Como, 12 Novembre 2013 L'evoluzione dei Disturbi Specifici di Apprendimento Dall'età evolutiva al giovane adulto Dr.ssa Ilaria Marelli Medico Specialista in Neuropsichiatria Infantile
Dislessia dalla scuola primaria in poi: COSA SUCCEDE?
Dislessia dalla scuola primaria in poi: COSA SUCCEDE? Il Prof. Giacomo Stella parla del PARADOSSO del dislessico: LA CAPACITA' DI LETTURA MIGLIORA MA I PROBLEMI SCOLASTICI AUMENTANO... PERCHE'?!
Obiettivo della serata Capire qualcosa in più
Ma prima facciamo un breve ripasso...
Circuiti cerebrali coinvolti (tratto da Le età della mente di A.Oliverio e A. Oliverio-Ferraris) Le difficoltà di una persona dislessica hanno origine nel suo cervello, nell'emisfero di sinistra, che è congegnato in modo da avere aree specifiche per le diverse funzioni linguistiche: -corteccia LOBO OCCIPITALE (parte) per identificazione delle lettere scritte; -corteccia LOBO TEMPORALE per identificazione del significato delle parole; -corteccia LOBO FRONTALE (parte inferiore) dove si svolgono i processi di tipo fonologico.
Circuiti cerebrali coinvolti (tratto da Le età della mente di A.Oliverio e A. Oliverio-Ferraris) Perciò il deficit è situato nella corteccia frontale inferiore di sinistra, che non è danneggiata ma...
Teorie Scientifiche (da Brain 2003, 16, 841-865; F. Ramus ed altri) Diverse ed ancora molto dibattute sono le teorie per cercare di spiegare la causa della dislessia Tuttavia, seppur qualcuna risulta più riconosciuta delle altre, non c'è ancora certezza ed accordo tra gli studiosi
Teorie Scientifiche (da Brain 2003, 16, 841-865; F. Ramus ed altri) Phonological theory Rapid auditory processing theory Visual theory Cerebellar theory Magnocellular theory
Phonological Theory Deficit specifico di rappresentazione, stoccaggio e recupero dei suoni della lingua Imparare a leggere infatti richiede la consapevolezza della corrispondenza grafema-fonema (cioè la corrispondenza tra le lettere ed i suoni della lingua)
Phonological Theory Infatti le persone dislessiche presentano difficoltà: - nella manipolazione dei suoni (competenze metafonologiche) - nella memoria a breve termine (working memory) - nella capacità di denominazione dove risultano particolarmente lenti
Disturbo NEUROBIOLOGICO La base genetica è ampiamente dimostrata da diversi studi. La concordanza tra gemelli omozigoti è tuttavia del 68%, il che attesta sì l'importanza dei geni MA anche dei fattori socio-culturali ed ambientali. Non esiste il gene della dislessia, perchè le reti neurali implicate sono complesse, ed il loro assetto, strutturale e funzionale, è la risultante dell'interazione di diversi geni con fattori socioambientali.
Disturbo NEUROBIOLOGICO (tratto da Anemnos trimestrale di neuroscienze; relazione La mente del dislessico Prof. Stella) Molti sono gli approcci allo studio dell'apprendimento [...] uno di questi è l'abituazione, che in termini di stato di organizzazione del sistema nervoso si presenta come un'eccitazione sempre meno intensa al ripresentarsi di uno stimolo. L'abituazione alla lettura fa divenire questa quasi una risposta innata. Al normolettore costa poco sforzo perchè è il risultato di un'abituazione a compiere quell'atto, diventato ormai un'azione automatica inevitabile (quando vediamo una parola, non possiamo non leggerla).
Disturbo NEUROBIOLOGICO (tratto da Anemnos trimestrale di neuroscienze; relazione La mente del dislessico Prof. Stella) Per il dislessico non è così.... egli non raggiunge quella che Stella chiama la padronanza comportamentale: cioè anche l'adulto dislessico è incerto, non si sente sicuro. Ciò di cui noi non dubitiamo è della nostra capacità di transcodifica rapida, che è invece ciò di cui dubita il dislessico adulto. Non è quindi padronanza comportamentale vera e propria. A tal riguardo hanno un ruolo importante le reti neurali.
Disturbo NEUROBIOLOGICO Perciò i ragazzi dislessici NON sono... pigri, lazzaroni, distratti (per scelta), intelligenti ma potrebbero dare di più...ecc...
ETEROCRONIA FENOTIPICA (tratto da Dislessia e Università ed. Erickson; articolo di C.Termine, G. Stella et al. Pag. 105-108) Cioè modificazioni del fenotipo clinico con il passare degli anni. Lo studio di numerosi casi familiari ha portato a considerare la dislessia come una condizione eterogenea sia a livello cognitivo che a livello di espressività clinica. La domanda è COME CAMBIANO LE ABILITA' DI LETTURA DI UN SOGGETTO DISLESSICO NEL TEMPO?
ETEROCRONIA FENOTIPICA G. Stella citando Littyinen (studio del 1998) parla di: Dislessia persistente (35% circa) Dislessia compensata (45% circa) Dislessia recuperata (20% circa) Tuttavia sottolinea come anche nei compensati/recuperati siano rilevabili deficit anche se minimi.
DISLESSIA COMPENSATA (tratto da Dislessia e Università ed. Erickson; articolo di C.Termine, G. Stella et al. Pag. 105-108) 1. Persistenza di difficoltà soggettive nella lettura (affaticamento, facile distraibilità durante il compito), aspetti che spesso la valutazione testale in sé per sé non coglie, per cui i punteggi delle prove specifiche possono risultare nei limiti di norma, a parte la lettura di non-parole che appare lenta ed inaccurata (qui fa fede una pregressa diagnosi o storia persistente di difficoltà scolastiche) 2. Persistenza di deficit in ambiti cognitivi correlati alla lettura: abilità metafonologiche e memoria a breve termine
DISLESSIA COMPENSATA (tratto da Dislessia e Università ed. Erickson; articolo di C.Termine, G. Stella et al. Pag. 105-108) 3. I soggetti possono leggere con una discreta fluenza e senza commettere significativi errori (compenso lessicale) 4. Commettono errori nella lettura di parole a bassa frequenza d'uso: non-parole o lessico specialistico 5. Permane il deficit di automatizzazione, non si sviluppa il fenomeno della abituazione prima descritto DI CONSEGUENZA...
DISLESSIA COMPENSATA Conseguenze - Affaticamento ed facile faticabilità in tutti i compiti che richiedono la lettura - Tendenza a sviluppare cefalea e disturbi funzionali (somatizzazioni) - Difficoltà di comprensione del testo scritto e di studio - Facile distraibilità - Difficoltà nelle prove a tempo - Scarsa autostima
DISLESSIA COMPENSATA Conseguenze - Lentezza esecutiva - Non acquisire o acquisire con difficoltà il lessico specifico di alcune discipline - Difficoltà di pianificazione e gestione delle attività da svolgere durante il pomeriggio di studio - Difficoltà nel prendere appunti o compilare il diario
STUDI SCIENTIFICI In uno studio pubblicato di Stella et al. si evidenzia come nei soggetti dislessici di lingua italiana, anche quando raggiungono una adeguata abilità di decodifica, persistano significative difficoltà nelle abilità metafonologiche, nella memoria a breve termine, nei processi automatici, in linea con quanto rilevato anche da studi finlandesi e inglesi
STUDI SCIENTIFICI (tratto da Dislessia Vol.8, n.2, maggio 2011, pp119-134) Studio di Snowling e coll. (1997): confronto di studenti universitari dislessici e normolettori, che differiscono significativamente in test di processamento fonologico (es. lettura di non-parole) Studio di Hanley (1997): studenti dislessici hanno prestazioni peggiori dei controlli in compiti di lettura di non-parole, decisione lessicale, spelling di parole e working memory
STUDI SCIENTIFICI (tratto da Dislessia Vol.8, n.2, maggio 2011, pp119-134) Studio di Hatcher e coll. 2002: studenti universitari del UK più lenti nella lettura di parole e non-parole rispetto al brano; necessitano di più tempo per esami e compiti. Accuratezza migliora Lentezza di decodifica permane Elaborati scritti poco articolati Bassa autostima Incremento del livello di frustrazione
STUDI SCIENTIFICI (tratto da Dislessia Vol.8, n.2, maggio 2011, pp119-134) Studio di Griffiths (2007): ha evidenziato la difficoltà del dislessico ad interpretare subitaneamente il contenuto pragmatico di un messaggio a causa della lentezza nel processamento delle informazioni Testato 20 dislessici adulti e 20 normolettori adulti rilevando differenza statisticamente significativa nella competenza pragmatica tra i due gruppi Conclude per una stretta correlazione tra dislessia ed indebolimento pragmatico
STUDI SCIENTIFICI Conclusioni Se valutiamo diversi soggetti dislessici ci accorgiamo come nel corso del tempo, anche nell'ambito dello stesso soggetto, le manifestazioni del disturbo cambino, nel senso che: L'abilità di decodifica migliora (anche notevolmente in alcuni casi) MA I deficit neuropsicologici di base persistono nel tempo
EVOLUZIONE SPONTANEA L'abilità di lettura ad alta voce mostra un continuo sviluppo sia per accuratezza che per rapidità durante la scuola dell'obbligo: Normolettori: 0.5 sill/sec/anno Dislessici: 0,3 sill/sec/anno (dati di studi di Tressoldi (1996) e Stella e Tintoni (2007) Perciò anche a fronte di evidenti miglioramenti comunque il divario rimane
EVOLUZIONE SPONTANEA
Quali criteri per definire una diagnosi di Dislessia in età adolescenziale e adulta? (tratto da Dislessia, Vol.6, n.2 maggio 2009, pp. 269-279) In lingue ad ortografia regolare (es.italiano) il disturbo si esprime in termini di lentezza (Wimmer 1993; Zoccolotti et al. 1999) Ciò a causa del deficit fonologico che rende la lettura meno automatica (Ramus e coll. 2003; Singleton, Horne e Simmons, 2009) Mentre l'accuratezza migliora con la scolarità e l'esposizione al testo scritto.
Quali criteri per definire una diagnosi di Dislessia in età adolescenziale e adulta? (tratto da Dislessia, Vol.6, n.2 maggio 2009, pp. 269-279) Pertanto in tutti gli studi citati, ed altri ancora più recenti li confermano (vedi nell'articolo Lami et al. 2008), i soggetti dislessici diventati giovani adulti presentano una riduzione del deficit, ma non un suo annullamento, non una remissione totale.
Quali criteri per definire una diagnosi di Dislessia in età adolescenziale e adulta? (tratto da Dislessia, Vol.6, n.2 maggio 2009, pp. 269-279) Il problema diagnostico maggiore si pone per chi arriva in età tardo adolescenziale ed adulta senza mai aver ricevuto diagnosi Infatti gli studiosi si chiedono a quali norme riferirsi, in quanto va tenuto conto delle significative differenze esistenti anche tra tipologie diverse di indirizzi scolastici (es. liceo classico o scuola professionale)
Quali criteri per definire una diagnosi di Dislessia in età adolescenziale e adulta? (tratto da Dislessia, Vol.6, n.2 maggio 2009, pp. 269-279) Tutti gli studiosi suggeriscono di tenere in considerazione come criteri aggiuntivi, oltre alla discrepanza dai valori normativi: - la presenza di una importante limitazione dell'autonomia della lettura prevista per lo studio - le conseguenze cliniche delle difficoltà, non solo sul piano del rendimento scolastico...
QUINDI? TORNANDO AI MOTIVI DEL PARADOSSO PERCHE' SE ALCUNI RIESCONO A COMPENSARE FANNO SEMPRE COMUNQUE FATICA??
Quali i motivi del paradosso? Aumento del carico di lavoro
Quali i motivi del paradosso? -La lettura è sempre più importante per capire ma soprattutto per apprendere -La persona dislessica fatica a passare dall'apprendimento procedurale (subsimbolico, in cui non c'è vera consapevolezza) alla rappresentazione concettuale (simbolica, consapevole), processo complesso che porta a continui arricchimenti e che necessita di reti neurali integre -Spesso la valutazione avviene tramite verifiche scritte che implicano la lettura, oltre che la scrittura
Quali i motivi del paradosso? -La scuola procede con tempi ancora troppo rapidi per le persone con DSA
Quali i motivi del paradosso? -NON DIMENTICHIAMOCI INOLTRE LE IMPLICAZIONI PSICOLOGICHE E COMPORTAMENTALI correlate ai disturbi dell'apprendimento, specifici e non!
IMPLICAZIONI PSICOLOGICHE e COMPORTAMENTALI
IMPLICAZIONI PSICOLOGICHE e COMPORTAMENTALI (tratto da Cap. III, Disturbi Specifici di Apprendimento e formazione tra scuola e Università: Uno sguardo interdisciplinare Valerio P. Pepino A. et al.) Le Linee Guida SINPIA (2005) evidenziano come i DA si inseriscano nel percorso di vita di un bambino/adolescente potendo determinare due quadri principali di disturbi psicopatologici: INTERNALIZZANTI ESTERNALIZZANTI
DISTURBI INTERNALIZZANTI Disturbi d'ansia (fino agli attacchi di panico ed alle fobie scolari e sociali, ecc...) Disturbi somatoformi (cefalee, gastralgie, vomiti...) Disturbi dell'umore (depressione in particolare), rischiosi non solo per il fenomeno dell'abbandono scolastico, ma anche per l'eventuale comparsa di idee suicidiarie o di rischio suicidiario
DISTURBI ESTERNALIZZANTI Disturbo da deficit di attenzione con iperattività ed impulsività (ADHD o DDAI) Disturbo oppositivo-provocatorio Disturbi della condotta fino alla devianza sociale
CONSEGUENZE EMOTIVE: IMMAGINE DI SE' E SE' COGNITIVO
CONSEGUENZE EMOTIVE: IMMAGINE DI SE' E SE' COGNITIVO Aumento Dispendio Energie cognitive Insuccesso Confronto con successo altrui Conseguenze psichiche Disturbi dell'apprendimento Punizioni Rimproveri Immagine di sé negativa Riduzione livello Autostima Senso di Impotenza ed Inadeguatezza Frustrazione Rabbia
CONSEGUENZE EMOTIVE: IMMAGINE DI SE' E SE' COGNITIVO (tratto da Cap. III, Disturbi Specifici di Apprendimento e formazione tra scuola e Università: Uno sguardo interdisciplinare Valerio P. Pepino A. et al.) Studio di Pfanner et al. (2010): bambini/adolescenti con DSA hanno rappresentazione statica del proprio funzionamento cognitivo. Considerano cioè la propria intelligenza come una dotazione fissa che non può essere aumentata. Percepirebbero le loro capacità di apprendimento come qualcosa di fuori dalla propria possibilità di controllo. Mentre chi non ha un DSA concepirebbe la propria intelligenza e capacità di apprendere come incrementale, che migliora cioè con il tempo, l'impegno e lo studio.
CONSEGUENZE EMOTIVE: IMMAGINE DI SE' E SE' COGNITIVO (tratto da Cap. III, Disturbi Specifici di Apprendimento e formazione tra scuola e Università: Uno sguardo interdisciplinare Valerio P. Pepino A. et al.)
CONCLUSIONI QUALSIASI SIA IL DISTURBO DOBBIAMO CONVINCERCI CHE...L'UNIONE FA LA FORZA! E' fondamentale fare rete con la famiglia, che riveste il ruolo principale, soprattutto in età evolutiva, insieme alla scuola ed al sistema sanitario
CONCLUSIONI Ogni persona con un DA, specifico e non, ha proprie caratteristiche personologiche, proprie risorse, proprie peculiari difficoltà, ed un proprio peculiare profilo di funzionamento, che evolve nel tempo, ma che risulta sempre comunque diverso da chi non presenta il disturbo.
CONCLUSIONI La persona dislessica perciò ha BISOGNO di essere presa in carico con un intervento mirato e personalizzato, ma soprattutto ha BISOGNO di sentirsi capita e valorizzata per le proprie capacità, ad ogni livello della carriera scolastica e successivamente lavorativa.
CONCLUSIONI Dobbiamo garantirgli nel tempo il diritto di apprendere con le modalità a lei più consone, evitando atteggiamenti che possano suscitare vissuti mortificanti che portano ad autosvalutazione e conseguenze psichiche negative che rischierebbero di inficiare la qualità della vita.
CONCLUSIONI
GRAZIE A TUTTI VOI PER L'ATTENZIONE! Dr.ssa ILARIA MARELLI, Medico Specialista in Neuropsichiatria Infantile Cell. 328-17.80.806 - E-mail : dott.marelli.ilaria@gmail.com