al risarcimento (quali, rispettivamente, quello alla riservatezza od a non subire discriminazioni); c) quando il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale; in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di tali interessi, che, al contrario delle prime due ipotesi, non sono individuati "ex ante" dalla legge, ma dovranno essere selezionati caso per caso dal giudice (Sez. un. civ., 11 novembre 2008, 26972). Una azione collettiva, dunque, che la Consigliera di parità della regione Piemonte ha promosso, allo scopo di sentirsi riconosce il diritto a ottenere il danno patrimoniale ture proprio, nell'ambito del processo penale per la realizzazione di diritti e interessi che la legge espressamente le riconosce e tutela. Si è, infatti, in presenza di un vero e proprio danneggiato dal reato, cui è consentito azionare l'art. 74 c.p.p. per il ristoro del danno subito. Per tal motivo, è da escludere l'operatività nella concreta fattispecie dell'art. 212 disp. coord. c.p.p. - più volte richiamato dal ricorrente a fondamento dell'impugnazione proposta - là dove l'ente rivesta, in ragione del ruolo e finalità che l'ordinamento gli riconosce, la posizione di soggetto danneggiato dal reato tutelata dall'art. 185 c.p. e art. 74 c.p.p.. 4. Il ricorso è infondato e va rigettato. Il ricorrente, a norma dell'art 616 c.p.p., va condannato al pagamento delle spese processuali, nonchè al rimborso in favore della parte civile, Consigliera regionale di parità, delle spese del grado che si liquidano in complessive Euro 2.000,00, oltre IVA e CPA. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna altresì a rimborsare alla parte civile, Consigliere regionale di parità, le spese del grado che si liquidano in complessive Euro 2.000,00, oltre IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2009. Depositato in Cancelleria il 16 aprile 2009.