1 UNIVERSITÀ DELLA CALABRIA FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA Corso di laurea in FILOSOFIE E SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE E DELLA CONOSCENZA Elaborato finale QUANDO IL FARE È UN DIRE. La performance artistica nel mondo delle cose. Candidato/a ILARIO MUSCO Matricola 103607 Supervisore/i di elaborato: Prof. Felice Cimatti Anno accademico 2008/09 Sessione: Ottobre 2009 Versione depositata per la discussione il 12 Ottobre 2009
3 INTRODUZIONE Lo scopo di questo lavoro è di dimostrare come l unione di musica e parole sia di per sé una forma di linguaggio e, in quanto tale, possa configurarsi essenzialmente come un modo di agire: punto di partenza nello studio di questo linguaggio sono gli atti che si compiono nel momento in cui viene parlato. Ma quali sono le regole caratteristiche di questa forma di comportamento? Partendo dall analisi proposta da Austin per gli atti linguistici, che possono essere felici o infelici, anche la performance artistica presenta queste caratteristiche, in quanto enunciato performativo il cui proferimento costituisce l'esecuzione diretta di un'azione. La molteplicità di sensi di cui l azione artistica, come quella linguistica, è dotata fa si che il dire sia un fare, per cui il parlare (artisticamente o linguisticamente) è compiere una serie di atti linguistici che possono essere locutori (l atto di dire qualcosa); illocutori ( l'atto nel dire qualcosa); e perlocutori ( l'atto col dire qualcosa). L'atto illocutorio è il fulcro di tutta una serie di azioni linguistiche, in riferimento ad alcuni elementi convenzionali e al contesto di una relazione interpersonale, che consentirà di analizzare il modo in cui la musica dice ciò che l artista vuole comunicare, mentre quello perlocutorio getterà le basi per guardare alle conseguenze di questo dire sul mondo. La riflessione sugli atti linguistici chiarisce la loro caratteristica di azione all'interno di un confronto intersoggettivo tra parlante e ricevente, dove la comunicazione risulta essere la produzione intenzionale da parte del parlante-emittente di credenze o azioni su un destinatario-ricevente, attraverso il suo proprio codice costituito da musica e parole che convivono senza limiti. Tale
4 capacità, nell artista, si tradurrà nella capacità di creare movimenti, stile, culture e modi di pensare, ma per farlo non sarà mai da solo: ogni suo gesto, senza una risposta da parte del suo pubblico, sarà solo un gesto senza significato. Un fare che diventa dire e si ritrasforma in fare: questo, dunque, il cerchio su cui si muove l artista.
5 1. FARE COSE CON LE PAROLE Occorre fare attenzione alle trappole che il linguaggio ci prepara perché il mondo delle parole è caratterizzato da arbitrarietà e da inadeguatezza rispetto al mondo delle cose. (J. L. Austin, Come fare cose con le parole ) Dal 1960 la filosofia del linguaggio comincia a lasciare il posto ad una serie di discipline che ne sviluppano alcuni aspetti particolari, come la linguistica, la sociolinguistica e l analisi del testo. Nel secondo dopoguerra si sviluppa una ramo della filosofia del linguaggio ordinaria che analizza i testi da un punto di vista pragmatico. Precursore di questa nuova strada intrapresa dalla filosofia del linguaggio è John L. Austin, che tra gli anni 40 e 50 è il primo a parlare della teoria degli atti linguistici. La peculiarità delle analisi del linguaggio ordinario che viene proposta da Austin sta nel far della stessa analisi un gioco fine a sé stesso: i problemi di ordine filosofico nascono, cioè, dalla stessa analisi pragmatica del linguaggio. Una tendenza che si contrappone allo stile di Wittgenstein, per cui tali analisi sono funzionali alla risoluzione di un problema filosofico esterno. Il senso dell analisi cui fa riferimento Austin è, da un lato, esaminare i problemi posti dal linguaggio, con gli errori e i fraintendimenti che esso comporta e, dall'altro, individuare e risolvere problemi chiarendo il significato delle proposizioni adottate. Un esempio caratteristico delle analisi di Austin è la cosiddetta apologia delle scuse 1 nella teoria dell azione, per cui nel 1 John L. Austin, 1956
6 mostrare che non abbiamo fatto qualcosa intenzionalmente, indichiamo nel contempo come intenzionalmente faremmo quella stessa cosa: il linguaggio è qui nel contempo descrittivo e normativo. Una delle idee di Austin è quella di usare il metodo del dizionario, che consiste nel compilare una lista delle parole rilevanti per un determinato problema filosofico e scovare così le incrostazioni di significati che comunemente sono legati all uso ordinario delle parole. L invito di Austin, dunque, è quello di avvedersi dell uso che si fa delle parole, in quanto questo non sono mai neutre ma rappresentano il risultato di una selezione fatta da secoli dalla comunità linguistica. In tal modo si arriva ad analizzare le sfumature del sistema linguistico, i suoi margini di funzionamento, questioni ritenute comunemente di importanza marginale e che invece per Austin hanno valore di verità. Oggetto di riferimento della filosofia analitica, non è solo il linguaggio scientifico, ma anche e soprattutto il linguaggio comune, sul quale svolge soprattutto un'opera di ricerca e di chiarificazione concettuale e linguistica. Proprio per questo motivo, la filosofia di Austin viene designata anche come "filosofia del linguaggio ordinario", cioè una filosofia che non vede il significato dei termini come una corrispondenza fra essi e la realtà esterna, bensì come frutto del loro uso e della correttezza di tale uso rispetto alle regole prescritte dal sistema linguistico di cui essi fanno parte. L'analisi logico-linguistica, dunque, diventa un opera di chiarificazione concettuale volta a risolvere problemi e dotata, quindi, di valore euristico. L attenzione, dunque, è rivolta verso le concrete forme d'uso dei linguaggi, piuttosto che verso i loro principi logico-formali. Il linguaggio ordinario, come oggetto di studio, risulta essere molto più ricco e significativo dei linguaggi settoriali, consentendo di analizzare una vasta gamma di significati che solitamente vengono trascurati dal filosofo tradizionale.