INCONTRO SIPRe-AFPI. Genova 8 maggio 2010 IL RUOLO DEGLI AFFETTI NELLA VITA PSICHICA NEL LAVORO DIAGNOSTICO E TERAPEUTICO LE PERSONALITA COME SE

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1 INCONTRO SIPRe-AFPI Genova 8 maggio 2010 IL RUOLO DEGLI AFFETTI NELLA VITA PSICHICA NEL LAVORO DIAGNOSTICO E TERAPEUTICO LE PERSONALITA COME SE di Anna Maria Loiacono Il tema di questa giornata è il ruolo degli affetti nell organizzazione psichica del soggetto, nella diagnosi e nel lavoro terapeutico. Ho isolato la questione delle personalità come se in quanto mi sembra paradigmatica: origina nella psicopatologia con Helene Deutsch, che la riferisce alla patologia schizofrenica nel suo scritto del 1942, mentre il biografo ed esecutore testamentario culturale della Deutsch, Paul Roazen, la trasporta nella dimensione sociale della politica e della personalità del politico nel suo scritto del Partirò pertanto dall inquadramento teorico della questione degli affetti e cercherò di chiarire i miei riferimenti concettuali, cominciando con la distinzione tra emozioni, sentimenti ed affetti nel significato dei termini: a) il termine emozioni è riservato alla componente neurobiologica (v. E.Jacobson, La depressione); b) il termine sentimenti sta ad indicare invece quegli affetti legati all Io, cioè quegli affetti che assumono il significato che si attribuisce 1

2 a ciò che si sente, nominati attraverso il linguaggio (Sandler; Lowenstein). c) per il termine affetti prenderò invece come riferimento la teoria degli affetti in David Rapaport. Per Rapaport il significato clinico degli affetti è una questione di enorme complessità, poiché denominiamo affetto una gamma di fenomeni molto ampia, per cui rischiamo di essere fuorviati dal termine sia nel lavoro diagnostico che in quello terapeutico. Secondo Rapaport manca una visione sistematica dei rapporti tra tutti i fenomeni che chiamiamo in tal modo, e mi risulta che attualmente le cose non siano cambiate al riguardo. Cito Rapaport: Chiamiamo affetto non solo la rabbia del bambino (che più tardi incontriamo nelle collere e nelle scariche distruttive di alcuni catatonici) e l ira dell adulto accompagnata dai movimenti espressivi corrispondenti e da altre concomitanti fisiologiche, ma anche i sentimenti soggettivi di quegli adulti ben controllati i quali mostrano scarsa o nulla espressione di affetto, nonché l ira degli individui compulsivi ipercontrollati i quali semplicemente sanno che potrebbero essere o dovrebbero essere arrabbiati. Chiamiamo affetti anche quelle esibizioni che impressionano l osservatore come istrioniche o affettate, e che certi tipi di carattere sono inclini a produrre sia come esagerazione di affetti esperiti che come sostituto di affetti non provati. Non è molto chiaro come queste manifestazioni siano collegate agli affetti come se di quelle personalità schizoidi descritte da Helene Deutsch (1942). potremmo aggiungere che, da un lato, l inibizione nevrotica e la limitazione dell Io decurtano la gamma di intensità e variabilità delle esperienze di affetto; dall altro, i processi di regressione portano alla ribalta accessi affettivi sregolati e sfrenati la cui gamma e variabilità sono minime, pur essendo l intensità notevole. (Rapaport, 1953). Cito quindi la definizione di personalità come se di H.Deutsch: esteriormente vive come se avesse una capacità emotiva completa e sensibile. Per lui 2

3 non c è differenza tra le sue forme vuote e ciò che altri realmente provano -questonon è più un atto di rimozione ma una perdita reale dell investimento dell oggetto. (Deutsch, 1942). Gli affetti, dunque, o sono energia indifferenziata, intrapsichica, che si può scaricare o meno e trovare regolazione e differenziazione attraverso l intensità - da questo prese le mosse il primo Freud per la concettualizzazione sul piano tecnico della teoria catartica della terapia psicoanalitica, in cui attraverso l abreazione l affetto poteva essere scaricato, anziché represso o rimosso -; oppure, gli affetti sono riconoscibili solo quando si legano al pensiero e al linguaggio e prendono la forma di sentimenti. Se poniamo il concetto di affetto come energia indifferenziata che può o meno scaricarsi, l elemento determinante diventa l intensità e la sua regolazione. Questa ipotesi costituisce uno dei cardini delle prospettive traumatologiche oggi in voga. Se prendiamo invece il concetto di affetto che si lega col pensiero e quindi col linguaggio, vediamo che la sua rappresentazione nella coscienza diventa determinante ai fini della rappresentazione di sé e dell identità. In questa direzione la differenziazione degli affetti si presenta sotto forma di sentimenti che prendono contenuto attraverso la differenziazione linguistica. Questa prospettiva si presenta oggi nei collegamenti tra psicoanalisi e fenomenologia. E questa ipotesi che introduce la trappola del come se, in cui lo stesso strumento, la parola, che serve a riconoscere, regolare ed 3

4 esprimere diventa strumento di alienazione degli affetti stessi tramite il linguaggio. In questo senso potremmo riferirci sia alle disquisizioni sulla falsificazione del linguaggio del giovane Torless di Musil, sia all alienazione delle emozioni nel giovane Holden, per evidenziare la reimmissione degli affetti proceduralizzati come affettività da innesto, tramite un pensiero precedentemente esternalizzato. Le esteriorizzazioni formali vengono reimmesse nell individuo non più abituato a riconoscere da solo i propri affetti e le proprie emozioni. Un individuo che finisce col conoscerli nella triangolazione col guru di turno. Assistiamo così al fenomeno dell innesto dei sentimenti, alla affettività da innesto: una specie di vademecum su quello che si deve provare. Viene evitata, quando non uccisa, ogni forma di possibile spontanea autenticità, inaugurando, glorificato come vincente, il più piatto e meschino conformismo. Questa premessa per introdurre la tesi centrale del mio discorso di oggi: sottrarre cioè il concetto di personalità come se alla psicopatologia, nell ambito della quale H.Deutsch lo sviluppa, trasportandolo nell ambito della normalità sociale sulla falsariga della concettualizzazione di Paul Roazen nel contributo Personalità come se e politica, fino a giungere nella stanza d analisi, nel cuore del lavoro analitico. Nel saggio di Roazen, il politico, il leader, esprime il successo dell arrembaggio sociale e individuale. Il processo di legame col leader non è identificatorio ma imitativo, dunque non entra sul livello della memoria, non c è fissazione di continuità possibile, perché non c è nessuna identità a sorreggerlo con capacità di persistenza, a partire dal vestiario, dal Tasmania grigio ferro d obbligo alle scarpette gialline, 4

5 insomma comunque basato sull immagine pura. La cultura della rappresentazione è infatti una cultura visiva e noi sappiamo che la vista è il senso più fallace. Ortega y Gasset ci avvertì già negli anni venti della differenza tra una scatola piena di idee e la facoltà di pensare criticamente: le idee senza pensiero critico possono essere soltanto affermate, e spesso vincere. Pertanto, l affermazione di un idea risulta particolarmente correlata alla possibilità di abbassare il livello di vigilanza, come l uso di quelle funzioni mentali che si oppongono all ipnosi, alla suggestione, alla sostituzione della realtà con la fantasia. Di certo non la fantasia creativa, ma quel sottoprodotto psichico che scambia per fantasia e desiderio individuale la fuoriuscita dalla scatola dei prodotti preconfezionati della massificazione. (Galli, 1995) Continuando ad applicare la profondità del pensiero psicoanalitico alla comprensione dei comportamenti collettivi, applicazione iniziata da Freud con Psicologia delle masse e analisi dell Io, del 1921, non possiamo non vedere come, attraverso la propaganda dei mass media, si procede a quella che potremmo definire una vera e propria educazione a diventare personalità come se, nel senso del contributo di Roazen sopra citato. Cito Galli: Oggi si parla molto di valori, di soggetto, di persona, spesso confondendo individualità e individualismo. Di fatto, non si recupera il singolo ma lo si separa dagli altri, facendo sentire i bisogni come propri in un sistema di ripetizione di bisogni separati e identità. Si formano aggregati di solitudine, di separatezze, di separazioni organizzative che forniscono lo spazio per l identificazione col successo dell arrembaggio. L ingrediente di persistenza è garantito dal senso di impunità, non intesa sul piano individuale, come paura o meno del singolo di essere punito, ma come valore condiviso tramite l azzeramento della memoria storica. E irrilevante che il singolo venga scoperto e punito: egli scompare nel buco della storia, sull onda dei tanti successi rapidi che coltivano il terreno della rapina sociale e dello sfruttamento. Le tragedie che hanno accompagnato, negli ultimi tempi, l irrompere improvviso 5

6 della vergogna in coscienze a lungo addormentate indicano l importanza del recupero collettivo della cultura della vergogna.. (Galli, 1996) In un recente lavoro di Marianna Bolko sul concetto corrente di normalità, è stato dimostrato in senso psicoanalitico, attraverso le ipotesi sviluppate dal Seminario Psicoanalitico di Zurigo, formato da Paul Parin, Goldy Parin-Matthèy e Fritz Morgenthaler, come oggi siano di gran lunga preferite le soddisfazioni narcisistiche a quelle legate all oggetto, con una conseguente perdita progressiva della autonomia critica del pensiero. Cito Bolko: La normalità attuale è anche questo: l alienazione dal mondo interiore, la non consapevolezza dei propri conflitti, ma anche l incapacità di rendersi conto delle forze della realtà esterna che condizionano i propri comportamenti, (2004). Cosa può diventare il lavoro terapeutico rispetto a questo fenomeno sociale? Si dovrebbe avere dei terapeuti che sfuggono a questo processo, ovvero che possano ricoprire quella posizione di sonda indispensabile per cogliere alcuni fenomeni sociali e renderli disponibili alla riflessione collettiva. Ma questa posizione indicherebbe una categoria che possa sottrarsi al conformismo e all adattamento sociale, capace cioè di una opposizione radicale alla massificazione. Ahimè, invece, purtroppo, non mi pare che questo accada in generale, nonostante, mi preme sottolinearlo, la nostra professione avrebbe una tale connotazione etica. La mia sensazione è che attualmente i terapeuti indulgano in un, passatemi il termine, terapeuticismo, al quale sono invitati già dalla formazione. L attenzione massima è alle classificazioni e al risultato terapeutico, all inquadramento della patologia del paziente con conseguenti 6

7 indicazioni sull atteggiamento che si dovrebbe prendere in quel caso. Dunque, indicazioni anche su quello che dovrebbe essere il controtransfert, o comunque indicazioni sulla tonalità emotiva che la relazione paziente-analista dovrebbe avere per ottenere un cambiamento. L icona finale è data dal richiamo costante all autenticità, che spesso ci si guarda bene dal definire in quanto a contenuti, proprio mentre si sciorinano ricette su ciò che si deve fare. Quando faccio lezione agli allievi nelle scuole di specializzazione in psicoterapia, mi intristisco spesso davanti alla frequente domanda: in quel caso o in quell altro, cosa si deve fare? E ovviamente lecito e comprensibile ad apprendisti di un mestiere avere bisogno di riferimenti che danno sicurezza nell affrontare soprattutto le prime esperienze della nostra professione, tuttavia mette in luce quanto sia presente più l esigenza del che fare rispetto a quella del comprendere attingendo alla propria interiorità. In sintesi, mi è facile comprendere quanto il timore di incontrare l altro nella stanza d analisi metta a nudo il proprio bisogno di seguire un tracciato, soprattutto imitando vie già percorse e note. Quello che mi è meno comprensibile sta invece nel fatto che gli analisti più esperti, quelli che, come me, formano i futuri colleghi, siano spesso essi stessi a farsi portatori di un conformismo sconfortante, nel suo ripetersi di ricette sciorinate ed impartite come verità di dottrina che rischia di tramutarsi in verità di fede. La domanda finale è dunque: in che misura il conformismo psicoanalitico è il come se collettivo del nostro mestiere? Vorrei avere risposte al riguardo ma non le ho. 7

8 Generalmente, mi sforzo di trasmettere come cerco di risolvere i problemi che attraverso e non le soluzioni che mi hanno insegnato e/o che ho trovato con fatica nel mio percorso. Insomma, non sono a mio agio con le dottrine e posso trasmettere solo passione per la ricerca. Ritengo che, in un percorso a voce bassa, sommessamente, questo possa essere percepito e toccare le coscienze, senza illusioni messianiche. Un percorso da clerici vagantes, che seminavano spinta alla conoscenza, ma non la gestivano. Io gioco così il mio ruolo. Mi sento un po così, nel percorso, qualche volta ho incontrato me stessa e alcune volte mi sono spaventata. Non so quello che bisogna fare ma ho molte certezze su quello che la nostra storia ci ha insegnato a non fare. In questo periodo sto affrontando con parecchia angoscia il ripetersi e riprodursi di storie senza memoria. CASO CLINICO Ho pensato di portare una esemplificazione clinica per evidenziare la specificità peculiare del concetto di personalità come se e le difficoltà che si possono incontrare nel diagnosticarla. Ringrazio la collega che mi ha dato il permesso di trascrivere la storia del caso, portato in un gruppo di supervisione qualche mese fa. 8

9 P. ha 40 anni. E un bell'uomo dal corpo giovanile ed atletico. E' laureato ed attualmente dirige con un socio più anziano l'azienda paterna. P. è socio di minoranza per volere del padre. E' sposato da alcuni anni con una donna descritta da lui 'bellissima' ed ha un figlio di 3 anni. E' figlio di un imprenditore appartenente ad una famiglia numerosissima, tutti imprenditori nello stesso settore commerciale avviato dal nonno paterno. La madre è una donna che colma il proprio vuoto dedicandosi a spese continue per l'estetica, vestiti, gioielli, regali. Cronicamente depressa, in cura farmacologica, ha tentato il suicidio quando P. aveva 5/6 anni. Ricatta il marito. P. ricorda litigi continui dei genitori e minacce di separazione. P. dice d'aver avuto una funzione di mediazione e di sostegno della mamma. Ha due sorelle: una maggiore e una minore, che attualmente vivono lontano. P. è stato allevato dalla mamma e da una 'tata'. Quest'ultima era una povera ragazza cresciuta nella loro famiglia verso la quale ricorda d'aver provato sentimenti di repulsione. Di lei ricorda scherzi sadici: ad esempio, svegliarlo di notte. Della sua infanzia riferisce di essere stato al centro dell'attenzione in quanto figlio maschio; di aver svolto ruoli di leader di divertimento con i coetanei; di aver vissuto momenti di malinconica solitudine sentendosi l''incompreso'; di aver sempre fatto in modo di corrispondere alle aspettative dei genitori. E' stato operato per fimosi all'età di 4/5 anni. E' vivo in lui il ricordo dell'accudimento eccitante sull'asse del WC da parte sia della mamma che dalla tata. Ha dormito nel lettone fino alla pubertà e poi fino a 16 anni nel letto con le sorelle. Quando non lo volevano, dormiva in terra a fianco del loro letto, oppure in bagno vicino al wc. La madre si dilettava con giornaletti pornografici che lui scopre e adopera come fonte di eccitazione fino a 16 anni; ha il feticismo del piede: si eccita alla vista del piede femminile. 9

10 Da quando ha memoria ha episodi di tipo dissociativo: si vede dall'alto nel mentre il suo corpo è sdraiato, in stato vigile. In età adulta ha avuto parecchie brevi relazioni con belle donne, non sempre soddisfacenti sessualmente: non conclude il rapporto o è impotente. Solo con l'attuale partner il rapporto sarebbe soddisfacente, anche perchè riferisce che lei fa molto perchè ciò avvenga. Per il problema dell impotenza si è sottoposto a due brevi terapie (ipnotica e cognitiva), nel passato. Ha frequentato gruppi di amici di famiglie bene con i quali ha condiviso esperienze goliardiche e comportamenti disordinati. Non ha fatto particolare uso di droghe contrariamente a loro, ma di alcolici. Attualmente sta riprendendone la frequentazione in modo moderato. Viene alla consultazione psicoterapeutica su invio del medico di famiglia per un disturbo depressivo. Nell estate appena passata ha sofferto di una crisi depressiva con attacchi di panico, fobia sociale, in vacanza piangeva in continuazione e non usciva dalla camera. E in cura neurologica con antidepressivi, ansiolitici, sonniferi. Le due cause scatenanti sarebbero state: prima la diagnosi, poi smentita, di tumore fatta al padre, che avrebbe comportato per lui l assunzione di tutte le responsabilità economiche e di conduzione dell impresa e della famiglia d origine; poi l episodio acuto di encefalite, che lui chiama meningite, con coma e ricovero in ospedale per 10 gg. Esce da questa esperienza con un senso di frammentazione, fragilità, intense paure e ansia generalizzata, vissuti paranoidei riguardanti l invalidità. E ricorso, con l idea di aiutarsi, anche alla vena mistica: dice dio mi ha aiutato a far guarire mio padre e dio mi ha fatto accadere questo male fisico per punizione, dunque un dio buono ma anche cattivo. 10

11 La richiesta alla consultazione è quella di riuscire a ritornare sicuro e felice come prima dei traumi. La terapia in questa prima fase si focalizza su ciò che gli è accaduto psichicamente per cui oggi sta così male, di ciò che può aspettarsi da un lavoro psicoterapeutico: ripristinare un equilibrio diverso da quello di prima del crollo. Viene concordata una psicoterapia di tre sedute la settimana, poi ridotte a due. Nella prima settimana a tre sedute, la terza P. non si presentò: anziché andare alla seduta, gioca a calcetto e torna in stampelle mostrando alla terapeuta attraverso il corpo le sue intenzioni di portare a due sedute il lavoro, ma soprattutto mostrando il suo Sé fratturato. Dalle prime sedute P. porta importanti idealizzazioni del lavoro analitico e dell analista (lei chiede sogni, lui li porta; lei chiede dati, lui ne fornisce in abbondanza; etc ma, nonostante ciò, la terapeuta ha spesso la sensazione di qualcosa di vuoto); seduzioni; sogni erotici con figure materne. La terapia si presenta subito molto difficile date queste difese primitive e massicce. Emergono diversi acting: monetine che lascia sul lettino, va in bagno prima e dopo la seduta, lascia acceso il cellulare a cui risponde. Da una parte valorizza la terapia, ma dall altra con questi acting mostra la difesa della svalutazione. Manifesta una debolezza egoica quando mostra di non essere sempre adeguato alla realtà e quando tende a confondersi con l altro. Nella prima parte del lavoro (alcuni mesi: dicembre-aprile) la terapeuta cerca di mostrargli realtà e confini per favorire una maggior separatezza e inizia un cauto lavoro sulle difese in quanto P. tende a cambiarle per compiacerla. La terapeuta ha pensato ad una patologia borderline per i seguenti motivi: innanzitutto il rapporto incestuoso con la mamma con la quale non ha avuto solo fantasie sessuali o sogni, ma elementi confusivi reali. Ha usato ed è stato usato in senso erotico. Fa quello che pensa voglia l altro femminile. Il super-io appare poco sviluppato: un po funziona nel lavoro ma non in altre aree. 11

12 La difficoltà a separarsi è segnalata dal fisico, dagli agiti, perché non è capace di esprimerla mentalmente. Ad es.: prima di una interruzione per le vacanze ha portato in seduta un repertorio di disturbi fisici: gastrici, tachicardie, impotenza sessuale. Così come dovendo fare il suo primo viaggio con sua moglie e il figlio per trascorrere la vacanza senza il clan familiare non ce la fa a non allarmare la mamma con una telefonata con la scusa della febbre del figlio. Alla ripresa delle sedute il transfert viene interpretato. La rabbia sembra più di tipo narcisistico, ma l impulsività, il tendere ad agire sembrano essere all analista più su una linea borderline. L ambiente familiare originario, connotato da disaccordo emozionale e da comportamenti simbiotici compensatori, non ha favorito chiarezza di ruoli, confini, ma ambiguità. Infine, per la terapeuta si tratta di patologia narcisistica con funzionamento ad un livello borderline. COMMENTO AL CASO La prima cosa che si può sottolineare riguarda il fatto che P. tende sin da subito ad idealizzare la terapeuta, ed inoltre è compiacente, mentre i suoi racconti di storia personale rivelano alla terapeuta qualcosa di vuoto. Nell ipotizzare una struttura di personalità narcisistica, è mio parere che si possa pensare in particolare ad una personalità come se : P. infatti non porta ciò che serve all analista, racconti, sogni, ricordi, ma si presenta direttamente con l esibizione degli organi sessuali. Inoltre, chiedendo alla collega se P. la annoiasse, se avvertisse un senso di non vicinanza, se fosse pesante e se lei non lo vedesse volentieri, la risposta è stata negativa. L ipotesi di personalità narcisistica nella sua accezione più 12

13 piena si può quindi escludere, mentre prende forma l ipotesi che P. voglia tenere la terapeuta distante inondandola di una grande quantità di informazioni. Più che alla depressione e al disturbo borderline, del quale non mi pare compaiano elementi sufficienti, P. fa pensare di aver avuto un crollo narcisistico, per cui sviluppa una sintomatologia tipica degli stati narcisistici (ritiro, chiusura, etc ), che va però intesa come reazione ad una grave frustrazione collegabile ad angoscia di castrazione, a causa del crollo regressivo dovuto più al livello edipico che a quello narcisistico. Ciò che intendo sottolineare, è che a) o siamo di fronte ad una situazione di patologia narcisistica originaria, per cui P. va portato verso una relazione d oggetto possibile; b) oppure è una reazione narcisistica regressiva, per cui noi lo incontriamo in quel momento ma una relazione d oggetto c è stata. In questo senso, ricordiamo la differenza fatta dalla Deutsch tra rimozione e perdita della relazione d oggetto, a proposito delle personalità come se. Vale la pena di ricordare che la sua storia personale, infatti, rivela un vissuto di stimolazione sessuale intensa in fantasia, in quanto P. racconta nei particolari come avesse trovato i giornalini porno della madre e come fosse stimolato in fantasia anche dalla tata. In questo senso, P. ripropone alla terapeuta quello che gli è stato fatto cercando di evitare di entrare in rapporto fusionale con lei attraverso l esibizione della sessualità. Secondo questa linea, le risposte più che doviziose su tutti gli accadimenti che P. porta copiose diventano allora espressione del suo bisogno di distanza. Riguardo all esibizione della sessualità, va qui ricordato inoltre che P. è stato circonciso all età di 5/6 anni, al culmine cioè della fase edipica. Questo suscita il timore di castrazione nello scontro col padre. Questo genere di pazienti restano sempre in bilico tra un passo avanti nell edipo, con sfida, da cui deriva loro angoscia di castrazione, e il ritorno indietro. Essi si 13

14 esauriscono in questa lotta. Tali salti avanti e indietro vengono spesso scambiati per salti dell umore, mentre è invece la loro collocazione strutturale di patologia. Sappiamo inoltre che la madre di P., quando il paziente aveva 5/6 anni, aveva tentato il suicidio. Questo ci induce a pensare che fosse una madre che ha cercato invano di riempire il vuoto, tramite lo shopping e il farsi bella. Il padre, invece, si comporta con identificazione col patriarca, ovvero col nonno di P.. La famiglia paterna è una famiglia molto estesa il nonno ha avuto più mogli e numerosi figli. In un certo senso, la famiglia-clan di P.Parin: nel clan lo sforzo per l adattamento è facilitato dal collettivo ma la possibilità di sviluppo dell Io individuale è altamente inficiata. La dipendenza dal senso di sicurezza che offre il clan rende difficile la formazione dell Io, l individuo si sente e viene protetto dal clan, soltanto però se resta dentro il clan e ne rispetta le regole. Nei litigi con i genitori P. era il mediatore e si metteva tra di loro, riuscendo a placarli. Quindi, P. fa da connettore, e infatti non si dà ruolo di comando nell azienda del padre, ovvero non si identifica come capo-clan. All età di 43 anni, poco prima dell attacco definito depressivo, che fu attribuito ad una encefalite acuta contratta da P., ci furono gravi problemi nell azienda paterna ed inoltre fu diagnosticato al padre un tumore, diagnosi risultata in seguito errata. In quella occasione, P. temette di doversi assumere in prima persona ogni responsabilità nell azienda e si ritrovò, accanto ad altre operazioni difensive, persino a pregare intensamente Dio affinché il padre si salvasse. P. ha dunque tutti i meccanismi dei nevrotici, comprese le fantasie magiche e le formazioni reattive. Il padre, adducendo a motivo della decisione l encefalite del figlio e quindi il rischio di menomazione delle capacità mentali, lo diseredò e lo esautorò dalla partecipazione al capitale aziendale, rincarando così la dose di castrazione tramite pesante svalutazione e disconoscimento. 14

15 P. racconta che quando si sdraia vede il suo corpo come addormentato dall alto, ed è per lui una sensazione molto sgradevole. Racconta poi che quando è angosciato stacca la spina e si rifugia nella spersonalizzazione. La sua soluzione è dunque il momento autoerotico, come movimento di autonomia che ha le sembianze di ritiro autistico, pur senza esserlo. Questo tipo di soluzioni si trovano spesso nelle storie emozionali con iperstimolazione. Con la terapeuta P. fa esperienza di una donna non intrusiva né oppressiva, per cui P. può finalmente percepire la stima di sé e fare attenzione alla sua parte adulta. Da Kohut in poi, possiamo pensare al narcisismo positivo come continuum. Quindi possiamo parlare di narcisismo originario non come qualcosa di primario che non muta e che rimane patologia, ma come equilibrio narcisistico. A me sembra che P. avesse un suo equilibrio, viene poi colpito alla testa, viene diseredato, come castrato, e crolla. Non doveva crollare? Questo crollo ha una storia. Infine, il discorso può tutt al più essere di fragilità narcisistica, ma non di patologia narcisistica. P. sviluppa come operazione difensiva il come se, perché non avverte gli affetti, ma li rappresenta, anche con intensità; essi danno però all altro la sensazione che manchi qualcosa. Spesso, riguardo a questo genere di pazienti, si pensa anche al falso Sé di Winnicott. Ma una cosa è considerare una fenomenologia nell ambito dello sviluppo della personalità, l altro è considerare un sistema di concettualizzazione del Sé. In Winnicott il vero Sé è nucleare e immutabile nel tempo e si declina attraverso il falso sé nel rapporto col mondo. E quindi un nucleo di persistenza. La personalità come se, attiene alla organizzazione strutturale della personalità, tramite la quale la persona cerca di evitare di percepire i propri disturbi emozionali, dando al contempo l impressione di una completa normalità. Per finire, il concetto di personalità come se è un concetto strutturale legato alla vita quotidiana della gente Se lo facessimo rientrare in 15

16 classificazioni varie, finiremmo inevitabilmente col perdere di vista la diffusione sociale dei fenomeni, finiremmo, insomma, col tradire proprio una delle funzioni più attinenti alla nostra professione: quella di registrare e denunciare tutte le manifestazioni di massificazione e alienazione dell individuo, come se anche noi fossimo intrappolati a nostra volta in un conformismo, come se, appunto. Anna Maria Loiacono Analista Didatta e Supervisore dell Istituto H.S.Sullivan di Firenze Past President della Associazione Fiorentina di Psicoanalisi Interpersonale Membro Delegato dell International Forum of Psychoanalytic Societies Membro dei Seminari Internazionali di Psicoterapia e Scienze Umane di Bologna Membro OPIFER annaloiacono@alice.it 16

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