Eni, nel 2013 Ebit oltre i 12 miliardi con utile superiore ai quattro miliardi e dividendi generosi

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Eni, nel 2013 Ebit oltre i 12 miliardi con utile superiore ai quattro miliardi e dividendi generosi Eni è un grande gruppo internazionale ed è quello che negli ultimi cinque anni ha conquistato i più grandi successi esplorativi poiché, anche senza considerare il Mozambico, dove sono stati scoperti i più grandi giacimenti della nostra storia, ogni anno le nuove scoperte hanno superato del 50% gli idrocarburi estratti e questo ci ha permesso di aumentare sempre più le nostre riserve tanto che oggi potremmo rispettare i target di produzione dei prossimi 10 anni anche senza trovare un solo barile aggiuntivo a quelli già oggi in portafoglio. Paolo Scaroni racconta le strategie dei diversi business del gruppo Eni E i citati target non sono di poco conto poiché, prosegue Paolo Scaroni, amministratore delegato di Eni, nei prossimi quattro anni la produzione aumenterà ad un tasso medio annuo di oltre il 4 per cento, mentre nei successivi sei lo sviluppo è stato stimato superiore al 3% medio annuo sino a raggiungere a 2,5 milioni di barili giorno equivalenti (Boe). Target ambiziosi ma compatibili se solo si considera che negli ultimi cinque anni sono stati scoperti ben 7,5 miliardi di Boe, e quasi tutti derivano da progetti convenzionali con costi di produzione decisamente contenuti anche se permane il rischio Paese poiché la gran parte è ubicata in aree non proprio tranquille in termini di geopolitica. Questo anche se è doveroso ricordare che il gruppo Eni ha costruito una storia di successo operando spesso in aree complesse.

Noi quindi, aggiunge il capo azienda, stiamo costruendo un Eni sempre più grande e siamo gli unici fra i grandi gruppi internazionali a farlo perché da tempo abbiamo collocato la crescita fra le nostre priorità e poi perché siamo fra i migliori nell attività di ricerca, e, forse, siamo anche un poco fortunati come testimoniano i risultati conseguiti nell ultimo lustro. Un periodo nel corso del quale prosegue il Ceo di Eni siamo diventati anche più profittevoli e resilient in quanto la nostra redditività resterà decisamente attraente anche con prezzi del petrolio molto, ma molto più bassi di quelli attuali. E c è pure altro poiché il capitale investito nell attività di esplorazione e produzione (E&P) è salito al 54% del totale dopo la cessione di Snam e Galp, ma tale dimensione è destinata a varcare la soglia del 60% entro la fine dell attuale piano industriale, il 2016. Un business decisamente redditizio poiché, come spiega Massimo Mondazzi, cfo di Eni, i nostri progetti sono profittevoli anche a 45 dollari a barile considerando che 20 dollari sono assorbiti dagli investimenti in ricerca e sviluppo mentre altri otto remunerano i costi operativi di estrazione ed i restanti 17 sono indirizzati a royalties, tasse e remunerazione del capitale investito sulla base di un rendimento stimato all otto per cento. Buone notizie giungono pure dagli altri business in cui si articola il gruppo poiché noi, puntualizza Scaroni, stiamo realizzando interventi importanti con il preciso obiettivo di farli diventare profittevoli e di una profittabilità sostenibile. Nel gas & power abbiamo infatti approcciato con decisione il tema di rinegoziare i nostri contratti di acquisto del gas. L aspetto positivo è che in questo caso la bassa redditività è legata alla crescita del prezzo del petrolio, della quale invece beneficiamo nella nostra divisione di esplorazione e produzione. Stiamo lavorando per riportare il business gas & power a margini positivi rinegoziando tre aspetti nei contratti take or pay: 1) le quantità; 2) il prezzo; 3) la scadenza delle rinegoziazioni. È doveroso inoltre ricordare che la domanda di gas ha subito una forte contrazione in molti Paesi europei, a partire dall Italia, anche a causa della recessione. Ma la domanda globale precisano all Eni - è destinata a crescere nel medio-lungo termine sostenuta dal Far East a partire da Cina e Giappone. Il primo Paese citato, la Cina, deve infatti ridurre l utilizzo del carbone per limitare livelli di inquinamento già oggi al di sopra dei limiti del tollerabile, mentre il secondo, il Giappone, deve

sostituire progressivamente le fonti nucleari e per entrambi il gas potrebbe rappresentare una buona fonte anche per generare energia elettrica. Sforzi titanici sono indirizzati pure alle attività di raffinazione ed alla petrolchimimica per permetterci di ricollocare questi due business in una logica di sostenibilità. Investimenti, prosegue il capo azienda, che rientrano nei nove miliardi che investiremo nel nostro Paese rispetto ai 57 miliardi complessivi previsti dal nostro piano nei prossimi quattro anni. Uno sforzo importante ma compatibile, poiché finanziato dalla generazione di cassa ordinaria se si escludono i 10 miliardi rivenienti dalle cessioni programmate, di cui oltre la metà già realizzate quali i quasi 1,5 miliardi di euro ricavati dalla recente cessione della residua quota di Snam ed i 4,2 miliardi di dollari connessi dalla vendita del 20% dei giacimenti in Mozambico ai cinesi di CNPC nell ambito di un contratto che permetterà all Eni di partecipare pure allo studio per lo sfruttamento dello shale gas in un area cinese di oltre 2mila chilometri quadrati nella regione del Sichuan. Da rilevare inoltre che il piano quadriennale di gruppo recentemente presentato prevede una generazione di cassa di 20 miliardi all anno per fronteggiare gli oltre 14 miliardi di investimenti annui programmati come sopra ricordato, lasciando ampi spazi per una politica di dividendi generosa ma sostenibile. Scenario costruito sulla base di un rapporto di cambio euro dollaro fissato a 1,3 e un prezzo del petrolio a 90 dollari a barile nel rispetto di quella prudenza che storicamente contraddistingue il colosso milanese; valori in linea con le medie prudenti degli analisti delle case internazionali più rinomate. È doveroso ricordare al riguardo che ogni dollaro in più a barile si traduce in 280 milioni di Ebit aggiuntivo e una crescita di cinque centesimi nel rapporto di cambio euro dollaro genera 600 milioni di Ebit aggiuntivo. Ricordiamo infine che nel 2012 il gruppo ha generato 19 miliardi di Ebit beneficiando di un prezzo medio del barile superiore a 110 dollari e con un rapporto medio euro dollaro di 1,285. E se tali condizioni si ripresenteranno in questo non facile 2013 Eni potrebbe replicare questa performance finanziaria, mentre se teniamo conto di proiezioni basate sullo scenario prudenziale citato, l Ebit 2013 si riposizionerebbe a 12 miliardi con un relativo utile netto di quattro miliardi anziché i 7,4 dello scorso anno. Risultati che comunque permetterebbero al gruppo di rispettare una politica di dividendi generosa e sostenibile annunciata dallo stesso capo azienda in occasione della

presentazione del piano strategico 2013-2016. Stime, queste, chiaramente basate su uno scenario prudente rispetto ai dati reali, se si considera che il prezzo medio progressivo del petrolio rilevato a fine aprile è stato di 110$ a barile, con quotazioni attuali più basse ma comunque superiori ai 100$ a barile, scenario decisamene positivo per il gruppo. Il rapporto medio di cambio euro dollaro progressivo a fine aprile era leggermente sfavorevole e pari a 1,32. Resta invece incerto il momento in cui scatterà l avvio del buy back sul 10% del capitale deliberato recentemente dai soci poiché l operazione prenderà il via dopo l estate al verificarsi di due condizioni: prezzo del petrolio superiore ai 90 dollari a barile e successo nell esecution del piano anche in termini temporali e quindi dei rispettivi target. Ma procediamo con ordine ricordando che Eni, come sottolineano a San Donato, al quartier generale del colosso milanese, ha assunto un nuovo volto a seguito delle citate dismissione di Snam e Galp; un nuovo profilo di business in cui l area dell esplorazione e produzione ha assunto un ruolo centrale. E la maggiore focalizzazione sulle attività di E&P arriva proprio nel momento in cui le opportunità di crescita nel settore si sono moltiplicate in seguito agli straordinari successi esplorativi ottenuti negli ultimi anni come ricordato. Più in particolare, puntualizza Scaroni sull argomento, negli ultimi 5 anni abbiamo scoperto circa 7,5 miliardi di Boe di nuove risorse, più del doppio rispetto alla produzione cumulata nel periodo pari a 3,2 miliardi di boe. E questo risultato aggiunge il Ceo - non è dovuto soltanto alla scoperta di gas in Mozambico, la più grande della nostra storia e una tra le più grandi dell industria poiché, anche escludendo il Mozambico, le scoperte effettuate nel 2012 sarebbero state in linea con i risultati esplorativi record degli ultimi 4 anni, pari a circa 1 miliardo di boe in media all anno. Risultati che premiano gli investimenti effettuati e che qualificano le attività di esplorazione e produzione quali motore della nostra crescita. Nei prossimi quattro anni prosegue il Ceo di Eni - aumenteremo la nostra produzione di oltre il 4% in media all anno con incrementi superiori nel 2014 e 2015 grazie a Kashagan e all avvio di altri progetti come Goliat in Norvegia, Perla in Venezuela, e West Hub in Angola.

È doveroso inoltre ricordare che, come specifica Scaroni, il significativo numero di progetti che avvieremo nei prossimi 24 mesi ed i successi esplorativi record che abbiamo ottenuto negli ultimi anni ci porteranno ad un decennio di forte crescita. Entro il 2022 la produzione di Eni raggiungerà 2,5 milioni di barili di olio equivalente al giorno (boe/giorno) attraverso quegli 1,3 milioni di barili aggiuntivi che, oltre a rimpiazzare il declino delle attuali produzioni,rappresentano un tasso di crescita tra il 2016 ed il 2022 di oltre il 3% medio annuo. Buone notizie anche sul fronte reddituale poiché, puntualizza Scaroni, la nuova produzione ci consentirà ritorni significativi a pressoché tutti gli scenari di prezzo del petrolio. Questo perché le nostre risorse derivano da scoperte esplorative organiche, con costi di sviluppo bassi grazie alla prevalenza di scoperte e grandi progetti convenzionali. E le prospettive di crescita risultano supportate anche dallo stato dei progetti in corso poiché abbiamo già preso la decisione finale di investimento per il 65% della nuova produzione fino al 2016 e puntiamo ad accrescere questa percentuale al 90% entro la fine dell anno, mentre circa la metà della nuova produzione che Eni otterrà al 2016 deriva da progetti che la società avvierà tra quest anno e il prossimo. Da rilevare inoltre che l 80% di questa nuova produzione proviene da progetti facili, relativi cioè ad aree on-shore o in acque non profonde. Buone prospettive si delinano pure nel settore Gas & Power ove noi, ricorda il Ceo di Eni, stiamo lavorando per ottenere profitti sostenibili anche con l attuale scenario di mercato caratterizzato dalla prevalenza dei prezzi determinati presso gli hub. Questo in quanto noi attueremo rapide rinegoziazioni dei nostri contratti a lungo termine, focalizzandoci sulle aree di attività più solide, come le vendite al retail e il GNL, e adottando un modo completamente nuovo di rapportarci con i nostri grandi clienti industriali. Da rilevare al riguardo che negli ultimi anni il settore G&P è stato caratterizzato da una serie di effetti negativi. Primo, una rapida crescita dei prezzi del petrolio. Questo di per sé, ricordano all Eni, non è un dato negativo poiché ha consentito alla divisione E&P di ottenere ingenti ritorni negli ultimi tre anni. Ma la divisione G&P ha sofferto poiché acquista buona parte del gas

attraverso contratti di lungo termine legati al prezzo del greggio (oil-linked). E questo fattore si è tradotto in una crescita dei costi di approvvigionamento, solo parzialmente riassorbiti dalle rinegoziazioni contrattuali che Eni ha concluso fino a oggi. La recessione ha poi determinato un calo dei consumi del 15% nell Unione Europea tra il 2008 e il 2012, quando si è realizzato un calo nella domanda di oltre 80 miliardi di metri cubi. Ma le forniture non hanno risposto a questa contrazione e quindi si è determinato un incremento della disponibilità di gas su mercati spot che si è sommata alla rigidità dei contratti a lungo termine con il risultato che i prezzi di vendita sono stati soggetti a forti pressioni. E l effetto combinato di questi due trend ha determinato un andamento economico negativo poiché Eni compra gas sulla base dei contratti a lungo termine oil-linked e poi vende ai prezzi spot europei con relative perdite di denaro. Questo effetto, ricorda Scaroni, ha coinvolto le nostre attività europee di commercializzazione del gas all ingrosso, anche se i risultati complessivi sono comunque stati supportati dalle attività legate al GNL, dalle vendite al retail, dal nostro business di trasporto e distribuzione internazionale e, sia pur con un contributo modesto in uno scenario di mercato che rimane difficile, dalle nostre attività elettriche integrate. Nel 2013 e nel 2014 Eni si aspetta inoltre una pressione ancora maggiore sui margini, specialmente in Italia, dove i nuovi contratti si sono rapidamente allineati con gli hub europei. Ed è proprio in questo contesto che la priorità numero uno è quella di rinegoziare i contratti con i fornitori su tre temi: quantità, prezzo e scadenza delle rinegoziazioni. Buone notizie invece dal settore delle vendite al retail di gas ed elettricità, che continuerà a essere positivo e noi stiamo crescendo in Italia ed in Europa con l obiettivo di un incremento di 3 milioni di clienti per raggiungere i 14 milioni entro il 2016. Ma c è pure altro poiché, come precisa il cfo di Eni, Massimo Mondazzi, ci aspettiamo che la divisione G&P possa raggiungere circa 1,5 miliardi di euro di ebidta proforma adjusted quando lo scenario europeo si sarà stabilizzato e gli effetti delle rinegoziazioni saranno recepiti nei nostri risultati. Un altra area di forte attenzione è rappresentata dalle attività di Refining & Marketing e dalla chimica di Versalis.

Due aree che hanno rappresentato un freno per i risultati complessivi della società anche se, come puntualizza Mondazzi, ci aspettiamo un significativo miglioramento per entrambe nel periodo di piano anche in assenza di un miglioramento dei rispettivi scenari di mercato, ma essenzialmente merito tagli ai costi, azioni di razionalizzazione e, nel caso di Versalis, una rifocalizzazione su segmenti maggiormente redditizi. Un argomento sul quale Scaroni ricorda che il nostro business Refining & Marketing nel 2012 ha compiuto notevoli progressi, grazie a un miglioramento dello scenario di mercato e ad alcune misure che abbiamo adottato. A fronte di una drastica riduzione della domanda 2012 (circa 10% in Italia e 3% in Europa) il settore ha infatti avviato una razionalizzazione della capacità complessiva di raffinazione poiché dal 2009 in Europa hanno chiuso 11 raffinerie, per una capacità complessiva di 1,4 milioni di boe al giorno, e altri 15 imppianti potrebbero chiudere negli anni a venire. Noi inoltre, prosegue il capo azienda, ci siamo posti l obiettivo di un ritorno alla redditività anche senza miglioramenti dell attuale scenario di mercato, per il quale crediamo comunque ci possa essere spazio per un cauto ottimismo. Più nello specifico l Eni ha annunciato lo scorso anno un programma di efficientamento e ottimizzazione per 550 milioni di euro, buona parte del quale dedicato alla raffinazione. E nel corso del 2012 abbiamo raggiunto circa 150 milioni di euro, in larga parte grazie a risparmi energetici e riduzione dei costi di lavoro e logistica. E noi, aggiunge il cfo Mondazzi sull argomento, continueremo il programma che abbiamo annunciato per i rimanenti 400 milioni di euro soprattutto attraverso lo start up del progetto EST e ulteriori risparmi. Abbiamo poi individuato altri miglioramenti dalla conversione della raffineria di Venezia in green refinery, tagliando il 10% della nostra capacità di raffinazione complessiva e sfruttando la nostra tecnologia proprietaria eco-fining. Progressi sono infine attesi pure nell area marketing. In sostanza, al medesimo scenario del 2012, Eni si aspetta che il business R&M raggiunga il break even entro il 2014 e che possa realizzare circa 200 milioni di euro di ebit entro il 2016, con ulteriore possibilità di crescita derivante dal potenziale miglioramento dei margini di raffinazione di riferimento. Il 2012 puntualizza Scaroni - è stato un anno molto negativo per il settore petrolchimico europeo e per fare fronte al peggioramento delle condizioni di mercato abbiamo accresciuto i nostri sforzi nel piano di conversione lanciato lo scorso anno. Il vecchio piano,

prosegue il capo azienda, prevedeva oltre 400 milioni di euro di miglioramento dell Ebit entro il 2015 a scenario costante, in seguito a riduzioni dei costi, alla rifocalizzazione delle attività su aree specifiche alternative alla chimica di base e all ingresso nei mercati asiatici in forte crescita. Il nuovo piano, aggiunge Scaroni, prevede 500 milioni di euro di miglioramento dell Ebit entro il 2016, a scenario costante, con sforzi maggiormente incisivi nell ambito della razionalizzazione. E questo in aggiunta ai 60 milioni di risparmi che la società ha già conseguito soprattutto in seguito alla chiusura degli impianti di Porto Torres. Versalis si aspetta così di raggiungere il breakeven entro la fine del periodo di piano, anche nell ambito di uno scenario estremamente negativo come quello del 2012. La società, in particolare, conta di compiere importanti progressi nel 2013 attraverso la chiusura dell impianto di polietilene e la riduzione della capacità del cracker a vapore di Priolo, oltreché l avvio dei primi due impianti chimici verdi a Porto Torres. E se non subentreranno altre sorprese, completa Mondazzi, alla fine del piano di conversione (2017-2018) ci aspettiamo un Ebit positivo di circa 300 milioni di euro, incluso il contributo proforma delle nostre joint ventures. Versalis ha inoltre posto le basi per la rifocalizzazione delle proprie attività grazie ad accordi nell ambito della biochimica e attraverso importanti joint venture in Corea del Sud e Malesia. Buone notizie giungono anche dall analisi strutturale poiché, come sottolinea Scaroni, nel 2012 abbiamo realizzato oltre 19 miliardi di euro attraverso le dismissioni, tra valore delle azioni e deconsolidamento del debito. E noi, prosegue il capo azienda, continueremo a mantenere un approccio pragmatico in relazione al nostro portafoglio di business e di asset con l obiettivo di massimizzare il valore delle nostre componenti non core e ottimizzare il grande portafoglio di risorse E&P che abbiamo costruito attraverso le nostre attività esplorative. Ma c è pure altro poichè, completa Mondazzi sull argomento, le nostre prospettive di crescita sono supportate da una struttura finanziaria rinforzata, con un debito netto alla fine del 2012 dimezzato rispetto all anno precedente e un leverage a 0,25. Posizione finanziaria forte e coerente con il nostro nuovo profilo di business, maggiormente focalizzato sull esplorazione e produzione. E in prospettiva noi ci aspettiamo di mantenere il leverage tra il 10% e il 30%, utilizzando questa flessibilità per assorbire le fluttuazioni dei prezzi del petrolio, degli scenari di mercato di riferimento e dei risultati stessi.

Il cfo ricorda inoltre che Eni, oltre a un debito netto ridotto, dispone anche di una posizione più forte in termini di liquidità e l obiettivo del gruppo nello scenario di mercato attuale è di mantenere cash ed equivalenti per coprire circa due anni di necessità di rifinanziamento, assicurandosi una sufficiente indipendenza dai sistemi di credito e bancario. Nei prossimi quattro anni, prosegue Mondazzi, investiremo 57 miliardi di euro per garantirci la nostra crescita ed escludendo l effetto del rafforzamento del dollaro, la cifra indicata è superiore di circa 1,6 miliardi di dollari, meno del tre per cento, ed è prevalentemente legata alle crescenti opportunità di crescita in ambito E&P. Un piano di investimenti che sarà finanziato dalla forte generazione di cassa in quanto le nostre previsioni indicano un cash flow stabile a circa 20 miliardi di euro all anno nel periodo di piano. Le attività operative supporteranno un cash flow crescente nei prossimi 4 anni, sostenuto dalla produzione in aumento in ambito E&P e dalla graduale ripresa dei business mid e downstream, soprattutto in ambito G&P. Le dismissioni delle quote rimanenti in Snam e Galp e alcune operazioni di ribilanciamento del portafoglio E&P potranno portare a Eni circa 10 miliardi di euro di cash flow addizionale, di cui oltre la metà già completate. Il piano inoltre non include ulteriori potenziali incrementi derivanti dall aumento dei prezzi del petrolio e ciò non è di poco conto poiché le stime di sensitivity indicano 120 milioni di euro di cash flow per ogni dollaro addizionale sul prezzo del Brent. Una serie di iniziative merito le quali la nuova Eni, grazie alla sua solidità patrimoniale ed alle sue prospettive di crescita e di creazione di valore, è in grado di offrire ai propri azionisti una remunerazione ancora più favorevole rispetto al passato. Concetto riproposto anche recentemente dallo stesso amministratore delegato Scaroni, che sull argomento ha dichiarato: Eni remunererà i propri azionisti attraverso una politica di dividendi progressiva e un nuovo piano di buy-back. Il dividendo crescerà nel tempo riflettendo i guadagni della società e la crescita del cash flow, tenendo conto delle necessità di investimento e della posizione finanziaria complessiva. Secondo questa politica e sulla base delle nostre previsioni, di scenario e di risultati, sarà proposto al consiglio un dividendo per il 2013 di 1,10 euro per azione, in crescita di circa il 2% rispetto al 2012.

Ma come detto c è pure altro poiché oltre alla crescita del dividendo, l azionista Eni potrebbe beneficiare anche del nuovo programma di buyback, autorizzato per un massimo aumentare di circa sei miliardi. Un programma che sarà attivato a discrezione del management e al verificarsi di alcune condizioni, che includono un leverage adeguato tra il 10% e il 30% (0,24 alla fine del primo trimestre) e una piena copertura del capex e dei dividendi nell ambito del periodo di piano. Giuseppe Recchi, presidente del... Organigramma gruppo Eni Struttura vertice gruppo Eni Stato patrimoniale e grado di... Conto economico e indici per azione...

Dati storici Eni Analisti - Il buy è dominante grazie alla crescita sostenibile e al dividendo generoso Equita è passata da hold a buy a metà marzo, quando ha aumentato il target price da 20,5 a 22 euro in quanto abbiamo apprezzato e incorporato i contributi del nuovo piano strategico illustrato al mercato il 14 marzo. Siamo diventati positivi in quanto, completa l analista, la visibilità sui target di produzione di idrocarburi è molto elevata e credibile, mentre la remunerazione dell azionista resterà elevata, oggi vicina al 6% in termini di yield anche se potrebbero aggiungersi altri due punti percentuali dal possibile lancio del buy-back fino al 10% del capitale. Il tutto in presenza di una qualità degli asset molto elevata e con bassa esposizione alle produzioni non convenzionali. Intermonte è passata da outperform a neutral a metà aprile, prima dei risultati trimestrali, quando ha ridotto il prezzo obiettivo da 22 a 19 euro perché ci attendevamo un trimestre debole con una produzione di idrocarburi penalizzata da eventi non ricorrenti in alcune aree del mondo. Oggi restiamo cauti perché, completa l analista, non vediamo spazi di up-side sui nostri target, mentre un eventuale ulteriore pressione sui prezzi delle commodity, quale il petrolio, potrebbe portare ad una revisione al ribasso delle stime di consensus anche perché su tutte le attività downstream i margini dovrebbero restare sotto tensione anche nei prossimi trimestri riproducendo così uno scenario complesso e caratterizzato da una bassa generazione di cassa da queste attività.

Banca Akros rilancia il buy con target a 22,5 euro perché resta sottovalutata rispetto ai principali competitor europei e presenta un ottimo profilo di crescita nella produzione di idrocarburi, con una struttura finanziaria più che solida e poco levereggiata accanto ad una generosa e sostenibile politica di remunerazione degli azionisti. Banca Imi conferma l add con prezzo obiettivo aumentato a 20 euro dopo la presentazione del piano perché resta sottovalutata sui fondamentali considerando le attese di crescita nella produzione di idrocarburi nei prossimi anni e quel progressivo aumento nelle riserve che garantisce potenzialità di sviluppo ben oltre l orizzonte del piano. Siamo positivi anche perché, completa l analista, la struttura patrimoniale si è confermata decisamente solida e quindi sussistono le condizioni per una politica di dividendi generosa e sostenibile anche senza considerare il buy-back. Mediobanca ripropone l outperform con prezzo obiettivo a 22,2 euro perché resta sottovalutata e presenta un up-side potenziale importante considerando che Eni garantisce una crescita nella produzione di idrocarburi superiore alla media delle oil company europee e che il titolo garantisce un ritorno annuo di circa l 8,5% in termini di dividendo e considerando gli effetti del buy back. Siamo positivi anche perché, completa l analista, permane la possibilità di generare altra cassa dalla cessione di asset non core come Galp per ridurre ulteriormente il debito e aumentare il focus sull attività di esplorazione e produzione di idrocarburi. Goldman Sachs mantiene il buy ma alza il target price da 21 a 22,5 euro perché apprezziamo la crescita attesa sulla produzione di idrocarburi, l aumento del dividend yield e il programma di buyback. Inoltre riteniamo che la cessione a CNPC delle azioni di Eni East Africa valorizzi i traguardi conseguiti nella generazione attraverso le esplorazioni degli scorsi anni. Nomura conferma il buy e fissa il target price a 19 euro in quanto apprezziamo la cessione delle quote di Snam e Galp, che hanno permesso anche di ridurre l esposizione del gruppo all Italia. Attendiamo poi notizie positive sul fronte del giacimento di Kashagan e in relazione a potenziali ulteriori successi nelle esplorazioni (Africa orientale, Norvegia o Indonesia). Confermiamo il buy anche per la strategia ristrutturazione presentata dal management negli altri business e perché riteniamo Eni una delle migliori oil company globali.

Barclays propone l overweight con target invariato a 21 euro perché la strategia presentata da Eni è in linea con le nostre aspettative e conferma le solide prospettive di crescita nella produzione, accanto ad una politica di dividendi generosa. Apprezziamo inoltre la cessione a CNPC del 20% di azioni nell area 4 in Mozambico, mentre rimaniamo incerti sull esposizione ai mercati del Nord Africa, sull avvio del programma di buy back e sull aliquota fiscale, dimostratasi superiore alle nostre previsioni. Jefferies mantene il buy e alza il prezzo obiettivo da 20 a 22 euro per incorporare il successo esplorativo registrato in Mozambico, mentre ci attendiamo per il 2013 un consolidamento dei risultati e un ulteriore aumento della produzione. Deutsche Bank ripropone il buy ed alza il target da 19,5 a 21 euro perché riteniamo che la cessione a CNPC del 20% delle quote nell area 4 in Mozambico consenta al gruppo di acquisire un partner in grado di rafforzare la sua posizione commerciale nell area oltreché permettere una ulteriore riduzione dei debiti. E questo mentre ci attendiamo ulteriori sviluppi anche grazie agli importanti successi esplorativi finora realizzati. Morgan Stanley passa da hold a buy e alza il prezzo obiettivo da 19 a 20,2 euro per le positive attese di crescita nella produzione e nella generazione di cassa che dovrebbero consentire una generosa politica di dividendi. Riteniamo attraente il titolo anche merito la solidità dei fondamentali e gli ulteriori sviluppi nell esplorazione. Borsa - Il titolo sovraperforma sostenuto dai fondamentali Eni si mantiene in prossimità dei 18,5 euro dopo aver chiuso la settimana con un progresso dello 0,7% a 18,59 euro venerdì 10 maggio. Valori che portano all 1,93% la crescita cumulata in una settimana, mentre il confronto ad un mese evidenzia una performance al di sopra del 5 per cento. Il segno meno compare però nel confronto a tre mesi con un -0,16 per cento, anche se poi la performance torna positiva sui sei mesi (+6,28%) e il trend è ancora più evidente sui 12 mesi poiché il guadagno si fissa all 11,74 per cento. Il tutto in presenza di una elevata volatilità poiché nel 2013 il massimo è stato segnato il 18 gennaio a 19,5 euro alla fine della corsa scattata a settembre in presenza di uno dei minimi degli ultimi cinque anni e cioè 12,17 euro. Una vetta,

quella di metà gennaio, a cui è subentrato un brusco ridimensionamento poiché i prezzi sono scivolati sino al minimo del 2013 registrato il 28 febbraio a 16,96 euro. Una serie di saliscendi che hanno caratterizzato la storia borsistica degli ultimi cinque anni poiché il massimo è stato segnato il 22 maggio del 2008 a quota 26,38 euro prima di crollare sino ai 13,97 euro del 16 ottobre; cinque mesi corso dei quali i prezzi si sono di fatto dimezzati prima di risalire a 19,36 euro di inizio novembre e poi ricrollare a 12,46 euro il 9 marzo 2009, uno dei tanti giorni neri succeditesi dopo la crisi dei mutui sub-primi americani esplosa nella tarda primavera del 2007. Da allora sono trascorsi sei anni ma i mercati europei e quello italiano in particolare, non hanno ancora recuperato i valori del passato anche se alcuni titoli, come Eni, ha riguadagnato molta strada pur restando lontano dai massimi citati di quasi il 30 per cento. Una dinamica su cui si riflette pure l esposizione ai cicli macro del colosso energetico nazionale, che, come sottolineano in coro gli analisti, resta sovraesposto pure all andamento del prezzo del petrolio, a sua volta esposto ai cicli macro, e ai rapporti di cambio euro dollaro (vedere servizi in pagina). Nonostante ciò, comunque, e merito anche i fondamentali, considerati decisamente interessanti da molti analisti, il titolo ha sovraperformato nell ultimo biennio e oggi la società è apprezzata dagli investitori tanto che oltre il 60% degli analisti che segue il titolo consiglia di acquistare, solo due suggeriscono di vendere e meno del 35% inbdica di mantenere il titolo in portafoglio proprio perché pongono sotto la lente i temi congiunturali, gli sfidanti target della produzione di idrocarburi e la dinamica degli altri business del gruppo (vedere servizi collegati). Andamento titolo 12 mesi gruppo Eni Andamento titolo 24 mesi gruppo Eni

Criticità - Dall incertezza sui prezzi del petrolio al rischio cambi L esposizione al prezzo del petrolio resta elevata e così anche quella inerente il rapporto di cambio euro dollaro, mentre criticità potrebbero emergere nell esecuzione di un piano considerato molto sfidante anche perché è aumentata la presenza in aree esposte a rischi geo-politici. Da rilevare inoltre che, come sottolineano gli analisti, ben oltre il 90% dei profitti giunge dalla divisione E&P, che rappresenta il 54% del capitale investito, mentre le restanti tre aree (G&P, R&M e chimica) vivono un periodo di tensione sui margini per una pluralità di fattori, non ultimo lo scenario macro sconfortante per molti Paesi quali il nostro. Ci sono poi i temi giuridici connessi alle accuse emerse in sede internazionale su alcune commesse di collegate e le polemiche che periodicamente interessano le relazioni privilegiate costruite nel tempo sia in Russia che in alcuni Paesi Mediterranei quali la Libia. Ma forse il tema che più scalda gli animi dei cultori della materia è rappresentato dalla debolezza in cui versa una delle poche realtà multinazionali del nostro Paese. Una realtà con forti e radicata presenza internazionale, la cui strategia soffre però della sostanziale assenza di un sistema Paese e di uno Stato forte in grado di accompagnarla lungo un percorso di sviluppo più impegnativo, magari inserendo nelle strategie partnership globali per costruire un operatore in grado di competere ad armi pari e più equilibrato anche come presenza geografica.

Claudio Descalzi descrive la crescita di Eni nell esplorazione e produzione di idrocarburi Dopo la dismissione delle quote in Snam e Galp, Eni ha assunto un volto nuovo, un nuovo profilo di business in cui l area dell esplorazione e produzione (E&P) assume un ruolo centrale. La maggiore focalizzazione sulle attività di E&P arriva proprio nel momento in cui le opportunità di crescita nel settore si sono moltiplicate in seguito agli straordinari successi esplorativi ottenuti da Eni negli ultimi anni. Siamo entusiasti per i successi raggiunti in questi anni, dichiara Claudio Descalzi, il direttore generale della divisione E&P di Eni, oltreché per l evoluzione del nostro business upstream: mai come adesso siamo stati così forti in termini di posizione di crescita nel lungo termine. Nei prossimi quattro anni, ipotizzando un prezzo del greggio di 90 dollari a barile, Eni incrementerà la propria produzione di oltre il 4% in media all anno, e successivamente continuerà a crescere con un tasso di crescita di oltre il 3% medio annuo fino al 2022. La crescita, commenta Descalzi, deriverà innanzitutto dalla trasformazione delle risorse che abbiamo scoperto in riserve e poi in produzione, con un time to market più breve possibile. È doveroso inoltre ricordare, prosegue il direttore generale E&P, che negli ultimi cinque anni Eni ha scoperto circa 7,5 miliardi di boe di nuove risorse, più del doppio rispetto alla produzione cumulata nel periodo pari a 3,2 miliardi di boe. Solo nel 2012, Eni ha scoperto 3,6 miliardi di barili di risorse, con un costo unitario di esplorazione di 60 centesimi al barile. Oltre alla storica scoperta del Mozambico, l anno scorso abbiamo ottenuto importanti successi esplorativi nel Mare di Barents, in Ghana, Congo e Angola, con un incremento delle risorse complessive del 7,5% rispetto all anno precedente.

Il primo passo per ottenere un veloce time to market, afferma Descalzi, è la rapidità nel definire e approvare i progetti di sviluppo. Concentrandoci su una rapida approvazione dei nostri progetti di sviluppo, raggiungeremo un tasso medio di rimpiazzo delle riserve di oltre il 130% sui prossimi quattro anni, a uno scenario di 90$ al barile, e ciò significa che saremo in grado di mettere in produzione in meno di 8 anni il 90% delle scoperte recentemente effettuate. Oltre che dai progetti maggiori, trarremo beneficio da una serie di progetti contigui a campi già in produzione, che possono essere messi in linea in tempi rapidi, come avvenuto recentemente in Egitto e Pakistan. Nei prossimi quattro anni, continua Descalzi, i nostri nuovi progetti contribuiranno per oltre 700 mila barili al giorno di produzione. Il 65% di questa nuova produzione deriva da progetti già autorizzati, e questa percentuale salirà al 90% entro l anno. In particolare l 80% della nuova produzione arriverà da progetti di grandi dimensioni, cosiddetti giant e il 40% proverrà da fasi di sviluppo addizionali su giacimenti già in produzione. Buona parte dei nostri nuovi progetti sono situati nei nostri hub di sviluppo, cioè in aree dove possiamo trarre vantaggi in termini di conoscenza geologica e di economie di scala sull operatività. Una crescita che beneficerà inoltre, sottolinea Descalzi, della nostra buona diversificazione geografica della produzione e del fatto che entro 10 anni, Eni sarà operatore (vale a dire società guida delle joint venture dedicate alle attività sui singoli progetti, ndr) di almeno l 80% della propria produzione complessiva. Il 2013 e il 2014 saranno cruciali per la nostra strategia di crescita, puntualizza il direttore generale E&P, in quanto metteremo in produzione 15 importanti progetti che ci daranno 450 mila barili al giorno di nuova produzione entro la fine del periodo di piano, il 60% del nostro obiettivo. Si tratta di progetti situati in Algeria, Libia, Nigeria, Angola, Stati Uniti, Venezuela, Norvegia, UK, Federazione Russa e Kazakhstan. A tutto ciò si aggiunge il fatto che negli ultimi due anni di piano, inoltre, prevediamo di avviare la produzione in altri 11 progetti significativi, che aggiungeranno ulteriori 150 mila barili al giorno di nuova produzione entro il 2016, cinque di questi progetti sono già stati approvati, gli altri lo saranno entro la fine del 2014.

Nel lungo termine, commenta Descalzi, il Mozambico sarà un pilastro per la nostra crescita. Abbiamo infatti comunicato la conclusione della campagna di delineazione delle ingenti scoperte di gas effettuate nella cosiddetta Area 4: i risultati del nono pozzo perforato, il Mamba Sud 3, si sono rivelati superiori alle aspettative e hanno consentito di rivalutare le stime delle risorse scoperte nel complesso di Mamba e di Coral a 2.650 miliardi di metri cubi di gas in posto. Ora stiamo finalizzando i piani di sviluppo delle risorse di gas naturale scoperte nell area. Il programma prevede la perforazione di un nuovo pozzo esplorativo (Agulha 1) nella parte meridionale dell Area 4 che consentirà di valutare il potenziale di idrocarburi di zone esplorative più profonde fino ad ora non perforate. Altri due pilastri fondamentali per il nostro futuro saranno gli importanti progetti che stiamo sviluppando nel Mare di Barents e in Indonesia. Per quanto riguarda l esplorazione, definisce Descalzi, ci aspettiamo di mantenere l ottima performance degli ultimi anni. Concentreremo i nostri sforzi esplorativi prevalentemente nella Federazione Russa, nel Golfo del Messico e nell area Asia-Pacifico, mentre nel Nord Africa, in Pakistan e Congo si focalizzerà sull esplorazione di aree limitrofe ai propri giacimenti. Perforeremo oltre 230 pozzi esplorativi nei prossimi quattro anni, e confermiamo il nostro obiettivo di scoprire in media 1 miliardo di barili all anno di risorse, con un costo medio di 2$ per barile scoperto. Un ulteriore nostra priorità, commenta il direttore generale E&P, è il ringiovanimento del nostro portafoglio esplorativo. Nel 2012 abbiamo aggiunto ai nostri asset oltre 80 mila chilometri quadrati di nuove aree esplorative, soprattutto nel Mare di Barents, nell Africa orientale e in Vietnam. Inoltre, siamo recentemente entrati nel blocco cinese di Rongchang, nel bacino di Sichuan, un area tra quelle a più alto potenziale al mondo in termini di shale gas. La crescita di Eni in E&P, conclude Descalzi, sarà sostenuta da 47 miliardi di euro di investimenti nei prossimi quattro anni, con un incremento del 5,5% rispetto al piano precedente. Gli investimenti nello sviluppo dei progetti saranno geograficamente diversificati e concentrati su quelli a più rapido avvio di produzione: oltre il 75% del Capex, infatti, è relativo ad attività e progetti con avvio di produzione nei quattro anni di piano. Degli investimenti dedicati all esplorazione, il

25% saranno relativi all esplorazione di aree di frontiera, il 45% si concentreranno su aree dal potenziale provato e il 30% su attività condotte su aree limitrofe ai giacimenti Eni. Marco Alverà illustra le opportunità di crescita del gruppo Eni nel gas Negli ultimi anni il mercato del gas si è modificato considerevolmente. Siamo passati da una situazione di scarsità, in cui tutti cercavano di portare in Europa più gas possibile e di estendere i contratti take or pay, a una situazione di eccesso di offerta dovuta allo shale gas americano e al crollo dei consumi. In questo contesto stiamo operando per migliorare la nostra posizione e porre le basi per una crescita solida nel lungo termine, spiega Marco Alverà, direttore optimisation & trading di Eni. È doveroso ricordare, specifica Alverà, che la domanda di gas in Unione Europea tra il 2008 e il 2012 è calata del 15 per cento, con consumi in flessione di oltre 80 miliardi di metri cubi. Le forniture non hanno risposto a questa contrazione con un conseguente incremento della disponibilità di gas su mercati spot che si somma alla rigidità dei contratti a lungo termine. Il risultato è che i prezzi di vendita sono stati soggetti a forti pressioni. A tutto questo bisogna aggiungere la rapida crescita dei prezzi del petrolio che per gli operatori tradizionali europei, che acquistano buona parte del gas attraverso contratti di lungo termine legati al prezzo del greggio (oil-linked), si traduce in una crescita dei costi di approvvigionamento.nel 2013, dichiara il direttore optimisation & trading di Eni, stiamo assistendo a un ulteriore peggioramento dello scenario, soprattutto in Italia, legato al declino della produzione industriale e all aumento dell utilizzo del carbone e delle rinnovabili nel settore elettrico oltreché al fatto che l offerta di gas non si sta allineando con il calo della domanda a causa dei volumi di gas che entrano nel nostro Paese con i contratti take or pay.

Negli ultimi 10 anni, prosegue Alverà, la capacità di importazione di gas in Italia è costantemente aumentata. Si è passati da 84 miliardi di metri cubi nel 2002 a oltre 120 miliardi di metri cubi nel 2012, mentre la domanda si è ridotta da 84,9 miliardi di metri cubi del 2008 a 72 miliardi di metri cubi attesi a fine 2013. In particolare - aggiunge - a causa della mancanza di capacità di esportazione di cui soffre l Italia, il gas una volta entrato non può uscire. Questa condizione strutturale comporta tra l altro la marginalizzazione del mercato italiano rispetto a quello europeo e globale, con possibili conseguenze future sullo sviluppo delle infrastrutture necessarie al buon funzionamento del mercato. Il risultato è che il mercato italiano vive una situazione di eccesso di offerta e questo si riflette nella forte caduta dei prezzi del gas presso i nostri hub di compravendita del gas a livelli ancor più bassi di quelli degli hub nordeuropei. E questi prezzi sono decisamente più bassi dei costi di approvvigionamento che gli operatori sostengono nell ambito dei contratti take or pay a lungo termine. In questo difficile contesto quale quello appena descritto, continuano alla sede romana, stiamo operando su due fronti: la riduzione dei costi di approvvigionamento e l ulteriore miglioramento dell offerta commerciale. La priorità per Eni è rinegoziare i contratti gas e siamo impegnati a rinegoziare i contratti a lungo termine con tutti i nostri maggiori fornitori. Un opportunità da cogliere per riposizionarci al meglio in questo nuovo contesto. L obiettivo, precisa Alverà, consiste nell allineare i costi di approvvigionamento previsti nei contratti take or pay con i prezzi degli hub e ridurre i volumi minimi contrattuali del gas da ritirare per aumentare la flessibilità del nostro portafoglio e far fronte alla volatilità della domanda. Siamo ottimisti sul raggiungimento di questi risultati, considerando lo stato attuale delle nostre negoziazioni ci aspettiamo di compiere significativi progressi già nel 2013. Il secondo pilastro della nostra strategia, seguita il direttore optimisation & trading di Eni che non può prescindere naturalmente dall esito positivo delle rinegoziazioni, è rendere la nostra offerta commerciale sempre più competitiva. Questo significa offrire ai nostri clienti non più solo la fornitura di una commodity ma anche servizi di logistica, risk management e trading. È proprio attraverso un offerta più sofisticata che il midstreamer riuscirà in queste condizioni di mercato a trovare il suo ruolo tra il produttore e il consumatore. Questo significa anche sviluppare competenze e processi interni in grado di gestire la crescente complessità di questo mercato.

È doveroso inoltre ricordare che, precisa Alverà, "a livello di mercato, gli elementi positivi non mancano: l eliminazione graduale del nucleare in Giappone, Taiwan e in alcuni paesi europei, il costante incremento delle importazioni di GNL in India, Sud America, Medio Oriente e Cina, una sempre più rapida decrescita della produzione in Europa e l aumento significativo del consumo di gas in Africa. Fattori che potrebbero comportare un miglioramento dello scenario, considerando che in Europa non abbiamo più significative capacità di scorta. E c è un ulteriore fattore che potrebbe poi rafforzare le prospettive del mercato del gas, una politica ambientale e di abbattimento della CO2, anche se in questo momento l espansione del carbone nel settore termoelettrico va nella direzione opposta a causa del basso prezzo del carbone che arriva dagli Stati Uniti. Il settore del GNL, in particolare, si sofferma Alverà, ci sta portando risultati positivi e continuerà a farlo in futuro. Il mercato globale del gas si è regionalizzato in tre macro aree, Stati Uniti, Europa e Asia, dove il livello dei prezzi è totalmente disallineato. Il GNL, al contrario del trasporto via gasdotto che è molto più vincolato a livello geografico, consente di spostare il gas da un mercato all altro, da aree a più basso prezzo ad aree con prezzi più elevati e di ottenere risultati significativi. Consideriamo poi la nostra grande scoperta di gas in Mozambico, la più grande della nostra storia. Grazie a questo gas, il cui avvio di produzione è previsto per il 2018 e che andrà prevalentemente verso l Asia via GNL, assumeremo una posizione strategica di grande rilievo nel mercato asiatico, un mercato con consumi in grande crescita che coinvolge Paesi come India, Thailandia, Vietnam, Corea del Sud, Giappone, Taiwan. Per questo stiamo investendo nella crescita del nostro ufficio a Singapore. In sostanza, conclude Alverà, anche se i prossimi due anni saranno caratterizzati da uno scenario ancora complesso e a elevata volatilità, ci sono tutti i presupposti per ripristinare la redditività del nostro business.

Daniele Ferrari annuncia il piano strategico di Versalis: dalla chimica verde all espansione geografica Il 2012 è stato un anno molto negativo nel settore petrolchimico europeo e noi, considerando il peggioramento delle condizioni di mercato, abbiamo accresciuto gli sforzi nel piano di trasformazione lanciato lo scorso anno. Un piano, dichiara Daniele Ferrari, amministratore delegato di Versalis, la società di Eni che opera nella chimica, che prevede l ottimizzazione dei costi, la rifocalizzazione del portafoglio di attività su aree specifiche alternative alla chimica di base e l ingresso nei mercati asiatici e internazionali in forte crescita. Una strategia, prosegue Ferrari, che ci condurrà al break even entro il 2016 e poi al profitto. Passeremo da un Ebit negativo di 500 milioni di euro del 2012 a un positivo di 300 milioni di euro entro il 2017-2018. Nel medesimo periodo di tempo, l Ebitda lascerà il terreno negativo per collocarsi nella media dell industria, questo anche escludendo ogni eventuale miglioramento di scenario rispetto a quello del 2012. Storicamente, ricorda l amministratore delegato di Versalis, la chimica di Eni è stata modellata da eventi e decisioni politiche, più che da precise strategie di business; le attività hanno raggiunto un esposizione eccessiva al trading delle commodities chimiche, che hanno subito un vero e proprio collasso nei margini e si sono eccessivamente focalizzate sull Italia e l Europa occidentale, aree caratterizzate da una domanda stagnante e costi strutturali elevati. Un cambio di strategia era necessario e questo ci offre una grande occasione per sfruttare a pieno i nostri punti di forza. Un opportunità che potremo cogliere, spiega Ferrari, in quanto siamo leader europei nella produzione di elastomeri, settore in cui siamo all avanguardia come tecnologia e innovazione, mentre negli stirenici abbiamo una piena integrazione a monte con la produzione di materie prime

come benzene ed etilene e tecnologie proprietarie avanzate. È doveroso inoltre ricordare che siamo secondi in Europa come produzione di EVA (etilene vinilacetato), prodotto che commercializziamo in svariati segmenti di business; dall agricoltura alle calzature, dalle attrezzature mediche all energia. Abbiamo inoltre forti relazioni commerciali con clienti che operano a livello globale, come Pirelli, Bridgestone e Continental, e questo ci consente di espandere il nostro business a livello mondiale, grazie anche a un eccellente struttura di ricerca e sviluppo. Basti pensare che Versalis ha un portafoglio di circa 400 brevetti. Il piano di conversione sul quale puntiamo - specifica Ferrari - è basato su alcuni fondamenti strategici imprescindibili, primo fra tutti è la risoluzione dei problemi del passato, con la riconversione di alcuni siti ereditati dalla prima fase di espansione della chimica di Eni, come Porto Torres, e di alcune linee di produzione di etilene e polietilene che generano pesanti perdite. Su questo fronte abbiamo un progetto ambizioso che punta a trasformare il sito di Porto Torres nel più grande polo di chimica verde al mondo per la produzione di bio-intermedi, bio-lubrificanti, bioadditivi e bio-plastiche, con un investimento di 500 milioni, aggiuntivi agli investimenti di Piano. Il piano industriale prevede la realizzazione, in tre fasi, di sette impianti produttivi e laboratori R&D nell'arco dei prossimi cinque anni. Il tutto attivando un circolo virtuoso in base al quale entro il 2013 si potranno contare 120 addetti specializzati per poi gradualmente arrivare a 600 dipendenti, a cui si aggiungeranno 50 assunzioni di tecnici super qualificati nel centro di ricerche. La chimica verde, specifica il capo azienda, rappresenta oggi un evoluzione del business tradizionale che prospetta una crescita elevata. Più tradizionale ma non meno innovativo il programma di trasformazione del sito di Priolo, racconta l amministratore delegato di Versalis, che sarà avviato nella seconda metà dell'anno e che prevede un investimento complessivo di 400 milioni di euro per il riassetto dell impianto di cracking e la fermata dell impianto di polietilene. La nuova produzione riguarda una tipologia innovativa di resine adesive e di sigillanti, con l obiettivo di raggiungere una maggiore efficienza e realizzare un prodotto integrato nel portafoglio elastomeri, business di punta della società. Priolo rappresenta un modello anche dal punto di vista delle relazioni sindacali, grazie all'intelligenza e alla lungimiranza delle organizzazioni con le quali è stato possibile il raggiungimento di un accordo storico che