HEALTH MANAGEMENT ISTITUTO DI MANAGEMENT SANITARIO FIRENZE

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1 1 OGGETTO NUMERO MASSIMO DI TURNI DI PRONTA DISPONIBILITÀ QUESITO (posto in data 17 giugno 2015) Sono un urologo in servizio presso un presidio ospedaliero a gestione diretta. Recentemente a mezzo del mio legale di fiducia ho fatto pervenire una comunicazione all'azienda nella quale sottolineo che non sono disponibile a fare più di dieci turni di pronta disponibilità mensili. A tutt'oggi, non c'è stata risposta, e, sono convinto, mai ci sarà; tenuto conto che siamo solo tre medici, in questa unità operativa, senza primario, e che sono già cominciate le ferie, pregresse da smaltire ed estive, con una ipotetica turnazione che, nel mio caso, per il mese di luglio, prevede quindici turni di pronta disponibilità; tenendo conto anche del fatto che la nostra reperibilità comincia alle ore e, pertanto, è di diciotto ore; come mi devo comportare? qual è il prossimo passo da fare? RISPOSTA (inviata in data 26 giugno 2015) La situazione descritta nel quesito è uno degli innumerevoli esempi che purtroppo sono sempre più diffusi nella realtà sanitaria nazionale di una illogica ed illegittima presunzione che il dirigente medico sia tenuto ad assicurare un numero indefinito di ore di servizio, di turni di pronta disponibilità, sia in sostanza tenuto ad una prestazione lavorativa illimitata ed incondizionata, ritenendo questo l unico modo possibile per assicurare determinati livelli assistenziali con risorse fisico tecniche e finanziarie oggettivamente insufficienti. La questione trascende la dimensione aziendale, e la dimensione regionale, per assumere rilievo e significato politico, ed investire responsabilità di governo e di politica economica: il definanziamento strutturale al quale è sottoposto da anni il nostro Servizio Sanitario Nazionale, con effetti devastanti sulla qualità dell assistenza nonché sulla qualità della vita dei professionisti, costretti ad un impegno sempre maggiore a fronte di garanzie e tutele sempre minori, nonché di prospettive di crescita professionale ed economica aleatorie.

2 2 L obiettivo da perseguire è definire un regolamento aziendale condiviso, con il massimo coinvolgimento possibile dei professionisti, e con la partecipazione attiva di tutti coloro che hanno specifiche responsabilità su tematiche quali governo clinico, qualità e sicurezza delle cure, risk management: i direttori delle unità operative istituite per presidiare questi aspetti, i direttori dei dipartimenti interessati e la direzione sanitaria aziendale. All importanza di questo obiettivo ed alle strategie per conseguirlo sono dedicate le riflessioni di seguito riportate, che hanno valenza generale e trascendono la specificità del quesito posto. Nel merito di questo si può osservare che la pronta disponibilità può essere utilizzata per assicurare la continuità assistenziale soltanto nelle ore notturne e nei giorni festivi, e non può assolutamente essere utilizzata dalle 14 alle 20. Anche questo, peraltro esplicitamente previsto dal comma 3 dell articolo 17 del CCNL 2002_2005 (articolo che disciplina l istituto della pronta disponibilità) deve essere ribadito dal regolamento aziendale, che deve essere adottato anche per evitare che siano affrontate in modo non omogeneo situazioni analoghe, violando così i principi della trasparenza e dell imparzialità che l articolo 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, indica come principi fondanti il comportamento delle amministrazioni pubbliche. Un ultima notazione concerne l approccio adottato per far valere diritti sanciti da precise norme contrattuali: affidarne ad un legale la tutela. Questo approccio personalizza il problema e non giova certo a creare un rapporto positivo con la direzione aziendale, ai diversi livelli in cui essa si esprime (dal direttore della struttura complessa, al direttore medico di presidio, al direttore sanitario aziendale, sino al direttore generale, tutti a vario titolo chiamati a rispondere di una corretta gestione degli istituti contrattuali vigenti). L approccio deve essere il più impersonale possibile, e deve essere gestito dalle organizzazioni sindacali, che devono farsi carico, con tutti i mezzi possibili, di tutelare i diritti dei lavoratori. Questo ruolo è reso oggettivamente difficile da una progressiva riduzione delle prerogative delle organizzazioni sindacali che è oggetto di una specifica riflessione nelle pagine seguenti, ma deve ad ogni costo essere recuperato. La recente sentenza della Corte Costituzionale sancisce l illegittimità del blocco della contrattazione e riapre di fatto una nuova stagione negoziale: è una opportunità che non deve essere perduta.

3 3 L ESIGENZA DI ADOTTARE UN REGOLAMENTO CONDIVISO L organizzazione dei turni di guardia e di pronta disponibilità deve essere disciplinata da uno specifico regolamento aziendale, adottato previa concertazione con le organizzazioni sindacali. Il riferimento normativo che precisa questa modalità è il comma 1 dell articolo 16 del CCNL 2002_2005, che testualmente dispone: 1. Nelle ore notturne e nei giorni festivi, la continuità assistenziale e le urgenze/emergenze dei servizi ospedalieri e, laddove previsto, di quelli territoriali, sono assicurate, secondo le procedure di cui all'articolo 6, comma 1 lettera B), mediante: a) il dipartimento di emergenza, se istituito, eventualmente integrato, ove necessario da altri servizi di guardia o di pronta disponibilità; b) la guardia medica di unità operativa o tra unità operative appartenenti ad aree funzionali omogenee e dei servizi speciali di diagnosi e cura; c) la guardia medica nei servizi territoriali ove previsto. L articolo 6, comma 1, lettera B precisa quali sono le materie in ordine alle quali le organizzazioni sindacali possono attivare la concertazione ed indica tra queste l articolazione dell'orario di lavoro e dei piani per assicurare le emergenze. Adottare uno specifico regolamento che disciplini un settore così delicato qual è quello della continuità assistenziale costituisce per l azienda un dovere etico, prima ancora che un obbligo formale sancito dal Decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997, con il quale venivano fissati i requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private. Tra i requisiti minimi organizzativi generali il DPR citato precisa infatti che La Direzione definisce ed esplicita l'organizzazione e le politiche di gestione delle risorse umane ed economiche per: - le attività ambulatoriali; - le attività di ricovero a ciclo continuativo e diurno (acuti e post-acuti). La Direzione definisce le modalità con cui garantisce la continuità dell'assistenza al paziente in caso di urgenze od eventi imprevisti (clinici, organizzativi, tecnologici).

4 4 Sempre il DPR citato precisa che: In tutte le articolazioni organizzativo-funzionali è favorito l'utilizzo delle Linee guida predisposte dalle Società scientifiche o da gruppi di esperti per una buona pratica clinica nelle varie branche specialistiche. Inoltre devono essere predisposte con gli operatori, linee guida, regolamenti interni che indichino il processo assistenziale con cui devono essere gestite le evenienze cliniche più frequenti o di maggiore gravità. Ogni struttura organizzativa predispone una raccolta di regolamenti interni, linee guida, aggiornati per lo svolgimento delle procedure tecniche più rilevanti (selezionate per rischio, frequenza, costo). Il personale deve essere informato sull'esistenza di tali documenti, che sono facilmente accessibili, e che vanno confermati o aggiornati almeno ogni tre anni. Le disposizioni richiamate vanno lette nel contesto di un processo continuo di miglioramento della qualità che sempre nel DPR citato trovava una sua compiuta definizione La Direzione è responsabile della creazione delle condizioni organizzative che facilitino e consentano la promozione e il supporto ad attività valutative e di miglioramento dei processi di erogazione dei servizi e delle prestazioni, secondo le indicazioni contenute in questo stesso documento o nella normativa già emanata a livello nazionale o locale. In tutti i presidi devono essere attivati programmi di valutazione e miglioramento delle attività. I programmi vengono selezionati in rapporto alle priorità individuate. In ogni azienda deve esistere una struttura organizzativa (o un responsabile in relazione alla complessità della stessa) che presiede alle attività di valutazione e miglioramento della qualità. Annualmente ogni struttura organizzativa effettua al proprio interno o partecipa ad almeno un progetto di valutazione e verifica di qualità favorendo il coinvolgimento di tutto il personale. Tale attività sarà utilizzata anche per lo studio dell'appropriatezza nell'utilizzo delle risorse, con particolare riferimento agli episodi di ricovero e all'utilizzo di tecnologie

5 5 Le indicazioni che emergono dalla lettura del DPR in questione sono riconducibili a tre aspetti fondamentali: la regolamentazione analitica dei processi assistenziali, anche attraverso la definizione di linee guida interne e l adozione di linee guida adottate dalla comunità scientifica il coinvolgimento attivo dei professionisti nella definizione di tale regolamentazione l attivazione di processi di revisione sistematica e miglioramento continuo della qualità e dell appropriatezza delle prestazioni Tali processi sono indicati come condizione ordinaria di governo delle attività clinico assistenziali dal comma 1 dell articolo 10 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502: 1. Allo scopo di garantire la qualità dell'assistenza nei confronti della generalità dei cittadini, è adottato in via ordinaria il metodo della verifica e revisione della qualità e della quantità delle prestazioni, nonché del loro costo, al cui sviluppo devono risultare funzionali i modelli organizzativi ed i flussi informativi dei soggetti erogatori e gli istituti normativi regolanti il rapporto di lavoro del personale dipendente, nonché i rapporti tra soggetti erogatori, pubblici e privati, ed il Servizio sanitario nazionale. Un richiamo particolare merita l importanza delle linee guida, anche alla luce del comma 1 dell articolo 3 del decreto legge 13 settembre 2012, n. 158 (il cosiddetto decreto Balduzzi): 1. L'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l'obbligo di cui all'articolo 2043 del codice civile. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo. (L articolo 2043 del codice civile dispone che Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona, ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno )

6 6 L organizzazione dei processi assistenziali, considerata la complessità degli stessi e le implicazioni in termini di responsabilità professionali, non può essere lasciata all arbitrio della direzione, per quanto illuminata e competente essa possa essere, ma deve scaturire da una applicazione partecipata e condivisa di principi e criteri generali che scaturiscono dalle linee guida della professione medica, nonché dalle norme contrattuali e dalle linee guida regionali. Principi e norme che comunque stabiliscono riferimenti di carattere generale, che devono essere declinati con riferimento alle specifiche realtà aziendali, tenendo conto delle peculiarità che esse presentano, con la più ampia partecipazione possibile dei professionisti, sia attraverso le loro organizzazioni sindacali (non a caso la normativa contrattuale prevede che gli orari di lavoro e le modalità adottate per coprire le urgenze ed emergenze siano oggetto di concertazione), sia attraverso organismi quali il consiglio dei sanitari, il collegio di direzione, che sono strumenti di coinvolgimento del medico nelle decisioni che riguardano l organizzazione delle attività. Purtroppo l emergenza economica da un lato, ed una interpretazione disinvolta dell articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 2001, n. 165 che disciplina i poteri di organizzazione, stanno riducendo prerogative e funzioni tanto delle organizzazioni sindacali quanto degli organismi di partecipazione democratica. A questa tendenza è opportuno opporsi in tutti i modi possibili, perché ciò che viene messo a rischio non è solo la qualità della vita dei professionisti, ma la stessa sicurezza del paziente e dell operatore sanitario. La tendenza purtroppo è quella di chiedere ai professionisti un impegno sempre maggiore a fronte di garanzie e tutele sempre minori, così come a fronte di prospettive di crescita professionale ed economica sempre più labili e incerte. In effetti se nonostante il definanziamento strutturale cui è sottoposto da anni il Servizio Sanitario Nazionale esso continua a rispondere ad una domanda di prestazioni tendenzialmente crescente, e con una qualità comunque elevata, ciò si deve allo spirito di abnegazione con cui i professionisti, ed in particolare i medici, vivono la professione.

7 7 DAL POTERE DI ORGANIZZAZIONE ALL ABUSO DI POTERE L oggetto del quesito conferma la tendenza ad un utilizzo disinvolto dei poteri di organizzazione che l articolo 5 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, conferisce agli organi deputati alla gestione. Si stanno così perpetrando veri e propri abusi di potere adottando soluzioni che oltre ad essere palesemente illegittime, perché violano criteri e procedure fissati in modo inequivocabile dalla normativa vigente, costituiscono palese violazione dei principi di razionalità, trasparenza, correttezza, buon andamento della gestione, che devono guidare le amministrazioni pubbliche. Queste violazioni trovano la loro legittimazione nella convinzione che tutto sia possibile nell esercizio dei poteri di organizzazione che l articolo 5 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 conferisce agli organi deputati alla gestione, precisando che le determinazioni per l'organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte in via esclusiva dagli organi preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro, fatti salvi la sola informazione ai sindacati per le determinazioni relative all'organizzazione degli uffici ovvero, limitatamente alle misure riguardanti i rapporti di lavoro, l'esame congiunto, ove previsti nei contratti. Questa formulazione ha determinato la convinzione che un direttore generale possa adottare liberamente qualsiasi decisione, avendo il solo obbligo formale di informare le organizzazioni sindacali, dimenticando che lo stesso articolo 5 dispone che quei poteri di organizzazione devono essere esercitati nell ambito delle leggi e dei regolamenti che ogni amministrazione pubblica deve adottare per disciplinare il proprio assetto organizzativo interno. Non si tratta di un esercizio avulso da qualsiasi regola, ma di un esercizio che deve essere rispettoso di principi predefiniti nell ambito dei regolamenti che disciplinano gli istituti di volta in volta considerati. E non appare casuale la distinzione che nel testo normativo si riscontra tra determinazioni intese come decisioni relative a specifiche circostanze e situazioni ed atti, intesi come regole generali alle quali attenersi nell esercizio della potestà organizzativa.

8 8 Una interessante conferma giurisprudenziale di questa lettura dell articolo 5 del decreto legislativo 165 si trova nella sentenza 1001 del 29 dicembre 2009 emessa dalla sezione giurisdizionale della Corte dei Conti della Calabria, sentenza nella quale si legge L'articolo 5, relativo al "potere di organizzazione", dispone, al comma 2, che "le determinazioni per l'organizzazione degli uffici e le misure inerenti la gestione dei rapporti di lavoro sono assunte dagli organi preposti alla gestione (cioè i dirigenti) con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro", ma "nell'ambito delle leggi e degli atti organizzativi di cui all'articolo 2, comma 1" (quelli che ogni amministrazione pubblica deve adottare per disciplinare il proprio assetto interno).. In altri termini, i dirigenti, ai quali è affidata in via esclusiva l'attività amministrativa, emanano gli atti gestionali aventi natura privatistica, definiti in dottrina di micro organizzazione, nell'ambito e sulla base degli "atti organizzativi" di carattere generale, detti macro organizzativi, dal contenuto normativo in senso lato, mediante i quali gli organi di governo delle pubbliche Amministrazioni esercitano le proprie funzioni di indirizzo politico-amministrativo e di individuazione degli obiettivi e dei programmi da attuare, definiscono le linee fondamentali di organizzazione degli uffici, individuano gli uffici di maggiore rilevanza e i modi di conferimento della titolarità dei medesimi, e determinano le dotazioni organiche complessive. Vale a dire che tali "atti organizzativi", proprio in quanto aventi carattere generale, non ineriscono alla gestione dei singoli rapporti di lavoro, ma si pongono, quali veri e propri atti amministrativi, a monte dei rapporti stessi, e costituiscono l'esplicazione di una attività di carattere pubblicistico finalizzata all'organizzazione complessiva dell'ente, a fronte della quale sussistono in capo agli interessati posizioni di interesse legittimo, con la conseguenza che non soltanto tale attività resta disciplinata dal diritto amministrativo, e non dal diritto civile, ma anche che il sindacato sulla loro legittimità può essere convenientemente valutata da questa Corte.

9 9 L EVOLUZIONE DEL RUOLO DEI SINDACATI Il quesito posto ripropone il problema di come contrastare l arrogante ostentazione di potere che caratterizza il comportamento della gran parte dei direttori delle aziende sanitarie italiane. Un comportamento senza dubbio opinabile ma che trova una spiegazione e purtroppo per certi versi una legittimazione in una negativa evoluzione del sistema delle relazioni sindacali, evoluzione che ha visto nel tempo aumentare a dismisura i poteri attribuiti agli organi deputati alla gestione, e ridursi progressivamente le prerogative ed il ruolo delle organizzazioni sindacali. Una evoluzione che merita una rilettura critica ed una riflessione attenta, perché quello che appare in gioco è il ruolo stesso delle organizzazioni sindacali, se ad esse si sottraggono istituti come la concertazione e la consultazione, e si riduce l unico modello relazionale all informazione. Il sistema delle relazioni sindacali delineato dall articolo 3 del CCNL 1998_2001, e confermato dai successivi CCNL, era così articolato. 1. obiettivi del sistema delle relazioni sindacali Il sistema delle relazioni sindacali, nel rispetto delle distinzioni delle responsabilità delle aziende e degli enti del comparto e dei sindacati, è riordinato in modo coerente con l'obiettivo di contemperare l'interesse al miglioramento delle condizioni di lavoro e alla crescita professionale dei dirigenti con l'esigenza delle aziende di incrementare e mantenere elevate l'efficacia e l'efficienza dei servizi erogati alla collettività. 2. i modelli delle relazioni sindacali Il predetto obiettivo comporta la necessità di uno stabile sistema di relazioni sindacali che si articola nei seguenti modelli relazionali: a) contrattazione collettiva a livello nazionale ; b) contrattazione collettiva integrativa che si svolge a livello di azienda, sulle materie e con le modalità indicate dal presente contratto; c) concertazione, consultazione ed informazione. L insieme di tali istituti realizza i principi della partecipazione che si estrinseca anche nella costituzione di Commissioni Paritetiche; d) interpretazione autentica dei contratti collettivi.

10 10 Il contratto dal quale sono tratti i due commi sopra riportati fu sottoscritto in data 8 giugno 2000, in un contesto politico, sociale ed economico ben diverso dall attuale, caratterizzato da una progressiva riduzione delle prerogative e del ruolo delle organizzazioni sindacali ed al contempo da una progressiva riduzione delle garanzie e delle tutele della dirigenza medica, chiamata ad un impegno professionale sempre maggiore a fronte di prospettive economiche e di carriera aleatorie. La crisi economica che ha caratterizzato gli anni recenti ha contribuito non poco a rendere possibili misure che solo qualche anno prima sarebbero state impensabili, e che sono state oggetto dei diversi decreti legge o decreti legislativi adottati dai Governi che si sono susseguiti in questi anni difficili della nostra storia repubblicana. La questione posta, nel quesito deve essere affrontata tenendo conto dell evoluzione di questo contesto, ed in particolare delle misure che sono state adottate dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 e che hanno agito su due fronti contrapposti: da un lato hanno aumentato i poteri di organizzazione degli organi preposti alla gestione dall altro ridimensionato il ruolo e le prerogative delle organizzazioni sindacali. L articolo 34 del citato decreto legislativo 150 modifica l articolo 5 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sostituendo il comma 2, dello stesso articolo con il testo di seguito riprodotto (nel quale sono evidenziate in rosso le integrazioni rispetto al testo previgente). Nell'ambito delle leggi e degli atti organizzativi che ogni amministrazione deve adottare per disciplinare il proprio assetto interno, le determinazioni per l'organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte in via esclusiva dagli organi preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro, fatta salva la sola informazione ai sindacati, ove prevista nei contratti collettivi nazionali. Rientrano, in particolare, nell'esercizio dei poteri dirigenziali le misure inerenti la gestione delle risorse umane nel rispetto del principio di pari opportunità, nonché la direzione, l'organizzazione del lavoro nell'ambito degli uffici.

11 11 L articolo 54 dello stesso decreto legislativo 150 ridefinisce gli ambiti della contrattazione collettiva, modificando in maniera significativa l articolo 40 del decreto legislativo 165, ed in particolare sostituendo il comma 1 la cui precedente formulazione era di amplissimo respiro (La contrattazione collettiva si svolge su tutte le materie relative al rapporto di lavoro ed alle relazioni sindacali) con una formulazione molto circoscritta e decisamente riduttiva delle prerogative sindacali: La contrattazione collettiva determina i diritti e gli obblighi direttamente pertinenti al rapporto di lavoro, nonché le materie relative alle relazioni sindacali. Sono, in particolare, escluse dalla contrattazione collettiva le materie attinenti all'organizzazione degli uffici, quelle oggetto di partecipazione sindacale ai sensi dell'articolo 9, quelle afferenti alle prerogative dirigenziali ai sensi degli articoli 5, comma 2, (che definisce i poteri di organizzazione), 16 e 17 (che definiscono funzioni e prerogative dei dirigenti) la materia del conferimento e della revoca degli incarichi dirigenziali, nonché quelle di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 23 ottobre 1992, n (regolate con legge, ovvero, sulla base della legge o nell'ambito dei principi dalla stessa posti, con atti normativi o amministrativi). Nelle materie relative alle sanzioni disciplinari, alla valutazione delle prestazioni ai fini della corresponsione del trattamento accessorio, della mobilità e delle progressioni economiche, la contrattazione collettiva è consentita negli esclusivi limiti previsti dalle norme di legge. Lo stesso decreto legislativo 150, con l articolo 36, comma 1, ha così modificato l articolo 9, avente ad oggetto i contratti collettivi nazionali. Il testo previgente disponeva: I contratti collettivi nazionali disciplinano i rapporti sindacali e gli istituti della partecipazione anche con riferimento agli atti interni di organizzazione aventi riflessi sul rapporto di lavoro mentre nel testo modificato precisa Fermo restando quanto previsto dall'articolo 5, comma 2, i contratti collettivi nazionali disciplinano le modalità e gli istituti della partecipazione. Anche se il decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, con l articolo 2, comma 17, ha introdotto nell articolo 5 del decreto legislativo 165 l inciso ovvero, limitatamente alle misure riguardanti i rapporti di lavoro, l'esame congiunto, gli spazi di partecipazione delle organizzazioni sindacali alle decisioni in merito agli aspetti organizzativi si sono drasticamente ridotti.

12 12 Se è vero che lo stesso comma 2 dell articolo 5, che definisce i poteri di organizzazione attribuiti agli organi preposti alla gestione, precisa che quei poteri devono essere esercitati nell ambito delle leggi e degli atti organizzativi che le amministrazioni pubbliche devono adottare per disciplinare il proprio assetto organizzativo interno, e implicitamente sottende una differenza tra determinazioni e atti resta irrisolto il tema di quali spazi di partecipazione sindacale siano possibili nel contesto normativo attuale nella definizione di quegli atti. Un ulteriore colpo al ruolo delle organizzazioni sindacali è stato inferto dalla modifica che il decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, con il comma 18 dell articolo 2, ha apportato al comma 1 dell articolo 6 del decreto legislativo 165. Il comma citato disponeva infatti che Nelle amministrazioni pubbliche l'organizzazione e la disciplina degli uffici, nonché la consistenza e la variazione delle dotazioni organiche sono determinate in funzione delle finalità indicate all'articolo 1 comma 1 (efficienza, efficacia, sviluppo professionale) previa verifica degli effettivi fabbisogni e previa consultazione delle organizzazioni sindacali rappresentative. mentre nel testo attuale si legge Nelle amministrazioni pubbliche l'organizzazione e la disciplina degli uffici, nonché la consistenza e la variazione delle dotazioni organiche sono determinate in funzione delle finalità indicate all'articolo 1, comma 1, previa verifica degli effettivi fabbisogni e previa informazione delle organizzazioni sindacali rappresentative. L interpretazione che di questo mutato quadro normativo è stata data dalle direzioni generali della gran parte delle aziende sanitarie italiane è che le organizzazioni sindacali debbano essere informate degli atti adottati, ma che siano decaduti definitivamente gli ulteriori modelli relazionali nei quali, secondo il citato articolo 3 del CCNL 1998_2001, si articolava il sistema delle relazioni sindacali (concertazione, consultazione) mentre la contrattazione è di fatto ridotta alla mera definizione annuale dei fondi contrattuali, unico ambito nel quale è ancora necessario il consenso esplicito delle organizzazioni sindacali. Il tema, oggetto di discussioni e dibattiti in molteplici sedi, è stato affrontato in maniera organica da una circolare esplicativa emanata dal Dipartimento della Funzione Pubblica in data 18 febbraio 2011, nella quale tra l altro si legge:

13 13 Riassumendo, secondo la legge, in materia di partecipazione sindacale sono previste: l informazione in materia di organizzazione degli uffici e di misure inerenti la gestione dei rapporti di lavoro (articolo 5, comma 2 del decreto legislativo 165); la consultazione in materia di organizzazione e disciplina degli uffici e la consistenza e la variazione delle dotazioni organiche (articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 165) (materia questa che è stata sottratta alla partecipazione sindacale dal decreto legge 95/2012) l esame congiunto in tutte le materie non indicate dall articolo 5 comma 2 del decreto legislativo 165 (quali ad esempio mobilità intercompartimentale, pari opportunità, mobbing). La stessa circolare precisa In coerenza con la ratio delle innovazioni sopra descritte (in particolare le modifiche introdotte dal decreto legislativo 150/2009 agli articoli 5 e 40 del decreto legislativo 165/2001) le modalità per l esercizio della consultazione e dell esame congiunto devono avere caratteristiche tali da non compromettere la funzionalità operativa, la tempestività e l efficacia dell azione amministrativa, e la decisione finale dell amministrazione non può essere in alcun modo condizionata da preventive forme di assenso da parte delle organizzazioni sindacali. Il blocco della contrattazione collettiva che è stato disposto dal decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 ha completato l opera di demolizione delle prerogative sindacali, che sono pressoché inermi nei confronti di una spesso tanto disinvolta quanto arrogante gestione del potere. Questa è in qualche modo legittimata da una perdurante emergenza economica che costringe di fatto le aziende sanitarie a confrontarsi quotidianamente con il difficile, a volte impossibile, equilibrio tra una domanda di prestazioni sanitarie che cresce indefinitamente ed una disponibilità di risorse che è invece paradossalmente sempre minore. In questo contesto il venir meno del ruolo delle organizzazioni sindacali di presidio e tutela della corretta applicazione degli istituti contrattuali espone il sistema ad un grave rischio di autoreferenzialità nella presunzione che qualsiasi decisione sia legittima pur di non compromettere la funzionalità operativa, la tempestività e l efficacia dell azione amministrativa.

14 14 L opportunità di ripensare criticamente la problematica del ruolo e delle prerogative delle organizzazioni sindacali era accennata anche nella stessa frase conclusiva della citata circolare del Dipartimento della Funzione pubblica, che al punto 4. precisava: Nel rispetto ed in attuazione di quanto già evidenziato ai punti precedenti, ed in attesa dei successivi rinnovi contrattuali, l ARAN individuerà, ai sensi delle attuali discipline contrattuali e nel rispetto della disciplina legislativa, le materie demandate alle diverse forme di partecipazione, effettuandone la riclassificazione in relazione al modello di relazioni sindacali di cui al decreto legislativo 165 del 2001, come modificato dal decreto legislativo 150 del Ancor più pregnante ed esplicito in questa direzione quanto affermato nel protocollo di intesa tra Governo e parti sociali sottoscritto in data 10 maggio 2012, nel quale si sottolinea l esigenza di definire un nuovo modello di relazioni sindacali, precisando che Nel quadro del vigente modello di relazioni sindacali, va colta l occasione per un importante patto sociale, che riguardi anche i datori di lavoro delle Regioni ed Enti locali, al fine di favorire la partecipazione consapevole dei lavoratori ai processi di razionalizzazione, innovazione e riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni. Questo percorso, prima della riapertura delle trattative per i rinnovi contrattuali, va attuato rimodulando il quadro legislativo per offrire alle parti, ad entrambi i livelli di contrattazione, strumenti e criteri per raggiungere obiettivi coerenti con le autonomie costituzionalmente riconosciute. In particolare le Parti concordano sulla necessità dell emanazione di un provvedimento legislativo che riguardi: il riconoscimento della contrattazione collettiva come fonte deputata alla determinazione dell assetto retributivo e di valorizzazione dei lavoratori pubblici nel rispetto dei ruoli organizzativi e di rappresentanza delle parti, relativamente alle prerogative contrattuali attinenti il rapporto di lavoro; collegare ai processi di mobilità percorsi di qualificazione e formazione professionale, coinvolgendo le organizzazioni sindacali, per garantire la funzionalità e la qualità del lavoro nell amministrazione di destinazione;

15 15 la predisposizione di vincoli e procedure per garantire trasparenza totale sugli andamenti gestionali e finanziari degli enti per valutarne le ricadute in termini occupazionali e retributivi; un coinvolgimento delle organizzazioni sindacali nei processi di razionalizzazione delle pubbliche amministrazioni secondo modalità coerenti con le autonomie previste dall ordinamento che accompagni anche i processi di miglioramento ed innovazione nonché il sistema premiante e incentivante al livello integrativo anche tenendo conto delle norme già vigenti in materia di risparmi derivanti da processi di riorganizzazione; la definizione di criteri trasparenti e il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali in tutte le fasi dei processi di mobilità collettiva; il pieno riconoscimento del ruolo negoziale e delle prerogative delle RSU nei luoghi di lavoro nelle materie previste dal CCNL; l individuazione, nell ambito delle materie di informazione sindacale, anche di ipotesi di esame congiunto tra pubbliche amministrazioni e organizzazioni sindacali; Quel protocollo di intesa aveva aperto il cuore alla speranza che fosse possibile un ravvedimento rispetto alla direzione intrapresa, e che fosse possibile recuperare un ruolo per certi versi connaturale ed intrinseco nella ragion d essere stessa della funzione sindacale. Purtroppo l evoluzione del quadro politico rende quella speranza ancor più labile ed incerta di quanto non fosse già allora, perché sembra consolidarsi la convinzione che le organizzazioni sindacali siano un problema da risolvere e non una risorsa da valorizzare.

16 16 RIFERIMENTI NORMATIVI NORME DI CARATTERE GENERALE IN MATERIA DI TURNI L articolazione della presenza del personale in turni di servizio è materia che da sempre è stata oggetto di attenzione nella normativa contrattuale che disciplina il rapporto di lavoro. Già nel DPR 25 giugno 1983, n. 348 (il primo contratto di lavoro, di natura pubblicistica, del personale delle unità sanitarie locali) l articolo 6, avente ad oggetto turni di servizio ed organizzazione del lavoro, disponeva: Allo scopo di accrescere la qualità e la produttività dei servizi, l'organizzazione del lavoro può essere basata su più turni giornalieri e deve tendere alla utilizzazione delle strutture nell'arco della settimana e, in prospettiva, alla copertura delle esigenze di servizio, dove necessario, anche nell'arco delle 24 ore, mediante opportuno adeguamento degli organici salva la normativa vigente in materia. Gli orari e i turni di lavoro devono essere stabiliti ai sensi dell'articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica n. 761/1979 tenendo conto della necessità di una razionale ed economica distribuzione del personale in relazione alle esigenze degli utenti e sulla base di criteri generali concordati con le organizzazioni sindacali interessate. Il personale è tenuto a svolgere la propria attività nell'ambito del complesso dei presidi, servizi e uffici della unità sanitaria locale, nel rispetto dei diritti di ciascuna posizione funzionale e profilo professionale. L'organizzazione del lavoro deve proporsi di conseguire la presenza attiva dei medici nei servizi almeno per 12 ore diurne, valorizzando le funzioni degli aiuti corresponsabili e dei coadiutori. Per il personale medico pertanto nei servizi ove ciò è richiesto la distribuzione degli operatori deve essere operata su due turni, comprimendo al massimo il ricorso agli istituti della guardia medica e della pronta disponibilità.

17 17 RIFERIMENTI NORMATIVI NORME DI CARATTERE GENERALE IN MATERIA DI TURNI Il lavoro deve essere organizzato in modo da valorizzare il ruolo interdisciplinare delle équipe e la responsabilità di ogni operatore nell'assolvimento dei propri compiti istituzionali. Sulla base dei criteri stabiliti dal comitato di gestione gli orari ed i turni di servizio saranno definiti dall'ufficio di direzione, su proposta del responsabile del servizio o presidio multizonale, previo confronto con le organizzazioni sindacali interessate. Nel richiamato articolo 32 del DPR 20 dicembre 1979, n. 761, per quanto concerne l articolazione dei turni di servizio si legge Gli orari e i turni di lavoro devono essere stabiliti tenendo conto delle necessità di una razionale ed economica utilizzazione e distribuzione del personale in relazione alle esigenze degli utenti e sulla base di criteri generali concordati con le organizzazioni sindacali interessate. I principi chiave cui deve riferirsi l organizzazione del lavoro e specificamente l articolazione dei turni di servizio richiamati in quel primo contratto nazionale di lavoro sono riconducibili ai seguenti: la razionalità (che si esprime in una equilibrata ripartizione) l economicità (riducendo al minimo il ricorso ad istituti che comportano costi aggiuntivi, quali la guardia e la reperibilità) il rispetto delle esigenze degli utenti il confronto con le organizzazioni sindacali interessate Principi sostanzialmente ad essi sovrapponibili sono enunciati nell articolo 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, che costituisce come noto il quadro normativo generale che disciplina il rapporto di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche

18 18 RIFERIMENTI NORMATIVI LA NORMATIVA VIGENTE IN MATERIA DI ORARIO DI LAVORO CCNL 2002_2005 ARTICOLO 14 orario di lavoro dei dirigenti 1. principi di carattere generale Nell'ambito dell'assetto organizzativo dell'azienda, i dirigenti assicurano la propria presenza in servizio ed il proprio tempo di lavoro, articolando in modo flessibile l'impegno di servizio per correlarlo alle esigenze della struttura cui sono preposti ed all'espletamento dell'incarico affidato, in relazione agli obiettivi e programmi da realizzare, secondo modalità che devono essere stabilite dall azienda previa concertazione con le organizzazioni sindacali. I volumi prestazionali richiesti all'equipe ed i relativi tempi di attesa massimi per la fruizione delle prestazioni stesse vengono definiti con le procedure di budget con le quali si procede all'assegnazione degli obiettivi annuali ai dirigenti di ciascuna unità operativa, stabilendo la previsione oraria per la realizzazione di detti programmi. L'impegno di servizio necessario per il raggiungimento degli obiettivi prestazionali eccedenti l'orario dovuto contrattualmente è negoziato con le stesse procedure di budget. Sempre in sede di budget vengono individuati anche gli strumenti orientati a ridurre le liste di attesa. 2. orario di lavoro settimanale L'orario di lavoro dei dirigenti è confermato in 38 ore settimanali, al fine di assicurare il mantenimento del livello di efficienza raggiunto dai servizi sanitari e per favorire lo svolgimento delle attività gestionali e/o professionali, correlate all'incarico affidato e conseguente agli obiettivi di budget negoziati a livello aziendale, nonché quelle di didattica, ricerca ed aggiornamento. 3. verifica del raggiungimento degli obiettivi di budget Il conseguimento degli obiettivi correlati all'impegno di servizio di cui ai commi 1 e 2 è verificato trimestralmente ai fini dell analisi del raggiungimento degli obiettivi di budget per la conseguente erogazione della retribuzione di risultato.

19 19 RIFERIMENTI NORMATIVI CCNL 2002_2005 ARTICOLO 14 orario di lavoro dei dirigenti 4. ore riservata ad attività non assistenziale Nello svolgimento dell'orario di lavoro previsto per i dirigenti medici e veterinari, quattro ore dell'orario settimanale sono destinate ad attività non assistenziali, quali l'aggiornamento professionale, l'ecm, la partecipazione ad attività didattiche, la ricerca finalizzata. Tale riserva di ore non rientra nella normale attività assistenziale, non può essere oggetto di separata ed aggiuntiva retribuzione. Essa va utilizzata di norma con cadenza settimanale ma, anche per particolari necessità di servizio, può essere cumulata in ragione di anno per impieghi come sopra specificati ovvero infine utilizzata anche per l'aggiornamento facoltativo in aggiunta agli otto giorni l anno di permesso retribuito per la partecipazione a convegni, congressi, corsi di aggiornamento facoltativi previsti dall'articolo 23, comma 1, del CCNL 5 dicembre Tale riserva va resa in ogni caso compatibile con le esigenze funzionali della struttura di appartenenza e non può in alcun modo comportare una mera riduzione dell'orario di lavoro. 5. utilizzo di 30 minuti delle 4 ore settimanali di cui al comma 4 L'azienda, con le procedure di budget, può utilizzare, in forma cumulata, 30 minuti settimanali delle quattro ore riservate ad attività non assistenziali, per un totale massimo di n. 26 ore annue, prioritariamente, per contribuire alla riduzione delle liste di attesa ovvero per il perseguimento di obiettivi assistenziali e di prevenzione definiti con le medesime procedure.

20 20 RIFERIMENTI NORMATIVI CCNL 2002_2005 ARTICOLO 14 orario di lavoro dei dirigenti 6. possibilità di ricorrere alla prestazioni aggiuntive Ove per il raggiungimento degli obiettivi prestazionali eccedenti quelli negoziati in sede di budget, sia necessario un impegno aggiuntivo, l'azienda, sulla base delle linee di indirizzo che la Regione può emanare in questa materia, ed ove ne ricorrano i requisiti e le condizioni, può concordare con l'equipe interessata l'applicazione dell'istituto previsto dall'articolo 55, comma 2 del CCNL 1998_2001, che prevede la remunerazione dell impegno aggiuntivo richiesto come prestazioni aggiuntive in base al regolamento adottato dall azienda sulla base di criteri generali che devono essere stabiliti previa contrattazione con le organizzazioni sindacali aziendali. La misura della tariffa oraria da erogare per tali prestazioni è di 60,00 lordi. Nell'individuazione dei criteri generali per l'adozione di tale atto dovrà essere indicato che l'esercizio dell'attività libero professionale di cui all'articolo 55 comma 2 è possibile dopo aver garantito gli obiettivi prestazionali negoziati. 7. presenza continuativa nell arco delle 24 ore La presenza del dirigente medico nei servizi ospedalieri nonché in particolari servizi del territorio individuati in sede aziendale con le procedure di cui al comma 1, deve essere assicurata nell'arco delle 24 ore e per tutti i giorni della settimana mediante una opportuna programmazione ed una funzionale e preventiva articolazione degli orari e dei turni di guardia. Con l'articolazione del normale orario di lavoro nell'arco delle dodici ore di servizio diurne, la presenza medica è destinata a far fronte alle esigenze ordinarie e di emergenza che avvengano nel medesimo periodo orario. L'azienda individua i servizi ove la presenza medica deve essere garantita attraverso una turnazione per la copertura dell'intero arco delle 24 ore. 10. partecipazione ai turni di guardia e pronta disponibilità Tutti i dirigenti medici, esclusi i direttori di struttura complessa, indipendentemente dall'esclusività del rapporto di lavoro, sono tenuti ad assicurare i servizi di guardia e di pronta disponibilità.

21 21 RIFERIMENTI NORMATIVI CCNL 2002_2005 ARTICOLO 16 Servizio di guardia 1. modalità organizzative per assicurare la continuità assistenziale Nelle ore notturne e nei giorni festivi, la continuità assistenziale e le urgenze/emergenze dei servizi ospedalieri e, laddove previsto, di quelli territoriali, sono assicurate, secondo le procedure definite con regolamento di organizzazione adottato dall azienda previa concertazione con le organizzazioni sindacali, mediante: a) il dipartimento di emergenza, se istituito, eventualmente integrato, ove necessario da altri servizi di guardia o di pronta disponibilità; b) la guardia medica di unità operativa o tra unità operative appartenenti ad aree funzionali omogenee e dei servizi speciali di diagnosi e cura; c) la guardia medica nei servizi territoriali ove previsto. 2. servizio di guardia e orario di lavoro Il servizio di guardia medica è svolto all'interno del normale orario di lavoro. Le guardie espletate fuori dell'orario di lavoro possono essere assicurate con il ricorso al lavoro straordinario alla cui corresponsione si provvede con il fondo per il trattamento accessorio legato alle condizioni di lavoro ovvero con recupero orario. 3. medici che devono assicurare il servizio di guardia Il servizio di guardia è assicurato da tutti i dirigenti esclusi quelli di struttura complessa. 4. rinvio all allegato 2 Ferma restando la facoltà delle Regioni di emanare specifiche linee di indirizzo in materia di organizzazione dei piani per le emergenze le parti, a titolo esemplificativo, rinviano all'allegato 2 per quanto attiene le tipologie assistenziali minime nelle quali dovrebbe essere prevista la guardia medica di unità operativa.

22 22 RIFERIMENTI NORMATIVI CCNL 2002_2005 ALLEGATO 2 In riferimento all'articolo 16, in attesa dei criteri generali da emanarsi a cura delle singole Regioni per la razionalizzazione ed ottimizzazione delle attività connesse alla continuità assistenziale ed urgenza emergenza, le parti si danno atto che la guardia medica di Unità operativa dovrebbe essere prevista almeno nelle seguenti tipologie assistenziali: ostetricia, pediatria con neonatologia; unità di terapie intensive e semi intensive (rianimatorie, cardiologiche, respiratorie, metaboliche); attività di alta specialità di cui al decreto del Ministero della Salute del 29 gennaio Tale previsione riguarda anche le specialità di anestesia, laboratorio analisi e radiodiagnostica negli ospedali sede di dipartimento di urgenza ed emergenza di primo e secondo livello. Il servizio di guardia istituito per aree funzionali omogenee può essere previsto solo per aree che insistono sulla stessa sede. Il servizio di guardia notturno e quello festivo devono essere distribuiti in turni uniformi fra tutti i componenti l'équipe.

23 23 RIFERIMENTI NORMATIVI CCNL 2002_2005 ARTICOLO 17 Pronta disponibilità 1. definizione di pronta disponibilità Il servizio di pronta disponibilità è caratterizzato dalla immediata reperibilità del dirigente e dall'obbligo per lo stesso di raggiungere il presidio nel tempo stabilito, previa concertazione con le organizzazioni sindacali nell'ambito del piano annuale adottato dall'azienda per affrontare le situazioni di emergenza in relazione alla dotazione organica ed agli aspetti organizzativi delle strutture. 2. medici che sono tenuti alla pronta disponibilità Sulla base del piano annuale per le emergenze, sono tenuti al servizio di pronta disponibilità i dirigenti, esclusi quelli di struttura complessa, in servizio presso unità operative con attività continua nel numero strettamente necessario a soddisfare le esigenze funzionali. Sempre previa concertazione con le organizzazioni sindacali aziendali, possono essere individuate altre unità operative per le quali, sulla base dei piani per le emergenze, sia opportuno prevedere il servizio di pronta disponibilità. 3. pronta disponibilità integrativa e sostitutiva dei servizi di guardia Il servizio di pronta disponibilità è limitato ai soli periodi notturni e festivi, può essere sostitutivo ed integrativo dei servizi di guardia ed è organizzato utilizzando dirigenti appartenenti alla medesima disciplina. Nei servizi di anestesia, rianimazione e terapia intensiva può prevedersi esclusivamente la pronta disponibilità integrativa. Il servizio di pronta disponibilità integrativo dei servizi di guardia è di norma di competenza di tutti i dirigenti, compresi quelli di struttura complessa. Il servizio sostitutivo coinvolge a turno individuale, solo i dirigenti che non siano titolari di incarico di struttura complessa.

24 24 RIFERIMENTI NORMATIVI CCNL 2002_2005 ARTICOLO 17 Pronta disponibilità 4. durata e limiti dei turni di pronta disponibilità Il servizio di pronta disponibilità ha durata di dodici ore. Due turni di pronta disponibilità sono prevedibili solo per le giornate festive. Di regola non potranno essere previsti per ciascun dirigente più di dieci turni di pronta disponibilità nel mese. 5. remunerazione della pronta disponibilità La pronta disponibilità dà diritto ad una indennità per ogni dodici ore. Qualora il turno sia articolato in orari di minore durata che comunque non possono essere inferiori a quattro ore l'indennità è corrisposta proporzionalmente alla durata stessa, maggiorata del 10%. In caso di chiamata, l'attività prestata viene computata come lavoro straordinario o compensata come recupero orario. 6. riposo compensativo dopo una pronta disponibilità festiva Nel caso in cui la pronta disponibilità cada in un giorno festivo spetta un giorno di riposo compensativo senza riduzione del debito orario settimanale. 7. fondo contrattuale cui afferisce la pronta disponibilità Ai compensi di cui al presente articolo si provvede con il fondo per il trattamento accessorio legato a particolari condizioni di lavoro. 8. graduale superamento della pronta disponibilità sostitutiva Le parti concordano che, attenendosi ai criteri generali definiti dalle Regioni nell ambito linee di indirizzo che esse possono emanare per uniformare i comportamenti delle diverse aziende, sono individuate le modalità per il graduale superamento della pronta disponibilità sostitutiva, allo scopo di garantire mediante turni di guardia una più ampia tutela assistenziale nei reparti di degenza.

25 25 RIFERIMENTI NORMATIVI DECRETO LEGISLATIVO 30 marzo 2001, n. 165 Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche articolo 2 fonti 1. atti organizzativi di carattere generale e principi di riferimento Le amministrazioni pubbliche definiscono, secondo principi generali fissati da disposizioni di legge e, sulla base dei medesimi, mediante atti organizzativi secondo i rispettivi ordinamenti, le linee fondamentali di organizzazione degli uffici; individuano gli uffici di maggiore rilevanza e i modi di conferimento della titolarità dei medesimi; determinano le dotazioni organiche complessive. Esse ispirano la loro organizzazione ai seguenti criteri: a) funzionalità rispetto ai compiti e ai programmi di attività, nel perseguimento degli obiettivi di efficienza, efficacia ed economicità. A tal fine, periodicamente e comunque all'atto della definizione dei programmi operativi e dell'assegnazione delle risorse, si procede a specifica verifica e ad eventuale revisione; b) ampia flessibilità, garantendo adeguati margini alle determinazioni operative e gestionali da assumersi ai sensi dell'articolo 5, comma 2; c) collegamento delle attività degli uffici, adeguandosi al dovere di comunicazione interna ed esterna, ed interconnessione mediante sistemi informatici e statistici pubblici; d) garanzia dell'imparzialità e della trasparenza dell'azione amministrativa, anche attraverso t'istituzione di apposite strutture per l'informazione ai cittadini e attribuzione ad un unico ufficio, per ciascun procedimento, della responsabilità complessiva dello stesso; e) armonizzazione degli orari di servizio e di apertura degli uffici con le esigenze dell'utenza e con gli orari delle amministrazioni pubbliche dei Paesi dell'unione europea.

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