O 6 - GLI SPECCHI. Fig. 85



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Transcript:

O 6 - GLI SPECCHI Quando un fascio di luce (radiazione ottica) incide sulla superficie di separazione fra due materiali diversi, possono avvenire tre cose, generalmente tutte e tre allo stesso tempo, in varia misura: -- viene, almeno in parte, assorbito, e si trasformerà generalmente in calore, tranne casi particolari (fluorescenza, generazione di corrente elettrica, ecc.); -- attraversa la superficie di separazione, viene rifratto ; se l incidenza non è normale (perpendicolare), si ha anche un cambiamento di direzione del fascio, una deviazione; di questo abbiamo parlato nei precedenti articoli; -- viene, almeno in parte, riflesso. In questo terzo caso, le leggi della riflessione sono molto semplici. Chiamiamo raggio incidente quello che arriva sulla superficie riflettente e punto d incidenza il punto in cui il raggio incidente incontra la superficie medesima. La normale è una retta perpendicolare ad un piano. Ebbene, se la superficie riflettente è piana, le leggi sono: raggio incidente e raggio riflesso giacciono nello stesso piano e tale piano contiene la normale alla superficie riflettente, condotta per il punto d incidenza. L angolo d incidenza (l angolo fra raggio incidente e normale 49) è uguale all angolo di riflessione (fra raggio riflesso e normale). Si noti che quest ultima legge porta ad un risultato pratico: in fig. 85 lo specchio Sp è inclinato di 45 rispetto ai fasci incidenti, ma i fasci riflessi sono ruotati di 90. Se lo specchio ruota di un angolo α, il fascio riflesso ruota di 2α. Questo fatto è sfruttato in certi strumenti di misura in cui occorre valutare la rotazione di un equipaggio mobile (es. i galvanometri a specchio ); a tale equipaggio si fissa uno specchietto che viene illuminato da un fascio concentrato; la rotazione del fascio riflesso raddoppia la sensibilità dello strumento. Fig. 85 Una nuova disposizione sperimentale, basata sulla solita lampadina da auto (S) e la solita lente a fessure (Lf). Il cartone orizzontale (C) è stato orientato a 45 sull asse della lente in modo da consentire di appoggiare sul suo lato destro un normale specchio da toilette (Sp), e di rivelare i fasci riflessi, verso l alto della figura. Lo specchio da toilette (Sp) è visto di scorcio, dall alto. Queste osservazioni rientrano nell esperienza quotidiana e non richiedono molte spiegazioni. Quando invece la superficie riflettente è concava, può rendere convergenti dei fasci paralleli ed acquista la funzione che è propria delle lenti convergenti; se è convessa, può rendere divergenti dei fasci paralleli e si comporta come una lente negativa. Abbiamo già constatato (in O3) questa facoltà posseduta dalle lenti sferiche. C è da notare però una differenza fondamentale fra lenti e specchi. Proviamo a riandare alle figg. 41 e 53 (nell articolo O3, appunto). Qui vediamo che i fasci emergenti dalla lente (L oppure Ld), e l eventuale immagine reale prodotta dalla lente stessa, si trovano a destra, dalla parte opposta all oggetto (o sorgente); l oggetto si trova a sinistra, fuori figura. Invece, in uno specchio, il fascio riflesso si troverà a sinistra, dalla stessa parte dell oggetto. 49 Qui s intende la normale alla superficie riflettente, condotta per il punto d incidenza. 48

Fig 41 e 53 - Confronto fra lenti convergenti e divergenti. Un primo esempio di questo fenomeno di vede in fig. 86: si prende una striscia di lamierino metallico, come ad es. uno spezzone di bandella d acciaio per imballaggi. Lo si incurva con le mani, badando di creare una curva regolare; si ricopre lo spezzone con un pezzo di foglio d alluminio, del tipo per alimenti, assicurando che sia lucido e non formi pieghe od increspature. Se tutto va bene, magari ritentando più volte, si deve arrivare ad un settore cilindrico speculare (Sp. conc. in fig. 86) il quale, interposto ai cinque fasci paralleli prodotti dalla nostra lente a fessure Lf, che ben conosciamo, creerà una serie di fasci convergenti. Fig. 86 Un semplice esempio di specchio concavo cilindrico, con potere convergente. Anche in questo caso, la lente a fessure (Lf) fornisce i cinque fasci paralleli, resi visibili in base alla loro traccia sul cartone bianco orizzontale Cart. I fasci riflessi dallo specchio concavo ritornano verso sinistra, cioè verso la sorgente. Della lente a fessure abbiamo parlato più volte, fin dal primo articolo. Su questi effetti di convergenza e divergenza, sulla base delle semplici leggi geometriche sopra enunciate, è possibile costruire tutta la teoria delle immagini reali e virtuali prodotte dagli specchi ricurvi. Noi lasceremo stare le formule e ci limiteremo agli specchi sferici (calotte sferiche convesse e concave) e ad alcuni fenomeni pratici, ottenibili con mezzi semplici. Partiamo dalle fig. 87/88, simili alla precedente ma ottenute con un vero specchio sferico concavo. Fig. 87 Tutto come nella fig. precedente, ma lo specchio è sferico e di discreta qualità. Specchi concavi di vario diametro si trovano nelle profumerie50, ma spesso la loro curvatura è scarsa e le distanze fra specchio e fuoco (o immagine) diventano molto grandi. Qui si è utilizzato uno specchio concavo da microscopio (Sp), del diametro di 50 mm, che abbraccia solo i tre fasci centrali dei cinque disponibili. Il fascio riflesso centrale non appare chiaramente, poiché si sovrappone alla traccia di quello incidente. La lampadina è a sinistra, fuori figura. 50 Ne abbiamo già parlato nell articolo O4: si cerchi in una profumeria uno specchio da toilette da ingrandire (i commessi lo chiamano a lente ). Tali specchi si usano per radersi la barba o per il trucco, e forniscono in quelle condizioni (oggetto vicino) un immagine (virtuale) leggermente ingrandita e diritta. Per non aumentare troppo le distanze, è bene che un tale specchio ingrandisca molto, ed allora il suo diametro sarà minore. 49

Fig. 88 Al posto dello specchio si è posta una lente divergente Ld (vedi la fig. 53 in O3, sopra riportata), in cui la prima superficie si comporta da specchio concavo. I fasci da 11 a 15, riflessi da questa superficie concava e convergente, confluiscono nel punto F. La seconda superficie della lente Ld, che è convessa rispetto ai cinque fasci paralleli, funziona da specchio divergente, ed i fasci da essa riflessi appaiono appunto divergenti (sono quelli numerati da 6 a 10). Anche nella fig. 53, sopra riportata, si notano gli stessi fasci, convergenti e divergenti, colla stessa numerazione. Come si è fatto per le lenti convergenti, possiamo definire ancora un fuoco come punto d incontro di tutti i raggi paralleli che incidono sullo specchio viaggiando paralleli all asse del medesimo (il fuoco è indicato con F nelle figure che precedono). Per asse di uno specchio sferico s intende una retta che passa per il centro di curvatura della superficie sferica e per il vertice; il vertice sarà il vertice geometrico della calotta sferica cui appartiene lo specchio. Se la sorgente si trova sull asse, anche il fuoco si troverà su questa retta. La lunghezza focale dello specchio sferico sarà anche qui la distanza fra il fuoco ed il vertice dello specchio. Si può dimostrare che la lunghezza focale di uno specchio sferico è pari a circa la metà del suo raggio di curvatura. Per uno specchio convesso, che rende divergenti i fasci paralleli, come nei fasci da 6 a 10 in fig. 88, si può parlare di un fuoco virtuale tracciando all indietro il prolungamento dei fasci riflessi (da 6 a 10); lo stesso procedimento è stato seguìto per le lenti divergenti (fig. 54 in O3). Il concetto di fuoco va poi soggetto alle solite limitazioni, già viste per le lenti: esiste anche negli specchi un aberrazione, per la quale la posizione del fuoco dipende dall apertura. Si veda la fig. 89, in cui lo specchio è costituito dalla seconda superficie di una loupe, superficie che è concava rispetto ai cinque fasci paralleli emergenti dalla lente a fessure Lf. Fig. 89 La superficie riflettente concava (e quindi convergente) è qui costituita dalla seconda superficie della lente d ingrandimento. I fasci più aperti, a maggior distanza dall asse (marginali) si concentrano nel fuoco marginale Fm, mentre i fasci meno aperti (più o meno parassiali) si concentrano in un distinto fuoco Fp. La stessa cosa era successa per le lenti (vedi la fig. 73 in O5), a parte il fatto che il fascio riflesso ritorna verso la sorgente invece di essere trasmesso di là dalla lente. Questa aberrazione si chiama, anche per gli specchi, sferica 51. Per correggerla, il metodo più usato è di dare alla superficie riflettente una forma non sferica. Il problema è fondamentale nei grandi specchi dei telescopi e sono state studiate molte forme per gli specchi, e molte combinazioni di specchi, per ridurre la sferica, come anche la coma e l astigmatismo. Non entriamo in dettagli, poiché usciremmo dalle possibilità di un esperienza amatoriale o scolastica. Per quanto riguarda le aberrazioni cromatiche, esse non esistono negli specchi: infatti, nelle leggi della riflessione sopra citate, non compare il valore della lunghezza d onda λ. Nel caso della rifrazione invece, si ricorderà, tutto dipende dall indice di rifrazione ed esiste la dispersione dell indice in funzione di λ. Visto il potere convergente e divergente degli specchi sferici, con essi deve essere possibile 51 La ragione del termine sferica, come per le lenti, sta nel fatto che tale aberrazione dipende dalla forma sferica delle superfici, rifrangenti o riflettenti. 50

costruire immagini reali e virtuali, come per le lenti; l unica differenza è che l eventuale immagine reale si forma dalla stessa parte dell oggetto e l oggetto può trovarsi fra immagine e specchio e quindi fare ombra. Cominciamo da uno specchio concavo e dalla formazione di un immagine virtuale che sarà, come per le lenti convergenti, diritta ed ingrandita: fig. 90. Si noti che, per uno specchio concavo, oggetto ed immagine virtuale si trovano da parti opposte dello specchio. In una lente convergente (figg. 49 e 50 in O3), invece, oggetto ed immagine si trovano dalla stessa parte della lente. Fig. 90 Schema di specchio concavo con vertice V, centro di curvatura C, fuoco F ed asse VC. L oggetto AB invia allo specchio raggi come BO che vengono riflessi in O diventando OF (visto che BO è parallelo all asse, dopo la riflessione deve passare per il fuoco F); il prolungamento di OF passa per B. Il raggio BP, passante per il centro C, viene riflesso su sé stesso diventando PC. Anche il prolungamento di BP passa per B. In B si trova quindi l immagine di B. Così A B è l immagine di AB. Una prova sperimentale dello schema qui sopra si trova nella fig. 91 che segue. Anche qui, le distanze e le dimensioni dell immagine dipenderanno dalla focale e quindi dalla curvatura dello specchio. Un osservatore che ponga l occhio davanti allo specchio, più o meno sull asse VC, guardando verso l oggetto AB vedrà l oggetto e, simultaneamente, l immagine ingrandita A B. L oggetto AB è simboleggiato in fig. 91 con Ogg e l immagine A B con Imm. Fig. 91 Uno specchietto concavo, da toilette o da microscopio, produce un immagine virtuale diritta ed ingrandita (Imm) della vite a squadra Ogg. Si è scelto questo oggetto poiché è asimmetrico in tutti i sensi ed è facile identificarne l orientamento. Specchio ed oggetto sono fissati semplicemente su pezzi di legno. Non sono stati posti esattamente sullo stesso asse per evitare che l uno facesse ombra all altro. Passiamo ora alle immagini reali. Lo schema è in fig. 92. Diversamente dalle lenti convergenti (figg. da 45 a 48 in O3), con gli specchi l oggetto e l immagine reale si trovano dalla stessa parte dello specchio. Fig. 92 Applicando le leggi della riflessione, si vede come i raggi emergenti dall oggetto AB convergono verso l immagine reale A B, impiccolita e rovesciata. In questo caso, l oggetto dista dallo specchio più del doppio della focale (VF). Si può porre l oggetto in A B (che dista dallo specchio meno del doppio della focale), ed allora l immagine sarà AB, ingrandita, sempre reale e rovesciata. Come per le lenti convergenti, si possono invertire le posizioni di oggetto ed immagine. La disposizione pratica è visibile in fig. 93. 51

Fig. 93 Qui, l immagine reale è stata fotografata assieme allo specchio. Si noti che l immagine Imm è sfocata, poiché si trova su un piano ben diverso da quello dello specchio, come risulta dalla fig. 92. È visibile anche un certo grado di distorsione. Rispetto alla fig. 91, sembra strano che l immagine sia rovesciata invece che diritta: come al solito le distanze fra oggetto e fuoco sono diverse e l immagine qui è reale invece che virtuale. Nelle figg. 50 e 51 (in O3) si aveva la stessa situazione con le lenti convergenti. La formazione di immagini reali ingrandite o impiccolite per mezzo di uno specchio concavo si può verificare anche usando come oggetto il filamento di una lampadina da frigo a filamento esteso, a zig-zag (220 V, 10-15 W), come è stata usata a proposito delle lenti convergenti (O3, figg. 45 e 46). L immagine abbaglierebbe l occhio e quindi conviene raccoglierla sul solito schermo di cartone (C in fig. 94 e 95). Vediamo le figg. 94 e 95, che seguono. La disposizione è semplice e le distanze fra le varie parti andranno studiate in base alla curvatura dello specchio; con un normale specchio da toilette si avranno distanze maggiori. Ancora in opposizione a quanto avviene con le lenti, oggetto ed immagine si troveranno dalla stessa parte dello specchio. La disposizione di fig. 94, curiosamente, corrisponde al funzionamento di un fanale d automobile: in questo, il filamento incandescente della lampadina (La) si trova presso il fuoco dello specchio concavo52 (Sp) e l immagine reale ingrandita (Imm) si trova a grande distanza, sulla strada. Non si avrà un immagine nitida del filamento poiché si ha tutto interesse ad avere un fascio omogeneo, e ciò si otterrà con vetri rigati e simili. Per aumentare la resa fotometrica del fanale, si cerca di dare allo specchio la massima apertura possibile, dandogli una forma molto ricurva, a mezzo uovo, che abbraccia letteralmente la lampadina. Fig. 94 Immagine reale rovesciata ed ingrandita (Imm) creata da uno specchio concavo (Sp); l oggetto o sorgente è il filamento della lampadina La. L immagine è ingrandita, come per le lenti, poiché la distanza oggetto-specchio (coniugata oggetto) è minore della distanza specchio-immagine (coniugata immagine). L oggetto sta fra specchio ed immagine; quindi il sistema deve essere disassato per non obliterare, almeno in parte, il fascio che converge nell immagine. Lo specchio usato qui è uno specchietto da microscopio, ma va bene qualunque specchio concavo; al massimo, aumenteranno molto le coniugate. In fig. 95 si ha la situazione inversa: l oggetto dista dallo specchio più dell immagine, perciò si ha un immagine impiccolita. Questo è lo schema di lavoro di un telescopio a specchio ( catottrico o riflettore ): l oggetto (un pezzo di cielo notturno) è piuttosto distante e l immagine (reale, rovesciata ed impiccolita) si forma presso il fuoco. Qui si mette la strumentazione ottica od elettronica che deve utilizzare, registrare od ulteriormente ingrandire l immagine primaria formata dallo specchio principale. A volte, presso l immagine si pone un piccolo specchio secondario che rimanda il fascio fuori del cammino principale per ulteriori manipolazioni. Se poi vogliamo capire come funziona uno specchio sferico convesso, si può ricavare qualche schema ottico, ma basti pensare che si tratta di un sistema analogo ad una lente divergente (vedi l articolo O3): esso fornirà sempre un immagine virtuale, diritta ed impiccolita. La differenza sostanziale rispetto alla lente (a parte l assenza delle aberrazioni cromatiche) sta ancora nel fatto che oggetto ed immagine si trovano da parti opposte dello specchio, invece che dalla stessa parte (come nelle lenti divergenti: vedi la fig. 54 in O3). 52 Per ridurre l aberrazione sferica, si tratta in genere di uno specchio non sferico ma paraboloidico. 52

Fig. 95 Ancora un immagine reale e rovesciata creata da uno specchio concavo, ma rimpiccolita; infatti, il rappor-to fra le coniugate è invertito: è più grande la coniugata oggetto. Stavolta è lo schermo C ad interporsi fra oggetto e specchio e quindi il sistema è stato ancora disassato. Nei telescopi riflettori, il sistema che riceve l immagine (oculare, macchina fotografica, specchio secondario, ecc.) si può mettere sull asse, al centro dello specchio principale, ma così viene resa inutilizzabile la porzione centrale del medesimo. Non c è rimedio, poiché il disassamento del sistema, da noi seguito in questa prova, creerebbe intollerabili aberrazioni. Se vogliamo renderci conto dell immagine sempre virtuale, diritta ed impiccolita fornita dagli specchi convessi, basta pensare agli specchi retrovisori delle automobili od ai grandi specchi rotondi che si mettono in cima ad un palo, negli incroci pericolosi. Perché in questi casi si usino specchi convessi invece che piani è presto detto: l immagine fornita è impiccolita e quindi permette di osservare una porzione maggiore dello spazio-oggetto; in altre parole, si allarga il campo (visuale). Per finire, se si rivolge uno specchio concavo verso una sorgente lontana, come un fanale, si potrà rivelare il fuoco dello specchio cercando con una strisciolina di carta il punto dove si forma l immagine impiccolita della sorgente stessa. La strisciolina di carta bloccherà una parte del fascio incidente, ma non c è scampo. Se quest esperimento si esegue col sole, la sua immagine sarà tanto ricca di infrarosso da scaldare la carta, magari incendiandola. Per questo, ad uno specchio concavo si può dare il nome di specchio ustorio (= bruciatore). C è anche la leggenda di Archimede che avrebbe bruciato le navi nemiche nel porto di Siracusa, concentrandovi sopra la luce solare con tanti specchi. Ammesso che ci sia un fondo di verità, si trattava quasi certamente di specchi piani. Per fabbricare degli specchi concavi, tutti con la corretta curvatura, sarebbe stato necessario disporre di una tecnologia allora inesistente. 53