POSTER APPROCCIO DELL INFERMIERE NELLA GESTIONE DEL PAZIENTE CON SCOMPENSO CARDIACO

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POSTER APPROCCIO DELL INFERMIERE NELLA GESTIONE DEL PAZIENTE CON SCOMPENSO CARDIACO A. Agazio, C, Ciurli, C. Boni, C. Taddei, S. Turchi, V. Rosso, F. Bramanti, S. Severino, G. Nassi, M. Di Petrillo, S. Dalmiani, R. Poletti, C. Mammini, A. Gabutti, MG Mazzei, C. Passino, M. Emdin Medicina Cardiovascolare, Istituto di Fisiologia Clinica CNR, Pisa Alla caratterizzazione convenzionale del paziente (ECG, visita cardiologica, radiografia del torace, ecocardiogramma ed eventuale test da sforzo cardiopolmonare), nella U.O. Scompenso dell Istituto di Fisiologia Clinica si è aggiunto un protocollo di diagnosi bioumorale, comprendente la valutazione degli indici di funzione renale ed epatica, di equilibrio elettrolitico e dei neuroormoni più significativi (catecolamine attività reninica, aldosterone, ANP, BNP, ormoni tiroidei, TSH, interleuchina-6 e TNF-alfa) applicabile sia a pazienti ambulatoriali che degenti. Il protocollo prevede un singolo prelievo eseguito a digiuno dopo 20 minuti di clinostatismo alle 8 del mattino utilizzando materiale preventivamente refrigerato; dopo l esecuzione del prelievo i campioni ematici vengono immediatamente posti sotto ghiaccio e inviati al laboratorio per essere centrifugati nel giro di pochi minuti. Una volta che il paziente viene caratterizzato, può essere inserito all interno di un programma riabilitativo di training, che prevede un test su cicloergometro mensile. Al I, III, VI mese il paziente esegue: caratterizzazione neuroormonale, RX torace, ecocardiogramma, test cardiopolmonare, al IX mese eseguirà inoltre il monitoraggio cardiorespiratorio ambulatoriale (Lifeshirt) e l Holter cardiaco. La responsabilità dell applicazione di questo protocollo spetta all infermiere. Egli, oltre ad occuparsi dell esecuzione del prelievo, provvede alla caratterizzazione del paziente avvalendosi di un data-base dedicato (denominato CheF, acronimo di Chronic Heart Failure) nel quale sono archiviati dati anagrafici ed ematochimici, anamnestici e funzionali derivanti dai data-base dei singoli laboratori diagnostici connessi in rete. Vengono integrati i risultati del protocollo neuroendocrino nella valutazione globale del singolo paziente, ottenendo dati prognostici per la classificazione dei vari pazienti allo scopo di fornire dati utili a livello statistico ed epidemiologico. Dal giugno 1999 al giugno 2004 sono stati caratterizzati con queste modalità 370 pazienti con diagnosi di scompenso cardiaco, contribuendo da una parte ad un migliore trattamento e follow-up del singolo paziente, dall altra ad un avanzamento delle conoscenze nel campo della fisiopatologia dello scompenso cardiaco. LigandAssay 9 (2) 2004 97

POLYUNSATURATED OMEGA-3 FATTY ACIDS REDUCE THE PLASMA LEVELS OF Nε- (CARBOXYMETHYL) LYSINE ADDUCTS OF PROTEINS IN PATIENTS WITH MYOCARDIAL INFARCTION G. Basta 1, S. Del Turco 1, G. Lazzerini 1, A. Papa 1, E. Berg Schmidt 2, J. Hagstrup Christensen 3, R. De Caterina 1,4 1 CNR Institute of Clinical Physiology, Pisa, Italy 2 Department of Preventive Cardiology 3 Department of Nephrology, Aalborg Hospital, Århus University, Denmark 4 G. d'annunzio University Chieti BACKGROUND AND OBJECTIVE Nε-(Carboxymethyl)lysine (CML), an advanced glycation end product formed on proteins by combined nonenzymatic reactions of glycation and oxidation (glycoxidation), may be considered a marker of oxidative stress as well as a risk factor for atherosclerosis and diabetes, and is produced in conditions of inflammation. Since several studies have indicated that n-3 polyunsaturated fatty acids (PUFA) have protective effects on cardiovascular disease, we investigated the effect of dietary n-3 PUFA on plasma levels of CML in survivors of myocardial infarction. METHODS Forty patients (none diabetic) were randomly allocated to receive either 5.2 g of n-3 PUFA daily (n=20 patients, 65.4±5.48 years) or olive oil (n=20 controls 61±8 years) for 12 weeks. CML plasma levels were analysed by a specifically developed ELISA before and after n-3 PUFA supplementation. RESULTS Baseline plasma CML concentrations were significantly higher in the patient group vs control group 10.18 (4.40-43.12) µg/ml (median 10-90 percentiles) vs 6.08 (1.76-22.60) µg/ml; P=0.027). The plasma levels of CML were significantly decreased in the patient group following to PUFA supplementation (from 10.18 to 5.57 µg/ml; P=0.04) but not in the group that received olive oil (from 6.08 to 4.26 µg/ml P=0.11). Further, in the control group decreased total cholesterol (P<0.05) and LDL cholesterol (P<0.05), whereas in the patient group decreased the plasma levels of creatinine (p<0.05) and triglycerides (P<0.001). In the patient group, CML plasma levels was inversely correlated with triglycerides (P<0.01) but after PUFA supplementation it did not correlate more. CONCLUSIONS These data indicate that circulating CML levels may be affected by dietary fatty acid intake, suggesting the in vivo occurrence of an anti-inflammatory effect of n-3 PUFA supplementation. 98 LigandAssay 9 (2) 2004

LA BIOLOGIA MOLECOLARE NELLA CARDIOLOGIA BED-SIDE. IL CASO DELLA OMOCISTEINA L. Bianchi 1, C.Venturi 1, L. Della Corte 3, M. Botoni 2, W.Vergoni 2 1 Laboratorio di Analisi Chimico-Cliniche 2 U.O. Cardiologia, Ospedale SS Cosma e Damiano, ASL 3 Pistoia, Zona della Valdinievole, Pescia (PT) 3 Dipartimento di Farmacologia e Tossicologia, Università degli Studi di Firenze La richiesta delle persone in salute di non ammalarsi e la progressiva riduzione delle risorse economiche hanno imposto alla moderna medicina di cercare strumenti per intervenire in epoca preclinica, riservando le risorse a chi evidenzia il rischio di ammalarsi. La biologia molecolare, indagando gli aspetti molecolari e fenotipici delle alterazioni genetiche, è sembrata possedere i requisiti per facilitare il raggiungimento di tale obiettivo. In tal senso, la iperomocisteinemia (iperhcy) ha stimolato un intenso dibattito scientifico, essendo stata documentata una potenziale correlabilità alla malattia ischemica coronarica (CAD) (1). Obiettivo. Essendo l N-5,10- metilentetraidrofolato-reduttasi (MTHFR) un enzima chiave del metabolismo dell omocisteina abbiamo voluto verificare nell uomo, la correlazione tra le più frequenti mutazioni di tale enzima, la mutazione puntiforme in posizione 677, sostituzione della citosina (C) con la timida (T) (C677T) e la mutazione puntiforme in posizione 1298, sostituzione di un adenina (A) con una citosina (C) (A1298C), la iperhcy e la presenza di CAD. Materiali e metodi. Lo studio è stato effettuato in 95 pazienti (età media 52,2±6,2 anni) con CAD acuta, sottoposti a coronarografia prima della dimissione, ed in 80 pazienti sani di controllo, indistinguibili per età, distribuzione fra i sessi ed incidenza dei fattori di rischio modificabili. Sono stati determinati i livelli di Hcy con metodo immunologico a fluorescenza con luce polarizzata ( FPIA, ditta Abbott) e le due mutazioni dell enzima MTHFR: la C677T con reazione a catena della polimerasi (PCR) ed impiego dell enzima di restrizione HinfI (ditta Diatech); la A1298C con Real Time PCR ed analisi delle curve di melting (Rotor Gene, Diatech). La determinazione quantitativa dell acido folico è stata effettuata mediante metodica radioimmunologica (RIA). Nessun paziente presentava valori di acido folico inferiore al range di normalità (v.n.=1.6-12.2 ng/ml). La gravità della malattia coronarica è stata definita utilizzando il Gensini Cardio Score (GCS), una scala parametrica quantitativa in base alla quale ad ogni paziente viene attribuito uno score che deriva dalla somma dei punteggi di ogni stenosi rilevata all indagine coronarografica. Risultati. 1) I due gruppi sono risultati indistinguibili rispetto alle frequenze alleliche delle due mutazioni considerate (test del χ2: p>0.05); 2) la mutazione C677T risulta significativamente correlata ai livelli di Hcy (p<0.01, Anova-Bonferroni), con effetto dose genico, ma non alla presenza o gravità di CAD; correla in omozigosi mutata con la complessità di malattia in presenza di ridotte concentrazioni di acido folico (p<0.05 Anova-Bonferroni); 3) la mutazione A1298C non ha mostrato alcuna influenza sui livelli di Hcy e presenza di CAD, ma correla con la sua gravità (p<0.01, Anova-Bonferroni); 4) i livelli di Hcy mostrano correlazione diretta (p<0.01; Anova-Bonferroni), verso la gravità, ma non con la presenza di CAD. Conclusioni. In relazione ai dati osservati: 1) la incapacità della distribuzione allelica a distinguere la popolazione ammalata, 2) il coinvolgimento della mutazione C677T, ma non della A1298C, nella determinazione di iperhcy, 3) la correlazione con la complessità della CAD diretta per la A1298C e mediata da bassi livelli di acido folico per la C677T in omozigosi mutata, 4) la correlazione della iperhcy con la gravità ma non con la presenza di CAD, riteniamo che la manifestazione clinica della iperhcy sia inquadrabile come espressione di polimorfismo dell enzima MTHFR. Pertanto nel caso della omocisteina la biologia molecolare non trova ruolo nella prevenzione primaria, ma nella definizione prognostica in prevenzione secondaria, assumendo un profilo di rischio simile a quello del diabete. Bibliografia. 1 Mortita H., Taguchi J-L., Kurihara H. Genetic olymorphism of 5,10-methylenetetrahydrofolate reductase (MTHFR) as a risk factor factor for coronary artery disease. Circulation 1997;95:2032-2036. LigandAssay 9 (2) 2004 99

CHOLESTEROL AND SURVIVAL IN CHRONIC HEART FAILURE C. Boni, C. Taddei, S. Turchi, M. Scarlattini, P. Di Cecco, S. Lenzi, L. Zyw, C.Passino, M. Emdin, C. Mammini Cardiovascular Medicine Dpt. and Laboratory Medicine, CNR Institute of Clinical Physiology, Pisa AIMS Although hypercholesterolemia is a strong cardiovascular risk factor, some studies have demonstrated that low levels of blood cholesterol are a negative prognostic factor in patients with chronic heart failure (CHF), due to a possible relation with the syndrome of cardiac cachexia. The mechanism of this inverse relationship in CHF is not clear. The purpose of this study is to determine the prognostic value of low levels of cholesterol in a cohort of patients with CHF METHODS Total cholesterol was measured in 270 patients with CHF (174 males, 73%; 96 females, 27%, mean age 65±1 years, left ventricular ejection fraction of 31±1%, 140 dilated cardiomyopathy, 52%, 103 post-ischemic, 38%, and 27 secondary to other causes, 10%, NYHA class I-II: 154 patients, 57%, and III-IV: 116, 43%, all in optimal medical treatment, were evaluated and followed-up for 40 months, using all-cause-mortality as end-point. We used receiveroperating characteristic (ROC) curve analysis for all-cause mortality. RESULTS At follow-up, 23 patients (8.5%) reached the end-point of all-cause mortality. Receiver-operating characteristic curves (ROC) did not demonstrate a cut off value of plasma cholesterol. So in our cohort of patients serum cholesterol does not show a prognostic value. CONCLUSIONS This finding seems in contrast with the results of recent studies, possibly due to the optimal current approach to disease management, comprehensive of medical treatment and dietetic approach, with particular effort in patients with precachectic state. 100 LigandAssay 9 (2) 2004

URIC ACID AND SURVIVAL IN CHRONIC HEART FAILURE M. Scarlattini, C. Taddei, S. Turchi, P. Di Cecco, C. Boni, S. Lenzi, L. Zyw, C. Passino, C. Mammini, M. Emdin Cardiovascular Medicine Dpt. and Laboratory Medicine, CNR Institute of Clinical Physiology, Pisa AIMS There is some evidence that supports a role of uric acid production in the progression of chronic heart failure. Probably there is the involvement of more mechanism in particular oxidative stress (upregulation of the enzyme xantine-oxidase and probably the effect of uric acid on NO vascular vasodilating system), the possible direct negative effects of uric acid itself (endothelial damage and negative effects on systemic blood pressure and coagulation and perhaps other effects). Some studies demonstrated a prognostic value of uric acid value in patients with chronic heart failure. The purpose of this study is to determine the prognostic value of uric acid in a cohort of patients with chronic heart failure (CHF), and the relationships with indexes of clinical impairment and other well established prognostic factors (i.e. ANP, BNP, NT-proBNP). METHODS In a prospective study, 270 patients with CHF (174 males, 73%; 96 females, 27%, mean age 65±1 years, left ventricular ejection fraction of 31±1%, 140 dilated cardiomyopathy, 52%, 103 post-ischemic, 38%, and 27 secondary to other causes, 10%, NYHA class I-II: 154 patients, 57%, and III-IV: 116, 43%, all in optimal medical treatment, were evaluated and followed-up for 40 months, using all-cause-mortality as end-point. In all subjects we studied: a) the plasma levels of uric acid b) heart function by echocardiography and functional capacity by cardiopulmonary test, c) neuroendocrine profile at the recruitment and after a mean period of 40 months. The influence of Uric Acid on survival was studied with Kaplan Meyer methods and receiver-operating characteristic (ROC) curve analysis for all-cause mortality. Spearman correlation analysis was used to determine the relationship of this variable with clinical and neuroendocrine factors. RESULTS Results at follow-up, 23 patients (8.5%) reached the end-point of all-cause mortality. Receiver-operating characteristic curve (ROC) did not demonstrate a cut off value of uric acid. So in our cohort of patients this variable doesn t show a prognostic value. In spite of this we found a significant inverse relation of uric acid value with peak VO2 (p=0.03) and with VE/VCO2 slope (p=0.005), but not with EF% (p=0.83). Increased values of acid uric showed also a strong positive correlation with PRA (p=0.002), ANP (p=0.02), BNP (p=0.04), noradrenaline (p=0.000). We found no significant relation with NT-proBNP and epinephrine (p=0.12 and 0.67, respectively). CONCLUSIONS Conclusions this finding seems in contrast with the results of recent studies, possibly due to the optimal current approach to disease management, comprehensive of medical treatment and dietetic approach, with particular effort in patients with precachectic state. LigandAssay 9 (2) 2004 101

QUANTITATIVE DETERMINATION OF THIOLS BY REVERSED PHASE COUPLED WITH ON LINE CHEMICAL VAPOUR GENERATION AND ATOMIC FLUORESCENCE SPECTROMETRIC DETECTION (RP-CVGAFS): METHOD VALIDATION AND CLINICAL APPLICATIONS E. Bramanti, C. Vecoli 1, M.P Pellegrini. 1, A. D Ulivo, G. Raspi, D. Neglia 1, R. Barsacchi 2 Italian National Research Council-Istituto per i Processi Chimico-Fisici, Laboratory of Instrumental Analytical Chemistry, Pisa 1 Italian National Research Council- Istituto di Fisiologia Clinica, Pisa 2 Dipartimento di Fisiologia e Biochimica, Universita degli studi, Pisa The redox status in red blood cells in terms of thiol concentration undergoes fast changes as a function of a systemic oxidative stress. Thus, the timed measurements of thiol redox state is a less invasive, reliable tool in order to monitor the oxidative stress in humans. A new analytical hyphenated technique is proposed for quantitative determination thiols cysteine, glutathione (GSH) and homocysteine, based on Reverse Phase Chromatography (RPC) coupled on-line with cold vapour generation atomic fluorescence spectrometry (CVGAFS). Thiols are pre-column derivatized by p-hydroxymercurybenzoate (PHMB) and separated from each other and reagent excess by a C4 Vydac Reverse Phase column. Oxidized glutathione (GSSG) and other oxidized forms are converted to their thiol counterparts by reductive cleavage with dithiothreitol prior to derivatization step. Post-column on-line reaction of derivatized thiols with bromine, generated in situ by KBr/KBrO 3 in HCl medium, allowed the fast conversion of both the uncomplexed PHMB and of the thiolcomplexed PHMB bound to inorganic mercury with a 100 ± 2 % recovery. Hg II is selectively detected by AFS in a Ar/H 2 miniaturized flame after sodium borohydride reduction to Hg. The RPC-CVGAFS analysis of standard solutions of thiols gave a linear relationship between the concentration of thiol-phmb complexes and peak area (CVGAFS signal) over the concentration range of 0.05 to 100 µm. The detection limit thiols ranged between 0.1-1.0 nm. The precision of the method was evaluated, the coefficient of variation for thiol determination ranging between 2.2 and 2.7% for standard solutions and between 3.5 and 6.2% for real sample solutions. The RPC-CVGAFS method has been applied to assess the presence and the time course of myocardial oxidative stress by the determination of the contents of reduced and oxidized glutathione in human whole blood samples obtained from the femoral artery and the coronary sinus of patients with dilated cardiomyopathy (DCM) or chest pain with or without single vessel coronary artery disease. The protocol includes artero-venous sampling at rest/zero, during chronotropic cardiac stress (pacing) and recovery. Preliminary results show that the concentration of GSH in venous samples is higher than in arterial samples, in all the cases examined. 1000 800 Concentration, M 600 400 200 Figure 1. Coronary Sinus GSH Changes P2 P1 P5 P3 P4 Concentration, mm Figure 2. Coronary Sinus GSSG Changes 600,00 P3 500,00 400,00 300,00 P5 P4 200,00 100,00 P2 P1 0 baseline pacing interm post pac 1' post pac 15' adenosine 0,00 baseline pacing max post pac 15' 102 LigandAssay 9 (2) 2004

Coronary flow 700,00 600,00 500,00 400,00 300,00 200,00 100,00 P1 0,00 baseline Figure 3. Coronary Flow Changes P2 P3 P5 pacing max P4 post pac 15' During chronotropic stress, in the 15 minutes of recovery after stress, the GSSG/GSH ratio tends to increase in most patients in the coronary sinus (Figures 1 and 2) indicating the activation of the thiol buffer system to counteracta putative oxidative stress induced by pacing in myocardium. In the same conditions the coronary blood flow (Figure 3) shows in 4 out of 5 patients minor changes or a decrease during pacing in the presence of a preserved coronary flow reserve during adenosine. In addition to thiol determination, the evaluation of other metabolic parameters, including, endotelin 1 (ET1), NO metabolites and lipoperoxides, in a larger population is in progress, in order to assess the mechanism of disregulation of vascular tone, and if the oxidative stress corresponds to microvascular ischemia. The proposed method resulted a reliable, fast tool in order to reveal the time course of an oxidative stress in terms of reduced and oxidized thiol concentration. In principle, this method can be optimized and applied to the analysis of redox state of other macromolecular thiolic compounds, such as proteins, in blood and cellular matrices, representing a complementary approach to other biological and biochemical methodologies. LigandAssay 9 (2) 2004 103

VALORE PROGNOSTICO DEL PEPTIDE NATRIURETICO DI TIPO B IN UNA POPOLAZIONE CONSECUTIVA NON SELEZIONATA DI PAZIENTI CON SINDROME CORONARICA ACUTA P. Cappelletti 1, D. Rubin 1, P. Bulian 1, M. Cassin 2, F. Macor 2, C. Burelli 2, F. Antonini Canterin 2, G. Nicolosi 2 1 UO Patologia Clinica 2 UO Cardiologia, ARC. AOSMA, Pordenone SCOPO DEL LAVORO Secondo la letteratura il peptide natriuretico di tipo B (BNP), dosato in corso di sindrome coronaria acuta (SCA) è predittivo di eventi come mortalità, scompenso cardiaco e (re)infarto miocardio, in studi che si riferiscono a popolazioni selezionate di trias clinici sulla SCA. Scopo del nostro lavoro è quello di chiarire il significato prognostico del BNP in una popolazione non selezionata e consecutiva di pazienti ricoverati in UTIC con diagnosi di SCA. MATERIALI E METODI Il BNP è stato dosato all ingresso dei pazienti in UTIC con ADVIA Centaur (Bayer) tramite immunodosaggio in chemiluminescenza diretta a due siti (sandwich). In tutti i pazienti inoltre veniva dosata la TnI all ingresso e poi in modo seriato ogni 4 ore sino al picco. Sono stati studiati 226 pazienti consecutivi, con età media 70+/-12 anni (37-93), dei quali 152 (67%) erano maschi, 151 con SCA senza sopraslivellamento di ST e 75 con sopraslivellamento di ST. Profilo dei pazienti: storia di ipertensione arteriosa (64%), dislipidemia (59%), fumo attivo (27%), diabete mellito (22%), copatologie (31%), pregressa SCA (23%), pregresso scompenso cardiaco (3%). E stato considerato l end-point composito (morte, nuovo ricovero per infarto miocardico e angina instabile, ricovero per scompenso cardiaco) intraospedaliero e a 30 giorni. Per entrambi gli end-point è stata eseguita l analisi univariata (prendendo in considerazione età, sesso, fattori di rischio coronario, copatologie, pregressa SCA o scompenso cardiaco, FEVS, valori di TnI>=0.13, valori di log BNP) e quindi l analisi multivariata. Con l analisi ROC è stato ricercato il livello decisionale con la migliore predittività positiva o negativa. RISULTATI Per gli eventi intra-ospedalieri l analisi univariata ha evidenziato significatività in relazione a: età (p<0.005), copatologie (p<0.001), FEVS (p<0.001), valori di BNP (p<0.001). L analisi multivariata ha confermato la significatività per la FEVS (p<0.001) e per i valori di BNP (p=0.01). Per gli eventi a 30 giorni l analisi univariata ha confermato la significatività dell età (p<0.001), delle copatologie (p<0.005), della FEVS (p<0.001) e del valore di BNP (p<0.001). Nell analisi multivariata vi era significatività per il solo BNP (p<0.001). L analisi ROC mostra il miglior cut-off a 194 ng/ml con sensibilità di 60.0%, specificità di 72.0%, valore predittivo negativo (VPN) di 90.8%, valore predittivo positivo (VPP) di 28.2%. Un VPN di 95.5% si ha in corrispondenza di un cut-off di 43 ng/ml. CONCLUSIONI. I nostri dati confermano il valore prognostico nel breve periodo del dosaggio del BNP anche in pazienti con SCA non selezionati. Tuttavia non è chiaramente individuabile un livello decisionale, anche solo in termini di VPN, che consenta la scelta della miglior strategia terapeutica nei pazienti con SCA. 104 LigandAssay 9 (2) 2004

INDICATORS OF MECHANICAL CORONARY PLAQUE RUPTURE IN HUMANS F. Cocci, A. Papa, D. Battaglia, L. Di Luca, V. Lubrano, A. Mazzarisi., M. Bamoshmoosh, R. Testa, Marraccini. P Istituto di Fisiologia Clinica, CNR, Pisa Plaque rupture may represent one of the major determinants of progression of coronary atherosclerosis and development of acute coronary syndromes. Intraplaque hemorrage may be responsible for accumulation of cholesterol from erythrocytes and other acellular necrotic particles which may activate inflammatory response and an enlargement of plaque core. The correlation between plaque rupture and clinical symptoms is related to the possible activation of platelet aggregation and to the formation of an occlusive intracoronary thrombus. In absence of this event plaque rupture may be clinically asymptomatic and not associated with any biological marker of myocardial ischemia or necrosis. AIM of this study was the analysis of changes of biochemical markers of inflammation in systemic venous blood following mechanical rupture of coronary atherosclerotic plaque caused by PCI. METHODS/PATIENTS 51 consecutive patients who performed PCI in our catheterization laboratory (PCI group), 11 patients who performed a diagnostic angiographic study (control group). All the PCI procedures were successful and no patient had ischemic episodes and increase of serum enzymes after the invasive procedure. STUDY PROTOCOL AND BIOCHEMICAL DETERMINATIONS: peripheral venous blood samples were drawn at baseline, before unfractional heparin administration, one hour, four hours, twenty-four hours and forty-eight hours after the end of PCI procedure. Each sample consisted of 10 ml of blood. The following determinations were done: hemogram with immunofluorimetric determination of platelet number comprehensive of small (SPLT) and large platelet (LPLT) count,, interleukin-6 (IL-6), C-reactive protein (CRP) and fibrinogen. RESULTS At preprocedural time no differences were observed between control and PCI groups in LPLT number (2.43+2.05 and 3.42+2.97 x10^3/µl respectively) in IL6 (0.94+0.43 and 2.65+2.90 pg/ml respectively) in CRP (0.376+0.288 and 0.875+1.083 mg/dl respectively) and in fibrinogen levels (326+85 and 381+120 mg/dl, respectively). PCI induced significant increase of LPLT, IL-6, CRP and fibrinogen with respect to baseline levels (peak values: 5.24+3.78 x10^3/µl, 6.37+4.14 pg/ml, 1.884+1.615 mg/dl, 438+103 mg/dl respectively; p<0.0001 for all parameters). CONCLUSIONS: In patients undergoing PCI mechanical rupture of coronary plaque induced significant changes of biological markers of inflammation not associated with clinically relevant symptoms. Assuming a similarity between spontaneous and PCI induced coronary plaque rupture, the monitoring of such parameters could enlight atherosclerosis progression in asymptomatic patients. Further clinical studies in selected high risk population may avvalorate this hypothesis. LigandAssay 9 (2) 2004 105

ENDOTHELIAL NITRIC OXIDE SYNTHASE GLU298ASP AND T-786C POLYMORPHISMS AND RISK OF EARLY ATHEROSCLEROSIS E. Ciofini, U. Paradossi, A. Clerico, A. Biagini, M.G. Colombo Institute of Clinical Physiology, CNR, and G. Pasquinucci Hospital, Massa AIM To assess the role of the endothelial Nitric Oxide Synthase (enos) gene as risk factors for early atherosclerosis, we sought to investigate whether two polymorphisms located in the exon 7 (Glu298Asp) and in the promoter region (T- 786C) of the enos gene were associated with functional changes in the endothelium, and carotid intima-media thickness (IMT). METHODS Endothelium-dependent flow-mediated brachial artery dilation (FMD), endothelium-independent dilation response to glyceryl trinitrate (GTN), and carotid IMT were assessed by high resolution ultrasound in 118 healthy young non smoker subjects (30.1±0.5 years) genotyped for the enos Glu298Asp and T-786C polymorphisms. RESULTS Carotid IMT was inversely related to FMD by univariate analysis (r=-0.28, p=0.002) and after adjustment for possible confounders in all the subjects (p<0.01). Asp homozygotes had a significantly lower FMD than Glu carriers (Glu/Glu: 15.0%±1.0%, Glu/Asp: 13.3%±0.7%, Asp/Asp: 9.6%±1.6%, p=0.005), while FMD was unaffected by the T- 786C variant. Neither the Glu298Asp nor the T-786C polymorphisms influenced the GTN-mediated dilation. With respect to Glu carriers, Asp/Asp genotype displayed a significantly greater carotid IMT (Glu/Glu: 0.37±0.01mm, Glu/Asp: 0.35±0.01mm, Asp/Asp: 0.45±0.03mm, p=0.0002) and significant correlations between carotid IMT and FMD (r=-0.48, p=0.04) and between carotid IMT and resting brachial artery diameter (r=0.70, p=0.001). No difference in IMT was found across the T-786C genotypes. By multivariate regression analysis, Asp/Asp genotype was the only significant and independent predictor of FMD (p=0.04) and carotid IMT (p=0.006). CONCLUSIONS The enos Glu298Asp polymorphism may be related to early atherogenesis. 106 LigandAssay 9 (2) 2004

UTILIZZAZIONE DIAGNOSTICA DEI LIVELLI DI TROPONINA T IN SOGGETTI CON ANGINA INSTABILE S. De Cesaris 1, A. Buggiani 1, F. Bonechi 2,F. Becherini 2, M. Sansoni 2, A. Zipoli 2 1 UO Laboratorio Analisi 2 UO Cardiologia ; PO Fucecchio, ASL 11 Toscana PREMESSA L angina instabile costituisce una patologia gravata da un alto tasso di ospedalizzazione e da elevata morbilità a breve termine, soprattutto nei Pazienti a rischio elevato. Una stratificazione prognostica per valutare la necessità di ricovero in terapia intensiva può essere già effettuata al P.S.. La Troponina (I o T) è emersa recentemente come elemento prognostico determinante nella stratificazione del rischio e nella condotta terapeutica per quanto riguarda l ospedalizzazione, la necessità di ricovero in terapia intensiva e l atteggiamento terapeutico più aggressivo con coronarografia ed eventuale rivascolarizzazione miocardica. E possibile prevedere una limitazione dei ricoveri con una utilizzazione attenta anche di tale marker biochimico. OBIETTIVO Abbiamo determinato i livelli di Troponina T (ctnt) in tutti i Pazienti ricoverati per angina instabile presso l UTIC della Cardiologia del P.O. di Fucecchio per valutare l incidenza e l entità di tale marcatore biochimico in Pazienti giudicati da sottoporre a monitoraggio continuo in terapia intensiva. MATERIALI E METODI La U.O. di Cardiologia del P.O. di Fucecchio ha 13 p.l.+ 1 di DH. Ha un bacino di utenza di 82866 persone. Nel 2003 sono stati ricoverati 642 Pazienti di cui 130 con IMA e 90 (64 M, 26 F, di età fra 44 e 88 anni) con diagnosi di angina instabile. In 88 dei Pazienti con angina (62 M, 26 F), fu determinata la Troponina T secondo il protocollo in uso. I dosaggi furono effettuati su apparecchio Elecsys 2010 con reattivi Roche Diagnostics. Gli 88 Pazienti furono divisi in tre gruppi a seconda dei picchi di livello di TnT: Negativi (A): < 0.01 microg/l, Intermedi (B): 0.01-0.09 microg/l e Positivi (C) >/ 0.1 microg/l.. Tali gruppi costituiscono 3 classi di rischio ormai condivise in letteratura. RISULTATI Degli 88 Pazienti ricoverati per angina instabile, 20 (22 %) erano del gruppo A, 29 (33%) erano del gruppo B e 39 (45%) erano del gruppo C. Nei Pazienti del gruppo C è stata condotto un trattamento invasivo (coronarografia o rivascolarizzazione) nell 80%; di contro nei Pazienti del gruppo B tale percentuale calava al 60% e nel gruppo A al 20%. CONCLUSIONI I valori di ctnt in un UTIC periferica sono risultati determinanti nella stratificazione prognostica dei Pazienti con angina come emerge dal più alto grado di trattamento invasivo (coronarografia o rivascolarizzazione). Tuttavia era presente una discreta percentuale di Pazienti con Troponina negativa che sono stati ricoverati in UTIC e che probabilmente non necessitavano di un ricovero in terapia intensiva.in tali casi il ricovero in letto monitorizzato può essere stato giustificato dalla presenza di altri fattori prognostici. Pur considerando importanti numerosi fattori prognostici che possono determinare il ricovero in un letto monitorizzato, si auspica una maggiore valorizzazione della Troponina (I o T) nel processo decisionale e quindi nell ottica di una riduzione dei ricoveri, necessaria per il contenimento della spesa. Questo obiettivo potrebbe essere raggiunto con l inserimento della Troponina in un protocollo interno, condiviso da P.S. ed UTIC. LigandAssay 9 (2) 2004 107