Ansaldo. Organizzazione e lavoro Roberto Tolaini



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Roberto Tolaini Febbraio 2008 Testo per Storiaindustria.it 1 Ad esclusivo uso didattico. Gli altri diritti riservati.

1. Organizzazione del lavoro Sebbene i risultati economici dell Ansaldo nei suoi primi trenta anni siano stati piuttosto mediocri, al suo interno si accumularono saperi pratici e competenze tecniche che la resero un esperienza unica nel panorama italiana post-unitario. La manodopera ansaldina, composta da operai tornitori, aggiustatori, montatori, calderai, fonditori, operai dei magli, era stata formata da capi d arte inglesi ed era talmente rara che l impresa la pagava anche nei momenti di scarsa attività per non correre il rischio di vederla emigrare. Una manodopera capace di fare di tutto, dalla quale emergevano quei capimastri, dotati di un esperienza tecnica eccellente, che controllavano le assunzioni, contrattavano con gli ingegneri il salario dei nuovi assunti, avevano voce in capitolo sulla fissazione dei cottimi e a fianco degli ingegneri, ma spesso con un autorevolezza superiore derivante dal saper fare, avevano la responsabilità dell organizzazione del lavoro. Di fatto, vi erano ridotte possibilità di controllo sui costi di produzione perché erano i capimastri, attenti alla qualità della produzione ma scarsamente attenti al costo complessivo, a dettare tempi e modi del lavoro. In termini di occupati le maestranze del Meccanico passarono da 500 unità negli anni 50 a 700 all inizio degli anni 80. Fu con il passaggio ai Bombrini che la forza lavoro superò stabilmente le 2.000 unità a partire dalla fine degli anni 80, per poi oscillare tra le 3-4.000 nel periodo 1905-1909 e crescere decisamente, a partire dagli ampliamenti introdotti dai fratelli Perrone, dal 1910. Alla vigilia della guerra nei 6 stabilimenti Ansaldo lavoravano circa 10.000 operai. Tale fase espansiva dell occupazione si verificò senza che mutassero nella sostanza i criteri di organizzazione del lavoro. La questione del controllo dei costi di produzione diventò rilevante agli occhi dei Perrone dal momento in cui l impresa accrebbe la gamma dei beni prodotti. Furono proposte trasformazioni organizzative al fine di consolidare le linee gerarchiche, e, a ridosso della guerra, fu studiato attentamente il sistema Taylor. Con la guerra, l occupazione crebbe notevolmente e ciò pose rilevanti problemi organizzativi perché si trattava di uomini, donne, ragazzi che dovevano essere addestrati velocemente per far fronte alle commesse belliche. In questo contesto, i Perrone si mossero con energia per introdurre nuovi metodi di organizzazione del lavoro di derivazione taylorista. Spinti dalle esigenze belliche e dalla larga disponibilità di manodopera non qualificata, avviarono importanti esperienze di produzione in serie utilizzando macchine utensili automatiche, attribuendo maggiori poteri agli ingegneri, ridimensionando così il ruolo dei capimastri. Nel dopo guerra i Perrone cercarono di consolidare queste esperienze, dotando l impresa di un Ispettorato generale, la cui attività fu rivolta alla standardizzazione e all organizzazione del lavoro di officina. Tuttavia tali novità furono travolte dalla loro caduta e la dirigenza degli anni 1922-1935 ripiegò su modalità organizzative tradizionali. Fu con Rocca, esperto conoscitore delle metodologie manageriali americane, che la struttura aziendale e l organizzazione del lavoro furono sottoposte a cambiamenti rilevanti in tutti gli stabilimenti, nel quadro di un deciso orientamento verso la organizzazione scientifica del lavoro. In particolare aumentò il numero di ingegneri e periti che ricoprirono posti chiave negli uffici tecnici e produzione, mentre i capi furono ridotti al ruolo di controllori. I livelli di cottimo furono ritoccati frequentemente per costringere gli operai a un ritmo di lavoro più intenso. Contemporaneamente, però, furono introdotte attività assistenziali e ricreative e fu aperta una Scuola apprendisti Ansaldo-Siac, che si rivelò un efficace strumento di formazione del capitale umano. La manodopera che alla fine degli anni 20 era scesa sotto le 10.000 unità, nella seconda metà degli anni 30 tornò a crescere, superando le 20.000 unità, raggiungendo oltre 30.000 unità nel 1943. Nel dopoguerra il modello Rocca fu confermato e nel corso degli anni 50 fu aggiornato introducendo esperienze ispirate alle human relations che proprio in quegli anni avevano trovato una loro prima introduzione nella genovese Cornigliano, del gruppo Finsider. Negli ultimi decenni, le ristrutturazioni e la rivoluzione dell informazione hanno drasticamente ridotto il peso delle tute blu, mentre è cresciuto il peso di tecnici e ingegneri. 2

2. Tecniche e impianti di produzione Al momento della sua costituzione la Gio. Ansaldo e C. ereditò lo Stabilimento meccanico di Sampierdarena della Taylor e Prandi, a cui aggiunse un cantiere navale di dimensioni limitate nelle vicinanze. Fu con il passaggio ai Bombrini che la struttura impiantistica si ampliò, in seguito agli investimenti da loro effettuati. Tra il 1883 e il 1889, ad esempio, la potenza installata in termini di cavalli vapore passò da 190 a 1.000, le macchine utensili passarono da 163 a 700 e la superficie coperta da 14.700 mq a 32.900. Inoltre fu acquistato il cantiere Cadenaccio di Sestri, che sostituì quello di Sampierdarena. Negli anni 90 i Bombrini effettuarono altri importanti investimenti, con lo scopo di dare forma ad un complesso aziendale verticalmente integrato. Nel 1894 l Ansaldo inglobò la Società italiana Delta, che a Cornigliano produceva leghe metalliche in bronzo e ottone, che servivano nella produzione di eliche, valvole, guarnizioni. Nell area portuale di Genova fu allestita un officina di riparazioni e allestimento di navi. Nel 1898 si impiantò uno stabilimento siderurgico a Cornigliano, dotato poi di forni Martin Siemens. Un anno dopo, sempre a Cornigliano, fu edificato lo stabilimento Elettromeccanico, destinato a fornire elettromeccanismi di bordo per le navi. Tra il 1882 e il 1902 il valore degli impianti e dei macchinari iscritti nel bilancio passò da 3,7 milioni di lire a 11,5. Durante la gestione dei Perrone, gli investimenti furono sostenuti soprattutto dopo il 1910, quando si portò avanti un ammodernamento generale dello Stabilimento meccanico, mettendolo in grado di produrre turbine con licenza Parsons, creando reparti per la produzione di materiale d artiglieria, una officina per la zincatura delle lamiere, un reparto per la produzione di motori a scoppio e si ampliò decisamente l acciaieria e fonderia. Ma fu durante la guerra che l Ansaldo allargò notevolmente la sua base produttiva, accrescendo anche le competenze tecnologiche. Si stima che tra il 1915 e il 1918 furono investiti ben 588 milioni in lire correnti per ampliamento e costruzione ex novo di officine a cui si devono aggiungere altri 68 milioni per l acquisizione di diverse società per azioni. Alla fine della guerra l Ansaldo aveva affiancato agli stabilimenti precedenti tra l altro miniere di lignite e di ferro, impianti idroelettrici, un altra fonderia di ghisa (Multedo), gli Stabilimenti elettrosiderurgici di Aosta (in costruzione), due proiettifici a Sestri e a Fiumara, una fabbrica tubi (Genova Fegino), un cantiere per aeroplani a Borzoli, il cantiere navale della Fiat San Giorgio di La Spezia, la Sit e la Pomilio di Torino, che costruivano aeroplani, oltre a due compagnie di navigazione. Una parte importante di tali impianti fu alienata negli anni venti, in seguito alla caduta dei Perrone, e fu la Fiat ad avvantaggiarsene di più, ritornando in possesso del cantiere di La Spezia oltre che della aeronautica Ansaldo. Tra il 1922 e il 1933, anno di inglobamento dell Ansaldo nell Iri, pochi furono gli investimenti rilevanti compiuti cosicché l impresa, a parte l elettromeccanica dove si consolidarono competenze tecnologiche di alto livello, perse il contatto con il cambiamento tecnologico. Al punto che alla metà degli anni 30 l Ansaldo aveva impianti e macchinari invecchiati. Nel 1934 si ebbe il primo dei cambiamenti significativi introdotti dalla nuova proprietà. Lo stabilimento siderurgico di Cornigliano, uno degli elementi fondamentali della organizzazione verticale Ansaldo, fu scorporato e inglobato nella Siac. Di fronte alla decadenza degli impianti, la nuova dirigenza Ansaldo avviò un vasto programma di investimenti, che tra il 1936 e il 1940 ammontò a 455 milioni di lire, orientato verso l acquisto di moderne macchine utensili, 1.850 unità tra il 1935 e il 1940. Ma lo sforzo finanziario maggiore fu compiuto per adeguare la produzione di bocche da fuoco alla richiesta statale. In questo contesto, l Ansaldo acquisì il controllo in area ligure dei cantieri Savoia e del Fossati, dove si producevano i carri armati. Durante la guerra, l ampliamento degli impianti si verificò soltanto nei primi anni e si concentrò nel potenziamento degli impianti di Campi che producevano artiglierie. Nel dopoguerra i danni bellici non pregiudicarono le sorti dell impresa che invece dovette far fronte a impellenti esigenze di riconversione che gradualmente modificarono la struttura dell azienda. Ansaldo perse l elettromeccanico, accorpato alla San Giorgio, il Fossati e il Delta; nello stesso tempo, nell ambito della scelta cantieristica, nell Ansaldo confluirono i cantieri navali della Oto di Livorno e del Muggiano. Fu appunto nel cantiere di Sestri che si concentrarono investimenti massicci tra il 1960 e il 1965 per più di 11 miliardi di lire che modificarono in profondità la struttura del vecchio cantiere, 3

ammodernando impianti ormai obsoleti. Dal 1966, però, con l accorpamento di tutti i cantieri navali pubblici in Italcantieri, l Ansaldo perse le costruzioni navali, un settore che ne aveva caratterizzato la storia per quasi un secolo, fatto che segnò l abbandono definitivo del modello di impresa verticalmente integrata. Le società Ansaldo attuali, dopo una lunga serie di ristrutturazioni, occupano aree nella zona di Campi e nella originaria area di Sampierdarena. 4