IL RIUTILIZZO IRRIGUO DELLE ACQUE REFLUE DEPURATE



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IL RIUTILIZZO IRRIGUO DELLE ACQUE REFLUE DEPURATE Introduzione In occasione delle celebrazioni del 22 marzo della Giornata Mondiale dell Acqua 1 si sono affrontati diversi aspetti relativi alle risorse idriche, in base agli obiettivi indicati dall Unesco, attraverso varie iniziative a livello locale, nazionale e internazionale. L Istituto Nazionale di Economia Agraria in ragione della sua storia di ricerca in materie di risorse idriche in agricoltura, ha partecipato alle iniziative previste attraverso l organizzazione di un workshop su tematiche connesse all importanza dell ottimizzazione dell uso della risorsa, tra cui il riutilizzo 2 irriguo dei reflui recuperati. Questa fonte alternativa di risorsa costituisce un azione di risparmio e di uso razionale dell acqua nelle strategie di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, finalizzata al mantenimento e/o all aumento delle disponibilità idriche per l agricoltura e alla sostituzione delle risorse convenzionali, nell ambito di previsioni sui cambiamenti climatici che possano portare ad una loro diminuzione. L agricoltura italiana, al pari degli altri settori della vita civile, ha infatti una necessità immediata di adeguarsi ai cambiamenti climatici in corso attraverso misure di programmazione strategica che siano in grado di indirizzare in modo corretto il comportamento degli operatori agricoli e le scelte delle istituzioni. L attenzione sulla tematica del riutilizzo in agricoltura dei reflui depurati nasce, quindi, dalla necessità di far fronte alla crescente domanda di acqua di aumentare le disponibilità idriche in zone che soffrono di scarsità: attraverso il riutilizzo dei reflui, infatti, come buona pratica di risparmio idrico in agricoltura, si perseguono gli obiettivi integrati di tutela qualitativa e quantitativa dei corpi idrici e la quantità di acqua disponibile per gli altri usi risulta essere maggiore, limitando il prelievo delle acque superficiali e sotterranee, e riducendo l impatto degli scarichi sui corpi idrici recettori. 1 La Giornata Mondiale dell Acqua fu istituita per la prima volta nel 1993 dall Assemblea generale delle Nazioni Unite al fine di aumentare la conoscenza e la consapevolezza sui problemi legati alle risorse idriche e mantenere alta l attenzione sull importanza della loro gestione sostenibile. L Assemblea generale delle Nazioni Unite ha dichiarato inoltre il 2013 Anno Internazionale della Cooperazione per l Acqua (Water cooperation, risoluzione A/RES/65/154). 2 Riutilizzo: impiego di acqua reflua recuperata di determinata qualità per specifica destinazione d'uso, per mezzo di una rete di distribuzione, in parziale o totale sostituzione di acqua superficiale o sotterranea. 1

(Obiettivi del riutilizzo irriguo delle acque reflue depurate Fonte: Esperienze e prospettive sul riutilizzo delle acque reflue depurate in Italia - Valente, Pineschi - Ministero dell Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare - Atti del workshop #SHAREWATERSAVEWATER COOPERATE FOR A NEW WATER CULTURE Roma 22 Marzo 2013) Quadro di riferimento normativo nazionale ed europeo Dal punto di vista normativo in materia di riuso delle acque reflue depurate, i punti di partenza sono essenzialmente la direttiva concernente il trattamento delle acque reflue urbane (Dir. 91/271/CE) e la direttiva quadro sulle acque (Dir. 2000/60/CE) che presentano dei richiami generali al riutilizzo e l individuazione di misure da inserire tra quelle supplementari dei Piani di Gestione delle acque, volte a favorire l efficienza e il riutilizzo. La normativa italiana a partire dalla fine degli anni novanta con il d.lgs. n. 152/99, ha recepito le direttive emanate dalla Comunità Europea, quali appunto la suddetta 91/271/CEE, nonchè la 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall inquinamento dai nitrati provenienti da fonti agricole. Il d.lgs. 152/99 è stato attuato tramite una serie di decreti derivati tra cui il d.m. 12 giugno 2003, n. 185 Regolamento recante norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue in attuazione dell articolo 26, comma 2, del d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152. Questo decreto è quello attualmente vigente in Italia e stabilisce le norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue domestiche, urbane ed industriali attraverso la regolamentazione delle destinazioni d uso ammissibili (irriguo, civile, industriale) e dei relativi requisiti di qualità. Ai fini della tutela qualitativa e quantitativa delle risorse idriche, il suddetto d.m. 185/03 prevede delle limitazioni per il prelievo delle acque superficiali e sotterranee, riducendo l impatto degli scarichi sui fiumi e favorendo il risparmio idrico. La parte più importante del d.m. 185/2003 è la tabella recante i requisiti di qualità chimico-fisici e microbiologici che l acqua recuperata deve rispettare per essere riutilizzata. I requisiti 3 di qualità devono esser posseduti all uscita dell impianto di recupero e i valori sono medi su base annua o, nel solo caso del riutilizzo irriguo, della singola campagna irrigua. Secondo il d.m. 185/03 le Regioni, in base all art. 5, svolgono un ruolo fondamentale: sono chiamate a pianificare le attività di recupero delle acque reflue ai fini del riutilizzo, individuando ad esempio 3 Nel caso di riutilizzo irriguo, tali limiti presuppongono per il parametro Escherichia Coli un valore a regime fissato in 10 UFC/100 ml per l 80% dei campioni e 100 UFC/100 ml come massimo valore puntuale. I limiti per fosforo e azoto totale possono essere invece elevati rispettivamente fino a 10 mg/l e 35 mg/l. 2

all interno del proprio territorio gli impianti di depurazione in grado di produrre un effluente con caratteristiche di qualità idonee al riuso. E previsto inoltre (art. 12) che le Regioni possano stabilire appositi Accordi di programma con i titolari degli impianti di recupero 4 delle acque reflue e con i titolari delle reti di distribuzione 5, anche al fine di prevedere agevolazioni ed incentivazioni al riutilizzo. Come ultimo step normativo nazionale, nell ambito della regolamentazione del riutilizzo delle acque reflue, si ricorda il Testo Unico dell Ambiente (TU), cioè il d.lgs. n. 152/2006, che recepisce le suddette direttive comunitarie, nonché il d.lgs. n. 152 dell 11 maggio 1999. Nella definizione degli obiettivi del TU, fondamentale è da parte di coloro che gestiscono o utilizzano le risorse idriche l individuazione delle misure tese alla loro conservazione, risparmio e riutilizzo, nonché la definizione delle loro competenze. Ad oggi importanti sviluppi a livello europeo in tema di riutilizzo delle acque reflue depurate sono in corso di aggiornamento. Nel novembre 2012 è stata pubblicata la comunicazione della Commissione europea contente il Piano per la salvaguardia delle risorse idriche europee, il cosiddetto Blueprint, nel quale il riutilizzo delle acque reflue depurate ha un ruolo chiave al fine di limitare le situazioni di carenza idrica e ridurre la vulnerabilità dei corpi idrici agli eventi estremi. Il Blueprint incoraggia il riutilizzo delle acque reflue depurate e propone di valutare la definizione standard comuni per il riutilizzo dell acqua (quale proposta della Commissione da presentare nel 2015) e indicando le possibili fonti 6 di finanziamento per realizzare le infrastrutture di riutilizzo. Le problematiche e le criticità Dall analisi della tematica del riutilizzo irriguo dei reflui depurati si ha modo di comprendere come, a causa della complessità di interazioni tra azioni ed effetti diretti ed indiretti che agiscono su componenti diverse, siano presenti varie criticità e problematiche, riguardanti aspetti normativi, igienico-sanitari, ambientali, tecnologici, economici e logistici. Nonostante ciò, nel nostro Paese l attenzione si è concentrata molto spesso sul potenziale rischio di diffusione di patologie (sicurezza sanitariaambientale) e per questa ragione, il riutilizzo a fini irrigui dei reflui depurati risulta oggi in Italia di non facile praticabilità, a causa sia della normativa vigente troppo restrittiva, sia perché si sono spesso trascurati quelli economici e gestionali, che necessitano di maggiori approfondimenti. Dall analisi del quadro normativo riportato nel precedente paragrafo emerge che purtroppo in Italia non esiste una legge unica che stabilisca i parametri minimi di qualità delle acque irrigue. Infatti il d.m. 185/03 stabilisce la qualità per il riuso diretto delle acque reflue depurate, il d.lgs. 152/06 norma la qualità delle acque reflue scaricate al suolo o nella rete di scolo, ovvero il riutilizzo indiretto, e molte leggi regionali stabiliscono che occorre chiedere il parere di compatibilità irrigua allo scarico ai Consorzi di bonifica per salvaguardia salubrità delle produzioni e della fertilità del suolo. Tra i fattori che hanno finora limitato la diffusione di questa pratica agricola di risparmio idrico c è quindi quello normativo e 4 Impianto di recupero: strutture destinate al trattamento depurativo di riqualificazione di un acqua reflua, incluse le eventuali strutture di equalizzazione e di stoccaggio delle acque reflue recuperate presenti all'interno dell'impianto, prima dell'immissione nella rete di distribuzione delle acque reflue recuperate. 5 Rete di distribuzione: le strutture destinate all'erogazione delle acque reflue recuperate, incluse le eventuali strutture per la loro equalizzazione, l'ulteriore trattamento e lo stoccaggio, diverse dagli impianti di recupero. 6 Fondi strutturali e di coesione e prestiti della BEI (2014-2021). 3

perciò, per incentivare tale pratica, sono auspicabili delle modifiche al d.m. 185/2003, in virtù dei parametri troppo restrittivi rispetto anche a quelli proposti dalle linee guida dell Organizzazione mondiale della Sanità o da altri Paesi mediterranei. Ciò costituisce un punto cruciale, in quanto proprio la rimozione spinta di tali sostanze alza i costi della depurazione a livelli tali da far risultare il riutilizzo non sostenibile economicamente. A livello infrastrutturale, i sistemi irrigui consortili esistenti sul territorio nazionale costituiscono in buona parte dei casi una realtà disomogenea con strutture non adeguate e senza le opportune capacità di operare e gestire tecnicamente dei sistemi di depurazione così complessi e articolati. Per soddisfare i requisiti 7 normativi delle reti di distribuzione e dei sistemi irrigui, spesso risulterebbero necessari interventi di adeguamento, ammodernamento e riconversione, con ingenti costi. Inoltre le possibilità di riutilizzo sono limitate dall attuale frammentarietà della stessa gestione infrastrutturale 8. In Italia infatti gli impianti di depurazione sono circa 15.000 e gran parte di questi sono di potenzialità inferiore ai 10.000 abitanti equivalenti; si tratta di impianti di piccole dimensioni gestiti da enti diversi (Comuni, società di depurazione), e quindi un organizzazione coerente ed vantaggiosa risulta complessa da perseguire. Nell ambito del finanziamento degli interventi progettuali suddetti, delle attività di predisposizione dei Piani di Gestione del sistema di riutilizzo e di realizzazione della rete di distribuzione collegante gli impianti alle aree agricole da servire, sussiste una situazione che risente delle scarse risorse pubbliche. Attualmente, sono le Regioni infatti, ad assumersi l onere di attivare le politiche di sostegno e i contributi finanziari necessari a mettere in attuazione gli interventi progettuali. Tutto ciò viene a concretizzarsi, tra tante e varie difficoltà, con la promozione di Accordi di programma tra le stesse Regioni, i Gestori degli impianti di recupero delle acque reflue ed i Gestori delle reti di distribuzione (Consorzi di bonifica). Ancora però tutto questo non è sufficiente. È forte la necessità di un nuovo orientamento nelle scelte politiche, cioè una programmazione di interventi mirati di adeguamento dei processi depurativi negli impianti esistenti in funzione di un potenziale riutilizzo, con l investimento di risorse pubbliche, non nel reperimento di nuove risorse idriche convenzionali attraverso opere di regolazione e adduzione, bensì nel collegamento di quelle utenze ancora non collegate con gli impianti consortili, e nel trasferimento delle acque reflue nelle aree agricole da servire (stazioni di sollevamento, reti di distribuzione e strutture per lo stoccaggio). Un caso studio 9 Al fine di effettuare un analisi centrata sul territorio italiano e di verificare come le indicazioni normative e gestionali vengano concretamente affrontate, si è scelto un caso di Consorzio di bonifica, 7 Le reti di distribuzione delle acque reflue recuperate devono essere adeguatamente contrassegnate, nonché separate e realizzate in modo tale da evitare ogni contaminazione alle reti di adduzione e distribuzione delle acque destinate al consumo umano o il contatto con acque di scarico fognario. I canali a cielo aperto e gli invasi di acque rientranti nella rete di distribuzione devono essere indicati con segnaletica colorata e visibile. I punti nei quali viene conferita l acqua depurata devono essere segnalati in modo da essere chiaramente distinguibili da quelli delle acque potabili. Il sistema di distribuzione deve esser dotato di idonei strumenti di rilevamento della pressione e della portata, nonché di punti di prelievo per il monitoraggio della qualità dell acqua recuperata. 8 Relazione generale sugli impianti di depurazione e sul riuso idrico e dei fanghi (linea di attività 1) - APAT (2006). 9 Tratto da Esperienze di riutilizzo irriguo: il caso del Consorzio di bonifica della Nurra - Franco Moritto, Dirigente tecnico Consorzio di bonifica e irrigazione della Nurra - Atti del workshop #SHAREWATERSAVEWATER COOPERATE FOR A NEW WATER CULTURE Roma 22 Marzo 2013 4

che conduce l attività del riutilizzo irriguo dei reflui nel comprensorio di sua competenza. Tra questi si è scelto di riportare quello del Consorzio di bonifica e irrigazione della Nurra (nel Nord Ovest della Sardegna). Il Consorzio di Bonifica della Nurra, costituto nel 1963, ha un comprensorio attrezzato di 21.806 ettari e una superficie irrigabile di 15.507 ettari. Il territorio irriguo è compreso nei comuni di Sassari, Alghero, Porto Torres e Olmedo e l approvvigionamento idrico è assicurato dal bacino del Cuga. L esperienza 10 di riutilizzo più significativa per il Consorzio è quella avente come fonte per l approvvigionamento l impianto di trattamento delle acque reflue urbane di Alghero-San Marco, gestito dall Ente gestore del servizio idrico integrato, Abbanoa S.p.A. L impianto è progettato per 77.500 abitanti equivalenti e il processo depurativo è tradizionale con trattamenti aggiuntivi per il riutilizzo irriguo (filtrazione a dischi in ABS rotanti, disinfezione con raggi UV) e con un impianto di sollevamento per la consegna in pressione alla rete irrigua. Nelle figure sottostanti sono riportate rispettivamente in grigio il comprensorio amministrativo, in giallo la superficie attrezzata per l irrigazione, della quale circa il 40% (in verde) la porzione attrezzata servita dalle acque miscelate del depuratore di San Marco. (Comprensorio del Consorzio e aree attrezzate per l irrigazione Fonte: Esperienze di riutilizzo irriguo: il caso del Consorzio di bonifica della Nurra - Franco Moritto, Dirigente tecnico del Consorzio ) La connessione tra impianto e la rete irrigua, praticamente adiacente, è costituita da condotta in uscita dal sollevamento finale dell impianto a valle dello stadio di affinamento che si collega ad una adduttrice principale fuori terra DN 1400. 10 L altra esperienza del Consorzio è relativa ad un impianto (depuratore di Sassari Caniga) piuttosto lontano dalla rete irrigua, con opere di connessione ancora in fase di ultimazione. 5

(Vista del depuratore di S. Marco e, sullo sfondo, della condotta adduttrice irrigua nella quale avviene la miscelazione Fonte: Esperienze di riutilizzo irriguo: il caso del Consorzio di bonifica della Nurra - Franco Moritto, Dirigente tecnico del Consorzio ) Il Consorzio della Nurra in collaborazione con Abbanoa S.p.A. ha realizzato il Piano di gestione - riutilizzo delle acque reflue depurate del Comune di Alghero, ai sensi della Dir. reg. 75/15 del 2008, che recepisce il d.m. 185/2003, e il d.lgs 152/2006 e s.m.i. (art. 99 comma 2). La Regione Sardegna infatti in quanto a statuto speciale si è dotata di una sua normativa in materia di riutilizzo irriguo dei reflui, partendo ovviamente dalla normativa vigente a livello nazionale, ma decisamente più restrittiva, non tanto nei parametri qualitativi minimi, quanto nelle modalità di utilizzo di queste acque 11. La Dir. reg. riprende completamente il d.m. 185/2003, stabilendo le norme e le misure per favorire il riutilizzo. I commi 2 e 3 dell art. 9 concretizzano in particolare l effettiva possibilità di applicare il riutilizzo irriguo dei reflui nel caso in questione: secondo la delibera è consentito infatti il mescolamento (mediante l immissione diretta, che avviene nei pressi del depuratore, all intersezione di una tubazione DN 300 in uscita dall impianto con la già citata adduttrice principale DN 1400 della rete irrigua), esclusivamente a valle del trattamento, delle acque reflue con la risorsa idrica grezza proveniente dall invaso del Cuga, fino al rapporto di 1:1, che comporta l equiparazione della miscela così formatasi all acqua grezza. Tale miscelazione in pari quantità consente di evitare le previste limitazioni d uso 12 e questo incrementa la possibilità di un diffuso e sicuro riutilizzo irriguo, come già adottato nel Comprensorio in questione. I risultati dei primi anni di sperimentazione mostrano come il processo in esercizio abbia una possibilità teorica annuale di conferimento dei reflui di circa 4,8 milioni di m 3 (su circa 30 milioni di m 3 di fabbisogno totale) e che dunque sia ancora da incentivare e potenziare, sfruttando pienamente le recenti misure regionali incentivanti il riutilizzo. Si verifica infatti che il valore reale del conferimento di acque reflue recuperate sia notevolmente ridotto almeno al 50% principalmente per l obbligo di miscelazione fissato dalla normativa (soprattutto nei periodi invernali e autunnali, in cui si ha una minore richiesta che ostacola la possibilità di miscelazione col rapporto 1:1). Infine, in una situazione locale consolidata culturalmente da decenni di utilizzo di normali acque grezze, si rileva una scarsa accettazione delle acque reflue depurate da parte dei consorziati, per cui sarebbe opportuno promuovere attività di informazione e sensibilizzazione più incisive sul riutilizzo: le attività di monitoraggio dei parametri spesso verificano che i reflui recuperati risultano avere caratteristiche qualitative migliori, perché sono controllati più volte e in diversi punti, a differenza di quelle grezze. 11 E' infatti vietato il riutilizzo delle acque reflue recuperate sulle seguenti categorie di terreni: a) aree di salvaguardia delle captazioni o derivazioni di acque destinate al consumo umano. In assenza di specifica individuazione deve essere salvaguardata un'area di 200 m di raggio dal punto di captazione o derivazione; b) terreni gelati, innevati, saturi d acqua e inondati. 12 Come ad esempio subirrigazione, distanze da centri abitati, distanze da pozzi, tubazioni viola, segnaletica. 6

BIBLIOGRAFIA Atti del workshop #SHAREWATERSAVEWATER COOPERATE FOR A NEW WATER CULTURE Roma 22 Marzo 2013 Decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006, Norme in materia ambientale Decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio n. 185 del 12 giugno 2003, Regolamento recante norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue in attuazione dell articolo 26, comma 2, del D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152 Decreto legislativo n. 152 del 11 maggio 1999, Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole Direttiva Regionale Sardegna n. 75/15 del 30 dicembre 2008, Misure di tutela quali-quantitativa delle risorse idriche tramite il riutilizzo delle acque reflue depurate Zucaro R. et al., (2012), Valutazione tecnico-economica delle potenzialità di riutilizzo irriguo dei reflui depurati: il caso della Valpadana, INEA Roma di Gian Marco Dodaro 7