Mediazione familiare e mediazione civile: due paradigmi a confronto

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1 1. Premessa Mediazione familiare e mediazione civile: due paradigmi a confronto A conferma delle ingiustificate resistenze nei confronti della mediazione civile, come introdotta dal D.lgs. 28/2010, esiste un dato storico-culturale che è utile a sconfessare ogni possibile avversione per l'istituto in questione: si allude al fenomeno della mediazione familiare. Entrata in auge negli anni '80, benché fosse sorta negli Stati Uniti nel e, poi, perfezionatasi nel 1974 grazie all'intervento dello psicologo ed avvocato James Coogler, la mediazione familiare ha rappresentato fino ad oggi una delle applicazioni dei metodi ADR con più significativo successo in Europa, se si pensa soprattutto al senso autentico dell'alternative dispute resolution improntato ad una strutturale alternatività rispetto alla classica via della giurisdizione. Posta dunque la mediazione familiare come dato ineliminabile a livello storico e culturale, sarà utile in chiave scientifica proporre un'analisi comparativa proprio fra questo istituto e la mediazione civile, disciplinata dal legislatore italiano lo scorso anno, anche per comprendere i punti di analogia e di differenza fra questi due paradigmi conciliativi e le loro eventuali compenetrazioni. 2. La mediazione familiare come peculiare forma di ADR nel quadro legislativo italiano Sorta come strumento di risoluzione a fronte dei conflitti endofamiliari, la mediazione familiare è un istituto relativamente recente e, in un certo senso, si può anche definire figlio dello Zeitgeist dell'ultimo ventennio del XX secolo: se si dovesse, infatti, individuare una storia della mediazione, non vi sono dubbi che gli esperimenti di conciliazione civile siano molto più antichi rispetto alla novità della mediazione familiare 2. In tal senso, un primo quesito che ci si può porre riguarda le ragioni del successo di quest'ultima rispetto alla prima in campo culturale. Osservando diacronicamente l'ordinamento italiano, da un lato, e il diffondersi della mediazione familiare, dall'altro, le risposte alla nostra domanda appaiono abbastanza intuitive. Uno dei fattori più significativi che ha permesso l'ingresso della mediazione familiare in Italia è stata l'attenzione che lo stesso legislatore ha avuto nei confronti dell'istituto familiare ancor prima della riforma del diritto di famiglia del 1975: l'interesse per la famiglia, infatti, aveva permeato gran parte della disciplina del Libro I del Codice Civile del 1942, anche soprattutto grazie all'influenza degli accordi concordatari del 1929 fra l'italia e la Santa Sede in materia matrimoniale 3. Successivamente, quando entrò in vigore la Costituzione nel 1948, l'istituto familiare assunse la dignità di rango costituzionale e questo determinò anche la necessità di una sua radicale ristrutturazione alla luce dei valori costituzionali, con particolare riferimento all'aspetto dell'uguaglianza fra i coniugi 4. Il paradosso prodotto dal dettato costituzionale, tuttavia, è stato quello di generare anche una concezione dove le personalità dei coniugi stessi venivano in rilievo contro una microstruttura familiare di carattere 1 Cfr. C. MARZOTTO, Per una storia della mediazione familiare in Mediazione Familiare Sistematica, 2, Rivista semestrale In questa prospettiva, cfr. N. PICARDI, voce Conciliatore in Enciclopedia giuridica Treccani, vol. VII, Roma, 1990, pp. 1 ss. 3 Sul punto, cfr. F. FINOCCHIARO, Matrimonio civile, Giuffrè, Milano, 1997 e le posizioni critiche di F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2000, pp. 325 ss. 4 M. DOGLIOTTI, Digesto delle discipline privatistiche (sezione civile), XIX, UTET, Torino, 2007, p. 490.

2 apicale 5, dando lo spazio così per l'avvento di una disciplina che esaltasse la gestione della vita personale dei coniugi stessi 6. La parità dei coniugi, pertanto, produsse come effetto culturale ultimo la formalizzazione istituzionale della separazione e divorzio che si trasformarono pian piano da istituti legittimanti, rispettivamente, la sospensione o lo scioglimento del vincolo matrimoniale a diffuse patologie sociali. Tutto ciò giustificò l'ingresso della mediazione familiare come rimedio che non esacerbasse, nella sua strutturazione e nei suoi fini, la dimensione del conflitto endofamiliare. Sulla base di questo quadro giuridico e culturale, l'avvento della mediazione familiare in Italia negli anni '80 fu dunque salutato con favore, anche perché consentiva di addivenire a soluzioni condivise fra i coniugi. Tuttavia, le nozioni dello stesso termine originarono degli equivoci inizialmente, poiché l'istituto si confondeva spesso o con la pratiche terapeutiche (della coppia o della famiglia) o con la consulenza legale. In verità, l'istituto in esame si differenziava e tuttora si differenzia dagli altri interventi posti a sostegno della famiglia, poiché mediatore familiare è solo un terzo imparziale rispetto alla coppia che ha l'obiettivo di sostenere i coniugi o gli ex coniugi durante la fase della separazione e del divorzio in una duplice prospettiva: da un lato, infatti, il mediatore familiare permette la negoziazione delle questioni relative alla scissione del nucleo familiare (affidamento dei figli, continuità genitoriale, comunicazione della separazione al nucleo familiare, etc...) e, dall'altro, si propone come obiettivo il raggiungimento della co-genitorialità, intesa come salvaguardia della responsabilità genitoriale individuale nei confronti dei figli, specialmente minori 7. Per queste ragioni, la mediazione familiare non è omologabile alla terapia di coppia o alla terapia familiare perché il fine che si prefigge non è tanto la cura di una situazione patologica, quanto piuttosto un sostegno per addivenire ad una separazione consensuale 8. Inoltre, il legislatore italiano, proprio per garantire la fluidità della mediazione familiare, ha scelto di non approntare alcuna disciplina in materia, esponendosi tuttavia come vedremo nel prosieguo nostra analisi comparativa a rischi non indifferenti sul piano pratico 9. 5 Infatti, M. DOGLIOTTI, Separazione e divorzio. Il dato normativo. I problemi interpretativi, UTET, Torino, 1998 ritiene che con l'uguaglianza fra i coniugi si sia superato, dopo più di un secolo, il criterio del predominio maschile, che si esprimeva in termini giuridici nella c.d. potestà maritale e, nei confronti dei figli, nella patria potestà. 6 Come osserva P. TRIMARCHI, Istituzioni di diritto privato, Giuffré, Milano, 1986, pp. 805 ss., infatti, la famiglia contemporanea conserva principalmente la finalità di realizzare la vita familiare in sé considerata, intesa come reciproca espressione di solidarietà e di affetti ( ). Il nuovo diritto di famiglia tiene dunque in maggiore considerazione gli individui, i loro sentimenti e gli interessi del loro matrimonio e della loro famiglia, anziché gli interessi della famiglia considerata astrattamente, come istituzione. 7 M. MALAGODI TOGLIATTI-R.G. ARDONE, Famiglie in difficoltà tra crisi e risorse, Vita e Pensiero, Milano, 1992, pp. 10 ss. 8 Così, ad esempio, A. DEL BELL BELLUZ, Storia della mediazione in AA.VV., La mediazione familiare. Quaderni del Centro Nazionale di Documentazione ed Analisi sull'infanzia e l'adolescenza, 1998, afferma che la mediazione familiare è un percorso durante il quale le persone vengono aiutate, dopo aver identificato le loro istanze e l'oggetto del contendere, a stabilire accordi che possano essere sostenuti anche per il futuro, e a riflettere quindi sul significato del divorzio anche nei suoi aspetti pragmatici. 9 In questa prospettiva, unico dato legislativo rappresentativo è solo l'art. 4 L. 285/1997, rubricata Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l'infanzia e l'adolescenza, dove si riconosce la mediazione familiare come servizio di sostegno e superamento delle difficoltà relazionali nell'ambito dei servizi di assistenza sociale e delle A.S.L.

3 3. Mediazione familiare e mediazione civile a confronto: il dato conflittuale e il suo contesto Costituendo una declinazione particolare dei meccanismi alternativi alla risoluzione delle controversie, la mediazione familiare si è qualificata per alcune sue caratteristiche uniche, a partire dalla sua definizione più profonda. Un indirizzo semantico inconsueto, in tale prospettiva, è proposto da alcuni interpreti dell'istituto, secondo i quali la mediazione familiare non significa affatto incontrarsi a metà strada, trovando una soluzione di compromesso in cui ciascuna parte rinuncia a qualcosa. Infatti, etimologicamente la parola viene dal latino mediare, inteso nel senso di dividere, aprire nel mezzo, dunque proprio il contrario dell'incontro a metà strada o, ancor più incisivamente, del riunire 10. Già partendo da qui si può osservare che la mediazione familiare trovi solide radici nella dimensione del conflitto che, tuttavia, genera nuovi campi di possibilità per le parti 11. La preminenza del dato conflittuale, in particolare, dipende soprattutto dai soggetti che agiscono sulla scena familiare (i coniugi) e dalla tragicità in cui il conflitto stesso si manifesta 12 e che la rende una dimensione multidimensionale 13. ネ noto, infatti, che l'humus in cui è nata la mediazione familiare è caratterizzato da varie tipologie di nuclei familiari, accomunati da un'alta conflittualità per cui l'obiettivo ultimo è farsi reciprocamente la guerra: fra queste vi sono le quelle rapprese da un legame disperante che unisce due coniugi che non smettono di sperare in un cambiamento dell'altro; o, ancora, le cosiddette famiglie scismatiche, dove il conflitto è concentrato sul possesso totale ed esclusivo dei figli da parte di un solo genitore 14. Il dissidio fra i coniugi, in altre parole, è valutato come una componente ineliminabile nelle loro interazioni sociali e assume un significato positivo in quanto momento di confronto tra posizioni, opinioni, credenze e saperi differenti, ossia come possibile elemento di arricchimento e crescita per i soggetti coinvolti. Senza negare la potenziale e distruttività del conflitto, tale approccio definito paradigma trasformativo 15, in quanto trasforma il conflitto in un quid di positivo tende comunque a sottrarlo alla sfera dell'eccezionalità e della patologia. In questa ottica, una famiglia conflittuale secondo le logiche della mediazione familiare non è necessariamente malata o deviante. Il trapasso dal senso conflittuale del mediare, come sopra inteso, a quello più propriamente compositivo 16, allora, si verificherà solo in considerazione dell'ascolto degli stati d'animo che muovono il conflitto stesso. Ovviamente anche qui è opportuno precisare: ascoltare, nella prospettiva della 10 F. CASTELLI in F. SCAPARRO (a cura di), Il coraggio di mediare. Contesti, teorie e pratiche di risoluzioni alternative alle controversie, Guerini, Milano, 2001, pp Ibidem. 12 Su questo aspetto insiste J. MORINEAU, Lo spirito della mediazione, trad. it., Franco Angeli, Milano, V. CIGOLI, Psicologia della separazione e del divorzio, Il Mulino, Bologna, Cfr. A. MATTUCCI, Consulenza, mediazione, terapia: quale intervento? in R. GIOMMI (a cura di), Il trauma delle separazioni difficili, Edizione Istituto Ricerche Formazione, Firenze, 2003, p Così definito dalla letteratura in materia di mediazione familiare è ben affrontato il tema in F. CANEVELLI-M. LUCARDI, La mediazione familiare. Dalla rottura del legame al riconoscimento dell'altro, Bollati Boringhieri, Torino, Per questa seconda definizione, più puntualmente conciliativa, cfr. gli approcci semantici proposti da Haines in J.M. HAINES-I. BUZZI, Introduzione alla mediazione familiare, trad. it., Giuffré, Milano, 1996, p. 49, secondo il quale la mediazione familiare consiste nell'organizzare le trattative di altre persone e il mediatore è colui che guida le trattative e che organizza le discussioni sui conflitti da risolvere, e da D. MAZZEI, La mediazione familiare. Il modello simbolico trigenerazionale, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2002, p. 21.

4 mediazione familiare, non significa cercare a tutti i costi una soluzione, né tentare di guarire l'altro dalla sua emozione e neppure procurargli vaghe consolazioni, ma significa ricevere la sua esperienza emozionale ed aiutarlo ad affrontarla, comunicandogli che non è solo, che si è disponibili ad avvicinarsi al suo irrazionale, senza censurarlo, né giudicarlo. Insomma, nell'incontro di mediazione non vale la logica per la quale se uno è nel giusto ciò avviene necessariamente a discapito dell'altro che, per definizione, sbaglia 17. Alcuni critici della mediazione civile, a questo punto, potrebbero obiettare che è appunto tale radicale differenza di contesto che, se giustifica l'esistenza della mediazione familiare, non potrebbe essere altrettanto adeguata per quel che riguarda la mediazione civile 18. La critica fondata sulle logiche particolari della mediazione familiare infatti sgorga proprio dal fatto che nella scissione del nucleo coniugale non ci sono delle res in gioco, una mera dimensione patrimoniale del conflitto, ma soprattutto delle relazioni affettive che coinvolgono le persone che compongono la famiglia stessa (coniugi e figli). Di conseguenza, se ha senso di parlare di mediazione familiare, al contrario non v'è ragion d'essere per la mediazione civile, in quanto quest'ultima coinvolge solo dei diritti disponibili e non delle relazioni familiari tout court. In verità, la debolezza di tale ricostruzione si basa su un'interpretazione eccessivamente restrittiva del concetto di relazione che non si limita alla mera dimensione affettiva, ma può anche coinvolgere altri aspetti della vita sociale: infatti, proprio di questi ultimi profili tratta la mediazione civile, che recupera appunto una nozione più ampia di relazione, addirittura oltre gli stessi angusti confini dell'istituto contrattuale. In altre parole, nella mediazione civile è coinvolta comunque una relazione fra due soggetti che si incontrano nella fase iniziale in un conflitto, destinato a trasformarsi in una dialettica vivace, secondo canoni similari al paradigma trasformativo che struttura la mediazione familiare. L'obiettivo della mediazione civile, infatti, consiste nel permettere di superare la crisi originata dal conflitto e di progettare soluzioni funzionali e, quindi, di tenere in movimento e in vita le relazioni 19. Ed è per l'appunto la concretezza della relazione e non la sua proiezione giuridica ad essere lo spunto ermeneutico da cui è necessario partire sia per una corretta interpretazione della mediazione familiare che della mediazione civile. D'altro canto, proprio la risoluzione dei conflitti endofamiliari rappresenta solo una species nel più ampio genus dei paradigmi conciliativi, con il logico corollario che non si comprende perché applicare la metodologia ADR a dimensioni particolari e non estenderne il senso ad orizzonti onnicomprensivi. 4. Mediazione familiare e mediazione civile a confronto: il nuovo ruolo del legale e il fine dei due paradigmi conciliativi In quanto forma peculiare di ADR, la mediazione familiare comporta una nuova definizione del 17 A. QUATTROCOLO, La mediazione come incontro tra persone in Atti del convegno organizzato dall'osservatorio Nazionale sul Diritto di Famiglia La mediazione familiare: un'alternativa per la gestione del conflitto, Benevento, Così sostiene, ad esempio, M. GIARRIZZO, Mediazione civile e mediazione familiare: culture a confronto, disponibile in via telematica sul sito 19 I. BUZZI in Provincia di Brescia (a cura di), La mediazione familiare. Esperienze e opinioni a confronto. Cerca un punto di incontro nel conflitto, Atti del Convegno del , Brescia, 1998, p. 61.

5 ruolo del legale, che da mero consulente giuridico si è trasformato in un riequilibratore di posizioni e di istanze diverse. Inoltre, proprio con la mediazione familiare si è accentuato il ruolo negoziale del professionista in campo giuridico: chi meglio del giurista, infatti, avrebbe potuto organizzare le trattative di altre persone, incarnando il ruolo di mediatore quale guida nella formazione delle trattative stesse? Certamente la peculiarità del contesto in cui la mediazione familiare si manifesta richiede anche un approccio interdisciplinare alle questioni controverse, poiché emergono anche aspetti di natura psicologica e sociologica non indifferenti 20. Tuttavia non vi sono dubbi che essere il legale della coppia in sede di mediazione familiare significa dare priorità alle prospettive dei diritti e degli interessi giuridicamente rilevanti, consigliare e tutelare entrambi in forma imparziale 21. Il superamento delle singoli posizioni giuridicizzate nella forme speculari del torto e della ragione, peraltro, è un tratto tipico anche della mediazione civile e, in certo senso, questo aspetto è agevolato dal fatto che il contesto entro cui si manifesta la mediazione non è caratterizzato in modo così pervasivo da quell'affettività che, invece, struttura le relazioni familiari. A proposito del fine della mediazione familiare si deve dire che solo apparentemente esso si può considerare antitetico a quello della mediazione civile: il ruolo del mediatore, infatti, come si è già detto, non si sostanzia solo in un sostegno finalizzato ad una forma consensuale di separazione, ma anche ad una negoziazione della co-genitorialità e delle responsabilità dei singoli genitori nei confronti dei figli. Anche qui non si può non considerare la particolarità del contesto in cui questi esiti sono inseriti. Contro una contrapposizione che pone, da un lato, una mediazione familiare con significati separativi e una mediazione civile, dall'altro, con un senso unicamente unitivo, ci sono altre numerose variabili intermedie. Ad esempio, anche la mediazione civile com'è noto può fallire e dunque questo aspetto contesta il significato puramente conciliativo dell'istituto. D'altro canto, è ben possibile che anche in una separazione consensuale la coppia possa giungere ad una responsabile assunzione del ruolo genitoriale nei confronti dei figli e, in questa prospettiva, il legislatore si mostra estremamente attento, come comprova anche la disciplina in materia di affidamento condiviso. Anzi, nello scarno panorama legislativo in materia di mediazione familiare, si può dire che proprio l'istituto dell'affidamento condiviso rappresenti una forma di accordo obbligatorio sul piano dei diritti personali, con valore equivalente alle materie soggette alla mediazione obbligatoria, come disciplinata dal D.lgs. 28/ Mediatori professionisti e non professionisti: il caso della sentenza della Corte Costituzionale 131/2010 e i diversi moduli operativi della mediazione familiare Fin qui si è visto che i rapporti fra mediazione civile e mediazione familiare sono, per utilizzare un lessico giuridico, caratterizzati da un rapporto da genus a species: in tal senso, quel che realmente 20 In tal senso, cfr. L. BÉRUBÉ, La collaborazione interdisciplinare: una chiave essenziale per lo sviluppo della mediazione in L. LAURENT-BOYER (a cura di), La mediazione familiare, trad. it., Liguori Editore, Napoli, 2000, pp. 18 ss. e L. PARKINSON, La mediazione familiare. Modelli e strategie operative, Erickson, Londra, A.M. SANCHEZ DURAN, Il ruolo dell'avvocato nella mediazione familiare in AIMS, n. 2, Giugno 2004 p Per una più puntuale analisi dell'istituto dell'affidamento condiviso, cfr. M. MAGLIETTA, L'affidamento condiviso dei figli. Guida alla nuova legge. Per genitori, mediatori, avvocati, psicologi, assistenti sociali, Franco Angeli, Milano, 2006.

6 contraddistingue a livello strutturale le due forme di risoluzione alternativa delle controversie è il contesto in cui il dato conflittuale si estrinseca. Tuttavia un aspetto che non deve essere taciuto in riguarda anche la disciplina della materia: la mancanza di una legislazione specifica sulla mediazione familiare ha posto, infatti, delle questioni delicatissime soprattutto per quel che concerne la professionalità del mediatore. La questione, in particolare, si è palesata del tutto con la sentenza n. 131 del 12 aprile 2010, emessa dalla Corte Costituzionale, che ha dichiarato costituzionalmente illegittime la L. 26/2008 e le sue successive modificazioni. La questione di legittimità costituzionale evidenziava la lacunosità della legislazione statale nella materia in questione: secondo il Giudice delle Leggi, infatti, con l'art. 155-sexies c.c., aggiunto dalla L. 54/2006, il legislatore ha solo accennato all'attività di mediazione familiare, senza prevedere alcuna specifica professione, stabilendo che 'qualora ne ravvisi l'opportunità il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare l'adozione dei provvedimenti di cui all'art. 155 per consentire ai coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell'interesse morale e materiale dei figli', ma a tutt'oggi, non ha introdotto la figura professionale del mediatore familiare, né stabilito i requisiti per l'esercizio dell'attività 23. Di diverso tenore, invece, sono le considerazioni del legislatore in materia di mediazione civile che ha recentemente modificato, con l'introduzione del D.M. 180/2010, proprio la professionalità del mediatore. Infatti, in questo caso gli artt. 4 e 18 della norma in esame prevede specificatamente dei requisiti puntuali per lo svolgimento dell'attività conciliativa: in primo luogo, un diploma di laurea triennale o, in alternativa, l'iscrizione ad un ordine o collegio professionale e, in seconda battuta, una specifico corso formativo, di durata complessiva di 50 ore, articolato in corsi teorici e pratici, articolato in corsi teorici e pratici che viene valutato con una prova finale della durata massima di quattro ore, distinta in parte teorica e parte pratica. Sotto questo profilo effettivamente si pongono dei problemi di uniformità di disciplina che la stessa giurisprudenza costituzionale pone all'attenzione del legislatore ordinario. Nonostante ciò, la carenza legislativa che rende vulnerabile a livello istituzionale la mediazione familiare non corrisponde affatto con i suoi sviluppi professionali in campo scientifico, come attestano anche i vari modelli di mediazione, che permettono una notevole complessità soprattutto nel campo delle metodologie 24. L'ingresso dell'interdisciplinarietà nella mediazione familiare ha consentito, in questa prospettiva, lo sviluppo di tre modelli: a) la co-mediazione, dove sono presenti due mediatori appartenenti alla medesima area professionale; b) la mediazione integrata, in cui al mediatore psicosociale si affianca un esperto del diritto solo in determinate occasioni o nel colloquio finale per la redazione del progetto d'intesa; c) la co-mediazione interdisciplinare, che prevede la compresenza ai colloqui di due mediatori, uno appartenente alla sfera psicosociale e l'altro appartenente alla sfera giuridica Corte Cost., sentenza de , n. 131, pubblicata il C. MARZOTTO-R. TELLESCHI, Comporre il conflitto genitoriale. La mediazione familiare: metodi e strumenti, Unicopli, Milano, Cfr. C. CESANA-L. PORRI, La co-mediazione interdisciplinare: diverse competenze a favore della coppia in R.G. ARDONE-M. LUCARDI (a cura di), La mediazione familiare. Sviluppi, prospettive, applicazioni, Editore Kappa,

7 Soprattutto l'ultimo modello si inserisce bene nell'intersezione fra la terapia, che sostiene le persone e le cura negli aspetti disfunzionali a livello relazionale, e il diritto inteso come cornice normativa a tutela della parte potenzialmente più debole, ora i figli, ora l'altro partner. Il confine con effetti terapeutici indiretti 26, in tal senso, contraddistingue sotto il profilo dell'analisi comparativa la mediazione familiare e la mediazione civile. Se la gravità delle lesioni emozionali su cui si basa il conflitto familiare, infatti, giustifica anche interventi paralleli sotto il profilo squisitamente terapeutico e, dunque, anche un'efficacia indiretta della mediazione in una direzione analoga, al contrario nel caso della mediazione civile il conflitto è pur sempre riconducibile a dei principi di ragionevolezza. In ogni caso, il legislatore prevede anche nelle ipotesi di mediazione civile l'istituzione di un collegio di mediatori nel caso in cui le questioni presentino particolare difficoltà, anche se non si imprime esplicitamente al consesso in questione un carattere interdisciplinare che, al contrario, sarebbe auspicabile. 6. Conclusioni Il frutto dell'analisi comparativa fra mediazione familiare e mediazione civile finora svolta conduce a delle riflessioni significative sulle possibili compenetrazioni fra questi due paradigmi di alternative dispute resolution. In particolare, la radicale differenza dei contesti in cui si esprimono le due forme di mediazione non è da considerare come argomento per negare l'istituto conciliativo affermato dal D.lgs. 28/2010, ma conferma solo un rapporto che lega entrambe le mediazione entro il circuito delle metodologie ADR: la nuova definizione del ruolo del legale e il fine che si propongono i due paradigmi, infatti, lungi dall'essere antitetici, convergono anzi in una prospettiva che si inscrive nella logica della responsabilità delle parti. Al contrario, la vera distanza che separa mediazione familiare e mediazione civile riguarda soprattutto la disciplina ed è sintomatico che le censure mosse dalla giurisprudenza costituzionale nei confronti dell'assenza di professionalità nella mediazione familiare siano state evidenziate proprio nello stesso periodo in cui il legislatore aveva introdotto la disciplina della mediazione civile. Se, dunque, il paradigma di risoluzione dei conflitti endofamiliare offre degli spunti ermeneutici alla conciliazione di cui al D.lgs. 28/2010 soprattutto sul piano dell'interdisciplinarietà, parimenti la mediazione civile può rappresentare un canone normativo utile alla stessa mediazione familiare soprattutto per quel che concerne le figure professionali che operano in questo settore. Quel che è certo è la convergenza delle due prospettive nell'unica prospettiva unificante di ricerca di soluzioni alternative al giudizio anche al fine di garantire una maggiore responsabilità dei confliggenti, come è auspicato in dottrina 27. BIBLIOGRAFIA AA.VV., La mediazione familiare. Quaderni del Centro Nazionale di Documentazione ed Analisi sull'infanzia e Roma, G. TAMANZA-C. MARZOTTO-L. GENNARI, La valutazione della mediazione familiare. Una ricerca empirica sul processo in R.G. ARDONE (a cura di), Annali della mediazione, Carocci, Roma, Sul punto cfr. E. RESTA, Giudicare, conciliare, mediare in F. SCAPARRO (a cura di), op. cit., 2001, pp. 22 ss.

8 l'adolescenza, 1998 R.G. ARDONE (a cura di), Annali della mediazione, Carocci, Roma, R.G. ARDONE-M. LUCARDI (a cura di), La mediazione familiare. Sviluppi, prospettive, applicazioni, Editore Kappa, Roma, 2005 F. CANEVELLI-M. LUCARDI, La mediazione familiare. Dalla rottura del legame al riconoscimento dell'altro, Bollati Boringhieri, Torino, 2000 M. DOGLIOTTI, Separazione e divorzio. Il dato normativo. I problemi interpretativi, UTET, Torino, 1998 M. DOGLIOTTI, Digesto delle discipline privatistiche (sezione civile), XIX, UTET, Torino, 2007 F. FINOCCHIARO, Matrimonio civile, Giuffré, Milano, 1997 F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2000 M. GIARRIZZO, Mediazione civile e mediazione familiare: culture a confronto in R. GIOMMI (a cura di), Il trauma delle separazioni difficili, Edizione Istituto Ricerche Formazione, Firenze, 2003 J.M. HAINES-I. BUZZI, Introduzione alla mediazione familiare, trad. it., Giuffré, Milano, 1996 L. LAURENT-BOYER (a cura di), La mediazione familiare, trad. it., Liguori Editore, Napoli, 2000 M. MAGLIETTA, L'affidamento condiviso dei figli. Guida alla nuova legge. Per genitori, mediatori, avvocati, psicologi, assistenti sociali, Franco Angeli, Milano, 2006 C. MARZOTTO-R. TELLESCHI, Comporre il conflitto genitoriale. La mediazione familiare: metodi e strumenti, Unicopli, Milano, 1999 C. MARZOTTO, Per una storia della mediazione familiare in Mediazione Familiare Sistematica, 2, Rivista semestrale, 2003 M. MALAGODI TOGLIATTI-R.G. ARDONE, Famiglie in difficoltà tra crisi e risorse, Vita e Pensiero, Milano, 1992 D. MAZZEI, La mediazione familiare. Il modello simbolico trigenerazionale, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2002 J. MORINEAU, Lo spirito della mediazione, trad. it., Franco Angeli, Milano, 2003 L. PARKINSON, La mediazione familiare. Modelli e strategie operative, Erickson, Londra, 2003 N. PICARDI, voce Conciliatore in Enciclopedia giuridica Treccani, vol. VII, Roma, 1990 Provincia di Brescia (a cura della), La mediazione familiare. Esperienze e opinioni a confronto. Cerca un punto di incontro nel conflitto, Atti del Convegno del , Brescia, 1998 A. QUATTROCOLO, La mediazione come incontro tra persone in Atti del Convegno organizzato dall'osservatorio Nazionale sul Diritto di Famiglia La mediazione familiare: un'alternativa per la gestione del conflitto, Benevento, 2003 A.M. SANCHEZ DURAN, Il ruolo dell'avvocato nella mediazione familiare in AIMS, n. 2, Giugno 2004 F. SCAPARRO (a cura di), Il coraggio di mediare. Contesti, teorie e pratiche di risoluzioni alternative alle controversie, Guerini, Milano, 2001

9 P. TRIMARCHI, Istituzioni di diritto privato, Giuffré, Milano, 1986

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