- Non ci sono più i paradisi bancari di una volta - E l accordo con la Svizzera? Se tutto va bene andrà in vigore nel 2015

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1 Gentile Cliente, pubblico questa volta all interno del Diario di Bordo un articolo non firmato da me ma da mio marito Salvatore Gaziano. Questo articolo verrà pubblicato a breve da un importante giornale finanziario italiano. Parla dei paradisi fiscali e bancari, un argomento di cui si sente parlare ma si sa spesso molto poco. Mi sembra quindi opportuno farle leggere la prima parte di questo articolo che con lo spirito divulgativo che ci caratterizza parla di questo argomento sicuramente un po ostico ma che ci tocca da tutti da vicino come contribuenti, investitori e cittadini. In questo Diario di Bordo parliamo in sintesi: - Non ci sono più i paradisi bancari di una volta - E l accordo con la Svizzera? Se tutto va bene andrà in vigore nel 2015 PARADISI FISCALI E BANCARI, GLI STATI E I LEADER DICONO DI COMBATTERLI MA LE COSE NON STANNO PROPRIO IN QUESTO MODO C erano una volta i pirati. Così potrebbe cominciare questa inchiesta Nell arcipelago caraibico le Bahamas sono state, infatti, per molto tempo uno dei covi preferiti dei pirati a partire del XVII secolo. A Nassau, la capitale, c è anche un museo dedicato che accoglie turisti provenienti da tutto il mondo che fanno la fila per scoprire la storia e le testimonianze dei più grandi filibustieri: Barbanera, Calico, Henry Morgan o Anne Bonny e Mary Read. La novità? Sono sempre più gli italiani in visita ora a questo museo. Compatrioti (ma anche appartenenti ad altri paesi dell Unione Europea) con un problema particolare da risolvere: nascondere al fisco il proprio patrimonio. Anche illegalmente. Perché se oggi le Bahamas non sono più un porto franco per i pirati, le specialità dell isola sono diventate negli anni insieme ai sigari Graycliff e ai frutti di mare l essere un paradiso bancario. E gli italiani in effetti alle Bahamas sono un po di casa visto che molti secoli fa un certo Cristoforo Colombo toccò qui terra a San Salvador, una delle trenta isole abitate delle Bahamas mentre oggi i nostri connazionali te li ritrovi in Bay street, il principale corso di Nassau, la capitale situata su New Providence, che è una delle 700 isole di questo arcipelago. Da Lugano a Nassau solo andata. Questo sembra, infatti, secondo i banchieri svizzeri e monegaschi interpellati una delle nuove tratte percorse da chi vuole far sparire al fisco i proprio patrimoni ed è preoccupato che il segreto bancario in Svizzera o in altri Paesi europei possa cadere. O vuole scappare nell immediato dai cosiddetti accordi di Rubik come quello fra Italia e Svizzera di cui molto si è parlato poco prima delle elezioni politiche italiane che imporrebbe a chi detiene

2 capitali in nero nel territorio elvetico di pagare una robusta taglia per poter continuare a usufruire del segreto bancario. Una situazione in perenne movimento dove il quadro cambia e si evolve continuamente. Siamo in una situazione quasi tragicomica con voi italiani racconta solo sotto la garanzia dell anonimato un banchiere ticinese Prima delle elezioni c era quasi la fila di risparmiatori italiani che non avevano fatto lo scudo e ci chiedevano consigli per portarli via dalla Svizzera o addirittura trovare il modo di riportarli in Italia anche in contanti. Con tutti i problemi poi di versarli nelle banche italiane senza cadere nei radar delle normative anti-riciclaggio italiane e nell occhio della vostra Agenzie delle Entrate. Ora accade quasi l opposto e sono tornati alla carica coloro che invece dall Italia vogliono riportare i soldi in Svizzera. Chi vi capisce voi italiani è bravo. E gli ultimi dati ufficiali dalla Banca d Italia (al 31 ottobre 2012) non forniscono un quadro proprio esaltante sull andamento dei flussi nel Bel Paese. Si stimano in 115 miliardi di euro i capitali fuoriusciti dalle banche italiane tramite il circuito bancario ufficiale, mentre secondo una stima del Fondo Monetario Internazionale (FMI), tra giugno 2011 e giugno 2012 sono andati fuori dai nostri confini ben 235 miliardi di euro. Un flusso veramente ingente di capitali dall Italia verso l estero che si era quasi arrestato negli scorsi mesi ma che secondo alcune fonti bancarie potrebbe nuovamente riprendere dopo l esito delle elezioni e la risalita dello spread. E la maggior parte di coloro che oggi portano i propri capitali fuori dall Italia va detto lo fanno alla luce del sole, bonificando dal proprio conto corrente italiano i propri soldi e poi dichiarandoli sul modello RW. Ma cosa stanno facendo in questo momento i Paperoni italiani, coloro che possiedono patrimoni importanti e sono preoccupati della situazione economica, finanziaria politica italiana? Secondo Fabio Vedana, vicedirettore di Unione Fiduciaria, da diverso tempo la parola d ordine fra i Paperoni italiani, coloro che possiedono patrimoni importanti e sono preoccupati della situazione economica, finanziaria e politica italiana è una sola: diversificazione. E non solo riguardo l asset allocation. Chi ha patrimoni ingenti non vuole correre troppi rischi e quindi punta sulla diversificazione. I rischi da cui ci si vuole proteggere? Il rischio Paese, quello controparte, quello bancario. E molti vedono soprattutto nella Svizzera a torto o ragione un porto sicuro. Non ci sono più i paradisi bancari di una volta E Roberto Lenzi, avvocato specializzato in diritto finanziario e consulenza patrimoniale, descrive bene lo stato dell arte: Contro i paradisi fiscali e bancari la pressione sta salendo perché tutti gli stati sovrani sono a caccia di entrate e la lotta all evasione è nell agenda di tutti i governi. E sarebbe quindi riduttivo dire che questa crociata è fatta nel segno di una maggiore onestà perché molti Paesi (vedi gli Stati Uniti) che sono in prima fila a combattere i centri offshore altrui

3 non vogliono certo mettere in discussione i propri porti franchi. Ma certo la Svizzera è il Paese più sotto bersaglio dai governi di tutto il mondo perché è qui che si nasconde gran parte dei capitali di tutto il mondo frutto anche di evasione. Si calcola che le oltre 320 banche della Confederazione gestiscano patrimoni per oltre 4500 miliardi di euro di cui più della metà proviene da Paesi stranieri e di questi fra i 100 e i 200 miliardi circa siano di risparmiatori italiani che hanno nascosto lì i propri capitali, non dichiarandoli al fisco italiano. Secondo la gran parte delle stime circa il 90% di questi capitali sono arrivati in Svizzera illegalmente, cioè aggirando le leggi fiscali sull esportazione di capitali. E chi pensa che basti spostare i soldi dalla Svizzera a Montecarlo? E poco realistico pensare che la Svizzera osserva Lenzi - possa adeguarsi in materia di collaborazione in campo fiscale, se la stessa strada non la seguiranno anche altri paesi (per fare un altro esempio, Liechtenstein, Montecarlo, Austria, Lussemburgo). Si creerebbe, di fatto, un asimmetria competitiva proprio tra i paesi più coinvolti in questo processo. E l accordo con la Svizzera? Se tutto va bene andrà in vigore nel 2015 E secondo il think tank di attivisti Tax justice network, guidato da James Henry, esperto di tassazione, ex capo economista della società di consulenza McKinsey, i paradisi bancari nascondono come ricchezze occultate molto più del tesoro di Alì Babà: almeno 21 mila miliardi di dollari (circa 15 mila miliardi di euro). Una cifra enorme pari al valore delle economia Usa e del Giappone messe insieme. Si è molto parlato negli scorsi mesi anche per l Italia di un accordo con la Svizzera alla tedesca sul modello di Rubik, una sorta di nuovo scudo fiscale ma molto più salato e Silvio Berlusconi in campagna elettorale si era già lanciato nel considerarlo quasi fatto e con i proventi pronto a finanziare la restituzione dell Imu. Non prima del 2015 si arriverà anche in caso di accordo di Rubik fra Italia e Svizzera all effettiva applicazione hanno fatto comunque sapere i governanti svizzeri per fermare gli ardori berlusconiani che già voleva impegnarsi il presunto incasso. Ma la situazione è molto più complicata e i tempi non sono in ogni caso brevi nell ipotesi di un accordo di questo tipo. La chiusura di questo accordo - spiega Roberto Lenzi - con la stessa Germania sembra arrivato al momento a un binario morto perché un ramo del Parlamento tedesco si oppone perché giudica troppo bassa l aliquota richiesta, intravede nella normativa troppi buchi e inoltre i Lander tedeschi vorrebbero che il gettito andasse a loro beneficio. Ma in questo momento l altro problema per la chiusura di questo accordo è che l Unione Europea vorrebbe che non si arrivasse a simili accordi bilaterali ma si procedesse in senso comunitario. Ovvero si rendesse attuato quello che prevede l OCSE, in pratica attraverso lo scambio di informazioni tra le amministrazioni fiscali degli Stati contraenti. E a tutta questa situazione va aggiunta la confusa situazione politica e governativa italiana. E infatti sull articolo 26 della convenzione dell Ocse che da anni si sta disputando

4 una battaglia fra coloro che ne vogliono l attuazione e gli Stati che fanno melina perché temono che un applicazione porterebbe un serio danno alle proprie economie. E la Svizzera è certo un caso emblematico di paese che mette davanti quasi a tutto il segreto bancario (si calcola che oltre il 10% del Pil della Confederazione derivi dall industria finanziaria), ma in Europa non è certo sola visto che anche altri Paesi, dal Belgio al Lussemburgo, dall Austria al Liechtenstein hanno un po allentato il segreto bancario ma non vogliono certo rinunciarvi completamente. In ogni caso, in Svizzera si sta prendendo atto che il mondo (compreso quello dei paradisi bancari) sta cambiando e da qualche anno si sta dirigendo (soprattutto sotto la pressione di Paesi come gli Stati Uniti) verso lo scambio automatico di informazioni fiscali con l estero. Entro cinque anni, forse dieci, il nome dei clienti esteri delle banche svizzere verrà consegnato automaticamente alle autorità estere ha dichiarato qualche mese fa l ex presidente della Banca nazionale svizzera, Philipp Hildebrand. E l ultimo Consiglio Federale svizzero di febbraio ha ribadito alla banche di rifiutare di stabilire relazioni d affari o non accettare capitali quando sanno o presumono sulla base di sospetti fondati che i valori patrimoniali non sono dichiarati al fisco seppure al momento non si è ancora arrivati a richiedere ai clienti esteri una dichiarazione di pagamento delle imposte nel paese di residenza. Un qualcosa che invece potrebbe entro la fine dell anno concretizzarsi a Singapore dove molti capitali fuggiti dalla Svizzera avevano cercato proprio lì riparo. Coloro che hanno trasferito i propri asset dalla Svizzera ad istituti di credito della piazza asiatica conferma Roberto Lenzi si trovano oggi in seri problemi. Un contribuente tedesco, inglese o, ad esempio, italiano, oltre a considerare gli eventuali accordi sullo scambio di informazioni stipulati dal proprio Paese con Singapore (l Italia lo ha ratificato nello scorso settembre) deve altresì confrontarsi con la posizione assunta dall Autorità monetaria di Singapore che ha invitato le istituzioni finanziarie della piazza asiatica a prestare una particolare attenzione alle relazioni con la clientela (nuova ed esistente), attraverso l attuazione di una politica di policy più rigorosa e, in ogni caso, tale da consentire una due diligence critica e accurata sulle transazioni e sulla provenienza del denaro. E così chi ha portato i soldi a Singapore salvo che non possa dimostrare alle autorità asiatiche che le ha dichiarate nel modello RW dovrà prendere ancora le valigie alla caccia di un altro paradiso bancario. Già ma quale? C è sempre più il rischio concreto per chi cerca di scappare dal Fisco italiano di passare dalla padella alla brace se si scelgono i professionisti sbagliati, gli intermediari sbagliati o si punta sul paradiso fiscale sbagliato visto che le maglie stanno diventando sempre più strette e i Paesi che si possono definire ancora paradisi bancari e offrono un livello di sicurezza elevato sono sempre meno.

5 La concorrenza fra i paradisi bancari è alta e ancora nella stessa Europa ci sono situazioni particolari osserva Lenzi - Fra quelli che sono considerati poi paradisi offshore non tutti sono uguali e si possono mettere sullo stesso piano come sicurezza politica, legislazioni, trasparenza ed efficienza dei mercati. Chi sceglie una giurisdizione fiscale diversa deve ben valutare alcune variabili fondamentali. In primo luogo l affidabilità politica, la sicurezza dello Stato e il potere contare su un centro finanziario efficiente. Quanti di questi elementi si conciliano con la scelta di mete esotiche come Dubai, il Brunei o Nauru o in altri paradisi lontani? Difficile, credo. In questa situazione i Paesi che stanno intercettando i flussi dei capitali irregolari sono quindi quei Paesi che non hanno sostanzialmente aderito all articolo 26 dell Ocse e si oppongono allo scambio d informazioni fiscali fra Stati. Quelle giurisdizioni più favorevoli in tema di segreto bancario e fiscalità e più morbide in tema di compliance che rispondono al momento a località esotiche come le Bahamas, Anguilla, Aruba, Barbados, Belize, Bermuda, Panama, Brunei, Macao, le isole Vergini o quelle Tuvalu solo per fare qualche esempio. Se questa è la situazione dei paradisi bancari (ovvero quei Paesi in cui sono maggiormente privilegiati gli aspetti legati al segreto bancario) anche nei cosiddetti "paradisi fiscali" la situazione è molto mobile. Quei paesi che consentono di pagare a privati (come Monaco) o imprese (come l Irlanda, ma anche il Delaware o il Nevada negli Stati Uniti) non residenti imposte nulle o molto basse. Un vero dumping fiscale che ha consentito in questi anni a molti Paesi e aziende (anche multinazionali) di evadere legalmente le tasse grazie a collaudate triangolazioni con l obiettivo di ottimizzare il carico fiscale, sottraendolo all erario dei rispettivi Stati. Un argomento che merita anche questo interesse e di cui torneremo a parlare prossimamente insieme a quali strumenti vengono utilizzati da coloro che vogliono per varie ragioni difendere giuridicamente il proprio patrimonio. Un caro saluto, Roberta Rossi roberta.rossi@moneyexpert.it Avvertenze: La ricerca, le informazioni, i suggerimenti pubblicati si basano su dati ritenuti attendibili, tuttavia non è possibile garantirne la totale esattezza e veridicità. Le opinioni espresse possono essere modificate senza preavviso e non rappresentano una sollecitazione al pubblico risparmio. Le indicazioni e i contenuti pubblicati su MoneyExpert.it o inviati per ai clienti da Roberta Rossi, consulente finanziario indipendente, non implicano in ogni caso alcuna responsabilità per le eventuali perdite, danni, mancati guadagni subiti dall'utente per aver utilizzato i dati contenuti nelle informazioni ricevute e/o per non aver compreso il metodo e/o per aver fatto affidamento sulle informazioni e previsioni fornite. Infine ricordiamo per correttezza che nei mercati finanziari eventuali performance realizzate nel passato non costituiscono garanzia di uguali risultati per il futuro.