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1

INDICE Luigi Ferrari, Ornella Veglio, Introduzione Presentazione dei rappresentanti degli Enti coinvolti Parte I. Nuove identità lavorative e psicologia Piergiorgio Argentero, Gli atteggiamenti verso il lavoro temporaneo: un confronto tra soggetti disoccupati e lavoratori interinali (Premessa; Obiettivi della ricerca; Materiale e metodo; Risultati; Conclusioni; Bibliografia) Piergiorgio Argentero, Francesca Dal Corso, Giulio Vidotto, Soddisfazione professionale e lavoro temporaneo (Premessa; Obiettivi della ricerca; Materiale e metodo; Risultati; Conclusioni; Bibliografia) Albino Claudio Bosio, Edoardo Lozza, Guendalina Graffigna, Lavoro precario e precarietà del lavoro: un solo fenomeno? (Premessa; Le fonti dell'esplorazione: una nota metodologica; Insicurezza lavorativa e forme-lavoro; Le dimensioni dell'insicurezza lavorativa; Centralità del lavoro nell'agenda politica e orientamenti di policy; Sicurezza lavorativa e regolazione dei comportamenti quotidiani; Conclusioni; Bibliografia) Francesco Paolo Colucci, Federica Castellini, I giovani verso il lavoro che cambia tra aspirazioni e realtà (Premessa; Oggetto e ipotesi; Uno sguardo al passato e alcuni dubbi; Le aspirazioni lavorative degli studenti universitari: orientati alla flessibilità?; La realtà del lavoro atipico; Conclusioni; Bibliografia) Giuseppe Santisi, 2

Flessibilità e identità lavorativa. Il caso del precariato di lunga durata in Sicilia (Soggettività e cambiamenti nell'organizzazione del lavoro; Uno spot sui dati statistici: dal trend nazionale alle dinamiche del mercato del lavoro siciliano; Ancora sulla realtà siciliana: lo strano caso del precariato di lunga durata; Percezioni e atteggiamenti nei confronti della flessibilità: una ricerca esplorativa sui lavoratori atipici; Conclusioni; Bibliografia) Salvatore Zappalà, Guido Sarchielli, Marco Depolo, Il lavoro senza protezione: stili e progetti di vita di lavoratori contingenti (Premessa; Lavoro atipico e Welfare; Lavoro flessibile, ingresso e aspettative lavorative; Conclusioni; Bibliografia) Riccardo Giorgio Zuffo, Cesare Kaneklin, Alle origini dello studio sulla job insecurity e sui survivors: i modelli di Greenhalgh e Brockner (Premessa; Il modello di Greenhalgh e Rosenblatt; Il modello di Brockner; Verso la costruzione di un modello manageriale di gestione della crisi; Conclusioni; Bibliografia) Parte II. Il lavoro atipico nel milanese e nel lodigiano Luca Vecchio, Luigi Ferrari, Per una tipologia delle nuove identità lavorative: i risultati di alcune indagini sul campo (Premessa; Alcune note di metodo; Le mappe del lavoro atipico; Le proposte per una tipologia; Riflessioni conclusive; Bibliografia) Ornella Veglio, Laura Boccalini, Differenze di genere nelle reazioni alle crisi professionali nel lavoro atipico di uomini e donne (Premessa; Gli atipici: come individuarli; La ricerca "Atipico: rischio dunque sono"; Lavoro atipico: dove, come, quanto vale; Lavoro atipico: le relazioni; Lavoro atipico: attese e prospettive; Conclusioni; Bibliografia) 3

Luigi Ferrari, Federico Magri, Daniele Valsecchi, Asimmetrie e "incoerenze" nei vissuti di identità/identificazione professionale e di sicurezza sociale nei lavoratori atipici (Premessa; Quattro fonti di dati empirici; I vincoli strutturali alla base dei nuovi rapporti di lavoro; La trasformazione psicologica profonda richiesta alla forza lavoro in alcuni nuovi paradigmi; L'asimmetria soddisfazione lavorativa/realizzazione economica e sicurezza sociale: Gli investimenti affettivi; I riflessi contraddittori sulla vita privata e sociale; Bibliografia) Parte III. La consulenza professionale agli atipici: studi di casi Ornella Veglio, La rilevanza del genere nell'attuazione di contratti di collaborazione coordinata e continuativa, a progetto, occasionale e di partecipazione (L'attività dello "Sportello Donna" di Lodi; Il lavoro atipico nel lodigiano - alcuni casi significativi; Conclusioni; Bibliografia) Carmen Caldovino, Il bilancio di competenze nel contesto del lavoro atipico di genere (Il bilancio di competenze come strumento di autosviluppo. L'esperienza dello Sportello della Consigliera di Parità per le Pari Opportunità di Lodi; Organizzazione del servizio; I risultati; Presentazione dei casi; Conclusioni) Federica Colizzi, Contratto part-time: utopia o realtà? (Premessa; Casi di applicazione; Conclusioni) Dario F. Romano, Postfazione 4

Alle origini dello studio sulla job insecurity e sui survivors: i modelli di Greenhalgh e Brockner Riccardo Giorgio Zuffo e Cesare Kaneklin Introduzione pag. 2 1. Modello di Greenhalgh e Rosenblatt» 6 1. Comunicazione organizzativa» 10 2. Soggettività della minaccia» 12 3. Variabili moderatrici» 14 2. Modello di Brockner» 16 1. Differenze individuali» 19 2. Reazioni alla insicurezza lavorativa» 20 3. Propensione a lasciare e resistenza al cambiamento» 21 3. Verso la costruzione di un modello manageriale di gestione della crisi» 23 1. Autostima e iniquità positiva» 23 2. Identificazione» 24 3. Insicurezza lavorativa e commitment» 25 4. Giustizia Organizzativa» 27 Conclusioni» 30 Bibliografia» 33 5

Introduzione La crisi degli anni trenta sconvolse profondamente gli assetti della non lontana e crescente occupazione nell industria di massa. Dimostrò come la perdita del lavoro, in Europa e negli Stati Uniti, potesse durare anni e avere caratteristiche così strutturali e profonde (M. Jahoda, 1993; M. Jahoda, 1971; H. Ziesel, 1971; P. Crepet, 1990) da incidere nella riconfigurazione della quotidianità e nelle rappresentazioni collettive nei decenni successivi. Gli epici studi sulla disoccupazione 1 condotti nel 1932 nella comunità di disoccupati della cittadina di Marienthal 2, hanno rappresentato per primi la complessità del fenomeno e ne hanno segnato da allora il riferimento teorico e il manifesto ideologico. Colsero la multidimensionalità del fenomeno come le caratteristiche indotte dalla lunga durata, la dimensione sistemica del rapporto con la famiglia e la comunità. Il valore e la qualità dei risultati di questi studi lontani nel tempo (P. Eisemberg e P. Lazarsfeld, 1938) sono stati riconfermati dalla comunità scientifica e da quegli stessi autori Lazarsfeld e Ziesel (H. Ziesel, 1978) negli anni successivi, pur anche riconoscendone i notevoli limiti sul piano metodologico. Nell epoca presente in qualche modo si ripete quella stessa ambivalenza schizofrenica tra gli innegabili benefici ed il lato oscuro (P. F. Camussone e A. Biffi, 1998) dell innovazione tecnologica e delle nuove Information and Commucation Technologies. Stanno all origine dell attuale scompenso, oltre agli effetti negativi delle innovazioni tecnologiche e dell Ict, ragioni strutturali forti indotte dall insieme e dalla complessità dei fattori in gioco per reggere i sistemi finanziari e competitivi, i quali riconfigurano continuamente le diverse logiche di generazione del valore (M. Hammer e J. Champy, 1993). Le stesse organizzazioni, o meglio le loro elite di potere - top manager, consiglieri di amministrazione, banche d affari, società di consulenza strategica, fondi finanziari ed investitori istituzionali - vanno sempre più verso un crescente nervosismo, un incertezza decisionale e un instabilità nei loro assetti tradizionali. Il mito della flessibilità, talvolta irragionevole, non sembra più finalizzato né all etica degli affari né agli affari stessi. L elemento caratterizzante è la dimensione magmatica del lavoro che assume maggiore o minore criticità ambientale e percorre trasversalmente le classiche aree funzionali delle aziende, le professioni, le aree di business, i prodotti, le 1 Ricordiamo che sono dello stesso periodo gli studi sui disoccupati tra coloro che avevano contestualmente un occupazione del sobborgo londinese di Greenwich (E. W. Bakke, 1931) e le storie di vita di 57 disoccupati polacchi (B. Zawadsky e P. Lazarsfeld, 1935). 2 La ricerca sulla comunità di Marienthal, piccolo villaggio austriaco nel quale la chiusura di una filanda aveva causato, per quasi tutti gli abitanti, la perdita del lavoro (M. Jahoda, P. Lazarsfeld, H. Zeisel, 1933), venne promossa dal dipartimento di psicologia dell Università di Vienna nel 1932 ed è il primo studio di importanza storica relativo alla disoccupazione. La sua complessità, la durata, l articolazione dei risultati, la multidimensionalità, lo rendono un riferimento fondamentale della psicologia della disoccupazione e del disagio lavorativo. 6

rapide obsolescenze dei mestieri, i settori o perchè avanzati o perché arretrati. La magmaticità rappresenta un elemento costante e crescente, una sorta di rumore di fondo della quotidianità (R. Sennet, 1999). Il mercato del lavoro ne viene toccato nelle sue stabilità acquisite e si profila una dimensione di alienazione e di stress crescente, in particolare proprio in quei contesti caratterizzati da elevata tecnologia. Così, se gli ottimisti ci dicono che ci si potrebbe avviare ad una epoca felice (D. De Masi, 2002) della fine del lavoro, cogliamo contestualmente anche gli umori che hanno ispirato un certo catastrofismo (J. Rifkin; 1995; L. Gallino; 1998) ed alimentato ampie preoccupazioni e disagi. Più in generale, è la fine del legame sociale imposto dal lavoro del novecento. La semplicistica polarità occupazione/disoccupazione (M. De Polo e G. Sarchielli, 1987) è infatti superata; come osserva Luciano Gallino (1998) la disoccupazione non è più un fatto transitorio legato ad un rallentamento dell economia, come lo fu nella lunga crisi conseguente alla caduta di Wall Street, quanto uno stato profondo di malessere sociale, perché se il tasso di disoccupazione coinvolgerà i quattro quinti della popolazione non potrà che comportare conseguenze drammatiche. Al di là dell astratto risultato finale e del correlato disinteresse svagato di politici, imprenditori e studiosi di materie e economiche e perfino di sindacalisti ciò che allora assume centralità è il processo concreto che inesorabilmente si consuma. La differenza strutturale tra la situazione odierna e quella degli anni trenta è così sinteticamente riassumibile: a quei tempi la disoccupazione colpiva quote elevate della popolazione, in particolare dei cosiddetti lavoratori salariati, soprattutto dove gli insediamenti industriali e produttivi erano maggiormente sviluppati e la divisione del lavoro più socialmente definita. Ciò che ne consegue, con altrettanta chiarezza di svolta epocale, è il lavoro come incertezza ed insicurezza, non più e non solo come assenza o presenza di esso. Appare evidente l incertezza e la disarticolazione del lavoro degli uomini e dell insicurezza che ne deriva a livello psicologico. Il concetto di job insecurity nel corso degli ultimi due decenni, è sostanzialmente passato dal cogliere una nuova specificità situazionale del lavoro tradizionale ad un accezione ampia e ormai poco differenziata in rapporto alla specificità organizzativa, al contesto socioeconomico, al tipo di professionalità interessate, alle diverse tipologie di lavoro, di occupazione e di regolamentazione legislativa. Un grande contenitore che accoglie una molteplicità di articolazioni, di ambiguità e di ambivalenze: se, infatti, da una parte rimanda alla caratterizzazione del lavoro, dall altra rimanda ad una dimensione più soggettiva inerente l individuo. I due livelli in letteratura e nel 7

linguaggio comune sono ormai spesso interconnessi senza precisarne le connotazioni di riferimento. Il profondo interesse sull argomento è confermato dall elevato numero delle pubblicazioni internazionali apparse negli ultimi anni nelle diverse aree quali la psicologia, le riviste di management e di Human Resources. Il concetto di job insecurity riceve poca attenzione dagli psicologi e dagli altri studiosi di scienze sociali fino al 1995, quando il numero di contributi non supera la decina l anno 3. Con il 1995 i contributi scientifici crescono poi considerevolmente, la grande maggioranza dei quali con salienza specificatamente psicologica. Oggi si sta configurando quello che potremo definire effetto moda : agli iniziali contributi, originali e di livello qualitativo ineccepibile come quelli qui presentati sono seguiti innumerevoli lavori, in parte eccellenti ed in parte ripetitivi e banalizzanti anche se spesso non inutili perchè finalizzati ad influenzare le decisioni e le scelte dei diversi attori politici e istituzionali quali ministeri, sindacati, comunità europea, amministrazioni locali (B. J. Burchell, D. Ladipo, F. Wilkinson, 2001). Il rischio di un utilizzo troppo ampio del termine è di includervi fenomeni organizzativi, situazioni ambientali, punti di vista ed atipicità di varia natura: i giovani che non trovano lavoro con gli anziani che lo perdono o lo perderanno, il lavoro occasionale con quello sistematico, quelli del nord del mondo e quelli del sud, lavoratori di basso livello con giovani scolarizzati ancora ai confini dell appartenenza organizzativa, manager consolidati e famiglie professionali specifiche, e così via. Recentemente, Sverke e colleghi (M. Sverke e J. Hellgreen, 2002a; M. Sverke, J. Hellgreen, K. Näswall, 2002b) del Dipartimento di Psicologia dell Università di Stoccolma hanno condotto un interessante lavoro di classificazione e di meta-analisi di quanto la letteratura scientifica ha fino ad oggi espresso. Gli autori sintetizzano in un modello le varie articolazioni della job insecurity. Una specifica attenzione viene posta alle sue conseguenze, cogliendone gli effetti sia immediati sia di lungo periodo sul benessere lavorativo, sulle attitudini al lavoro e sulle conseguenze organizzative. Sverke sottolinea chiaramente due prospettive: la prima rimanda agli individui, ai relativi effetti e al loro benessere lavorativo, la seconda assume la prospettiva manageriale e gli impatti sull organizzazione. 3 L analisi (G. Paglione, L autostima nelle condizioni di insicurezza professionale e complessità organizzativa, tesi di Laurea 2004), certamente approssimativa, è stata condotta su 72 riviste internazionali utilizzando la parola chiave job insecurity. Pur ipotizzando una qualche approssimazione e la perdita di contributi contigui o denominati in altro modo come quelli di Brockner che citeremo ampiamente nel corso del lavoro i dati paiono nella sostanza affidabili. 8

Fig. 1 - Il modello integrato dell Insicurezza Lavorativa Situazione obiettiva Caratteristiche del mercato del lavoro Cambiamento organizzativo Contratto di lavoro Futuro incerto dell azienda Variabili moderatrici Differenze individuali Trattamento paritario Sostegno sociale Insicurezza lavorativa Minaccia di perdita del lavoro Minacce al lavoro Conseguenze Benessere Atteggiamenti verso il lavoro Atteggiamenti verso l organizzazione Caratteristiche soggettive Impiegabilità percepita Controllo percepito Responsabilità verso la famiglia Bisogno di sicurezza Modello tratto da Magnus Sverke e Johnny Hellgreen (2002) The Nature of Job Insecurity: Understanding Employment Uncertainity on the Brink of a new Millennium, Applied Psychology: an international review, 51 (1), pp. 23-42. 9

L impegno del lavoro proposto è tendenzialmente riconducibile alla prospettiva organizzativa, le cui matrici culturali rimandano al dentro l organizzazione, a quella variegata, ampia e pluridisciplinare letteratura relativa allo sviluppo organizzativo 4. Il contributo proposto intende riprendere le origini della job insecurity rivisitando due modelli. Il primo, di Greenhalgh e Rosenblatt è unanimemente riconosciuto come il modello di riferimento dei successivi studi sulla job insecurity. Il secondo, certamente molto meno noto ma altrettanto interessante, è quello di Brockner del 1988, centrato sulle problematiche di coloro che restano nelle organizzazioni dopo i processi di downsizing: i cosiddetti survivors. Dal punto di vista metodolico verranno esaminati i due modelli nella loro analiticità anche se con sottolineature diverse ed un filo rosso sottile di quanto rimanda alle implicazioni manageriali e organizzative. 1. Il modello di Greenhalgh e Rosenblatt Il primo modello che tenta di delimitare i confini e di fornire una prima definizione di job insecurity rimanda alla percezione dell incertezza relativa alla sicurezza e alla continuità del lavoro attuale e futuro, in una situazione di potenziale minaccia (L. Greenhalg e Z. Rosenblatt, 1984). Tale definizione, come vedremo, assume esplicitamente ed implicitamente il contesto di un organizzazione dimensionalmente significativa ed il lavoro quale elemento continuativo degli individui che vi operano. La condizione di incertezza è assunta come stressogena, uno dei più importanti stressori dell attività lavorativa (J. Hartley, D. Jacobson, B. Klandermans, T. Van Vuuren, 1991; J. Brockner, 1988). Questo fenomeno è analizzato nella prospettiva specificatamente psicologica e trova la sua precisa definizione ed interesse sistematico di ricerca con la formulazione del modello qui riproposto. 4 In Italia i riferimenti per la prima prospettiva sono esposti adeguatamente in Boldizzoni (1991), mentre gli studi relativi all area tematica della disoccupazione in Depolo e Sarchielli (1987). 10

Fig. 2 - Sommario delle Cause, Natura, Effetti e Conseguenze Organizzative dell Insicurezza Lavorativa. Differenze individuali Locus of control Conservatorismo Orientamento lavorativo Attribuzione di tendenze Bisogno di sicurezza Intenzioni della comunicazione organizzativa Non intenzioni di comunicazione organizzativa Minaccia soggettiva Gravità della minaccia inefficacia Reazioni alla Job Insecurity Sforzi Resistenza al cambiamento Propensione a lasciare Rumors Supporto sociale Dipendenza Mobilità occupazionale Insicurezza economica Trattamento indivifuale Riduzione efficacia lavorativa Produttività Turnover Adattabilità Modello tratto da Greenhalgh, L. & Rosenblatt, Z. (1984). Job insecurity: Toward conceptual clarity. Academy of Management Review, 9(3), 438-448 11

Il modello inizia a delinearsi con i primi interessanti lavori della fine degli anni settanta di Leonard Greenhalgh (L. Greenhalgh e T. D. Jick, 1979; L. Greenhalgh e R. B. McKersey, 1980; T. D. Jick e L. Greenhalgh, 1981; L. Greenhalgh, 1982; L. Greenhalgh, e T. D. Jick, 1983; L. Greenhalgh, 1983a; L. Greenhalgh, 1983b) dell Università di Darmouth, con il contributo di Zehava Rosenblatt ai tempi all Università di Cornell e raggiunge nel 1984 la configurazione sopra esposta. Questi studi troveranno un esplicitata continuità temporale e più precise articolazioni in un filone di ricerca sviluppato e promosso da Joel Brockner della Columbia University relativo ai cosiddetti survivors. La ancora incerta job insecurity si precisa sulla centralità dei licenziamenti e in particolare su coloro che rimangono all interno dell organizzazione successivamente ai processi di downsizing. È utile qui ripresentare i due modelli, soprattutto alla luce delle dinamiche organizzative successive. La classificazione di Sverke ed Hellgren (2002) ci permette di meglio collocarli storicamente in un contesto più generale della natura della job insecurity e di coglierne le ultime configurazioni. Il valore del modello originale di Greenhalgh e Rosenblatt è di favorire una chiarezza concettuale verso una situazione ormai usuale della vita organizzativa. L insicurezza lavorativa non era mai stata riconosciuta come una struttura importante nella psicologia delle organizzazioni; queste prime significative ricerche di psicologia e di management sull insicurezza lavorativa iniziano ad assumere il dato nuovo presente nelle realtà dove è minacciata la continuità lavorativa. Greenhalgh e Rosenblatt individuano soprattutto nelle organizzazioni in declino l applicabilità del loro modello: è questo un importante fattore di discontinuità rispetto alle usuali problematiche manageriali. La lunga fase della cultura manageriale, dagli anni quaranta in poi, era, infatti, caratterizzata da uno sfondo implicito e assodato di organizzazioni che crescevano fisiologicamente secondo modelli di sviluppo economico lineare e di assetti organizzativi tendenzialmente adattivi ad un miglioramento nella continuità. L azienda era un sistema produttivo dinamico ed articolato dove l aspetto della crisi endemica o della continua riconfigurazione dimensionale e/o finanziaria non era ancora teoricamente un elemento presente nella vita organizzativa e nei saperi disciplinari di riferimento. Il modello risponde così, per i suoi autori, alla necessità di interpretare i problemi emergenti dalle nuove complessità dell impresa americana dove la crisi della fine degli anni settanta rappresentava per l economia la più significativa recessione con le percentuali più elevate di perdite di posti di lavoro dopo la grande crisi di Wall Street. Le ragioni addotte erano riconducibili a quattro fattori; il primo era legato agli sviluppi dell automazione 12

industriale con le conseguenti nuove delineazioni organizzative e i relativi problemi manageriali. Il secondo era riconducibile alla crescente concentrazione industriale e finanziaria; in particolare alle operazioni di merger & acquisition 5 sempre più usuali a partire dalla metà degli anni 60. Il terzo fattore significativo era il nuovo baricentro costituito dai servizi, non più solo dai processi industriali. L ultimo fattore era la perdita di potere e di presenza dei sindacati, con la relativa maggiore vulnerabilità della forza lavoro (L. Greenhalgh & Z. Rosenblatt, 1984). Gli autori, delineando la letteratura di riferimento, rimandano ad alcune aree di studio e di sapere tradizionale relative allo sviluppo organizzativo. Nello specifico, in relazione all area tematica della sicurezza, è sottolineato il rapporto con la motivazione di Maslow, con il fattore igienico di Herzberg, con la piacevolezza o l orientamento al rischio di Borgatta, con i valori occupazionali e di stabilità di Super ed infine in Rosemberg e Blum è colta la correlazione tra sicurezza e scelta occupazionale. Sono anche ricordati i contributi più asistematici realizzati sui diversi aspetti di correlazione tra sicurezza ed altre variabili organizzative quali il clima, l assunzione di rischio, la soddisfazione, l arricchimento lavorativo, gli aspetti di malessere fisico. Tutta la letteratura precedente era incentrata, di fatto, sul generico concetto di sicurezza e sulla rappresentazione di un organizzazione stabile nel tempo. La novità ed il salto teorico di Greenhalgh e Rosenblatt è di assumere il significato di insicurezza lavorativa e del suo contenuto di dominio. Il valore del saggio è definito su almeno due piani. Il primo è quello di proporre un modello nel quale i diversi aspetti della job insecurity - «della natura, delle cause e delle conseguenze» (L. Greenhalgh e Z. Rosenblatt, 1984) - sono inequivocabilmente connessi tra loro e dove l insicurezza è anche esplicitamente inclusa nelle differenze individuali che determinano le percezioni soggettive di minaccia e le loro reazioni ad essa. Il secondo aspetto, non meno importante del primo, rimanda alla tipologia delle organizzazioni considerate, che per gli autori erano le organizzazioni in declino (L. Greenhalgh, 1991). Queste nuove consapevolezze diventeranno il punto di partenza e una più precisa focalizzazione delle ricerche successive sull insicurezza, ormai finalizzate ad interpretare le problematiche connesse ai survivors in contesti di layoff, ovvero di licenziamenti collettivi. 5 Fonte dell Istituto americano Mergerstat: le operazioni di merger & acquisition nel 1963 sono 1361, nel 64 1950, nel 65 2125, nel 66 2377, nel 67 2975, nel 68 4462, nel 69 6107, nel 70 5152, per poi decrescere fino alla fine degli anni 90 quando il numero di operazioni torna a crescere vertiginosamente posizionandosi approssimativamente intorno alle 8000 e 9000 con un valore di $ bil 1,395.5. 13

Il modello era stato preceduto da alcuni lavori di Greenhalgh, nei quali emergeva come l anticipazione della perdita di lavoro inducesse la stessa reazione di una morte annunciata, e come fossero verificate le stesse reazioni e gli stessi comportamenti come se l evento fosse realmente accaduto e i lavoratori si ritirassero psicologicamente dall oggetto perduto: la reazione di dolore risulta così essere un migliore predittore rispetto alle valutazioni razionali (L. Greenhalgh e T. D. Jik, 1979). Emergeva inoltre come, nelle epoche di minaccia, la discutibile importanza assegnata alla comunicazione manageriale fosse ritenuta dai dipendenti retorica ed inutile piuttosto che inerente ai fatti (R. B. McKersie, L. Greenhalgh, T. D. Jick, 1981); oppure, come le aziende in declino si trovassero ad avere una minore capacità lavorativa dei sopravvissuti, perché i più bravi sarebbero stati i primi ad abbandonare volontariamente l azienda lasciando al suo interno solo i dipendenti meno efficienti e dotati di minore autostima (L. Greenhalgh, 1983a). Infine, (L. Greenhalgh, 1983b) come una minore capacità dei singoli individui, una minore capacità lavorativa dei gruppi di lavoro, un aumento dei ritardi nelle realizzazioni specifiche, un incremento del turn-over generassero una peggiore perfomance dell azienda nel suo complesso. 1.1 Comunicazione organizzativa La breve descrizione del modello di Greenhalgh e Rosenblatt è arricchita di alcuni elementi emersi successivamente in letteratura e ripresi nel modello di Sverke e Hellgren. Il modello concettuale di Brockner, che vedremo a seguire, rappresenta un ulteriore passaggio discriminante e concettualmente significativo che conferisce una maggiore specificità alla job insecurity nel rapporto individuo/ gruppi/organizzazione. Il modello proposto ipotizza una multifattorialità del fatto comunicazionale tra azienda e management da un lato ed i lavoratori interessati ai processi che inducono insicurezza dall altro. Sono tre i livelli che influenzano la percezione soggettiva della minaccia indotta dalla minaccia oggettiva e dalla conseguente trasformazione dei dati ambientali in informazioni interpretate. Il primo fattore considerato è quello della comunicazione, costituito dai dati ufficiali e dalle comunicazioni del management ritenute in ogni caso parziali perché il management tende per diverse ragioni a sottocomunicare o ad essere valutato e vissuto come retorico o finalizzato ad orientare strumentalmente le percezioni degli impiegati (T. D. Jick & L. Greenhalgh, 1981; J. Brockner, 1992; A. Mucchielli, 1993). Tutto ciò ha trovato successive ampie conferme, anche se i difetti di comunicazione non si esauriscono in alcuni limiti tecnici, ma sono legati a ragioni più articolate e complesse, quali una più strutturale crisi o credibilità della leadership (Kaneklin e Isolabella, 1997), una 14

contraddizione del middle e di parte dello stesso top management, «esposto all angoscia del doppio legame asimmetrico» (R. G. Zuffo e B. Bernardoni, 1996, p.175) tra le persone e i gruppi di lavoro frequentati quotidianamente da un lato ed il commitment aziendale ed i vertici organizzativi dall altro. Più in generale «le identità sono destabilizzate nel corso dei ridimensionamenti aziendali, i processi di sense making sono minacciati e queste minacce possono amplificarsi» (K. E. Weick, 1995, p.17). Ancora più evidente appare così la forte ambiguità organizzativa tra richieste di partecipazione e coinvolgimento, le preoccupazioni per la salvaguardia individuale e la necessità di un adesione meccanica ad attività e progetti controllati senza iniziativa (C. Kaneklin, 2001; R. Sainsaulieau, 2000; S. Ripamonti e C. Kaneklin, 2004). Naturalmente la complessità della comunicazione è assolutamente evidente e, non casualmente, si parla dell intenzionalità della comunicazione, sia di quella ufficiale sia di quella sottesa ed informale. Il secondo livello evidenziato dal modello è costituito dagli indizi organizzativi, non intenzionali, anche se assolutamente evidenti, come la riduzione di budget di manutenzione, l implementazione di programmi informatici che preludono a spostamenti/semplificazioni di attività, notorietà della costituzione di nuovi plant in paesi diversi ed a costo del lavoro più basso ed i mille altri segnali sulle prevedibili implicazioni future visibili nei progetti in corso. Infine, il terzo livello è rappresentato dai rumors che assumono un carattere dominante quando le comunicazioni ufficiali sono contraddittorie e le informazioni provengono non solo dall interno dell azienda ma anche dai competitor, fornitori e clienti Questo aspetto di ridotta comunicazione si accentua allorché il management ritiene che ci sia una propria responsabilità diretta rispetto al cattivo andamento aziendale e che questo processo comunicativo possa essere una spia del proprio non eccellente destino aziendale nel prossimo futuro, per cui decide anche consapevolmente di trascurare il più possibile la comunicazione per «non scottarsi» (R. Folger, D. P. Skarlicki, 1998). In questo ambito è opportuno ricordare come i rapporti di comunicazione con il proprio capo, se referente del contratto psicologico con l organizzazione, siano fondamentali in periodi di licenziamento e come i lavoratori percepiranno una maggiore giustizia procedurale se saranno informati direttamente e preventivamente dal loro capo (D. M. Mansour-Cole e S. G. Scott, 1998). Alla luce delle esperienze di restructuring realizzate negli ultimi anni ci sembra che possano essere incluse in quest area anche le politiche aziendali quale fattore moderatore della complessità comunicazionale attivata nei confronti sia della forza lavoro sia del management attivo nel processo di downsizing. 15

Certamente i contributi dei ricercatori che consigliavano di adottare una comunicazione chiara ed inequivoca e anche le grandi difficoltà incontrate nella gestione dei primi grandi e reiterati processi di ristrutturazione hanno condotto nel tempo le grandi corporation americane ( R. G. Zuffo e Bernardoni, 1996), non sempre altre multinazionali, ad avere politiche, strategie e linee guida nei layoff molto più dirette e lineari. Le politiche relative alle condizioni normative e procedurali da presentare ai dismessi al momento dei downsizing organizzativi si sono sempre più esplicitate e rese più precise e meno ambigue. Al di là, quindi, delle differenti legislazioni che possono condizionare le specifiche realtà nazionali, le condizioni economiche offerte, e più in generale lo sforzo di perseguire accettabili livelli di indennizzi alle uscite e processi caratterizzati da equità procedurale e distributiva incidono favorevolmente sul livello di fiducia e di sostegno verso l organizzazione (J. Brockner e coll, 1995; R. Kramer e T. R. Tyler, 1995). L offerta di supporti sociali (ad esempio outplacement) ha ormai, in molte situazioni, raggiunto il valore di comunicazione formale nonché di una cultura delle dismissioni certamente più consapevole e in grado di contenere alcuni degli effetti più dirompenti osservati in situazioni non adeguatamente gestite sul piano della comunicazione. La complessità e l ambiguità della comunicazione indotta dalla molteplicità delle fonti della comunicazione rimandano quindi alla cultura aziendale (J. Brockner e coll, 2000) e alla distanza tra i valori dichiarati e gli assunti taciti condivisi (E. Schein, 1999) che, in queste situazioni possono alterare profondamente la percezione dell insieme dei messaggi (K. E. Weick, 1995). 1.2 Soggettività della minaccia Il modello ipotizza come la soggettività della minaccia sia indotta da una multifattorialità: oltre che dal sistema della comunicazione, di cui si è già detto, dalle differenze individuali e dai fattori esterni quali la mobilità occupazionale e l insicurezza economica. L insieme di questi fattori contribuisce a determinare la gravità percepita della minaccia intesa come natura della perdita e delle fonti della minaccia e l inefficacia del soggetto a resistere o reagire alla minaccia. I due fattori secondo gli autori sono tra loro in una relazione moltiplicativa difficile da definire concretamente e da operazionalizzare. Per quanto riguarda la natura della perdita, le questioni sono relative alla provvisorietà della perdita o alla sua permanenza nel tempo, e al fatto che il cambiamento in atto conduca alla perdita del lavoro stesso o solo di alcune caratteristiche importanti relative alla connotazione del ruolo lavorativo. Le fonti della minaccia a loro volta sono rappresentate dalle evoluzioni tecnologiche, organizzative e dal declino/contrazione dei settori di business. Naturalmente oggi ai tradizionali fattori ipotizzati da Greenhalgh e Rosenblatt 16

si aggiungono la precarietà in ingresso e una legislazione non solo italiana che favorisce le nuove forme di temporaneità nel rapporto professionale. Una seconda area di incertezza relativamente alle fonti della minaccia è connessa in misura prevalente alla percezione della dinamica organizzativa come instabile per definizione, per cui l incertezza è rappresentata da una fisiologia organizzativa, un dato scontato al di là dell aspetto contingente specifico: un ineludibile destino. In un precedente lavoro di ricerca (R. G. Zuffo, 2003) su donne di successo in organizzazioni competitive la sola fantasia di una possibilità della maternità induceva rappresentazioni che contemplavano la possibile perdita del lavoro e la quasi ragionevole certezza che lo scenario aziendale ed organizzativo al rientro dalla maternità sarebbe stato presumibilmente diverso da prima. Analogamente, le esperienze professionali degli head-hunter confermano come gran parte del mondo manageriale ad un certo livello conviva ormai strutturalmente e spesso consapevolmente con una costante minaccia di perdita della continuità lavorativa dovuta al susseguirsi inesorabile, ravvicinato e multiforme di eventi di natura finanziaria, geografica, tecnologica o territoriale che rendono instabile la permanenza nell organizzazione e, talvolta, la sopravvivenza dell organizzazione stessa. Questi ultimi aspetti rimandano al senso dell inefficacia a reagire rispetto al quale gli autori hanno indicato quattro fattori. Il primo è relativo alle forme di protezione potenzialmente rappresentate dalla presenza del sindacato, ovvero i contratti, i sistemi di anzianità di servizio, gli accordi aziendali. Il secondo fattore è connesso alla scarsa chiarezza sulle aspettative dell azienda e quindi sia alle difficoltà a capire quali siano le prestazioni da fornire per soddisfare le esigenze specifiche del lavoro, sia alla mancanza di un sistema adeguato di valutazione delle prestazioni personali che consentano di capire cosa si vuole e così allontanare la minaccia. Il terzo fattore considerato è la percezione di una cultura organizzativa, intesa in questo caso come arbitrarietà del management decisore nelle valutazioni dei singoli soggetti. Il quarto ed ultimo fattore è relativo alle convinzioni che il soggetto ha delle procedure di funzionamento standard di questi processi, soprattutto laddove le politiche aziendali in uso sono incerte ed ambigue e da quanto sembra avvenire in altre organizzazioni similari per settore, area geografica, etc. Gli aspetti relativi alle politiche, alla disponibilità o al comportamento del management sono stati oggetto di grande attenzione e poi ripresi in diverse occasioni attraverso l utilizzo delle categorie dell equità procedurale ed organizzativa (L. Novelli, B. L. Kirkman, D. L. Shapiro, 1995; D. M. Mansour-Cole, S. G. Scott,1998; J. Brockner, T. R. Tyler, R. Cooper-Shneider, 1992; J. Brockner, M. Konovsky, R. Cooper-Schneider, R. Folger, C. L. Martins, J. Bies, 1994; J. Brockner et al., 1995; J. Brockner e B. M. Wiesenfeld, 1996; J. Brockner, 1998); 17

1.3 Variabili moderatrici Il modello ipotizza che vi sia un insieme di variabili moderatrici riconducibili a tre fattori: la dipendenza dal lavoro attuale, il supporto sociale che può intervenire nel caso di una situazione di insicurezza o di possibile perdita del lavoro e le differenze individuali. Dipendenza Un fattore in grado di influenzare la minaccia è rappresentato dalla dipendenza dal lavoro attuale da parte degli individui: è sostanzialmente una funzione della mobilità occupazionale o delle caratteristiche del mercato del lavoro specifico e dell insicurezza economica che caratterizza il soggetto. La potenziale mobilità occupazionale è rappresentata dal potere negoziale del lavoratore sul mercato del lavoro di riferimento; naturalmente i lavoratori o i manager che hanno maggiori opportunità di nuove occupazioni in contesti analoghi e in una logica di continuità potranno sentire la minaccia moderata da questo fattore. L insicurezza economica è legata alla maggiore o minore centralità che assume il reddito prodotto dal lavoro, all unicità delle entrate e agli impegni assunti dal sistema familiare e/o al fatto che siano o meno disponibili altre fonti di reddito supplementare e sostitutive come compensi alla disoccupazione, assicurazioni o prepensionamenti. L insicurezza economica assume anche connotazioni più articolate includendo nelle perdite tipologie meno tangibili, quali le perdite di status, la mancata presunta carriera, il venir meno dei rassicuranti modelli di programmazione aziendale. Supporto sociale Anche il supporto sociale è considerato una variabile moderatrice che può intervenire nel caso di una situazione ansiogena legata all insicurezza o di possibile perdita del lavoro intesa come situazione stressante (R.S. Lazarus e S. Folkman, 1984, R. Karasek e T. Theorell, 1990). L effetto spillover inteso come reciproco riverbero tra famiglia e lavoro (S. Mauno e U. Kinnunen, 1999b, J. R. Edward e N. P. Rothbard, 2000) genera similarità nei due domini; l effetto è mitigato dalla centralità della donna nella tenuta del sistema famigliare più in generale come già era apparso chiaro ai tempi dei primi studi su Marienthal (M. Jahoda et al., 1992) e poi successivamente anche a conferma della dimensione culturale del capo famiglia maschio come breadwinner (A. Kalil e T. DeLeire, 2002; V. Lim e L. Loo, 2003; Kalil e Ziol-Guest, 2005). Anche le solidarietà promosse dai sindacati che si possono realizzare tra gruppi omogenei nella stessa situazione lavorativa (J. Heelgren e A. Chirumbolo, 2003), i setting proposti dalle società di outplacement (G. Quadrio, 1992) e le situazioni di solidarietà gruppali risultano fattori moderatori del disagio. 18

La cinematografia inglese ne ha enfatizzato idealisticamente gli aspetti più socializzanti e di riscatto sociale ma Marienthal ci ricorda che l impegno sociale, le appartenenze politiche, le solidarietà gruppali diminuiscono quando la disperazione cresce. Anche il ruolo del management o del capo diretto, non solo in termini istituzionali, ma anche in una logica di supporto e di counseling personalizzato può essere vissuto come importante fattore moderatore del disagio, durante il processo di downsizing (J. Brockner, 1992; D. M. Mansour- Cole e S. G. Scott, 1998). I colloqui di mobilità finalizzati all espulsione da parte del management 6 preposto possono essere molto importanti per lo sviluppo di atteggiamenti positivi e costruttivi o nichilistici e distruttivi. Gli uomini delle Risorse Umane possono dare un contributo fortemente caratteristico alla soluzione sia dei problemi inerenti al singolo, sia delle diverse scelte gestionali correlate ai processi di layoff. Questo aspetto è parzialmente riconducibile al concetto di sostegno sociale in quanto le azioni di espulsione che hanno avuto più successo sono proprio quelle in cui sono state attivate delle vere e proprie attività di counseling e di sostegno. «Se il capo del personale non riesce a farsi carico dell angoscia individuale e collettiva, a dare ad essa una prima metabolizzazione se non un elaborazione e un senso, non riesce, di fatto, a svolgere con adeguatezza il proprio ruolo» (R. G. Zuffo, 1992). Questo aspetto è ormai acquisito dalle più avanzate practicies delle multinazionali dove ai manager vengono affidati obiettivi di downsizing nelle risorse umane insieme ad obiettivi di clima misurati da precisi strumenti quantitativi. Licenziamento, insicurezza o condizione di sopravvissuto, trovano nei soggetti una lenta accettazione solo attraverso la riconfigurazione delle rappresentazioni del lavoro, la elaborazione di quanto avvenuto, il faticoso ridisegno di nuove possibili identità e del proprio sistema di relazioni (R. G. Zuffo, C. Kaneklin, G. Carbone, 1995; S. Ripamonti e C. Kaneklin, 2004). 6 In questo caso il termine management non indica il livello nel ruolo o lo status ma colui che è preposto aziendalmente e con qualche responsabilità precisa alla gestione del processo di downsizing ed opera a questo fine nei confronti di persone collocate organizzativamente ad un livello inferiore, uguale o talvolta anche superiore al proprio. 19

2. Modello di Brockner L essenza della terza variabile moderatrice relativa alle differenze individuali e alle reazioni alla job insecurity proposte da Greenhalg & Rosenblatt (1984) rappresenta il primo significativo sforzo di modellizzazione in buona misura superato dall interessante modello di Brockner (1988) che pone al centro dell attenzione i survivors ai licenziamenti, coloro cioè presenti nell organizzazione una volta esaurita l azione specifica di riduzione di forza lavoro. Il termine survivors usato da diversi autori compare in un saggio del 1985 (J. Brockner, J. Davy, C. Carter, 1985) e diverrà successivamente d uso comune tra coloro che si sono occupati di questi temi (D. Noer, 1993; D. Ambrose, 1993). 20

Fig. 3 Licenziamenti, stati psicologi, conseguenze Licenziamenti Stati psicologici Insicurezza Lavorativa Iniquità positiva Rabbia Sollievo Processi di gruppo Ristrutturazione organizzativa Conseguenze Performance Commitment Impegno Lavorativo Lealtà verso l organizzazione Variabili moderatrici Differenze Individuali Natura del Lavoro Organizzazione Formale Organizzazione Informale Ambiente Modello tratto da Brockner (1988) The Effects of Work Layoffs on Survivors: Research, Theory and Practice. 21

Il rimando a Brockner richiede una spiegazione più specifica di contesto ed ha carattere strategico in quanto non si rimanda semplicemente ad un autore. Brockner non è semplicemente uno psicologo del lavoro, anche se della prestigiosa Columbia University. Egli ha rappresentato il legame con molte altre università americane ed i suoi lavori sono il frutto di programmi di ricerca condotti con team congiunti di altri prestigiosi atenei americani e di committenze importanti di grandi corporation. Il nostro rimando a lui è sì parziale ma anche paradigmatico della più evoluta e rigorosa ricerca scientifica insieme alla forte attenzione ai processi in atto nei sistemi organizzativi più significativi. Accanto ad un apparente limite metodologico e concettuale di assumere i licenziamenti come fattore centrale ed insieme riduttivo rispetto alla job insecurity, se ne affianca però uno euristicamente interessante. Il modello di Brockner prevede una centralità degli effetti non solo sui cosiddetti survivors, ma indica una più precisa centralità della dinamica organizzativa intesa come focalizzazione del rapporto tra gli individui, il gruppo e l organizzazione esaminati nella loro interrelazione ed interdipendenza nei diversi momenti che precedono, sono contestuali e seguono i licenziamenti. Questo evento trascende la volontà del lavoratore e prevede di assumere un contesto lavorativo tradizionale. Il licenziamento, quindi, è l atto paradigmatico e centrale delle nuove dinamiche organizzative tendenzialmente finalizzate alla riduzione della forza lavoro e fattore fondamentale nelle ristrutturazioni per arrivare a nuovi equilibri sociali ed economici nei diversi sottosistemi organizzativi, nuove aggregazioni gruppali sui processi, nuove riconfigurazioni macro organizzative. In questo scenario il licenziamento indurrà differenti stati psicologici dei survivors presenti nell organizzazione. Potrà essere peraltro effettuato in vari modi da parte del management e gli impatti sui gruppi ed i soggetti rimasti saranno intuitivamente complessi ed articolati. L insieme di questi fattori condizionati da una serie di variabili moderatrici determineranno un insieme di comportamenti organizzativi o di conseguenze (approssimativamente gli effetti sull efficacia lavorativa proposti da Greenhalgh e Rosenblatt) che a loro volta con un processo di retroazione indurranno o meno altre decisioni e potenzialmente altri licenziamenti. Il modello di Brockner quindi propone un salto di complessità anche se è stato sviluppato, come sostenuto dal suo autore, proprio da quello di Greenhalgh e Rosenblatt in quanto riferimento fondamentale e naturale sviluppo del primo. Il suo valore consiste nella assunzione che i comportamenti dei soggetti non sono disgiunti dai processi di gruppo, dalle operazioni di ristrutturazione ed anche di scelte filosofiche che l organizzazione ed il management mettono in campo. A 22

livello sia pratico sia teorico sembra importante, quindi, studiare come gli effetti delle differenti regole decisionali possano provocare differenti reazioni sui sopravvissuti. La coerenza interna ed insieme la rilevanza esterna ne fanno un elemento costante e peculiare dei programmi di ricerca sviluppati nel corso dei successivi due decenni. 2.1 Differenze individuali quali variabili moderatrici Il problema delle differenti reazioni dei soggetti di fronte a identici eventi che inducono insicurezza trova ampio spazio nell ambito di entrambi i modelli proposti sia in relazione alla categorizzazione della job insecurity sia in relazione ai survivors. Un analisi puntuale ed articolata delle differenze individuali non è proponibile in questo contesto e ne verranno solo indicati i titoli. Proprio in relazione alle differenze individuali nasce l opportunità della differenziazione nella formulazione delle strategie interne alle aziende durante i processi di downsizing, nelle politiche e nelle azioni sindacali volte alla difesa dei lavoratori e nelle relative ricadute negoziali. Le implicazioni vanno oltre: nelle decisioni finalizzate alla generazione delle politiche del lavoro o nella fornitura dell ampia varietà di servizi di counseling, di sostegno, di orientamento al lavoro e di placement che le istituzioni pubbliche e le stesse imprese possono predisporre. Già il modello di Greenhalgh e Rosenblatt aveva ipotizzato cinque tratti di personalità quali moderatori dell insicurezza lavorativa, che rapidamente indichiamo. Il primo è il locus of control: poiché l insicurezza è vista come diminuzione di potere è probabile che l impotenza ad affrontare una situazione infastidisca maggiormente gli individui con un locus of control interno. D altro lato è emerso che chi ha un locus of control interno (P.E. Spector, 1982; Starmi e Spector, 1987) reagisce globalmente meglio alle condizioni di avversità ambientale, realizzano un apprendimento migliore rispetto alla situazione ed alla sua interpretazione ed infine in un tempo più rapido riesce a ricollocarsi all interno dell impresa o in altri contesti organizzativi. Il secondo fattore è il conservatorismo: è più probabile che gli individui conservatori siano maggiormente avversi alla perdita della continuità rispetto a coloro che lo sono in minore misura. Il terzo è la centralità dell interesse lavorativo e l ethic-work: coloro che pongono più importanza ai valori lavorativi intesi come interessi centrali della vita possono reagire con maggiore ansia a condizioni di incertezza rispetto ad altri. 23

Il quarto fattore è l attribuzione di tendenze: alcuni tendono a biasimare maggiormente se stessi rispetto ad altri che collocano invece la causa del biasimo al loro esterno. Infine l ultimo e anche il più ovvio fattore è connesso al livello del maggiore o minore bisogno di sicurezza (S.H. Blum, 1960) degli individui. Greenhalgh e Rosenblatt ipotizzano che anche altri tratti di personalità possono giocare un ruolo così importante da meritare di essere indagati, quali l importanza delle abilità conoscitive possedute ed il bisogno di riuscita - need for achievement - di Mc Clelland. Hartley (J. Hartley, D. Jacobson, B. Klandermans, T. Van Vuuren, 1991) ha focalizzato le dimensioni riconducibili al neuroticismo, alla salute fisica e mentale ed a quanto collegabile agli effetti proposti nella letteratura sullo stress che ha rappresentato un filone di indagine importante come già evidenziato da Brockner (1988) e riconfermato a consuntivo nella meta-analisi già citata di Sverke e Hellgren (2002). Meno scontate appaiono invece le articolazioni difensive che gli individui mettono in campo per sostenere la percezione della minaccia. Tendenze inconsce all afflizione anticipatoria (L. Greenhalg e Z. Rosenblatt, 1984) possono operare in congiunzione con tendenze più razionali e consapevoli mentre i meccanismi di difesa entrano in azione con modalità estremamente variegate in cui sono spesso presenti fenomeni di rimozione (il soggetto va avanti a lavorare come se non fosse successo nulla), di regressione o di introiezione/proiezione (E. Spaltro e De Vito Piscicelli, 1990; M. P. R. Kets de Vries e D. Miller 1992, pp. XIX - XXIII; G. Trentini, 1980). Greenhalg e Jick (1983) evidenziano come gli individui con una maggiore avversione alla ambiguità probabilmente percepiscono meno ambiguità obiettiva e come l avversione alla ambiguità produce reazioni più forti rispetto alla ambiguità percepita. Questo fattore cresce ulteriormente in rapporto alla profondità ed alla pervasività dei downsizing nei quali le richieste di performance ed insieme le esigenze di ridurre personale assumono il carattere dominante della convivenza organizzativa. La ambiguità organizzativa e di ruolo è l elemento caratterizzante del comportamento manageriale delle elite di potere ed apre connessioni con la riduzione dell efficacia lavorativa ed altri effetti organizzativi (R. Sanselieu, 2002; R. G. Zuffo, 1996, p.174; C. Kaneklin 2001; S. Ripamonti e C. Kaneklin, 2004, p.50-51). 2.2 Reazioni alla insicurezza lavorativa Le conseguenze dei layoff ipotizzate da Brockner e gli studi relativi alle situazioni di merger & acquisition evidenziano ed anticipano spesso una ampia letteratura successiva riconducibile alla job insecurity e ci inducono a ritenere come questo filone di ricerche sia ancor più centrale di quanto oggi la letteratura sulla stessa job insecurity esprima. I riferimenti teorici di Brockner 24