Il cambiamento in azienda Giugno di tre anni fa. Lunedì mattina. Bacheca centrale della società. A far data dal 1 Luglio, si comunica che il nostro settore Logistico (includendo macchinari, carrelli elevatori e spazi) verrà accorpato, anche da un punto di vista legale, alla società del nostro Gruppo Pxxx Spa. I responsabili Sigg. Ab..., Vi... e Tr... risponderanno al Dott. Fa... che oggi ricopre l incarico di Direttore Generale della Pxxx Spa. I Sigg. Mo... e Se... rimarranno in carico nel nostro organico e relativamente a loro verrà emesso a breve un nuovo comunicato organizzativo. Oggi, più che nel passato, ci si imbatte costantemente in processi di cambiamento, perché è nei momenti di crisi che si pensa di dover cambiare indirizzo, comportamenti, piani, strategie, tattiche. Se non si è pronti o disponibili a diventare attori del cambiamento o si crede che le pratiche da sempre messe in atto continuino ad essere le migliori, il risultato, solitamente, è che ci si vedrà costretti a subirlo. Da sempre, avere a che fare con il cambiamento porta paura ed ansia. Si è disposti ad assistere, con ammirazione, a fenomeni di cambiamento, purché questi riguardino gli altri e non ci sfiorino. Cambiare è un attitudine, una filosofia di vita che investe i campi - del sapere, - dell atteggiamento, - del comportamento individuale, - del comportamento di gruppo. Già negli anni 80, Hersey e Blanchard indicavano come i più facili da effettuarsi i cambiamenti delle conoscenze, seguiti da quelli degli atteggiamenti, emotivamente caricati in maniera positiva o negativa. Più difficili e lunghi risultano essere i cambiamenti del comportamento individuale e, ancor di più, quelli di gruppo o organizzativi. Il nostro destino, però, può dipendere dall attitudine a realizzare il cambiamento.
Il cambiamento nelle organizzazioni Progetto Dep Consulting 2012 Tutti i diritti riservati Quando si individua un problema interno all organizzazione - una divergenza fra ciò che sta accadendo e ciò che sarebbe necessario accada prevalentemente si possono intraprendere due strade: -attendere passivamente che un cambiamento avvenga in modo autonomo (cambiamento passivo) -intervenire per mutare il corso naturale degli eventi (cambiamento attivo). Il primo tipo porta, sovente, a gestire organizzazioni poco dinamiche e incapaci di adattarsi a mutate condizioni ambientali. Il secondo conduce a stare al passo con le mutate condizioni o, meglio, ad anticiparle. Attivarsi per cambiare significa preoccuparsi di pianificare i passi necessari, dirigerli nella direzione auspicata, individuare momenti di controllo e soprattutto COMUNICARE. Radio Corridoio In un organizzazione in fase di cambiamento ci sono pochi segreti ma centinaia, se non migliaia, di ipotesi. Qualsiasi mutazione organizzativa è soggetta a questa ineluttabile legge dell informazione. Radio Corridoio diffonde con intensità ogni tipo di possibile ipotesi riguardo i futuri assetti organizzativi; amplifica gli effetti dei cambiamenti perché genera ansia a prescindere. Il toto nomine ne è un esempio e, per reazione, ne fa discendere un toto segati che fa allungare i musi, peggiora di molto le relazioni e genera spesso comportamenti irrazionali, se estrapolati dal contesto. Quando c è un cambiamento in atto non si sottolineerà mai abbastanza, l importanza di una corretta, coerente e continua informtiva interna, per limitare (non si può fare più di questo) l impatto nefasto di Radio Corridoio. Assessment della situazione: dove siamo? Ancor prima di affrontare il processo di cambiamento, si rende necessaria un analisi dell ambiente nel quale ci si muove: I singoli e il gruppo, stanno facendo tutto ciò che occorre per raggiungere gli obiettivi (logistici, produttivi, progettuali, economici, ecc.) di medio termine? Quali sono le previsioni economiche/di mercatodi lungo termine (termine che indica un orizzonte di non più di due anni)? Di quali capacità decisionali e di soluzione dei problemi dispone l organizzazione?
Qual è il livello di motivazione e il clima corrente dell organizzazione? Che tipo di comunicazione si adotta? Come vanno le relazioni interpersonali nel gruppo dirigente, tra middle manager, tra operai ed impiegati ed ancora trasversalmente rispetto a tutti questi ruoli? Il cambiamento che si vuole attuare è auspicato da tutti? In che misura? Può tale cambiamento scontrarsi con i bisogni delle persone? Di chi e come? Come possiamo minimizzare il disagio? Quanto l ipotizzato cambiamento rispetta le aspettative dei singoli e dei gruppi? Quali sono i limiti per evitare eventuali conflitti fra persone e gruppi? Qual è lo stile di leadership prevalente nell organizzazione? Tutte domande da porsi insieme con altre che si ritiene siano opportune per capire cosa stia accadendo in un dato momento storico dell organizzazione, cosa è probabile succeda in futuro e quali cose possano essere oggetto di cambiamento. Ricordiamo, poi, come - per avere un quadro quanto più possibile corrispondente alla realtà - occorra confrontare le opinioni di tutti gli stakeholders capi colleghi riporti collaboratori esterni. Comunicazione del cambiamento Chiarito il quadro, la fase successiva riguarda la comunicazione del cambiamento. Quali sono i macro e micro obiettivi da raggiungere spiegandone i motivi. Dire dobbiamo aumentare la quota di mercato del 5% od anche dobbiamo diventare il numero due al mondo sono slogan vuoti che lasciano il tempo che trovano. E l organizzazione che si deve avvantaggiare dal cambiamento. Se ad avvantaggiarsi sono solo alcune particolari categorie, si rompe il rapporto di fiducia che è il primo propellente dell efficacia ed efficienza della gestione. La comunicazione dovrà essere costante, coerente e senza timore di spiegare cambiamenti di percorso che si dovessero rendere necessari.
Alternativamente (ma ovviamente noi siamo contrari) ci sono tattiche comunicative che prevedono incoerenza, confusione per indurre uscite di personale dall organizzazione, per inculcare paura volutamente. A prescindere dall aspetto etico, noi riteniamo che questo modo di procedere produca, nel medio termine, ferite (sospetti) che non si rimargineranno più e verranno tramandate oralmente all interno dell organizzazione con effetti negativi sul modo di lavorare. Esecuzione del cambiamento Ancora Hersey e Blanchard sostengono come sia necessario, pena la difficoltà di raggiungere i risultati desiderati, capire quali siano le forze trainanti e quali le forze frenanti. Se le forze trainanti prevalgono per energia e frequenza, il responsabile del processo di cambiamento può insistere e, spesso, sconfiggere le forze frenanti. Se accade il contrario e le frenanti si presentano superiori alle trainanti si può: - abbandonare il piano - tentare di trasformare, gradualmente, le frenanti in modo da renderle inoffensive (ma occorre molto tempo) Se le due forze si equivalgono, si dovranno incrementare le une, tentando di rendere innocue le altre Stili di cambiamento L attuazione del piano di cambiamento è funzione dello stile di leadership dei responsabili e della loro capacità di comprensione dell ambiente persone e cose all interno del quale si vuole operare il cambiamento. Si possono identificare numerosi stili di gestione, tanti quanti sono le variabili che si incontrano lungo il processo. Variabili come: Resistenza cultura dell alibi spirito innovativo grado di percezione della realtà tipologia e cultura dell organizzazione voglia di crescere modello di comunicazione Ci piace, però, limitarci a due grandi categorie di stili Direttivo, autocratico Partecipativo, democratico Cambiamento direttivo Questo stile introduce il cambiamento, l innovazione con un imposizione che arriva dall alto, da parte di una componente che ha il potere di farlo:
A far data dal 1 luglio dell anno in corso, la struttura dell Azienda viene ad essere modificata da piramidale, quale essa è attualmente, a matriciale. Il nuovo organigramma sarà pubblicato. Questo stile presenta il vantaggio di essere utile in organizzazioni con scarsa responsabilizzazione degli attori,. E un organizzazione con persone alle quali non è mai stata data la possibilità di crescere, gestite per compiti e spesso avvezze a ricevere disposizioni dall alto. Con questo tipo di organizzazione, usare un metodo d improvviso partecipativo, soprattutto applicato al cambiamento, potrebbe risultare sospetto e persino controproducente. Cambiamento partecipativo Le mutate condizioni di mercato e di assetti societari, fanno ritenere utile, a questa direzione, la revisione dell attuale struttura piramidale, ad oggi operante con successo. Si è deciso, a far data dal 1 luglio dell anno in corso, di istituire gruppi di lavoro atti ad identificare una più moderna struttura organizzativa che incontri le esigenze dei vari reparti, con l obiettivo Un tale stile, è tipico dell organizzazione abituata a delegare, a coinvolgere persone e gruppi, ad ottenere il consenso. E un tipo di gestione del cambiamento che, solitamente, assicura risultai più duraturi nel tempo, poiché, coinvolgendo e responsabilizzando, le persone si sentono impegnate, ciascuna per il proprio ruolo, alla realizzazione del cambiamento proposto. Richiede una leadership orientata più alle relazioni che al compito e, più ancora, una leadership situazionale. Questo approccio, spesso meno rapido rispetto a quello direttivo, rinvigorisce il rapporto di fiducia interno tra le persone e tra ruoli trasversali. E ciò è un tesoro che non si può ottenere neppure pagando profumatamente qualsiasi consulente di comunicazione o gestionale. Esiste un approccio al cambiamento migliore rispetto ad altri? Probabilmente no, ma ne esistono di adatti a ciascuna realtà organizzativa.