REPUBBLICA ITALIANA - TRIBUNALE DI MODENA- IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

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1 Sentenza n. 03/05 Pronuncia il 12/01/2005 Deposito il 13/01/2005 Infortuni sul lavoro Responsabilità del datore: negligenza del lavoratore - Straniero extracomunitario Parità di trattamento nella tutela giurisdizionale Infortunio Omissioni di misure di sicurezza ed informazioni - Onere della prova Inottemperanza - Responsabilità del datore Esclusione Condotta abnorme del lavoratore - Infortuni sul lavoro Danno da infortunio Danno differenziale - Inferiorità della rendita INAIL al danno patrimoniale presunto - Difetto di allegazione Rilevabilità d ufficio - Rif.Leg.art.16 Prel;art.2087 cc;artt.10,11 Dpr 1124/85;art.2 D.lgs 286/98; REPUBBLICA ITALIANA - TRIBUNALE DI MODENA- IN NOME DEL POPOLO ITALIANO All'udienza del 12/1/05 il Tribunale di Modena in funzione di Giudice del Lavoro di primo grado nella persona dei dott Claudio Bisi ha pronunciato la seguente sentenza nella causa promossa da: XX, residente in San Prospero di Modena, rappresentato e difeso in forza di procura speciale a margine del ricorso introduttivo dall'avv. Tullio Virgili, presso lo studio del quale in Modena, viale Caduti in Guerra, 35 è elettivamente domiciliato parte attrice CONTRO YY srl., con sede in San Prospero di Modena, rappresentata e difesa, in forza di procura a margine della copia notificata del ricorso dall'avv. Eugenio Gilioli, presso il cui studio in Modena, via del Teatro, 1 è elettivamente domiciliato parte convenuta E CON LA CHIAMATA IN CAUSA DI Assitalia - Le assicurazioni d'italia spa - rappresentata e difesa in forza di procura speciale in calce alla copia notificata dell'atto di chiamata dall'avv. Giuliano Rossi, presso il quale in Modena, Piazza Matteotti, 51 è elettivamente domiciliata Conclusioni di parte attrice, come emendate con le note finali: accertare e quantificare il danno biologico per inabilità permanente e temporanea e morale nella complessiva somma di euro ,00 e condannarsi parte convenuta i alla loro rifusione, oltre accessori dall'infortunio, spese rifuse Conclusioni di parte convenuta, come emendate con le note finali: rigettarsi le domande o in subordine ridurre il quantum a in proporzione al concorso di colpa, e in tal caso condannare l'assitalia spa a tenere indenne in pari misura la convenuta nei limiti di polizza,spese rifuse Conclusioni della terza chiamata:

2 respingersi la domanda, o in subordine, contenere l'obbligo di manleva nei limiti di polizza, spese rifuse SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con il ricorso introduttivo ritualmente notificato, parte attrice si doleva di infortunio sul lavoro subito in data 3/10/96 e, ai fini di ottenere il risarcimento dei danno patito, sia patrimoniale in senso stretto che biologico e morale, conveniva in giudizio il datore di lavoro, di cui in epigrafe. Deduceva, in particolare, che la macchina in questione, come emergeva dagli accertamenti eseguiti dalle competenti autorità (..) sarebbe risultata priva del sistema di protezione della lama e di bloccaggio automatico" La convenuta chiedeva la reiezione della domanda, posto che, in via preliminare, non vi era prova, della quale era onerato il prestatore infortunato, della sussistenza delle condizioni di reciprocità, di cui all'art 16, disposizioni preliminari al codice sostanziale Nel merito, poi, come ben evidenziato dalle relazione dell'asl, la versione fornita dall'assicurato, (necessita di fissare il "pezzo" manualmente e " bloccaggio" della lama) era implausibile, onde la ricorrenza di un evidente rischio elettivo. Sotto altro profilo, quanto alle doglianze avanzate con il libello, la "cuffia" di protezione avrebbe comunque lasciato scoperta la lama in fase di taglio, (onde il difetto di nesso di causalità tra l'infortunio e l'omissione specifica predetta, ove opinata sussistente), così come il dispositivo di arresto era presente e ben funzionate. Eccessivo doveva poi ritenersi il quantum della pretesa. In via gradata doveva essere manlevata dall'assicuratore, (tenuto, anche, a rifondere gli oneri di difesa), e ne chiedeva la chiamata in causa; autorizzata la stessa, l'assicuratore si associava alle difese del garantito, richiamato, comunque, il massimale di polizza e l'insussistenza del diritto alla rifusione delle spese legali, mancando il requisito della "designazione"da parte di Assitalia, in difformità dalle condizioni contrattuali, del relativo professionista Sospesa la causa ex art 412 bis cpc, ritualmente poi riassunta ed istruita documentalmente, con l'espletamento di ctu medico legale e con la assunzione, da parte dell'odierno decidente, subentrato all'altro nelle more trasferito, delle prove costituende dedotte, nei limiti della loro rilevanza, era definita come da separato dispositivo, sulle conclusioni delle parti trascritte in epigrafe e conformi a quelle formulate in limine, salvo per il capo di domanda della garantita inerente alla rifusione degli oneri di difesa e per la riduzione e precisazione dei quantum ad opera del ricorrente, in aderenza alla ctu. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Proponibilità

3 1A. Ex art 16 disp prel cod civ Già dall'art 1 della legge n. 943/86, (il principio è stato, poi, trasfuso nel comma terzo dell'art 2 del dlg n. 286/98, successivo all'infortunio), emergeva un principio di completa parificazione ai diritti in godimento ai prestatori nazionali. La domanda deve, dunque, ad avviso del tribunale, sotto tale profilo, ritenersi proponibile 1B. Ex art 10, comma sesto, del Dpr n. 1124/65. Quanto al danno patrimoniale in senso stretto, ove il relativo capo di domanda non si reputi rinunciato, l'azione deve ritenersi, ad avviso del Tribunale, inammissibile, per le ragioni, di cui infra, e la questione deve ritenersi rilevabile anche d'ufficio. Per quanto non riferentesi al danno biologico e morale, componenti che in relazione alla giurisprudenza del giudice delle leggi sono ora estranei al sistema cosiddetto dell'esonero assicurativo ex art 10 del DPR n.1124/65, almeno fino all'operatività della novella dell'anno 2000, (per il danno biologico si vedano le sentenze n.485/91 e 356/91 per quello morale la sentenza n. 37/94) ed ai relativi principi del danno cosiddetto differenziale, è risarcibile solo, (godendo il ricorrente di una rendita unificata pari al 30%), la differenza rispetto a quanto erogato dall'inail. Deve, dunque, ritenersi esistente, ad avviso del tribunale, un preciso onere di allegazione in punto all'eventuale inferiorità della rendita capitalizzata all'entità del danno patrimoniale, in particolare laddove, come nella specie, si veda l'elaborato dell'ausiliare- la riduzione della capacità di lavoro specifica, (cd di guadagno), appaia inferiore. Ma il libello, introduttivo della lite, (ai pari degli atti successivi), è (in ordine a tale eventuale superiorità), silente. Onde, ad avviso del tribunale, la parziale improponibilità, (in parte qua) della domanda. 2. Residue questioni. Quanto al danno biologico e morale, tale danno, osserva il tribunale, è dovuto indipendentemente dalla corresponsione della rendita Inail che in relazione alle ultime rivalutazioni, è ormai in genere pari (o addirittura superiore), ove capitalizzata, al danno civilistico patrimoniale in senso stretto ed a prescindere dalla esistenza di un reato ad azione pubblica (la violazione anche del solo art però si ritiene concreti colpa specifica e non generica ed il reato anche all'esito della novella n. 689/1981 rimane nella fattispecie aggravata procedibile officiosamente-) e al relativo principio di tendenziale previetà del procedimento penale, potendo, in tale caso il reato essere accertato dal giudice civile solo ove lo stesso sia estinto o in ipotesi prescritto, o il giudice penale abbia

4 comunque proceduto al non esercizio (archiviazione) o alla reiezione dell'azione penale (proscioglimento ovviamente istruttorio) in relazione al restringimento dell'area di operatività dell'esonero via via intervenuta (si vedano le sentenze n.22/1967, 102/81, 118/86 della Corte Costituzionale). E gli stessi principi si applicano anche al danno morale, (Cass n /98), ove anche intervenuta, come nella specie, una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, (Corte Cost n. 499/95, Cass n. 1501/96). E' pur sempre necessario ovviamente (anche al di fuori dell'azione di danno differenziale) una responsabilità o una corresponsabilità del datore (o di una persona del cui reato in riferimento ai danni morali o, in riferimento al danno patrimoniale biologico, del cui illecito contrattuale o extracontrattuale -si ritiene che le due azioni possano concorrere -Cass n.1566/88- e che anche per l'azione extracontrattuale sussista la competenza funzionale del giudice del lavoro -Cass n.3428/90- ove l'illecito sia commesso nell'esercizio delle incombenze lavorative- ex art 2049 cc lo stesso debba rispondere, giacché ove si versasse in fattispecie di colpa esclusiva (cd rischio elettivo) del prestatore (o di fortuito o di forza maggiore), nessun illecito parte convenuta avrebbe commesso (e a nessun risarcimento sarebbe conseguenzialmente tenuta) ed al ricorrente, nella presenza dei presupposti di legge (ed in particolare il superamento della soglia del 10% di riduzione della capacità di lavoro, come nella specie), competerebbe esclusivamente la prestazioni assicurative Inail. Espressiva del novum apportato in materia dalle predette sentenze della Corte Costituzionale può considerarsi il seguente arresto della Corte Suprema, che, per completezza espositiva pare opportuno integralmente trascrivere: "in tema di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, l'art. 10 del d.r R. 30 giugno 1965 n. 1124, a seguito della giurisprudenza della corte costituzionale espressa dalle sentenze n. 87 e n. 356 del 1991, va interpretato non (più) nel senso che l'esonero del datore di lavoro dalla responsabilità civile comprende il danno biologico, la risarcibilità del quale, come danno differenziale, è possibile solo nell'ipotesi di responsabilità penale, ma nel senso che tale esonero opera nell'ambito della copertura assicurativa e non comprende il danno biologico; peraltro, il risarcimento di tale danno, finché il legislatore non ottemperi ai moniti rivoltigli dalle citate pronunce costituzionali, spetta al lavoratore - che può richiederlo autonomamente (e non più a titolo differenziale) al proprio datore di lavoro (indipendentemente dalla prestazione previdenziale dell'inail) - nei casi di infortunio o malattia professionale addebitabile ad una colpa (anche se concorrente e non di rilievo penale) dell'imprenditore, o di qualsiasi suo sottoposto di cui egli debba rispondere civilmente, restando esso escluso (fino all'auspicato intervento legislativo suddetto) in ipotesi di eventi che dipendano da caso fortuito, forza maggiore o da colpa esclusiva dello stesso lavoratore. Cassazione civile sez. lav., 8 luglio 1992 n. 8325, i principi devono poi coordinarsi con quelli propri del processo civile, che fissa nella allegazioni iniziali, (come eventualmente emendate in seguito alle altrui difese), la causa petendi, con correlativo divieto, in particolare nel rito del lavoro, di nuove allegazioni in itinere, (inammissibilità rilevabile anche d'ufficio, ma nella specie, comunque, eccepita)

5 Il ricorrente pare dedurre nel libello, ancorché senza richiamare le relative fonti normative (il ché non è richiesto, posto che jura novit curia), la mancanza della protezione di cui agli artt. 68 e 70 del Dpr n. 547/55 e del dispositivo di arresto, di cui all'art. 69 sempre del predetto provvedimento normativa. Senonché il dispositivo di arresto era ben presente e funzionante, (si veda in particolare l'informativa Asl 31/10/96, confermata testimonialmente, nonché le dichiarazioni dello stesso infortunato). La cuffia, (ciò non è oggetto di specifica contestazione e del resto è ricavabile da elementi di ordine logico), non avrebbe impedito l'infortunio, posto che non avrebbe coperto la lama in fase di taglio, (e l'infortunio si è verificato, in quanto il ricorrente teneva fermo il pezzo da tagliare con le mani). Quanto alla colpa specifica, ricade, infatti sul ricorrente l'onere della prova, (o quanto meno un onere di tempestiva allegazione), come suole insegnare la Corte Suprema, non solo in punto a ricorrenza della omissione, (si veda il seguente arresto: "Nel giudizio civile promosso dal lavoratore per il risarcimento del danno derivante da un infortunio subito per responsabilità del datore di lavoro (nell'ipotesi di estinzione del reato) spetta allo stesso lavoratore provare la colpa dell'imprenditore ed in particolare quali norme sulla prevenzione degli infortuni siano state in concreto violate. Cassazione civile sez. lav., 15 febbraio n , Centazzo c. Società Ponteggi, Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 2) ma anche sull'esistenza del nesso di causalità tra omissione e infortunio. Quanto all'eventuale "comando multiplo simultaneo", di cui al predetto art. 69, (cd doppio comando), la questione è estranea alla materia del contendere, così come è estranea alle allegazioni rituali, (cioè tempestive), la questione dell'addestramento e dell'informazione, che, peraltro, emerge, in relazione alla ripetitività e relativa semplicità dell'operazione dalla deposizione del teste B. Passando alla colpa generica, (ove la stessa si ritenga appartenere alla materia del contendere), le deduzioni della convenuta, appaiono trovare conforto dalla predetta relazione Asl, che ravvisa non solo una colpa concorrente del prestatore, (il che sarebbe irrilevante, se non, in ipotesi, ai fini della proporzionale riduzione del danno risarcibile), ma "una azione illogica compiuta" dal ricorrente. Ciò in quanto il sistema di bloccaggio del pezzo era efficace ed automatico (onde il tenere fermo il pezzo con le mani costituisce manovra assolutamente antipodica alla procedura, sprovvista di un qualsiasi fine connesso con la lavorazione, anche eventualmente irrispettoso delle cautele specifiche - ad esempio maggior rapidità, comodità, ecc -, posto che implausibile doveva ritenersi, sotto altro profilo, il "blocco" della lama sul pezzo dedotto dal ricorrente, e quindi rischio elettivo nella sua comune nozione di diritto vivente).

6 Si vedano, invero, i seguenti arresti, che, del pari, per completezza espositiva pare opportuno trascrivere: "Nell'ipotesi in cui si faccia valere la responsabilità risarcitoria del Ministero di grazia e giustizia per un infortunio subito da un detenuto in occasione di un'attività lavorativa svolta per l'amministrazione penitenziaria, prospettandosi il concorso dell'azione extracontrattuale di responsabilità ex art c.c. e di quella contrattuale basata sulla violazione degli obblighi di sicurezza posti a carico del datore di lavoro dall'art c.c., il requisito soggettivo della colpa o del dolo rappresenta in entrambi i casi un elemento costitutivo della fattispecie di illecito, dovendo comunque escludersi la configurabilità di una responsabilità risarcitoria in base ad un criterio puramente oggettivo per l'evento collegato al rischio dell'attività svolta nell'interesse del datore di lavoro. Cassazione civile sez. lav., 10 maggio 1997, n Valente c. Min. giust. Giust. civ. Mass. 1997, 708 "L'art c.c., il quale fa carico al datore di lavoro di adottare le misure necessarie a tutelare l'integrità del dipendente, introduce un dovere che trova fonte immediata e diretta nel rapporto di lavoro e la cui inosservanza, ove sia stata causa di danno, può essere fatta valere con azione risarcitoria. Tuttavia è pur sempre necessario che siano ravvisabili, nella condotta del datore di lavoro, profili di colpa cui far risalire il danno all'integrità fisica patito dal dipendente. Pertanto, quando, l'espletamento delle mansioni proprie della qualifica di appartenenza sia incompatibile con lo stato di salute del lavoratore e comporti l'aggravamento di una preesistente malattia, non può ritenersi responsabile il datare di lavoro per non aver adottato le misure idonee a tutelare l'integrità fisica del dipendente, ove non risulti che egli era a conoscenza dello stato di salute di quest'ultimo e dell'incompatibilità di tale stato con le mansioni affidategli. Cassazione civile sez. lav., 22 aprile 1997, n Carrera c. Banco Napoli Giust. civ. Mass. 1997, 623 "In tema di responsabilità del datore di lavoro per violazione delle disposizioni dell'art 2087 cod civ, la parte che subisce l'inadempimento non deve dimostrare la colpa dell'altra parte, dato che ai sensi dell'art c.c. è il debitore-datore di lavoro che deve provare che l'impossibilità della prestazione o la non esatta esecuzione della stessa o comunque il pregiudizio che subisce la controparte derivano da causa a lui non imputabile, ma è comunque soggetta all'onere di allegare e dimostrare l'esistenza del fatto materiale ed anche le regole di condotta che assume essere state violate, provando che l'asserito debitore ha posto,in essere un comportamento contrario o alle clausole le contrattuali che disciplinano il rapporto o a norme inderogabili di legge o alle regole generali di correttezza e buona fede o alle misure che,nell'esercizio dell'impresa, debbono essere adottate per, tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatore di lavoro. (..)" Cassazione sez.lavoro n /00 3. Conclusioni. Conclusivamente, ad avviso dei tribunale, solo configurando la responsabilità datoriale come oggettiva, (o ritenendo l'onere della prova circa la non ricorrenza di colpa generica particolarmente gravoso e di sostanziale impossibile assolvimento), sarebbe possibile l'accoglimento delle doglianze attoree. 4. Regolazione delle spese.

7 La particolarità della fattispecie, unitamente alla sussistenza di ragioni di indole equitativa, inducono alla integrale compensazione fra le parti delle spese di lite, ad eccezione di quella della espletata ctu che, liquidate come in atti, vanno poste a titolo definitivo a carico di parte ricorrente. PQM definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda o eccezione disattesa e respinta: dichiara inammissibili o respinge nei merito le domande attoree. Pone le spese della ctu liquidate come in atti a titolo definitivo a carico di parte ricorrente Dichiara interamente compensate fra le parti le spese di lite residue. Modena, 12/1/05 IL G.D.L. dott. Claudio Bisi Depositato in Cancelleria il 13/01/2005

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