Secondo Corso di Perfezionamento. Percorsi didattici di Fisica e Matematica: modelli, verifiche sperimentali, statistica A.A.

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1 Secondo Corso di Perfezionamento Percorsi didattici di Fisica e Matematica: modelli, verifiche sperimentali, statistica A.A. 2005/2006 Proposta di intervento didattico: Nascita, vita e morte delle stelle A cura di Giovanni Bianchi

2 Ciuffi d'isotopi in mano passeggio tra le particelle dei miei atomi nuclei, pulsari, neutroni e quasari il mondo è piccolo, il mondo è grande, e avrei bisogno di tonnellate d'idrogeno Franco Battiato Clamori (L arca di Noè ) In quest'epoca di scarsa intelligenza ed alta involuzione qualche scemo crede ancora che veniamo dalle scimmie e il Sole è soltanto una palla di fuoco e non si sono accorti che è una tappa di una forma di energia. Franco Battiato La musica è stanca (Orizzonti perduti 1983) 1

3 Presentazione L unità didattica che vado proponendo affonda le sue radici in una domanda vecchia quanto l uomo: perché il Sole scalda e le stelle brillano?. Molte civiltà antiche, fra cui spiccano (anche in quest ambito) gli Egizi, avevano posto il Sole all apice dei loro culti pagani, impressionate da questa immensa forma di energia. Fornire una spiegazione dei meccanismi che regolano il funzionamento di una stella è lo scopo di questo lavoro. E siccome sono convinto che ogni ragazzo debba avere una idea, seppur intuitiva e fenomenologica di questi eventi, per scongiurare la possibilità che da adulto possa pensare che sul Sole ci siano foreste in fiamme, ho cercato di impostare l argomento in maniera tale da poter essere affrontato in qualsiasi indirizzo scolastico. Ovviamente in un Liceo Scientifico questi argomenti vengono già affrontati in V classe, dove l insegnamento di Scienze è tutto dedicato alla Geografia Astronomica. Lo stesso vale per un Liceo Classico. In queste scuole si potrebbe proporre un affiancamento dell insegnante di Fisica a quello di Scienze, per portare a termine degli approfondimenti su questioni più specialistiche : mi riferisco in particolare alle reazioni di fusione termonucleare che avvengono all interno delle stelle e all origine degli elementi chimici che compongono noi stessi. Ma in altre (molte, troppe!) realtà scolastiche si giunge alla Maturità pensando che il Sole sia una palla di fuoco. Allora perché non provare a chiudere questa falla??? Questo mio stile di pensiero è correlato all esperienza di tirocinio che ho vissuto durante l esperienza della Ssis. Mi sono trovato infatti ad osservare (al primo anno il tirocinio che è, appunto, osservativo!) quanto accade in un Istituto d Arte: una scuola non propriamente improntata agli studi scientifici. Mettendo mano a questi argomenti, mi sono chiesto se quella realtà fosse adatta a sperimentare l introduzione di questo soggetto, che gode almeno della stessa dignità culturale dell Incontro di Teano o dell Infinito di Leopardi. La risposta è no. Non tutte le quinte classi di un Istituto d Arte (limitatamente alla mia esperienza) rappresentano un terreno fertile in tal senso. Però ho osservato una quarta classe in cui i germogli attecchirebbero con sicuro successo. E non rappresentava un caso isolato. Fatto il punto sull opportunità di introdurre l argomento in una scuola come l Istituto d Arte, mi sono concentrato sull impostazione da dare all argomento stesso. Dopo aver riflettuto a lungo, sono giunto alla conclusione che il nòcciolo dell argomento, ossia i meccanismi che portano alle reazioni di fusione termonucleare, vero motore dell Universo, nonché fabbrica degli elementi chimici, debbano essere inglobate nella suggestiva storia della vita di una stella. E questa scelta presuppone una fase preparatoria molto lunga. Essa potrebbe distrarre l auditorio da questi due aspetti-cardine, vero scopo di tutto il lavoro. Sarà cura dell insegnante bilanciare le dosi, per evitare che il tutto si riduca a un semplice racconto di collassi stellari o, all opposto, a una lavagnata di reazioni nucleari. 2

4 1. Caratteristiche dell intervento didattico 1.1. Contestualizzazione Istituto d Arte, V anno Prerequisiti Concetti elementari di Struttura della Materia (CHIMICA); Gravitazione universale e Leggi di Keplero (FISICA); Forza coulombiana (FISICA); 1.3. Prerequisiti specifici (argomenti introdotti ad hoc) Struttura dell atomo; Fissione e fusione nucleare; Spettroscopia atomica; Interazione forte ed interazione debole; Equivalenza massa-energia; 1.4. Obiettivi generali Conoscere i fenomeni che regolano l esistenza di una stella; Conoscerne la genesi, la vita, il destino; Saper comprendere il titolo di un articolo scientifico che compare su un quotidiano Obiettivi specifici Comprendere i fenomeni che portano a processi di fusione termonucleare; Comprendere i processi di nucleosintesi; Interpretare il Diagramma di Hertzsprung-Russell 3

5 2. Le stelle Le stelle sono sfere dotate di massa enorme 1, costituite per lo più da idrogeno ed elio, tenute insieme dalla forza gravitazionale, e che emettono energia sotto forma di radiazioni elettromagnetiche. L'energia delle stelle viene prodotta nel nòcciolo, attraverso reazioni termonucleari. Questa semplice definizione si fonda sull'analisi di dati molto complessi riguardanti la distanza, la luminosità, la massa, la composizione chimica, la temperatura superficiale e interna delle stelle. Cerchiamo, dunque, di esaminarli nel dettaglio. 3. La distanza delle stelle Osservando le stelle a occhio nudo, esse ci appaiono come punti luminosi circondati da un debole alone, provocato dalla diffusione e dalla rifrazione atmosferica, posti tutti alla stessa distanza dalla Terra e diversamente brillanti. In realtà, la distanza dalla Terra varia da una stella all'altra in modo spesso considerevole. In che modo è stato possibile capire che le stelle non si trovano tutte sulla superficie della medesima sfera e come è stato possibile determinare la loro distanza dalla Terra) stelle sfrutta un particolare fenomeno, noto come effetto di parallasse. Il termine parallasse indica lo spostamento apparente, rispetto a uno sfondo lontano, di un oggetto visto da due diversi punti di osservazione. Supponiamo, per esempio, di osservare l'ago di una bilancia e di volerne determinare la posizione rispetto alla scala graduata, per leggere il valore di una massa. La posizione dell'ago varia ogni volta che ci spostiamo, in relazione alla posizione che assumiamo: se ci spostiamo a sinistra, proietteremo l'ago sullo sfondo a destra, se ci spostiamo a destra, proietteremo l'ago verso sinistra. Lo spostamento dell'oggetto, in realtà, è solo apparente ed è causato da un cambiamento della posizione dell'osservatore, A tale spostamento viene dato il nome di effetto di parallasse. L'effetto di parallasse è tanto più evidente quanto minore è la distanza tra l'osservatore e l'oggetto in questione e si manifesta solo se l'oggetto è proiettato su uno sfondo con il quale non è a diretto contatto. Anche le stelle presentano un effetto di parallasse, noto come parallasse annua, causato dal moto di rivoluzione della Terra intorno al Sole. La Terra, infatti, si muove intorno al Sole: percorrendo un'ellisse di lunghezza non trascurabile (la distanza massima tra due punti dell'orbita è di circa 300 milioni di km) si trova nei due punti estremi (o comunque in due punti opposti) dell'orbita a circa 6 mesi di distanza. La posizione da cui osserviamo il cielo, perciò, si modifica nel corso dell'anno e questo, fissando la posizione di una 1 Quella nostro Sole è pari a 1, kg, contro i 5, kg della Terra e i 7, kg della Luna (rispettivamente un milione di volte e 10 milioni di volte meno massive). Ma vi sono stelle come Rigel o Deneb, con massa rispettivamente pari a 17 volte e 25 volte quella del Sole. 4

6 stella, quando la Terra si trova a un estremo dell'orbita, e.ripetendo l'osservazione dallo stesso luogo della Terra 6 mesi dopo, cioè quando la Terra si trova in posizione diametralmente opposta rispetto al Sole, si osserva un piccolo cambiamento nella posizione della stella, rispetto allo sfondo della sfera celeste. Nell'arco di 1 anno la stella apparentemente oscilla tra due posizioni estreme descrivendo in cielo una minuscola ellisse (Figura 1). Figura 1 Tale effetto viene utilizzato per determinare la distanza della stella dalla Terra, con il metodo della parallasse, un metodo simile alla triangolazione. Infatti, le due posizioni della stella, rilevate a distanza di 6 mesi, permettono di definire un triangolo, che ha per base il diametro dell'orbita terrestre e per lati le distanze tra i due punti di osservazione e la stella. L angolo che ha come vertice la stella può essere misurato sperimentalmente, perché equivale allo spostamento angolare apparente della stella in 6 mesi. Per convenzione, l'angolo di parallasse annua p è uguale a metà dello spostamento angolare apparente di una stella in 1 anno, e corrisponde all'angolo al vertice del triangolo che ha come base il semiasse dell orbita terrestre intorno al Sole misura in media 150 milioni di km) e come vertice la stella (Figura 2). Figura 2 5

7 L'angolo di parallasse annua è sempre molto piccolo, ma varia da stella a stella e il suo valore diminuisce all'aumentare della distanza della stella dalla Terra. Si può, infatti, dimostrare che l'angolo di parallasse annua di un astro è inversamente proporzionale alla sua distanza dalla Terra. Se, per esempio, l'angolo si dimezza, la distanza raddoppia, e tutti gli astri che si trovano alla medesima distanza dalla Terra hanno lo stesso angolo di parallasse. Le stelle più vicine alla Terra hanno parallasse di poco inferiore a 1 d'arco. Quanto più aumenta la distanza, tanto più risulta difficile misurare l'angolo di parallasse e apprezzare un cambiamento di posizione nel corso dell'anno. Con gli attuali strumenti non si può misurare in modo attendibile un angolo di parallasse inferiore a 1/100 di secondo d'arco. Per questo le stelle più distanti mantengono una posizione fissa e non presentano oscillazioni apparenti. Per ricavare direttamente la distanza della stella dal valore dell'angolo di parallasse, occorre adottare una particolare unità di misura della distanza, il parsec (pc). 1 parsec (abbreviazione di parallasse secondo) corrisponde alla distanza alla quale dovrebbe trovarsi un corpo per avere un angolo di parallasse di 1 d'arco. Mediante calcoli opportuni, si dimostra che 1 pc equivale a m, cioè a volte la distanza Terra-Sole. La distanza d di una stella espressa in parsec risulta: d = 1/p Se, per esempio, una stella ha un angolo di parallasse di 1/20 d'arco si trova a 20 pc dalla Terra, cioè a una distanza di m e sarà volte più distante del Sole dalla Terra. Proxima Centauri, la stella più vicina al Sistema Solare, si trova a 1,295 pc e ha un angolo di parallasse di 0,76" d'arco. Questa stella (al centro della Figura 3), che si trova nella costellazione del Centauro nell'emisfero celeste australe, è a una distanza dal Sole superiore quasi 7000 volte rispetto a Plutone, il pianeta più esterno del Sistema Solare. Figura 3 Per quanto concettualmente semplice, il metodo della parallasse non è di facile applicazione: il limite più evidente è rappresentato dalle piccole dimensioni degli angoli da misurare. In pratica, perciò, si riesce a misurare con questo sistema solo la distanza di qualche migliaio di stelle, cioè quelle che si trovano in un raggio di 100 pc. Le stelle che si trovano a distanze superiori ai 100 pc non mostrano un effetto di parallasse percettibile; per stabilire la loro posizione vengono utilizzati metodi indiretti, molto più complessi. 6

8 Inoltre, è interessante osservare che l'effetto di parallasse era già stato previsto dagli antichi astronomi e ricercato come prova di un eventuale moto di rivoluzione della Terra intorno al Sole. Aristotele riteneva che la Terra non si muovesse intorno al Sole e adduceva come prova proprio il fatto che non si rilevava alcuno spostamento apparente degli astri. Infatti, a causa dei valori molto piccoli dello spostamento angolare e dell'inadeguatezza degli strumenti, non era possibile misurare questo effetto. La prima misura di parallasse risale al 1838 ed è stata compiuta da Friedrich Wilhelm Bessel, che ha rilevato l'angolo di parallasse di 61 Cygni (il valore stimato attualmente è 0,293, mentre Bessel rilevò un valore di 0,3136 ). 4. Le unità di misura delle distanze in astronomia Anche se l'unità di misura prevista dal Sistema Internazionale della Unità (SI) per le lunghezze è il metro, in astronomia si utilizzano unità di misura più grandi, che permettono un confronto immediato tra le distanze dei corpi celesti. Le distanze tra i corpi celesti possono essere espresse utilizzando tre unità di misura: l'unità astronomica, l'anno luce e il parsec. L'unità astronomica (UA) corrisponde alla distanza media Terra-Sole ed è un'unità di misura utilizzata quasi esclusivamente nell'ambito del Sistema Solare, mentre l'anno luce e il parsec (già definito in precedenza) vengono utilizzati per misurare la distanza delle stelle. L'anno luce (al) è la distanza percorsa nel vuoto dalla luce in 1anno; equivale a poco meno di 1000 miliardi di km e a 0,31 pc. La seguente tabella riassume quanto introdotto. Unità di misura Definizione Equivalenze Unità astronomica (UA) Distanza media Terra-Sole m 1, al 4, pc Anno luce (al) Parsec (pc) Distanza percorsa dalla luce in un anno Distanza alla quale un corpo celeste ha una parallasse p di 1 9, m UA 0,31 pc m 3,26 al UA; La misura delle distanze espressa in anni luce offre lo spunto per un'interessante constatazione. La luce non viaggia a velocità infinita, perciò tra il momento in cui viene emessa da una sorgente, come una stella, e l istante in cui l'osservatore la registra, trascorre sempre un certo tempo. Guardando il cielo, un osservatore ignaro pensa di osservare i corpi celesti così come sono in quel dato istante, in realtà egli osserva sempre eventi passati e neanche contemporanei; sulla Terra giungono, infatti, contemporaneamente le immagini generate dalla luce partita 26 anni fa da Vega (d =26 al) e 650 anni fa dalla Stella Polare (d =650 al). Spostando idealmente il riferimento, se un osservatore potesse osservare la Terra da Andromeda, vedrebbe oggi il nostro pianeta come era 2 milioni di anni fa, prima della comparsa dell'uomo. L'Universo che possiamo osservare non è 7

9 dunque l'universo attuale, ma l'universo di un tempo passato. Più lontano spingiamo lo "sguardo", più ci allontaniamo anche nel tempo. 5. La luminosità delle stelle e le classi di magnitudine 5.1. Luminosità apparente e luminosità assoluta Le stelle hanno luminosità differente. Possiamo constatarlo guardando il cielo direttamente o misurando l intensità della luce stellare con un fotometro, uno strumento che misura la quantità di energia che raggiunge il fuoco del telescopio. La luminosità apparente di una stella [II], cioè la luminosità misurata dalla Terra, dipende non solo dalla quantità di energia che essa irradia, ma anche dalla sua distanza dall osservatore. Infatti, la quantità di luce che percepiamo diminuisce man mano che ci si allontana dalla sorgente e precisamente con il quadrato della distanza. Una stella, perciò, può apparire più splendente di un'altra solo perché si trova più vicina alla Terra. Per esempio, Sirio è la stella più brillante del cielo notturno e brilla 10 volte più di Antares, anche se quest'ultima irradia una quantità di energia circa 250 volte superiore a quella di Sirio. Il diverso splendore apparente di questi due corpi si giustifica considerando la loro distanza dalla Terra: Antares dista più di 500 al, mentre Sirio si trova a meno di 9 al dal nostro pianeta. In generale, quindi, la luminosità apparente di un astro deve essere distinta dalla luminosità assoluta, che dipende dall'energia che la stella irradia sotto forma di radiazioni elettromagnetiche (energia radiante) attraverso la sua superficie. La luminosità assoluta, o intrinseca, di una stella è l'energia radiante totale, emessa dalla stella nell'unità di tempo La luminosità assoluta di una stella si può dedurre dalla sua luminosità apparente, purché sia nota la distanza dell'astro dalla Terra. Si esprime in joule/secondo, ma spesso si utilizza come unità di misura la luminosità del Sole (L S = 3, J/s) a cui si attribuisce valore 1. La luminosità assoluta è un dato molto importante: si può, infarti, dimostrare che l'energia emessa da una stella dipende soltanto dalle dimensioni della sua superficie di emissione e dalla sua temperatura superficiale. Poiché la luminosità assoluta aumenta al crescere delle dimensioni e della temperatura superficiale, due stelle con uguale temperatura superficiale possono avere luminosità assoluta diversa, soltanto se hanno una superficie di emissione, e quindi un raggio, differenti. Per la stessa ragione due stelle che hanno le stesse dimensioni, ma temperatura superficiale diversa, devono avere luminosità differente: la stella più calda sarà anche più luminosa. 8

10 5.2. La magnitudine apparente e la magnitudine assoluta La luminosità delle stelle viene, in genere, espressa mediante la magnitudine, un parametro che permette di confrontare la luminosità di una stella con la luminosità delle altre, stabilendo una scala di grandezza relativa. Per ogni astro si può stabilire una magnitudine apparente e una magnitudine assoluta. La magnitudine apparente è stata introdotta da Ipparco da Samo nel II secolo a.c. Egli suddivise le stelle visibili in sei classi di magnitudine (o grandezza), in base alla loro luminosità apparente: nella scala di Ipparco, a un valore di magnitudine più piccolo corrisponde una luminosità apparente maggiore: le stelle di magnitudine 1 sono le più luminose, mentre le più deboli sono classificate come stelle di magnitudine 6. La scala delle grandezze di Ipparco è stata conservata e perfezionata. Oggi, la magnitudine apparente di un astro si ottiene confrontando la sua luminosità apparente con la luminosità apparente di una stella campione. La stella scelta come campione è la Stella Polare, cui viene assegnata magnitudine apparente 2. La scala delle magnitudini non è lineare, ma logaritmica, in perfetto accordo con la convinzione dell'epoca in cui fu formulata che tutti i sensi umani fossero, rispetto agli stimoli, logaritmici nelle loro risposte (la scala dei decibel, per la misura del tasso del livello sonoro, fu creata logaritmica). Ma in realtà non è proprio così, non per la luce, i suoni e tutto il resto. La nostra percezione del mondo segue le curve dell'energia non quelle logaritmiche. Quindi una stella di magnitudine 3 non ha una luminosità esattamente a metà strada tra 2 e 4, ma un poco meno. Le stelle che sembrano a metà strada sono di magnitudine 2,8. Maggiore il salto di magnitudine, maggiore è questa discrepanza. Passando da un ordine di magnitudine all'altro, la variazione di luminosità è di 2,5 volte. Una stella di magnitudine 2 è perciò 2,5 volte più luminosa di una stella di magnitudine 3 e 2,5 volte meno luminosa di una di magnitudine 1. Salendo di 5 classi di magnitudine la luminosità decresce di 100 volte. Le stelle più luminose hanno magnitudine 0 o addirittura valori negativi. Il Sole, la stella più luminosa del cielo, ha magnitudine apparente -26,8. All'estremo opposto della scala, a occhio nudo si vedono solo gli astri con magnitudine apparente inferiore a 6,5, anche se con i telescopi si rilevano stelle con magnitudine anche superiore a 25. Le stelle che hanno la stessa magnitudine apparente hanno anche la stessa luminosità apparente; ma non necessariamente irradiano la stessa quantità di energia. Infatti due stelle che emettono la stessa quantità di energia hanno luminosità apparente uguale solo se si trovano alla medesima distanza dalla Terra. Per confrontare la luminosità assoluta delle stelle, conviene calcolare quale magnitudine avrebbero se si trovassero tutte alla stessa distanza dalla Terra. Per questo si utilizza la magnitudine, assoluta; definita come la magnitudine apparente che avrebbero le stelle se si trovassero tutte alla distanza di 10 pc (cioè 32,6 al) dalla Terra. 9

11 Per i valori di magnitudine assoluta si conserva ovviamente il medesimo criterio adottato per la magnitudine apparente: a un valore minore di magnitudine corrisponde un maggiore splendore e viceversa. Le stelle più splendenti hanno valori di magnitudine assoluta negativi. Per ricavare la magnitudine assoluta di una stella dalla sua magnitudine apparente, occorre conoscere la sua distanza dalla Terra. Ciò non è difficile nel caso di stelle vicine, per le quali sia nota la parallasse. Per le stelle di cui non si conosce la distanza, si adottano metodi più complessi. Se un astro è più vicino alla Terra di 10 pc, la sua magnitudine assoluta è maggiore di quella apparente, perché il suo splendore, ponendolo idealmente a una distanza maggiore, diminuisce. Sirio, per esempio, ha magnitudine apparente -1,46 e magnitudine assoluta 1,4, perché si trova a una distanza dalla Terra inferiore a 10 pc (dista 8,7 al). Il Sole, che ha magnitudine assoluta nettamente superiore (4,9) a quella apparente, alla distanza di 10 pc, apparirebbe come una stella di debole luminosità, appena visibile a occhio nudo. Al contrario, se una stella si trova a una distanza dalla Terra superiore a 10 pc, la sua magnitudine assoluta è minore di quella apparente, perché avvicinandola idealmente alla Terra, aumenta di splendore. Betelgeuse si trova a una distanza di 650 al dalla Terra e ha magnitudine assoluta inferiore (-5,6) alla sua magnitudine apparente (0,5). La seguente tabella riassume un po di dati, compresi quelli relativi ai pianeti. Catalogando le stelle in base alla loro magnitudine assoluta si può notare un altro dato interessante: molte stelle hanno luminosità variabile. Queste stelle sono chiamate variabili. 10

12 6. L'analisi spettrale della luce delle stelle Uno dei metodi di indagine più significativi per studiare la natura delle stelle è l'analisi spettrale, che consiste nello scomporre e analizzare le radiazioni elettromagnetiche provenienti dalle stelle. Gli studi spettroscopici hanno evidenziato che gli spettri delle stelle sono sempre spettri di assorbimento. Anche lo spettro solare, se osservato con strumenti sufficientemente potenti, non è in realtà continuo, ma presenta un gran numero di righe nere. La spiegazione di questa caratteristica degli spettri stellari è semplice. Le stelle producono radiazioni elettromagnetiche, nella regione centrale, detta nòcciolo, che si comporta, in prima approssimazione, come un corpo nero. Lo spettro che noi osserviamo, però, non corrisponde alle radiazioni che vengono emesse dal nòcciolo, ma alle radiazioni che emergono dalla stella dopo aver attraversato gli strati di materiali che circondano il nòcciolo. Infatti, ciò che possiamo osservare o fotografare di un corpo celeste è solo la superficie, l'interno è opaco e impenetrabile per tutti i mezzi ottici d'indagine. Lo strato esterno di tutte le stelle è formato da gas, a bassa densità, che assorbono selettivamente, in base alla loro composizione chimica, una frazione delle radiazioni provenienti dall'interno. Perciò, lo spettro di ciascuna stella contiene una serie di righe nere, corrispondenti alle radiazioni assorbite dagli elementi presenti negli strati più esterni (Figura 4). Figura 4 Nello spettro di alcune stelle caldissime, oltre alle righe di assorbimento, sono presenti anche righe di emissione molto brillanti, che si generano quando nello strato esterno sono presenti atomi ionizzati, eccitati a causa della temperatura elevatissima. Analizzando l'intensità delle radiazioni presenti nello spettro e determinando la posizione delle righe di assorbimento è possibile stabilire:. la composizione chimica della parte superficiale di una stella; la temperatura degli strati più esterni di una stella. 11

13 6.1. Composizione chimica Le sostanze presenti nella zona più superficiale di una stella vengono identificate analizzando le righe di assorbimento (le righe nere) presenti sullo spettro. Ogni elemento chimico, infatti, assorbe sempre le medesime radiazioni e genera un insieme di righe di assorbimento caratteristico. Confrontando le righe di assorbimento presenti nello spettro di una stella con gli spettri di assorbimento ottenuti in laboratorio utilizzando atomi, molecole o ioni di composizione nota, si può quindi risalire a la composizione della parte più superficiale di una stella. Con un metodo analogo si possono identificare gli elementi responsabili dell'emissione nelle stelle più calde. L'analisi chimica condotta attraverso lo studio degli spettri ha permesso di scoprire che nell'involucro esterno delle stelle ci sono gli stessi elementi chimici che troviamo sulla Terra, anche se in percentuali molto diverse: i componenti principali della materia stellare sono l idrogeno e l'elio. che insieme hanno un'abbondanza percentuale superiore al 95% Temperatura La temperatura superficiale di una stella può essere determinata considerando due diversi dati: il colore e la classe spettrale. Per quanto riguarda il colore si può osservare che le stelle assumono un colore diverso a seconda della temperatura che raggiungono. Le stelle meno calde sono rosse, perché irraggiano principalmente luce rossa. Al crescere della temperatura le stelle assumono colori che vanno dall'arancio, al giallo, al bianco-azzurro, al blu. Le temperature determinate in base al colore variano dai 3000 K circa delle stelle rosse ai K circa delle stelle azzurre. Informazioni più precise sulla temperatura possono essere dedotte studiando le righe di assorbimento presenti negli spettri. Si è notato, infatti, che stelle di uguale colore generano spettri simili, caratterizzati dalla presenza di alcune righe di assorbimento (o di emissione) molto evidenti. Le stelle azzurre, per esempio, generano spettri in cui sono molto evidenti le righe dell'elio ionizzato, le stelle gialle, invece, hanno uno spettro in cui sono molto evidenti le righe dei metalli, mentre le righe di altri elementi, come l'idrogeno o l'elio, sono deboli. In base alla presenza o assenza di righe di assorbimento particolarmente evidenti, corrispondenti a determinati elementi, le stelle possono essere suddivise in classi spettrali. Le stelle che appartengono a una stessa classe spettrale hanno lo stesso colore e generano uno spettro simile, caratterizzato dalla presenza di parti colati righe di assorbimento molto evidenti. I tipi spettrali sono relativamente pochi: sette classi spettrali principali, suddivise in sottoclassi. Ogni classe spettrale è indicata con una lettera dell'alfabeto, O, B, A, F, G, K. M (Figura 5). 12

14 Le lettere sono disposte in ordine decrescente di temperatura superficiale. Il metodo anglosassone permette di ricordare la scala "OBAFGKM" attraverso l'acronimo scherzoso di "Oh, Be A Fine Girl, Kiss Me". Le sottoclassi sono indicate con un numero che può variare da 0 a 9. Figura 5 Le stelle di una medesima classe spettrale hanno temperatura superficiale simile. Perché le stelle con uguale temperatura superficiale presentano uno spettro simile? Per rispondere bisogna tener presente che l'intensità delle righe di assorbimento di un certo elemento varia in relazione alle condizioni di pressione e temperatura esistenti nella zona superficiale della stella. Per esempio, l'idrogeno atomico assorbe 100 volte meglio nelle stelle con temperatura superficiale pari a K, cioè più calde rispetto al Sole (6000 K). Perciò, le righe di assorbimento generate dagli atomi di idrogeno risultano ben evidenti nelle stelle con temperatura intorno ai K, mentre sono meno pronunciate (in particolare nel campo del visibile) nelle stelle più fredde. Le stelle più calde hanno una temperatura di oltre K appartengono alla classe O, mentre le più fredde hanno temperatura intorno ai 3000 K e appartengono alla classe M. Le stelle di classe O sono rare, tanto che nessuna tra le stelle più splendenti del cielo appartiene a questa classe. Sono, invece, più frequenti le stelle di classe B e di classe A. Il Sole è una stella di tipo spettrale G2 e ha una temperatura superficiale di circa 6000 K. 7. L'effetto Doppler e gli spettri delle stelle Apparentemente le stelle sono sorgenti luminose ferme in una determinata posizione dello spazio. Ciò non corrisponde alla realtà: le stelle si muovono. Muovendosi, le stelle possono cambiare la loro posizione sulla sfera celeste (si modificano quindi declinazione e ascensione retta) o modificare la loro distanza dalla Terra. A causa delle grandi distanze che ci separano, è possibile percepire visivamente solo le componenti del movimento che causano un cambiamento evidente delle coordinate delle stelle sulla sfera celeste, mentre non si riesce a rilevare, solo con l'osservazione diretta, l'esistenza di un movimento di allontanamento o di avvicinamento. Anche la Terra si muove intorno al Sole e perciò rispetto alle stelle. I movimenti di avvicinamento o di allontanamento di una stella o lo spostamento della Terra rispetto a essa possono, essere rilevati, studiando l'effetto Doppler. L effetto Doppler consiste nella variazione della frequenza della radiazione, causata dal movimento della sorgente rispetto all'osservatore: se sorgente e osservatore si avvicinano, la frequenza della radiazione aumenta; se sorgente e osservatore si allontanano, la frequenza diminuisce. 13

15 Per comprendere meglio questo fenomeno, è utile ricorrere a un esempio che riguarda le onde sonore. Se, mentre siamo fermi a un semaforo, si avvicina un'ambulanza a sirene spiegate, possiamo notare facilmente che il suono della sirena diventa più acuto, mentre si avvicina e che scende di tono, quando si allontana. Il tono differente dipende da un apparente cambiamento di lunghezza d'onda delle onde sonore, dovuto in realtà a una variazione della frequenza: quando sorgente e osservatore si avvicinano, le lunghezze d'onda si "accorciano" e di conseguenza il suono sale di tono (come se le onde fossero compresse), mentre quando si allontanano reciprocamente si verifica un "allungamento" delle onde sonore che aumentano di lunghezza d'onda (Figura 6). Figura 6 Ciò dipende dal fatto che la sirena si sta muovendo, mentre emette il suono: la sorgente cambia posizione nel tempo, e con essa il punto d'origine da cui si calcola la lunghezza d'onda. Le radiazioni elettromagnetiche si comportano in maniera analoga alle onde sonore: quando una stella è in allontanamento dalla Terra (o viceversa), tutte le righe di assorbimento del suo spettro risultano spostate verso il rosso; quando, invece, una stella è in avvicinamento, le righe di assorbimento risultano spostate verso il campo del blu. L ampiezza dello spostamento delle righe spettrali è direttamente proporzionale alla velocità di spostamento. 8. Massa e dimensioni delle stelle Le stelle sono corpi sferici, ma le loro dimensioni non possono essere misurate direttamente, se non in alcuni casi eccezionali. Si può calcolare il raggio di una stella, purché si conoscano la sua luminosità assoluta e la sua temperatura superficiale. La luminosità assoluta di una stella, infatti, dipende dalle sue dimensioni e dalla sua temperatura assoluta, secondo la relazione: L = 2 4 4πr σt Secondo questa relazione, due stelle, che abbiano la stessa temperatura superficiale (e quindi lo stesso colore), potranno avere luminosità e magnitudine assoluta diverse, solo se hanno un raggio diverso. Poiché la temperatura di una stella può essere determinata analizzandone lo spettro e il 14

16 colore, è possibile calcolare il raggio di stelle di cui sia nota la luminosità assoluta. Dal raggio di una stella si può ricavare il suo volume. Le stelle che hanno un piccolo volume sono chiamate nane (rosse, bianche, gialle in relazione al colore), mentre le stelle di volume maggiore sono chiamate giganti o supergiganti [IV]. La maggior parte delle giganti finora osservate ha un raggio compreso tra 10 e 100 volte il raggio del Sole, ma non mancano stelle con dimensioni un migliaio di volte più grandi del Sole. Epsilon aurigae, per esempio,ha un raggio circa 2000 volte più grande del Sole ed è la più grande stella finora osservata. Le nane più piccole hanno un volume paragonabile a quello della Terra. Non esistono comunque limiti definiti di dimensioni. Il volume di una stella non va confuso con la sua massa: tra queste due grandezze infatti non esiste una relazione univoca: alcune stelle hanno grande volume e grande massa, ma altre hanno grande massa e piccolo volume o al contrario piccola massa e grande volume. La massa è uno dei parametri più importanti nello studio delle stelle, perché ne condiziona l'evoluzione; tuttavia, la massa di una stella può essere misurata con una certa precisione solo quando ci si trova in presenza di stelle doppie o multiple. Le stelle doppie sono un sistema binario di stelle, legate tra loro da attrazione gravitazionale: i corpi girano intorno al baricentro comune. Il primo sistema binario è stato scoperto nel 1650 ed è il sistema di Mizar, nell'orsa Maggiore. Oltre ai sistemi binari, esistono sistemi multipli che contengono tre o più stelle che si attirano gravitazionalmente l'una con l'altra. Le stelle doppie variabili a eclisse, invece, possono essere riconosciute grazie a periodiche variazioni della luminosità: quando una delle due passa davanti all'altra, la eclissa e ne riduce in parte la luminosità. Infine, alcuni sistemi binari sono riconoscibili solo grazie allo sdoppiamento periodico delle righe spettrali (stelle doppie spettroscopiche): le stelle, muovendosi intorno al baricentro, provocano uno sdoppiamento delle linee spettrali, come previsto in base all'effetto Doppler. Le stelle di un sistema binario si muovono con estrema regolarità, rispettando la legge di gravitazione universale e le leggi di Keplero. Misurando il periodo orbitale e la distanza tra le due stelle, è possibile utilizzare queste leggi per determinarne la massa. Poiché i sistemi binari e i sistemi multipli sono molto frequenti, è stato possibile determinare la massa di un buon numero di stelle. r dati ottenuti vengono in genere espressi utilizzando come unità di misura la massa solare cui viene attribuito valore 1. La massa delle stelle varia considerevolmente, ma in modo indipendente dalla misura del raggio: ciò significa che nelle stelle la densità può essere molto diversa. Betelgeuse, per esempio, ha una massa solo 14 volte più grande di quella del Sole e un raggio almeno 700 volte maggiore, per cui la sua densità è molto inferiore a quella dell'acqua; il Sole ha una densità media di 1,4 g/cm 3 e in alcune stelle nane, il cui diametro non supera quello terrestre, la densità raggiunge valori volte più elevati di quelli dell'acqua. La maggior parte delle stelle osservate ha massa compresa tra 1/10 e 60 volte la massa del Sole. 15

17 9. Il diagramma di Hertzsprung-Russell Tra il 1911 e il 1913 due studiosi, E. Hertzsprung e H. N. Russell, elaborarono (pur lavorando indipendentemente) un diagramma a due dimensioni, nel quale veniva messa in evidenza la relazione tra temperatura e luminosità delle stelle. Il grafico originario riportava i dati relativi alle stelle visibili,situate a una distanza dalla Terra non superiore ai 10 pc. Nel diagramma, oggi noto come diagramma H-R (Figura 7), ogni stella è individuata da un punto cui corrispondono due coordinate: sull'asse delle ascisse, la classe spettrale appartenenza sull'asse delle ordinate la luminosità assoluta o la magnitudine. Nel diagramma H-R, le classi spettrali indicano la temperatura superficiale della stella e vengono disposte in ordine di temperatura decrescente da sinistra a destra: nel diagramma, quindi, le stelle più calde si trovano a sinistre, le stelle più fredde, a destra [II]. La luminosità, calcolata assegnando valore 1 al Sole, aumenta dal basso verso l'alto. Perciò, le stelle che si trovano in alto nel diagramma sono le più luminose; in basso ci sono, invece, le stelle meno luminose. Inoltre, a parità di temperatura, le stelle che si trovano in basso nel diagramma sono più piccole rispetto a quelle che si trovano più in alto. Figura 7 Nonostante l'esistenza di una grande varietà possibile di tipi spettrali, le stelle si concentrano in aree precise del diagramma H-R. La maggior parte delle stelle si trova in una fascia, detta sequenza principale, che attraversa il diagramma obliquamente, dall'alto a sinistra in basso a destra. Le stelle della sequenza principale appaiono disposte in ordine decrescente di dimensioni e temperatura, dalle stelle azzurre (come Spica), caldissime e di dimensioni relativamente grandi, alle 16

18 stelle rosse (come Proxima Centauri), più fredde e piccole. Nella sequenza principale troviamo anche il Sole e stelle come Siria, Altair, Deneb e Regolo. Quasi tutte le stelle rimanenti si dispongono in due aree del diagramma, nettamente distinte: sopra la sequenza principale, spostato a destra, si trova un gruppo di stelle molto luminose, ma relativamente fredde, dette giganti e supergiganti rosse; a sinistra della sequenza principale, in basso, si trova un gruppo di stelle piccole (alcune hanno le dimensioni della Terra, il cui raggio è 6, m), ma decisamente calde, denominate nane bianche. Le supergiganti rosse sono le stelle di maggiori dimensioni del diagramma, mentre le nane bianche sono le più piccole. Circa l'85% delle stelle appartiene alla sequenza principale, solo il 3-6% alle nane bianche e il 10% alle giganti e supergiganti rosse. Infine, alcune stelle si collocano in una striscia orizzontale corrispondente circa a magnitudine assoluta 0,5. Questo ramo orizzontale collega la sequenza principale alla regione delle giganti rosse. Nel diagramma H-R non viene messa in evidenza alcuna relazione diretta tra luminosità, temperatura e massa delle stelle. Tuttavia, studi successivi alla pubblicazione del diagramma H-R hanno permesso di dimostrare che la luminosità (e quindi la posizione sul diagramma) di una stella della sequenza principale dipende dalla sua massa. Ciò significa che tra le stelle della sequenza principale, quelle bianco-azzurre sono le stelle con massa maggiore (anche volte la massa solare), mentre le stelle rosse, più fredde e meno luminose, sono quelle che hanno massa più piccola (fino a 0,1 masse solari). La relazione massa-luminosità non è, invece, valida per le stelle che si trovano al di fuori della sequenza principale. Per esempio, le giganti e le supergiganti rosse-arancio, collocate in alto a destra del diagramma, sono stelle molto luminose, perché hanno una superficie molto più estesa di quella e Sole, ma la loro massa non è superiore a quella di gran arte delle stelle della sequenza principale: sono stelle enormi e poco dense. Al contrario, le nane bianche sono piccolissime, ma hanno una massa (e quindi una densità) elevata: Sirio β, la prima nana bianca osservata, ha una massa pari a circa 0,9 masse solari, ma un diametro poco più grande della Terra e una luminosità 400 volte inferiore al Sole Interpretazione del diagramma H-R Il diagramma H-R è il punto di riferimento più importante per comprendere l'evoluzione stellare. L attuale interpretazione del diagramma si basa sulle seguenti ipotesi: le stelle rappresentate si trovano in momenti diversi della loro evoluzione, ci sono dunque stelle giovani e stelle anziane, accanto a stelle di mezza età; le regioni del diagramma entro le quali vi è la maggior densità di punti corrispondono alle condizioni fisiche (temperatura e luminosità) più frequenti e comuni; 17

19 ogni regione del diagramma occupata corrisponde a uno stadio possibile della vita di una stella, perciò le regioni più affollate rappresentano le fasi evolutive in cui una stella trascorre la maggior parte della sua esistenza. In altre parole, si può considerare il diagramma H-R come una "fotografia" di stelle di età diverse, colte in uno stesso istante. Allo stesso modo, passeggiando un pomeriggio lungo una strada o una spiaggia affollata ci si trova di fronte a individui in stadi diversi della vita, dai neonati agli anziani, e si può cercare approssimativamente di ricostruire le diverse fasi della vita umana e la loro durata, basandosi sulla frequenza dei vari tipi di individui. Nel paragone, un astrofisico ha a disposizione un tempo di osservazione di circa un'ora per comprendere i vari stadi della vita umana e ricostruirli in modo attendibile 2. Il paragone non si adatta perfettamente: al contrario degli individui della specie umana, che crescono e invecchiano seguendo un ritmo simile, le stelle evolvono secondo modalità e tempi diversi l'una dall'altra. Questa interpretazione conduce subito a due interessanti conclusioni: 1. le stelle non occupano, nel corso della loro esistenza, sempre lo stesso punto del diagramma; la posizione di una stella sul diagramma dipende da vari fattori (massa, età, composizione chimica) che, come vedremo, si modificano nel tempo, per questo la posizione che una stella occupa non è fissa, ma cambia mentre la stella si trasforma; 2. la sequenza principale, dove si trova la massima densità di punti, rappresenta la fase più lunga e stabile della vita di una stella. Nella sequenza principale si trovano le stelle che hanno una struttura simile al Sole e che differiscono dalla nostra stella per massa e temperatura. Nane bianche e giganti rosse dovrebbero, invece, essere stadi evolutivi diversi delle stelle della sequenza principale. 10. Le forze che agiscono nelle stelle I dati che abbiamo esaminato ci aiutano a capire che esistono stelle caratterizzate da parametri fisici (massa, volume, colore, temperatura) differenti. Resta da chiarire la questione fondamentale di tutto il percorso: come sono fatte al loro interno le stelle e come producono energia? Nel rispondere a questo interrogativo, è necessario tener presente un dato importante: non è possibile né osservare direttamente la struttura interna di una stella, né rilevarne le caratteristiche fisiche e chimiche. A causa di queste difficoltà, gli studi sulla struttura e sull'energia delle stelle sono studi teorici, svolti applicando le leggi della Fisica a corpi con dimensioni e composizione simili alle stelle. In base alle leggi fisiche, vengono costruiti modelli degli interni stellari e delle possibili trasformazioni che subiscono nel tempo. I modelli proposti vengono poi 2 Considerando che l età dell Universo è dell ordine delle decine di miliardi di anni, e che la scienza studia le stelle da un centinaio di anni, approssimando la vita di un uomo a circa 100 anni, si ha che: (10 10 anni):(10 2 ) = (10 2 anni 360 giorni/anno 24ore/giorno):(1 ora). La proporzione, eseguendo i dovuti calcoli, è esatta. 18

20 confrontati con i dati ricavati dall'osservazione dei corpi celesti, per verificarne la validità. I modelli attualmente accettati sono stati costruiti partendo da due presupposti: a) La forza di attrazione gravitazionale gioca un ruolo importantissimo nella storia di una stella. Le stelle sono sfere di massa enorme, sottoposte all'azione di una forza di gravità diretta sempre dalla superficie verso il centro. Per effetto di tale forza, gli strati esterni esercitano una forte pressione sugli strati interni delle stelle, che tendono spontaneamente a contrarsi, cioè a collassare. La contrazione però si realizza solo in momenti particolari della vita della stella, quando la forza gravitazionale non viene contrastata adeguatamente dalla "resistenza" opposta dai materiali presenti all'interno della stella. In ogni caso, quando avviene un collasso gravitazionale, la temperatura interna della stella aumenta, perché l'energia gravitazionale potenziale liberata nella contrazione viene trasformata in calore. L'energia irraggiata nella contrazione è importante, perché consente alla stella di raggiungere nel nòcciolo condizioni di temperatura che non si realizzano sulla Terra. La forza gravitazionale ha intensità diversa a seconda della massa delle stelle: le stelle di massa maggiore generano una forza gravitazionale più intensa, perciò si contraggono più rapidamente e raggiungono alloro interno temperature più elevate, rispetto alle stelle che hanno una massa minore. Il calore prodotto dalla contrazione gravitazionale, in ogni caso, non è sufficiente per spiegare la produzione di onde elettromagnetiche. b) L'energia emanata dalle stelle, sotto forma di radiazioni elettromagnetiche, viene prodotta al loro interno attraverso reazioni di fusione termonucleare nelle quali avviene la trasformazione di massa in energia. Le reazioni di fusione termonucleare sono reazioni in cui due o più di nuclei atomici si uniscono per formare un solo nucleo più complesso. Le reazioni termonucleari più importanti nelle stelle sono quelle che portano alla fusione di nuclei di idrogeno, con la formazione di nuclei di elio: da quattro nuclei di idrogeno si ottiene un nucleo di elio. Le reazioni di fusione termonucleare hanno una importante caratteristica: il nucleo che si forma ha quasi sempre massa minore rispetto alla somma delle masse dei nuclei iniziali. Si verifica, quindi, una perdita di massa (difetto di massa). Nella reazione di fusione dell'idrogeno, per esempio, il nucleo di elio prodotto ha una massa inferiore alla somma delle masse dei 4 nuclei di idrogeno da cui deriva. Albert Einstein (Figura 8) ha dimostrato che la massa "perduta" (m) viene trasformata in energia (E) secondo la relazione: E =mc 2 dove c è la velocità della luce. Figura 8 19

21 L'energia prodotta in questi processi è enorme e largamente sufficiente per garantire il "funzionamento" di qualsiasi stella: la trasformazione di 1 kg di materia (una quantità insignificante per le stelle) produce una quantità di energia pari a J, quanto motori di Formula 1 spinti al massimo per un ora!!! Le reazioni di fusione termonucleare possibili nelle stelle sono diverse, ma tutte vengono innescate solo quando temperatura e densità raggiungono valori determinati e molto elevati. Perché si realizzi una reazione di fusione è necessario, infatti, vincere le repulsioni elettrostatiche che si realizzano quando i nuclei degli atomi (che hanno carica positiva) si avvicinano l'uno all'altro. Per superare tale repulsione, i nuclei atomici devono avere un energie cinetica e una velocità considerevoli. Questa condizione si attua solo quando la materia si trova a temperature elevatissime, superiori al milione di kelvin. Anche la pressione esterna è importante: se la pressione aumenta, i nuclei sono costretti a muoversi in uno spazio ridotto e hanno maggiore probabilità di scontrarsi, mentre si muovono caoticamente. Le reazioni di fusione nucleare, quindi, possono avvenire solo nel nòcciolo delle stelle, dal momento che, nell'involucro esterno, non sussistono normalmente le condizioni di temperatura e pressione indispensabili. Gli strati esterni della stella, quindi, non producono, ma assorbono e trasmettono all'esterno l'energia prodotta al centro della stella. La reazione di fusione più semplice è quella che utilizza i nuclei di idrogeno (carica +1) per produrre nuclei di elio (carica +2). In molte stelle tuttavia possono avvenire altre reazioni di fusione che producono nuclei di elementi con carica positiva superiore rispetto all elio. È possibile, per esempio, la fusione di nuclei di elio con produzione di nuclei di carbonio. È importante a questo proposito sottolineare che le condizioni di temperatura necessarie per attivare le reazioni non sono sempre le stesse: le temperature richieste aumentano, al crescere della carica positiva dei nuclei. Per esempio, le reazioni di fusione dell'idrogeno avvengono efficacemente solo quando la temperatura supera i 10 milioni di kelvin, mentre le reazioni di fusione dell'elio richiedono temperature di un centinaio di milioni di kelvin. Si è constatato, inoltre, che le reazioni di fusione nucleare che consumano nuclei con carica superiore alla carica del nucleo del ferro non liberano energia, perché non vi è difetto di massa. Bisogna, infine, rilevare che l'energia prodotta nelle reazioni termonucleari all'interno di una stella non viene dissipata integralmente all'esterno sotto forma di luce e calore: una parte, come si detto, riscalda la materia dentro la stella, creando una pressione rivolta verso l'esterno. Tale pressione, detta pressione di radiazione, si oppone alla pressione generata dalla forza di gravità e impedisce il collasso della stella. La stella, pertanto, collassa solo nelle fasi in cui le reazioni termonucleari non avvengono. A causa delle reazioni termonucleari le stelle modificano nel tempo la loro composizione chimica (perché si producono nuovi elementi chimici) e riducono, anche se di poco, la loro massa. Ogni stella, inoltre, è destinata a spegnersi, perché le reazioni termonucleari possono durare solo finché esistono i materiali reagenti e vengono mantenute le condizioni di temperatura e pressione necessarie. In astrofisica, quindi, si parla di nascita, evoluzione e morte delle stelle. 20

22 Si parla di nascita di una stella, quando in un corpo celeste si innescano le reazioni termonucleari con produzione di luce e calore, mentre con l'espressione evoluzione delle stelle si indicano tutti i cambiamenti che si susseguono dal momento in cui una stella comincia a brillare, fino al momento della sua morte, quando, molto spesso in seguito a fenomeni esplosivi e clamorosi, si spegne, terminando le reazioni termonucleari. 11. La nascita delle stelle Le stelle si formano per condensazione di polveri e gas interstellari [II]. Lo spazio interstellare, infatti, non è vuoto, anche se la materia molto rarefatta (si calcola che la densità media sia di 1 particella per centimetro cubo), e frequentemente si possono osservare ammassi di gas più densi, detti nebulose interstellari. Queste nubi hanno dimensioni estese (diversi anni luce di diametro) e contengono in prevalenza idrogeno (circa 90%), l'elemento più leggero e più diffuso nell'universo, elio, insieme a gas e polveri costituiti di elementi e composti più pesanti. La densità delle nebulose, anche se superiore a quella delle regioni circostanti, è molto bassa: da a particelle per centimetro cubo. In queste nubi, per eventi casuali, possono formarsi zone più dense (nelle quali la densità sale anche fino particelle per centimetro cubo), che appaiono scure e di forma globulare. Una stella si forma quando i gas di una regione densa cominciano a coagulare e la nube collassa,cioè si contrae. Non è facile capire il meccanismo che innesca il processo, ma è chiaro che deve verificarsi un aumento locale della densità: si forma cioè un grumo più denso che comincia ad attirare polveri e gas accrescendo così la sua massa. Il fattore determinante nella fase iniziale di formazione di una stella è quindi la forza gravitazionale. In un arco di tempo relativamente breve (qualche decina di migliaia di anni), al centro della nube si forma una protostella, una massa gassosa più densa, di dimensioni variabili, che lentamente si contrae e si scalda. L'energia gravitazionale, infatti, durante la contrazione, viene convertita in calore, che in parte scalda l'interno della protostella, in parte viene dissipato verso l esterno. Per questa ragione, la temperatura all interno della protostella cresce lentamente, passando da un valore inferiore ai 10 K (temperatura iniziale della nebulosa) al migliaio di kelvin, ed essa comincia a emettere energia sotto forma di radiazioni infrarosse. Le protostelle hanno una temperatura superficiale molto bassa e una luminosità ridotta e molto spesso variabile perché l'emissione di radiazioni avviene in modo irregolare. Sul diagramma H-R le protostelle si collocano nel settore in basso a destra. Anche se vi è una certa emissione di radiazioni, nelle protostelle non si svolgono reazioni termonucleari. Con il procedere della contrazione, la pressione e la temperatura aumentano in modo considerevole,specialmente nella regione centrale della protostella, anche perché cresce la densità dei materiali, che diventano più opachi e trattengono maggiormente la radiazione. 21

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