Ricerca di storia. Teatro greco

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1 Barberi Squarotti Gabriele De Nardo Vittorio Minerva Emilio VD Ricerca di storia Teatro greco Origini: L evoluzione storica dello spazio teatrale ellenico vide dapprima un semplice spiazzo attorno al quale si radunava la collettività; poi un perimetro trapezoidale o circolare contornato in parte da panche lignee; da ultimo, tra il V e il IV secolo a. C., si preferì una costruzione in pietra dove tragedie e commedie si svolgevano entro cornici scenografiche monumentali, davanti a migliaia di persone. Struttura: Il teatro greco mantenne sempre i tratti originari. Al centro c era l orchestra, l area in cui si esibiva il coro, ed intorno ad essa si sviluppavano le gradinate, che formavano la cavea. Questa era costruita a ridosso di una collina per sfruttarne la pendenza. Al centro dell orchestra c era l altare di Dioniso, detto jumeélh, mentre dietro c era la skhnhé l edificio dove si cambiavano gli attori, che a volte era collegato all orchestra con cunicoli sotterranei detti scale di Caronte. Davanti alla skhnhé, si trovava il proskhénion, il palcoscenico, compreso a partire dal 450 a. C. tra due avancorpi detti parasceni; inizialmente era di dimensioni modeste e in legno, ma poi arrivò a essere alto più di 3 metri e costruito in pietra. In età ellenistica ci furono alcuni cambiamenti: il coro perse di importanza e ne guadagnarono al suo posto gli attori; la parte più importante del teatro divenne quindi il palcoscenico, mentre l orchestra fu ridotta da un cerchio completo ad un semicerchio. Inoltre la skhnhé divenne più imponente e nella sua parte anteriore presentava una facciata a colonne con tre porte, per le quali passavano gli attori: la porta centrale era l'entrata regia, quella di destra era riservata all'entrata del secondo attore e quella di sinistra indicava un immaginario tempio in rovina, un deserto, o una prigione. Tra le colonne erano posti i pòkanev, pannelli dipinti usati come scenografie. Anche tra le tre file di colonne che servivano a sorreggere l ormai imponente palco erano inseriti di questi pannelli, ma con una funzione puramente decorativa. Il complesso scenico, dunque, diventò un edificio a due piani di cui il primo, il fronte del palcoscenico, faceva da sfondo all azione del coro, mentre il secondo, il fronte della scena, a quella degli attori. Lo spazio riservato agli spettatori, invece, si ampliò e la cavea si allungò a ferro di cavallo. Le paérodoi, passaggi laterali lungo la skhnhé che

2 servivano inizialmente anche al passaggio dei membri del coro oltre che per l ingresso del pubblico, furono usate solo per il passaggio degli spettatori. Utilizzo: I Greci consideravano il teatro non come una semplice occasione di divertimento e di evasione dalla quotidianità, ma piuttosto come un luogo dove la poéliv si riuniva per celebrare le antiche storie del mito, patrimonio comune della cittadinanza. Le vicende mitiche, codificate dalla tradizione, venivano nuovamente interpretate dal drammaturgo e il mito serviva così a trattare i problemi profondi della città. Quindi lo spettatore greco si recava a teatro soprattutto per rafforzare il senso della comunità civica. Ma l'evento teatrale aveva anche la valenza di un'attività morale e religiosa, assimilabile ad un vero e proprio rito. Il teatro era per i Greci uno spettacolo di massa, cui partecipavano cittadini di ogni livello e condizione economica e probabilmente già nel V secolo a. C. erano ammessi anche donne, bambini e schiavi. Durante le feste religiose il teatro ospitava tragedie e commedie. La tragedia, nata dai ditirambi, i canti in onore di Dioniso, rappresentava una vicenda con un epilogo drammatico, incentrata su un problema etico o religioso. Metteva in scena un mito tradizionale, ma l autore affermava la sua interpretazione della vicenda attraverso le parti del coro. Invece la commedia era un componimento più leggero, basato, nella sua prima fase, su commenti satirici degli avvenimenti contemporanei, mentre nella sua fase ellenistica, visto che con l avvento del sovrano assoluto non c era più interesse per la politica, sulla rappresentazione ridicola dei costumi e dei vizi della popolazione media. Gli attori erano pochi, perché ognuno di essi svolgeva più ruoli; per permettere al pubblico di riconoscere i vari personaggi si usavano maschere, che rappresentavano i vari tipi della tragedia (tragiche) o quelli della commedia (comiche). Servivano inoltre per amplificare la voce e permettere al pubblico anche delle file più distanti di sentire. Per rendere inoltre più visibile l'attore erano adoperati dei calzari con suole molto alte: i coturni nella tragedia, i socci nella commedia. Teatro di Velia

3 Il teatro di Velia si trova sul versante orientale dell'acropoli della città e ne rimangono ormai parti esigue, poche gradinate nella metà meridionale. Si tratta del rifacimento in epoca imperiale romana, tra il II e il III sec. d. C., di un teatro già presente in epoca arcaica, nel V sec. a. C., e ricostruito in età ellenistica. Questo è noto grazie al ritrovamento, sotto allo strato di pavimentazione romana, di uno strato più grossolano e antico, formato da pietre appoggiate direttamente su uno strato roccioso, che probabilmente servivano a sostenere delle panche in legno, come si capisce dalla scarsa altezza dei gradini, non sufficiente a garantire una seduta comoda. Questo strato termina in una pavimentazione pianeggiante di arenaria che, anche se in parte distrutta da opere medievali, sembra fosse l'orchestra greca, come testimonia il rinvenimento di frammenti di ceramica risalenti al V-IV sec. a. C. In epoca romana la struttura antecedente fu ricoperta da una nuova pavimentazione destinata a ospitare direttamente gli spettatori, perché i gradini, formati da blocchi leggermente infissi nel terreno, erano molto alti, per garantire una visione buona per tutti. I ciottoli sono lavorati sbrigativamente ed è questo che fa pensare ad una produzione in serie d'epoca imperiale e non sono legati da malta. La struttura era formata da una cavea divisa in sei settori, di cui la parte settentrionale, andata completamente distrutta, sfruttava come appoggio non la pendenza della collina, ma terra di riporto. La skhnhé, di grandi dimensioni, terminava in un massiccio muro di contenimento. Il teatro, poiché a Velia non c era anfiteatro, poteva ospitare ludi gladiatori e giochi navali, vista la pavimentazione dell orchestra e la mancanza di palco, probabilmente montabile in occasione di spettacoli teatrali. Anfiteatro romano Definizione: Anfiteatro, dal greco a\mfò intorno, doppio e jeéatron teatro, cioè doppio teatro, è il nome con cui i Romani, a partire da Vitruvio e Augusto, designavano lo spazio occupato dagli spettatori attorno a un'arena centrale. Tale nome fu attribuito al circo, all'ippodromo e, in particolare, all'edificio destinato ad accogliere i ludi gladiatori. Il prototipo dell'anfiteatro romano deriva probabilmente da strutture che in Campania ospitavano ludi gladiatori di carattere funerario. I primi anfiteatri romani furono di legno e l'uso di questo materiale perdurò a lungo, fino a quando fu sostituito dalla pietra. Se ne distinguono due tipi: il più antico era costituito da una sostruzione, cioè l insieme degli elementi che sorreggono una struttura, piena, quindi fatta di terra, sulla quale poggiavano le panche per gli spettatori, raggiungibili per mezzo di scale interne o esterne. Nel più recente i sedili poggiavano su muri radiali spesso uniti da volte, in cui venivano ricavati corridoi e scale d'accesso.

4 In entrambi i tipi l'arena era circondata da un muro ed eventualmente da un fossato, che proteggevano gli spettatori dalle belve. Struttura: L'anfiteatro era formato da un'area pianeggiante di forma ellittica e coperta di sabbia, chiamata arena. Attorno correva una muraglia alta 4 o 5 metri, sulla quale erano collocati i seggi dei personaggi importanti. Dietro di questa si sviluppavano le gradinate per il pubblico, divise in settori. Da un lato vi era una costruzione speciale, una tribuna riservata alle autorità, detta pulvinar. Gli spettatori entravano nella cavea e ne uscivano attraverso apposite porte poste a vari livelli, che davano accesso a scale e corridoi che, settore per settore, portavano agli ingressi esterni. Questi accessi erano chiamati vomitoria. Accanto all'ingresso dell'arena c'era un sacello, dove i gladiatori si fermavano a pregare prima dei combattimenti. Le gradinate terminavano esternamente con un muro che circondava tutto l'anfiteatro, il muro di summa cavea, che negli anfiteatri maggiori sorreggeva un anello di pietra con dei fori. In questi fori venivano posti dei pali che reggevano i velaria, ovvero delle grandi tele che servivano a fare ombra agli spettatori e forse a proteggerli dalla pioggia. Nell'anfiteatro vi erano molti locali di servizio sotterranei chiamati cavae, destinati agli usi più disparati: dal magazzinaggio di attrezzature o scenari, alla ritenzione degli animali destinati ai combattimenti, dai vani destinati ai gladiatori quali palestre o terme, che talvolta erano collocati invece nei pressi dell'anfiteatro, a luoghi di preghiera per coloro che si preparavano ai combattimenti. Le fondazioni di questi edifici erano di solito in opus caementicium, cioè ciottoli o pietrisco legati con malta di calce, e sopra di esse iniziava l'opera in muratura che comprendeva componenti lapidee e marmoree e poteva raggiungere altezze attorno ai 50 metri. La facciata dell'anfiteatro, ad arcate, era ornata con colonne e lesene, cioè elementi architettonici addossati alla parete, composti da un fusto di pianta rettangolare e dai relativi capitelli, di diverso stile con l'aumentare dell'altezza, come d'uso abituale nella contaminazione architettonica romana; c erano inoltre decorazioni varie e statue. L'apparato per la gestione degli anfiteatri era enorme, dato che comprendeva numerosissimi addetti. I corridoi per far entrare le bestie nell'arena avevano dei fori posti a distanze regolari per poter passare da una parte all'altra dei pali, in modo da impedire che gli animali tornassero indietro e uccidessero gli addetti. Utilizzo: L'edificio è legato ai ludi gladiatori e alle venationes, ovvero spettacoli che hanno per protagonisti animali, sia in forma di caccia, sia in forma di combattimento in cui vengono fatti scontrare uomini e belve, anticamente in occasione di riti funerari. Nell'Italia meridionale, ma in particolare presso i Sanniti, si svolgevano combattimenti anche cruenti in occasione delle cerimonie funebri, ma l'originario collegamento con funzioni religiose si attenuò col passare del tempo. I gladiatori erano molto considerati nel mondo romano ed erano schiavi o criminali. Praticavano la scherma con spade specifiche, maneggiando armi particolari, e miglioravano la loro condizione fisica con faticosissimi allenamenti. Ce n'erano di molti tipi, ma i più frequenti erano Reziari, Secutori, Mirmilloni, Traci. Ogni categoria di gladiatori aveva tecniche e armi diverse, avendo così vantaggi e svantaggi rispetto alle altre. Il Reziario aveva una rete munita di pesi per avvolgere l'avversario, un tridente, la fuscina, ed un pugnale, il pugio. Lottava con un'armatura leggera, proteggendosi il braccio con una lorica e la spalla con il galerus, un parabraccio, e indossava il subligaculum, un indumento di lino. Non portava alcuna protezione alla testa, né calzature. L equipaggiamento del Secutore prevedeva un gladio, un elmo tondo a calotta liscia, la galea, che non offriva appigli per la rete del Reziario, e inoltre uno scudo che doveva offrire protezione dal ginocchio fino alla visiera dell elmo, una

5 manica e una difesa di metallo per le spalle. Portava inoltre un gambale metallico a difesa della tibia posto sopra una spessa protezione di lana. Il Mirmillone portava un grosso elmo che copriva interamente il volto ed era equipaggiato con un largo e pesante scudo rettangolare che copriva l'intero corpo ad eccezione del volto e delle gambe, una delle quali era protetta da uno schiniere, detto ocrea. Portava come unica arma d'attacco il gladio. Il Trace era di fisico leggero e agile, protetto da uno scudo rettangolare portato al braccio sinistro, da fasce di cuoio al braccio armato, da schinieri che arrivavano sopra il ginocchio e infine da un elmo decorato. Era armato con una spada ricurva molto caratteristica. I combattimenti più frequenti mettevano di fronte i Reziari contro i Secutori e i Traci contro i Mirmilloni. È da smentire la credenza secondo cui, al termine del combattimento, il gladiatore perdente fosse ucciso o salvato a giudizio della folla. Però è probabilmente vero che il pubblico esprimeva il suo gradimento, e forse anche la volontà di vita e di morte, ma era assai raro che un gladiatore professionista fosse ucciso, perché questi atleti erano molto costosi da addestrare e mantenere e il pubblico non voleva vederli morire, affinché potessero tornare in futuro a dare spettacolo. L afflusso di gente era tale che per facilitare gli spostamenti degli spettatori locali e dei forestieri di solito gli anfiteatri erano collocati in periferia o fuori dalle mura, lungo direttrici importanti. Dopo la diffusione del Cristianesimo i giochi furono osteggiati dalle autorità religiose per la loro disumanità e già dal IV secolo d. C. alcuni anfiteatri iniziarono ad essere demoliti. La popolarità dei giochi durò nel tempo, eludendo sovente le proibizioni emanate dalle autorità, perché Costantino li vietò fin dal 326. Costanzo II rese di nuovo legali i ludi, ma Valentiniano III ne decretò la fine; gli ultimi furono celebrati da Teodorico al Colosseo, nel VI secolo. L'anfiteatro di Paestum Presso la superficie occupata dal Foro è situato l Anfiteatro romano a terrapieno con muro di terrazzamento; risalente all età tardo-repubblicana, più precisamente all epoca cesariana (50 a. C. circa), è fra gli esempi più antichi di questo genere edifici e sorge in un area della città che già in epoca greca era luogo di riunione: infatti alcuni scavi hanno individuato quello che potrebbe essere stato il ginnasio dell antica Posidonia e l anfiteatro stesso sorge sulla agorà greca, sotterrata con la costruzione della città romana. Dell edificio è visibile solamente la metà occidentale perchè l anfiteatro è in parte tagliato dalla Via delle Calabrie, costruita dai Borboni, e in parte si trova ancora in terreni di proprietà privata. Fu costruito in blocchi squadrati di calcare, ma lungo il

6 perimetro esterno si possono vedere alcuni pilastri in mattoni, risultato di un ampliamento dell edificio fatto nel II secolo d. C. forse per ordine degli imperatori Flavii, per sostenere un secondo ordine di gradinate costituito da una serie di arcate a volta poggiate sui pilastri in laterizio sopra le quali venne posizionato anche il coronamento della cavea, il moenianum summum, forse eseguito in legno. Questo ampliamento fu fatto perché a Paestum venne dedotta una colonia di veterani che aumentò di molto la popolazione cittadina. L anfiteatro di Paestum era munito di una entrata con volta a vela e due porte laterali ad arco che davano accesso alla cavea. Quella di Paestum ha uno sviluppo relativamente ridotto e ne restano solo pochi gradini. L arena non è molto ampia. Il balteo, parapetto che separa l arena della cavea, è di discreta altezza per evitare l aggressione degli animali che là si esibivano. Anche il corridoio per accedere all arena era a volta e comunicava con essa per mezzo di piccole porte. In questo corridoio a volta erano tenute le attrezzature e gli animali per gli spettacoli. Bibliografia - Giovanna Greco e Fritz Krinzinger (a cura di), Velia: studi e ricerche, Franco Cosimo Panini editore, Modena, Grande dizionario enciclopedico, UTET, Torino - Arte e storia di Paestum. Gli scavi ed il museo archeologico. Velia. Heraion, Bonechi, Firenze, Giovanna Greco, Velia. La visita alla città, Naus editoria, Pozzuoli, Luigi Cicala, Antonella Fiammenghi, Luigi Vecchio, Velia. La documentazione archeologica, Naus editoria, Pozzuoli, Enciclopedia «Le Garzantine». Antichità classica - repertorio generale della civiltà grecoromana, Garzanti, Milano, Sitografia (architettura)#il teatro nella Grecia antica - (architettura)#il teatro nella Roma antica -

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