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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BARI FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI DIPARTIMENTO DI FISICA Tesi di Dottorato Potenzialità di scoperta del bosone di Higgs nel decadimento H ZZ 2e2µ nell esperimento CMS DOTT. DOMENICO GIORDANO DOTTORATO DI RICERCA - XVII CICLO DICEMBRE 24

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3 Indice Indice i Introduzione Il Modello Standard e la ricerca del bosone di Higgs 5. Il Modello Standard Dinamica del settore di Higgs Modi di decadimento del bosone di Higgs Fenomenologia delle collisioni protone-protone Produzione del bosone di Higgs al LHC Limiti sulla massa del bosone di Higgs Limiti teorici Limiti sperimentali Strategie di ricerca del bosone di Higgs al LHC La fisica oltre il Modello Standard L esperimento CMS ad LHC Il Large Hadron Collider L acceleratore LHC Requisiti sperimentali Il rivelatore CMS Il magnete Il sistema tracciante Il calorimetro elettromagnetico Il calorimetro adronico Il sistema di muoni Il sistema di trigger Il sistema di tracciamento di CMS 5 3. Obiettivi di fisica Il layout del tracker di CMS

4 ii INDICE 3.3 Il rivelatore a pixel Il rivelatore al silicio a microstrisce (SST) Il sistema di lettura Il formato dei dati in uscita dall APV Valutazione del rumore Le prestazioni del tracker Studio dei rivelatori al silicio a microstrisce Il test di sistema con fascio da 25 ns (beam test 23) La struttura Setup e DAQ Caratteristiche del fascio Valutazione delle prestazioni della struttura Conclusioni Effetto delle HIP sulle prestazioni del SST Fenomenologia degli eventi di HIP Il setup sperimentale e il sistema di acquisizione dei beam test Misura della probabilità di un evento di HIP Evoluzione della baseline dell APV25 dopo un evento di HIP Misura dell efficienza dell APV Effetto sulle prestazioni del SST Conclusioni Simulazione e ricostruzione degli eventi nel rivelatore CMS Simulazione degli eventi Ricostruzione dell evento Ricostruzione dei muoni Ricostruzione degli elettroni Miglioramento della ricostruzione dell elettrone L estimatore combinato dell energia dell elettrone Identificazione degli elettroni Simulazione e ricostruzione del processo H ZZ e e µ µ 6 6. Simulazione dei processi di segnale e di fondo Il processo H ZZ e e µ µ I processi di fondo Selezione di trigger Ricostruzione e selezione dell evento H ZZ e e µ µ Vincoli topologici Ricostruzione e selezione del vertice

5 INDICE iii Isolamento Impulso trasverso dei quattro leptoni Massa invariante delle coppie e e, µ µ Massa invariante dei quattro leptoni Significatività di scoperta del bosone di Higgs Inclusione delle fluttuazioni statistiche dei campioni simulati nella stima della probabilità di scoperta Ottimizzazione dei parametri di selezione e risultati sulla probabilità di scoperta del bosone di Higgs Conclusioni 23 A L algoritmo TT6 di zero-suppression 27 B Calcolo degli integrali α e β nel caso bayesiano 22 C Tabelle 225 Bibliografia 237 Elenco delle tabelle 248 Elenco delle figure 252

6 iv INDICE

7 Introduzione Uno dei concetti fondamentali della fisica è il principio di riduzione, secondo il quale la grande varietà delle forme che assume la materia può essere ricondotta ad un numero ridotto di costituenti elementari che interagiscono attraverso poche forze fondamentali. Il principio di riduzione ha guidato il cammino di comprensione delle leggi di Natura dalle forme complesse del mondo macroscopico sino alla fisica delle particelle elementari, la cui dinamica è oggi descritta in modo accurato dal Modello Standard delle interazioni elettrodeboli e forti. La validità del Modello Standard è stata verificata attraverso un elevato numero di misure che non mostrano discrepanze significative dalle predizioni teoriche. Tuttavia non tutte le componenti della teoria sono state stabilite sperimentalmente. In particolare il meccanismo di Higgs di rottura spontanea della simmetria elettrodebole manca ancora di evidenza sperimentale diretta. Questo meccanismo è il punto cruciale della teoria, poiché spiega l origine delle masse delle particelle elementari attraverso l accoppiamento di bosoni e fermioni con un campo scalare, il campo di Higgs, avente valore di aspettazione nel vuoto di 246 GeV c 2. Se questo campo esiste allora deve essere possibile eccitarlo ed osservare la particella ad esso associata: il bosone di Higgs. La ricerca del bosone di Higgs è per la comunità scientifica una priorità ed una sfida: la sua produzione richiede infatti elevate energie ed elevata luminosità, la sua individuazione rende indispensabile un acquisizione selettiva, al fine di produrre ed individuare un evento di sezione d urto dell ordine del fb immerso in un ampio fondo di QCD. Per estendere la ricerca sino alla scala di energia del TeV, un nuovo e potente acceleratore, il Large Hadron Collider (LHC), è in costruzione presso il Centro Europeo per la Ricerca Nucleare (CERN) di Ginevra (Svizzera). Il LHC realizzerà collisioni di protoni all energia di 4 TeV nel sistema del centro di massa. Le collisioni avverrano alla frequenza di 4 MHz, raggiungendo una luminosità massima di 34 cm 2 s. Lungo l acceleratore saranno installati quattro rivelatori: ALICE (A Large Ion Collider Experiment) dedicato allo studio degli ioni pesanti, LHCb per lo studio della fisica del quark b, ATLAS (A Toroidal LHC ApparatuS) e CMS (Compact Muon Solenoid) aventi scopi generali. La ricerca del bosone di Higgs è, in particolare, uno degli obiettivi degli esperimenti ATLAS e CMS.

8 2 Introduzione A tal fine i loro rivelatori devono possedere un preciso sistema per l individuazione e la misura dell impulso dei muoni; un buon calorimetro elettromagnetico, per l identificazione e la misura dell energia di elettroni e fotoni; sufficiente ermeticità per la misura dell energia dei jet e dell energia mancante; infine un efficiente sistema di tracciamento per la misura di leptoni ad alto impulso trasverso e per l individuazione di eventi contenenti b e τ. Nel Modello Standard tutte le proprietà del bosone di Higgs sono definite ad eccezione della sua massa: ipotizzato un valore di massa si può dedurre l intensità dell accoppiamento con i bosoni vettore (W Z γ) ed i fermioni e dedurre i modi di decadimento più probabili. Le strategie di ricerca del bosone di Higgs al LHC dipendono dunque dal valore della sua massa. Il decadimento in quattro leptoni carichi, attraverso lo stadio intermedio ZZ, è uno dei più promettenti canali di ricerca, dato l elevato branching ratio su un ampio intervallo di massa e la chiara evidenza sperimentale che forniscono i quattro leptoni nello stato finale. Questo lavoro di tesi è dedicato alla determinazione delle potenzialità di scoperta del bosone di Higgs nell esperimento CMS, attraverso la selezione di eventi H ZZ e e µ µ. Per la prima volta, all interno della Collaborazione CMS, lo studio di questo canale viene affrontato in modo dettagliato, indagando tutta la regione di massa compresa tra 5 e 6 GeV c 2, ed utilizzando la simulazione sia dei processi fisici di segnale e di fondo che della risposta del rivelatore CMS. Nella ricostruzione e selezione degli eventi H ZZ e e µ µ un ruolo fondamentale è giocato dal sistema di tracciamento di CMS, la cui finalità è di ricostruire le tracce delle particelle cariche prodotte nel vertice di interazione primario, in particolare le tracce di muoni ed elettroni ad alto impulso trasverso, e di stabilirne l isolamento. Parte dell attività di tesi è stata dedicata alla valutazione delle prestazioni dei rivelatori al silicio a microstrisce di cui è costituita gran parte del sistema di tracciamento di CMS. Lo studio è stato realizzato attraverso l analisi dei dati acquisiti durante alcuni beam test. La presentazione del lavoro svolto è organizzata come segue. Nel primo capitolo sono presentate le principali caratteristiche del bosone di Higgs: i meccanismi di produzione nell interazione protone-protone e i canali di decadimento che saranno sfruttati al LHC. Viene inoltre descritto lo stato attuale della ricerca del bosone di Higgs, attraverso i risultati degli esperimenti condotti al LEP e al Tevatron. Nel secondo capitolo è fornita una descrizione generale del LHC e del rivelatore CMS, con i suoi sottorivelatori e il sistema di trigger essenziale per la selezione on-line dei potenziali eventi di interesse. Il terzo capitolo illustra con maggiore dettaglio il sistema di tracciamento (tracker) al silicio di CMS, attraverso le scelte tecnologiche che hanno portato alla sua realizzazione e la descrizione dei sottosistemi di cui è composto: rivelatori a

9 3 pixel e a microstrisce. In particolare viene presentato il sistema di tracciamento a microstrisce, nella cui realizzazione e validazione sono coinvolto direttamente. Nel quarto capitolo sono presentati i risultati di due differenti studi su fascio, a cui ho contribuito direttamente nella fase di realizzazione ed analisi dei dati. Nel primo studio sono riportate le prestazioni del primo prototipo di una struttura completa del tracker. Nel secondo è indagato l effetto delle particelle altamente ionizzanti sul funzionamento dei chip di front end dei rivelatori a microstrisce e si valuta quanto questo effetto possa influire sulle prestazioni complessive del tracker. Nel quinto capitolo sono descritti gli strumenti software utilizzati per lo studio del canale H ZZ e e µ µ : dalla generazione Monte Carlo degli eventi alla simulazione della risposta del rivelatore e agli algoritmi di ricostruzione di elettroni e muoni. Nella parte finale del capitolo sono affrontati due aspetti relativi alla ricostruzione degli elettroni: l effetto dell emissione di bremsstrahlung sulla risoluzione energetica del calorimetro e l identificazione di falsi elettroni. Per ciascuno di questi aspetti è illustrato il metodo adottato per porvi rimedio, utilizzando l informazione combinata del calorimetro elettromagnetico e del sistema di tracciamento. Infine nel sesto capitolo è valutata la potenzialità di scoperta del bosone di Higgs nel canale H ZZ e e µ µ nell intervallo di massa compreso tra 5 e 6 GeV c 2, nello scenario di bassa luminosità (2 33 cm 2 s ) del LHC. Sono descritte le proprietà dei principali processi di fondo (ZZ, t t Zb b, Zc c): i meccanismi di produzione, la topologia degli eventi, le strategie di reiezione. Viene poi descritta la procedura di ottimizzazione dei tagli di selezione che massimizzano la probabilità di scoperta del bosone di Higgs a CMS attraverso il canale H ZZ e e µ µ. Per valutare la probabilità di scoperta, accanto ai più comuni estimatori di significatività è stato utilizzato un nuovo estimatore che tiene conto delle fluttuazioni statistiche dei campioni di eventi Monte Carlo utilizzati nelle analisi. Questo estimatore, già proposto in letteratura per dei casi semplici, è stato valutato nel caso generale in cui si utilizzano molteplici campioni di eventi Monte Carlo, aventi diverse luminosità equivalenti. Il calcolo teorico eseguito per tale generalizzazione è riportato in appendice.

10 4 Introduzione

11 Capitolo Il Modello Standard e la ricerca del bosone di Higgs Una delle principali sfide in fisica delle alte energie è la comprensione del meccanismo di rottura della simmetria elettrodebole e l origine delle masse delle particelle elementari. Nel Modello Standard [] l interazione elettrodebole è descritta da una teoria di gauge basata sul gruppo di simmetria SU 2 L U Y, in cui le masse delle particelle sono introdotte attraverso il meccanismo di Higgs [2]. Questo meccanismo si basa sull introduzione di un doppietto di campi scalari complessi, descritti da una densità di lagrangiana in cui si realizza la rottura spontanea della simmetria SU 2 L U Y: il doppietto assume così un valore di aspettazione nel vuoto (vacuum expectation value, v.e.v.) non univocamente determinato. Scelto opportunamente il v.e.v., dall interazione del doppietto con i bosoni di gauge e i fermioni, entrambi questi ultimi acquistano massa, eccetto il fotone ed i neutrini. Dei quattro campi scalari introdotti, tre vengono eliminati nel dare massa ai bosoni W e Z, mentre il quarto costituisce l unica particella scalare fondamentale prevista dal Modello Standard: il bosone di Higgs. Il Modello Standard usa il numero minimo di campi di Higgs necessari per garantire la rottura spontanea della simmetria e l acquisizione delle masse da parte di bosoni e fermioni. Le sue estensioni supersimmetriche (SUSY) [3] utilizzano invece un numero maggiore di campi di Higgs, e forniscono consistenza allo schema dell unificazione delle interazioni alla scala d energia Λ GUT 6 GeV. In questo capitolo, attraverso brevi cenni sulla teoria del Modello Standard, viene introdotto il bosone di Higgs, di cui sono descritte le principali caratteristiche. In particolare saranno riportati i meccanismi di produzione del bosone di Higgs nelle interazioni protone-protone, e i principali canali di ricerca che potranno essere sfruttati al LHC. Verrà anche descritto lo stato attuale della ricerca del bosone di Higgs attraverso gli esperimenti condotti al LEP e al Tevatron, ed infine saranno riportate alcune considerazioni sulla fisica oltre il Modello Standard.

12 6 Il Modello Standard e la ricerca del bosone di Higgs. Il Modello Standard Il Modello Standard delle interazioni elettrodeboli e forti è una teoria di campo rinormalizzabile basata sul gruppo di simmetria SU 3 C SU 2 L U Y (.) dove SU 3 C è il gruppo di simmetria proprio della cromodinamica quantistica che descrive le interazioni forti tra quark e gluoni. Il settore elettrodebole del Modello Standard è noto come teoria di Glashow-Weinberg-Salam ed è basato su una lagrangiana invariante sotto le trasformazioni del gruppo SU 2 L U Y. In questo paragrafo sono descritti i diversi elementi del Modello Standard: le proprietà delle particelle elementari e le loro mutue interazioni. Il settore dei fermioni I campi di materia del Modello Standard sono leptoni e quark, di spin 2. I primi interagiscono tramite la forza elettrodebole, i secondi prendono parte anche all interazione di colore. Leptoni e quark sono classificati in tre famiglie. Per introdurre la struttura delle interazioni deboli di corrente neutra e corrente carica ciascuna famiglia è divisa in doppietti di isospin con stato di elicità sinistrorso (left-handed) e singoletti di isospin con stato di elicità destrorso (right-handed). La struttura di doppietto e di singoletto si riferisce alle proprietà di trasformazione sotto il gruppo SU 2 L. Inoltre i quark posseggono anche tre gradi di libertà di colore. I neutrini sono assunti privi di massa e left-handed. ν e e u d L L e R u R d R ν µ µ c s L L µ R c R s R ν τ τ t b L L τ R t R b R (.2) Questa struttura simmetrica del settore fermionico deriva dalle osservazioni sperimentali ed è incorporata in maniera naturale nel Modello Standard. La simmetria tra leptoni e quark risolve inoltre il problema delle anomalie triangolari, e rende la teoria rinormalizzabile [4]. Come vedremo, le componenti left e right dei campi fermionici intervengono diversamente nelle interazioni con i bosoni di gauge W e Z, il che comporta violazione della parità in tali interazioni. I campi

13 . Il Modello Standard 7 Tabella.: Numeri quantici di isospin debole (T, T 3 ), ipercarica Y e carica elettrica Q, relativi ai diversi stati di elicità di leptoni (l e µ τ) e quark (u u c t; d d s b). Leptoni T T 3 Y Q Quark T T 3 Y Q ν L u L l L d L u R l R -2 - d R d, s e b sono legati ai rispettivi autostati di massa (d s b) tramite una matrice di mescolamento, nota come matrice di Cabibbo-Kobayashi-Maskawa (CKM) [5], che nel Modello Standard è necessariamente unitaria. La matrice CKM si può parametrizzare in tutta generalità in termini di tre angoli di mixing più una fase complessa che è la sola sorgente di violazione di CP nel Modello Standard. È interessante notare che per un numero di famiglie inferiore a tre, la matrice CKM può essere resa reale, cosicché la violazione di CP nel Modello Standard è strettamente legata all esistenza della terza generazione di quark. Infine dalle misure sperimentali effettuate al LEP sull ampiezza di decadimento del bosone Z in neutrini [6], si ha chiara evidenza che il numero di famiglie di neutrini molto più leggeri di M Z 2 è: N ν Γ inv Γ theory ν ν (.3) nell ipotesi m t M H GeV c 2. Da ciò consegue che, nell ipotesi di completa simmetria tra leptoni e quark, il numero di famiglie fermioniche in natura è fissato alle sei a noi note. In Tab.. sono riportati i numeri quantici di isospin debole, ipercarica e carica elettrica (in unità della carica dell elettrone) relativi ai diversi stati di elicità dei leptoni e dei quark. La materia ordinaria è fatta di leptoni e adroni, questi ultimi sono divisi in mesoni (costituiti da coppie quark-antiquark) e barioni (combinazione di tre quark), ed hanno carica di colore complessiva nulla (singoletti di colore). Il settore di gauge Le interazioni (forte ed elettrodebole) tra i fermioni sono mediate da bosoni di spin, i cui campi sono introdotti richiedendo l invarianza della lagrangiana dei campi fermionici sotto trasformazioni di gauge locali dei gruppi di colore, isospin debole e ipercarica.

14 T 8 Il Modello Standard e la ricerca del bosone di Higgs Nella tabella che segue è riportata l associazione tra gruppi di simmetria e campi di gauge associati. Gruppo Campi di gauge SU 2 L isospin debole Wµ i isotripletto i 2 3 U Y ipercarica B µ SU 3 C colore G a µ ottetto di gluoni a 8 Il gruppo non abeliano SU 3 C è associato alle interazioni forti, i suoi campi di gauge descrivono i gluoni mediatori dell interazione di colore, come formalizzato in cromodinamica quantistica [7]. Il gruppo SU 2 L è il gruppo di isospin debole, a cui sono associati i tre campi di gauge W. Infine il gruppo U Y è il gruppo abeliano di ipercarica, dove l ipercarica Y è connessa alla carica elettrica Q e alla terza componente dell isospin T 3 dalla relazione Y 2 Q 3. I campi di gauge dei gruppi non abeliani di isospin e colore interagiscono tra loro in vertici trilineari e quadrilineari (Eq..). Come sarà meglio descritto in seguito, i campi Wµ i e B µ si mescolano, dando luogo ai campi dei bosoni vettori W, Z e γ; quest ultimo si identifica con il fotone, mediatore dell interazione elettromagnetica. Il settore del bosone di Higgs L ultima particella elementare contemplata dalla teoria è il bosone di Higgs, connesso all omonimo meccanismo attraverso cui nella teoria sono inseriti i termini di massa dei fermioni e dei bosoni vettori W e Z. Nella teoria di gauge elettrodebole non è possibile inserire a mano nella lagrangiana di campo i termini di massa del tipo 2 M2 B µ B µ per i bosoni e mψψ per i fermioni, perché violano la simmetria di gauge locale della lagrangiana stessa. Il meccanismo di Higgs di rottura spontanea della simmetria consente, invece, di dare massa ai bosoni vettori W e Z, e di conservare al tempo stesso la simmetria SU 2 L U Y al livello della lagrangiana del modello. Al fine di introdurre attraverso lo stesso meccanismo la massa dei fermioni, è necessario combinare i doppietti left-handed con i singoletti right-handed attraverso accoppiamenti alla Yukawa con i campi di Higgs. La struttura minimale dei campi di Higgs che permette di scrivere questi accoppiamenti è un doppietto di isospin debole di campi scalari aventi ipercarica Y : φ φ φ (.4)

15 µ. Il Modello Standard 9 La rottura della simmetria si realizza imponendo che i campi di Higgs abbiano un potenziale di auto-interazione V φ invariante sotto trasformazioni di SU 2 : V φ µ 2 φ 2 λ φ 4 (.5) con µ 2 e λ. In teoria perturbativa, il valore di aspettazione nel vuoto del doppietto φ si ottiene in corrispondenza alla configurazione φ che rende minimo il potenziale V φ. In questo caso si trova un insieme degenere di stati di minima energia (ground state). Si può scegliere dunque un particolare v.e.v. (tale scelta è detta gauge unitaria): φ φ 2 v v 2 λ (.6) che, come si può notare, non è invariante per trasformazioni di SU 2 L U Y, e pertanto realizza la rottura spontanea della simmetria. Tale v.e.v. è invece invariante sotto le trasformazioni di simmetria del gruppo abeliano U em, identificato come il gruppo di simmetria dell interazione elettromagnetica, a cui è associato il campo del fotone. Esiste dunque un gruppo di simmetria non rotto : U em, che garantisce la conservazione della carica elettrica e ha come conseguenza che il fotone sia privo di massa, cioè che l interazione elettromagnetica sia un interazione a lungo raggio. Espandendo φ intorno a φ, il doppietto può essere scritto come i σ θ φ x e x v v H x (.7) 2 che incorpora i tre bosoni di Goldstone θ x [8] e il campo fisico del bosone di Higgs H x, avente massa M H 2λv (.8) Le interazioni La lagrangiana del Modello Standard contiene i termini di energia cinetica, di massa e d interazione di tutte le particelle elementari e può essere fattorizzata in tre termini: L SM L gauge L f erm L Higgs (.9) Il primo fattore, L gauge, include i termini d energia cinetica e auto-interazione dei bosoni: L gauge 4 W i µν µνw i 4 B µνb µν 4 Ga µν µνg a (.)

16 g g g g V Il Modello Standard e la ricerca del bosone di Higgs dove i tensori degli sforzi, invarianti per trasformazioni di gauge, hanno espressione: W i µν µ Wν i B µν µ B ν G a µν µ G a ν ν W i µ ν B µ ν G a µ W ε i jk W j µ W k ν i j k 2 3 s f abc G b µg c ν a b c 8 (.) I tensori ε i jk e f abc sono rispettivamente le costanti di struttura dei gruppi SU 2 e SU 3 ; g W e g s sono a loro volta le costanti di accoppiamento debole e forte. L auto-interazione dei campi è espressa attraverso i termini g W ε i jk Wµ j Wν k e g s f abc G b µ Gc ν, che derivano automaticamente dalla richiesta di invarianza dei tensori sotto trasformazioni di gauge locali. Il secondo fattore della lagrangiana descrive la dinamica del settore fermionico, attraverso i termini d energia cinetica e d interazione di quark e leptoni con i bosoni vettore: L f erm f i γ µ D µ f (.2) dove la somma è eseguita sulle componenti left-handed e right-handed dei campi fermionici. A seconda del tipo di fermioni, della loro carica di colore, spin isotopico debole e ipercarica, la derivata covariante D µ ha forma: ν l l L : D µ µ ig W 2σ l R : D µ µ ig W u d L Y 2 B µ : D µ µ ig W 2σ u R d R : D µ µ ig W Y W µ ig W 2 B µ µ Y W µ ig W 2 B ig s T a G a µ Y 2 B µ ig s T a G a µ (.3) dove g W è la costante d accoppiamento legata al gruppo d ipercarica e T a a 8 sono le matrici del gruppo SU 3 nella rappresentazione fondamentale. Il terzo elemento della lagrangiana contiene, infine, il termine di energia cinetica del campo di Higgs, l accoppiamento con i bosoni W e B, l accoppiamento di Yukawa con i campi fermionici e il potenziale di auto-interazione, espressi dalla seguente equazione: γ 2 L Higgs D µ φ d f f d L φ f d R c φ (.4) Le matrici di Dirac γ, nella rappresentazione standard, hanno espressione: γ I, I σ e γ σ 5 u f f u L φ f u R h I I, dove σ σ σ 2 σ 3 sono le matrici di Pauli.

17 sin. Il Modello Standard dove i campi fermionici sono indicati con f, e sono distinte le componenti di tipo up e down, D µ è data dall Eq..3, e g u f e gd f sono le costanti di accoppiamento tra fermioni e il campo di Higgs. Le masse dei bosoni emergono in modo naturale dall accoppiamento dei campi W e B con lo stato di vuoto φ definito in Eq..6. Gli autostati e gli autovalori della matrice di massa che ne deriva corrispondono ai campi e al valore della massa dei bosoni W, del fotone (A) e della Z: W iw 2 W 3 M 2 W 2 vg W A sinθ W W cos θ W B M A (.5) Z cosθ W W 3 θ W B M Z 2 v dove l angolo di Weinberg θ W è definito dal rapporto tan θ W e la carica elettrica elementare è data da g W g 2 W g 2 W g W (.6) e g W cos θ W g W sin θ W (.7) Allo stesso modo, l accoppiamento dello stato di vuoto con i campi fermionici introduce i termini di massa per i fermioni v m f g f (.8) 2 Le masse delle particelle, come l intensità degli accoppiamenti sono determinati dai seguenti parametri: v g W g W g f che non sono predetti dal Modello Standard, ma devono essere misurati sperimentalmente. In particolare il valore di aspettazione nel vuoto v è legato alla costante di Fermi, G F, dalla relazione gw 2 8MW 2 G F 2 che si ottiene mettendo in relazione la misura a bassa energia del decadimento β del Modello Standard con la teoria di Fermi. Ne risulta un valore di aspettazione nel vuoto di: v 2G F GeV c 2 (.9) e Le masse dei bosoni vettori possono essere riscritte in termini di α 2 4π e G F come: απ 37 3 M W GeV c 2 2G F sin θ W sin θ W M Z απ 2G F 2 sin 2θ W 74 6 sin 2θ W GeV c 2 (.2)

18 2 Il Modello Standard e la ricerca del bosone di Higgs Infine, l accoppiamento trilineare del bosone di Higgs con i bosoni di gauge W e Z e con i fermioni è dato, rispettivamente, dai seguenti fattori di vertice: HW W : g HWW gm W 2MW 2 gmz HZZ : g HZZ 2cos θ W g m e m e H f f : g H f f 2 M w v M 2 Z v v (.2) da cui risulta evidente che il bosone di Higgs tende a decadere nelle particelle più pesanti e che, nella regione cinematica permessa, il decadimento nei bosoni vettore è favorito rispetto a quello in fermioni..2 Dinamica del settore di Higgs Benché la massa del bosone di Higgs (M H ) non sia nota, tutte le proprietà di questa particella possono essere calcolate in funzione di M H, a partire dalla lagrangiana di campo (Eq..9), dopo aver fissato tutti gli altri parametri del modello attraverso le misure sperimentali. In questa sezione sono sintetizzate le principali caratteristiche fenomenologiche [9] che guidano la ricerca del bosone di Higgs, dalle predizioni sul valore della sua massa ai meccanismi di produzione e di decadimento del bosone di Higgs..2. Modi di decadimento del bosone di Higgs L ampiezza totale di decadimento e i branching ratio (BR) relativi ai principali canali di decadimento del bosone di Higgs sono riportati in Fig.., in funzione della massa dell Higgs. Le curve sono state calcolate con il programma HDECAY [], che include per i vari processi le correzioni radiative di ordine superiore. Nella regione di massa inferiore a circa 3 GeV c 2, è dominante il decadimento nella coppia b b. Il decadimento nelle coppie τ τ, c c e in coppie di gluoni (attraverso diagrammi a loop) contribuisce per meno del %. In tale regione di massa, l ampiezza totale di decadimento è inferiore a MeV c 2. Per masse superiori a 3 GeV c 2, domina il decadimento in WW e in ZZ, sino alla soglia di produzione delle coppie WW e ZZ con entrambi i bosoni on-shell. Da quel valore di massa in poi i canali di decadimento in WW e ZZ sono dominanti. In Fig.. b), nella regione di massa 2M W si nota una brusca riduzione del branching ratio del canale ZZ proprio a seguito dell apertura del canale di decadimento in due W reali. In questo intervallo di massa l ampiezza di decadimento totale cresce rapidamente, per raggiungere il valore di circa GeV c 2 ad M H 2 GeV c 2 e GeV c 2 a M H 5 GeV c 2.

19 .2 Dinamica del settore di Higgs 3 Γ H [GeV] 3 2 BR - bb τ + τ - WW ZZ cc tt -2 gg a) 2 3 M H [GeV/c 2 ] -3-4 ss µ + µ - γγ Zγ b) M H [GeV/c 2 ] Figura.: Ampiezza totale di decadimento del bosone di Higgs (a) e relativi branching ratio (b), in funzione della massa dell Higgs. Il valore dell ampiezza totale di decadimento gioca un ruolo importante nella progettazione dei rivelatori pensati per la ricerca del bosone di Higgs. Nel caso di un bosone di Higgs con massa inferiore a 2 GeV c 2 l ampiezza del picco di massa ricostruito è dominata dalla risoluzione del rivelatore, che deve essere quanto migliore possibile per permettere un efficiente discriminazione del segnale dal fondo..2.2 Fenomenologia delle collisioni protone-protone In questa sezione sono introdotti alcuni aspetti della teoria del modello a partoni necessari per comprendere i principali meccanismi di produzione del bosone di Higgs nelle interazioni protone-protone, oggetto di discussione del successivo paragrafo. Nelle interazioni pp ad alta energia ciascun protone può essere modellizzato come un fascio non separato dei suoi costituenti fondamentali, quark, antiquark e gluoni (altresì detti partoni), ciascuno dei quali porta una frazione x dell impulso totale del protone. È questo il presupposto base del modello a partoni [, 2], che permette di fattorizzare la sezione d urto della reazione di hard-scattering tra due protoni p a p b c X (.22) nei contributi dei singoli processi elementari a livello partonico, secondo la formula c dσ p a p b X i j f x Q 2 a i f x Q 2 b j d ˆσ i j c X (.23)

20 lntan 4 Il Modello Standard e la ricerca del bosone di Higgs dove d ˆσ i j c X è la sezione d urto del processo elementare che porta allo stato finale c desiderato e f a x Q 2 i è la funzione di distribuzione partonica (PDF), che rappresenta la probabilità di trovare il costituente i nell adrone a con una frazione di impulso x. Quindi due ingredienti sono necessari per calcolare la sezione d urto totale del processo: la sezione d urto elementare e la funzione di distribuzione partonica. La sezione d urto elementare è calcolata ad un assegnato ordine in α s e ad una definita scala di rinormalizzazione. L esperienza mostra che in molti casi le correzioni di ordine superiore portano ad un aumento delle sezioni d urto di un fattore.5-2 [3]. La funzione di distribuzione partonica è misurata negli esperimenti di deep inelastic scattering tra elettroni e adroni ad una definita scala d energia Q 2, ed è estrapolata alla scala di energia in esame attraverso l equazione di evoluzione di Altarelli-Parisi [4]. Il fattore Q 2 rappresenta l impulso scambiato nell interazione. Q 2 fissa la scala di energia a cui avviene l interazione e determina il valore delle correzioni logaritmiche alla funzione di distribuzione partonica. Dato che ciascun partone all interno del protone ha una frazione d impulso x, il sistema partone-partone attraverso cui avviene il processo elementare, ha in genere il centro di massa in moto rispetto al sistema di riferimento protone-protone. Nel caso di fasci di protoni di uguale energia fatti collidere frontalmente, come avverrà al LHC, il sistema elementare ha un impulso non nullo nella direzione dei fasci, che individua l asse z del sistema di riferimento di laboratorio. Dato che non è possibile conoscere a priori il valore dell impulso lungo tale direzione, è opportuno adottare delle quantità cinematiche invarianti in corrispondenza di un boost nella direzione z. Indicando con E e p rispettivamente l energia e l impulso della generica particella nel sistema di riferimento di laboratorio, queste quantità sono: l impulso trasverso (p T ), proiezione di p nel piano perpendicolare alla direzione dei fasci; la rapidità y p tanh z E, dove p z è la proiezione di p lungo la direzione z. La rapidità è tale che grandezze come la distribuzione dn dy risultano invarianti per trasformazione di Lorentz nella direzione dell asse z. In regime ultrarelativistico (m p ), la rapidità può essere approssimata con la pseudorapidità (η), definita come η θ p 2, dove cosθ z p. La pseudorapidità ha il vantaggio che può essere misurata anche quando la massa o il momento della particella non sono noti, sulla base della sola informazione geometrica della traiettoria della particella. In tal modo la sezione d urto invariante può essere scritta in termini di grandezze cinematiche misurabili:

21 .2 Dinamica del settore di Higgs 5 2 gg H σ(pp H+X) [pb] s = 4 TeV M t = 75 GeV CTEQ4M - qq _ HW qq Hqq gg,qq _ Hbb _ gg,qq _ Htt _ qq _ HZ M H [GeV] Figura.2: Sezioni d urto di produzione del bosone di Higgs al LHC in funzione della massa del bosone di Higgs. Tutte le sezioni d urto sono calcolate al NLO, a parte gg q q Ht t. E d3 σ d 3 p d 3 σ dφdy p T dp T d 2 σ πdyd p 2 T d 2 σ πdηd p 2 T (.24) avendo usato la relazione dy d p z E e mediato su tutto l angolo azimutale φ..2.3 Produzione del bosone di Higgs al LHC In Fig..2 sono riportate le sezioni d urto di produzione del bosone di Higgs al LHC in funzione della massa dell Higgs, per ciascun processo di produzione. I principali meccanismi di produzione sono la fusione di gluoni o di bosoni vettori (W o Z) e la produzione associata con bosoni vettori (W o Z) o con coppie t t, b b. Sono tutti processi caratterizzati dall accoppiamento del bosone di Higgs con particelle ad alta massa (W, Z, quark top e bottom). Le sezioni d urto contengono le correzioni di QCD e QED, a parte quella del processo di produzione associata con coppie t t.

22 6 Il Modello Standard e la ricerca del bosone di Higgs Fusione di gluoni: gg H Il processo di gluon fusion è il meccanismo dominante di produzione del bosone di Higgs al LHC, in tutto l intervallo di massa, sino a circa TeV c 2 [5]. L accoppiamento dell Higgs ai gluoni avviene attraverso un loop triangolare di quark, con un contributo dominante da parte dei quark pesanti top e bottom. Il diagramma all ordine principale è mostrato nella figura a destra. Una valutazione più precisa della sezione d urto elementare richiede il calcolo delle correzioni radiative di QCD, attraverso i diagrammi a due loop. Il contributo di queste correzioni è in genere fattorizzato attraverso il K factor, definito come il rapporto tra la sezione d urto calcolata agli ordini successivi nello sviluppo perturbativo e la sezione d urto all ordine principale. Se si considera solo l ordine immediatamente successivo al primo (next-to-leading order, NLO), il K factor è definito come: σ NLO K (.25) σ LO Per questo processo la correzione al next-to-leading order varia dal 6% al 9% a seconda della massa del bosone di Higgs. Le principali incertezze teoriche nel calcolo provengono dalla parametrizzazione delle funzioni di distribuzione partonica, specialmente quelle dei gluoni, e dai contributi non calcolati di ordine superiore al NLO [6]. Usando diverse PDF (CTEQ4M, MRS(R), GRV(92)), le variazioni sono di circa il % sull intero intervallo di massa. Le variazioni di σ NLO dovute alla scala di rinormalizzazione usata sono piccole rispetto alle variazioni di σ LO, e contribuiscono per meno del 5%. Fusione di W e Z: qq Hqq La sezione d urto di produzione del bosone di Higgs attraverso la fusione di bosoni virtuali (W, Z) è circa un ordine di grandezza inferiore rispetto alla fusione di gluoni nell intervallo di massa M H 6 GeV c 2 e diventa competitivo solo per M H TeV c 2 [7, 8]. Il processo al leading order è mostrato nella figura a destra. La più importante caratteristica di questo processo è la presenza di due jet emessi in direzione opposta, ad alto η, ed aventi ciascuno un elevata massa invariante. Allo stesso tempo la produzione adronica è soppressa nella regione centrale η. Queste caratteristiche possono essere sfruttate per ottenere un efficiente reiezione del fondo nella ricerca del bosone di Higgs nei canali H γγ

23 .3 Limiti sulla massa del bosone di Higgs 7 e H ττ, nonostante la più bassa sezione d urto di produzione rispetto alla fusione di gluoni [9]. Le correzioni di QCD a questo processo sono di circa 8 %. Produzione associata con W o Z: q q V H Altro meccanismo di produzione del bosone di Higgs è la produzione associata con un bosone vettore W o Z, il cui diagramma di Feynman all ordine principale è mostrato nella figura sulla destra. La sezione d urto di questo processo [2] è inferiore rispetto al processo di fusione di gluoni, da uno a due ordini di grandezza per M H 2 GeV c 2, ed oltre tre ordini di grandezza per masse dell Higgs maggiori. La caratteristica interessante di questo processo è la presenza di un bosone vettore (W o Z), facilmente identificabile attraverso i suoi prodotti di decadimento, e su cui si può quindi basare la logica di trigger. Le correzioni di QCD a questo processo sono identiche a quelle del processo di Drell-Yan [2]: vanno dal 25% al 4% sull intero intervallo di massa. Produzione associata con una coppia t t o b b Nell intervallo di massa inferiore a 3 GeV c 2, la sezione d urto di produzione del bosone di Higgs in associazione con due quark top o bottom è dello stesso ordine di grandezza della produzione associata con bosoni vettori. Inoltre la rivelazione della coppia t t o b b fornisce un buon criterio di selezione degli eventi per la ricerca di un bosone di Higgs a bassa massa [22]. Il processo all ordine principale è calcolato attraverso i due diagrammi di Feynman mostrati sulla destra, mentre le correzioni di QCD sono state calcolate solo recentemente e forniscono un incremento della sezione d urto del 2% [23]..3 Limiti sulla massa del bosone di Higgs Nel Modello Standard la massa del bosone di Higgs è proporzionale al valore di aspettazione nel vuoto (v) del campo di Higgs secondo la formula M H 2λv. Il v.e.v. è fissato dalla costante di Fermi G F a v 246 GeV c 2, mentre la costante di accoppiamento λ del potenziale d auto-interazione è un parametro libero della

24 8 Il Modello Standard e la ricerca del bosone di Higgs Figura.3: Limite teorico alla massa del bosone di Higgs, basato su argomenti di auto-consistenza del Modello Standard. Λ denota la scala di energia a cui il Modello Standard perde validità. teoria, che rende quindi non predicibile M H. Tuttavia, una serie di limiti superiori e inferiori su M H possono essere dedotti sulla base di considerazioni teoriche e dei risultati sperimentali che, sinora, non hanno potuto confermare l esistenza del bosone di Higgs..3. Limiti teorici I limiti teorici sul valore di M H possono essere derivati imponendo condizioni di consistenza interna della teoria; in particolare derivano dall assunzione che esista una scala di energia Λ sino alla quale il Modello Standard possa essere esteso, prima che appaiano nuovi fenomeni di fisica. La costante d accoppiamento λ è funzione della scala d energia a cui avviene l interazione (running coupling constant); pertanto è possibile definire un intervallo di variabilità di λ Λ, e quindi imporre dei vincoli a M H [24]. Dato che λ può divergere con l energia, il limite superiore è ottenuto richiedendo che la teoria rimanga perturbativa sino alla scala Λ (triviality). Il limite inferiore è imposto dalla condizione di stabilità dello stato di vuoto: le correzioni quantistiche al potenziale V φ devono conservarne il minimo assoluto, per cui λ deve rimanere positiva. Sulla base di queste argomentazioni

25 χ.3 Limiti sulla massa del bosone di Higgs 9 sono stati ricavati il limite superiore e inferiore al valore di M H in funzione della scala d energia Λ (Fig..3). Le curve sono ottenute in corrispondenza di un fissato valore della massa del quark top, m t 75 GeV c 2, e le bande nere rappresentano le incertezze teoriche sulla previsione. Se il Modello Standard rimanesse valido sino alla scala di Grande Unificazione (Λ GUT ), l intervallo permesso di massa dell Higgs sarebbe limitato alla stretta regione tra 3 e 9 GeV c 2. Assumendo invece che il limite di validità dello SM sia TeV, la massa dell Higgs deve essere comunque inferiore a 8 GeV c 2. In ogni caso quindi il bosone di Higgs deve essere cercato in una regione di massa inferiore a TeV c 2, e questa è una delle linee guida con cui è stato progettato il LHC, che attraverso l interazione protone-protone a 4 TeV permette di scansionare tutto questo intervallo di massa..3.2 Limiti sperimentali I principali limiti sul valore della massa del bosone di Higgs provengono dai risultati sperimentali, sia quelli di ricerca diretta del bosone di Higgs condotti con acceleratori di leptoni o di adroni, sia quelli di ricerca indiretta, basati sulla misura dei parametri del Modello Standard. Ricerca indiretta Le misure di precisione delle grandezze del Modello Standard, prime tra tutte quelle legate al decadimento della Z e alla misura delle masse del quark top e della W, hanno raggiunto un tale livello di accuratezza che è possibile apprezzare gli effetti delle correzioni radiative sulle grandezze attese al tree level. Tali correzioni dipendono logaritmicamente da M H, quindi le misure di precisione risultano essere sensibili, seppur debolmente, al valore della massa del bosone di Higgs. Ciò consente di stimare un intervallo di confidenza sul valore di M H, sfruttando tecniche di analisi statistica, come il fit dei parametri elettrodeboli [25, 26]. In Fig..4 è riportato in funzione di M H l andamento del χ 2 χ 2 2 min del fit globale sulle grandezze osservabili del Modello Standard. É un fit di χ 2, che utilizza l informazione proveniente da diversi esperimenti, per ottenere la migliore stima dei parametri del Modello Standard, compresa la massa del bosone di Higgs. Le principali misure sono state eseguite negli esperimenti al LEP [27] e allo Stanford Linear Collider (SLC) [28], dove sono state effettuate misure in corrispondenza del polo della Z: asimmetrie di leptoni, line-shape della Z, polarizzazione dei τ, asimmetria di carica q q. A queste si affiancano le misure della massa della W e del quark top eseguite al Tevatron [29] e, infine, altre misure non legate alla fisica degli acceleratori, come misure di sin 2 θ e f f dalle interazioni di neutrino, violazione della parità negli atomi di Cesio, misura della costante G F attraverso la misura della vita

26 χ 2 Il Modello Standard e la ricerca del bosone di Higgs Figura.4: Andamento di χ 2 χ 2 2 min del fit globale sui parametri del Modello Standard, in funzione di M H. La curva continua rappresenta il risultato del fit, la banda azzurra la stima degli errori teorici legati all aver trascurato le correzioni di ordine superiore. In giallo è evidenziata la regione di massa inferiore al limite di esclusione al 95% di C.L., indicato dalle ricerche dirette. La curva tratteggiata riporta il risultato del fit ottenuto 5 per un diverso valore di αhad, contributo dei quark u d c s b alla costante di accoppiamento della QED, α M Z. media dei muoni. Il valore centrale di M H ottenuto dal fit globale M H GeV c 2 (.26) è leggermente minore di 4 4 GeV c 2, che corrisponde al limite inferiore dell intervallo di confidenza al 95% di C.L., ottenuto con le misure dirette [3]. L intervallo di confidenza al 9% di C.L., ottenuto da tutte le misure di precisione, è: 53 GeV c 2 M H 23 GeV c 2 (.27) Includendo il risultato delle ricerche dirette nella funzione di massima verosimiglianza, il limite superiore arriva a 24 GeV c 2 (95% C.L.), che sale ulteriormente a 246 GeV c 2 se si introducono le incertezze teoriche legate al non aver calcolato i contributi di ordine superiore.

27 M 2.3 Limiti sulla massa del bosone di Higgs 2 Ricerca diretta al LEP La ricerca diretta del bosone di Higgs è stata condotta principalmente dai quattro esperimenti del LEP (ALEPH [3], DELPHI [32], L3 [33] e OPAL [34]), e adesso proseguono al Tevatron da parte di CDF [35] e D [36]. Il principale meccanismo di produzione del bosone di Higgs al LEP è l Higgs-strahlung (e e HZ), in cui il bosone di Higgs è emesso da un bosone intermedio Z. Il bosone Z nello stato finale è virtuale o reale a seconda dell energia del centro di massa e e, che nel periodo di operatività del LEP è passata da s M Z a 28 GeV c 2. I dati combinati dei quattro esperimenti sono quindi sensibili alla rivelazione di un bosone di Higgs di massa inferiore al limite cinematico s max Z 7 GeV c 2. Nell intervallo di massa accessibile a LEP il modo di decadimento dominante del bosone di Higgs è quello in una coppia b b, con un branching ratio superiore al 85% per M H 7 GeV c 2, seguito dal decadimento in τ τ che contribuisce per meno del %. Gli stati finali che forniscono la migliore sensibilità di scoperta del bosone di Higgs al LEP sono determinati dai modi di decadimento della Z, secondo le seguenti topologie: due b-jet + due jet: H b b Z q q ; due b-jet + energia mancante: H b b Z ν ν ; due b-jet + due leptoni: H b b Z e e µ µ ; due τ-jet + due jet: H τ τ Z q q oppure H q q Z ττ. Combinando statisticamente i dati dei quattro esperimenti, nei differenti modi di decadimento e alle differenti energie, è stato possibile incrementare la sensibilità totale di ricerca. La procedura adottata è basata sull introduzione di un test statistico, il log-likelihood test ( ln Q [37]), che permette di discriminare l ipotesi dell esistenza dei soli processi di fondo, b, dall ipotesi di segnale più fondo, s+b, in cui è presente un bosone di Higgs di massa M H. Le grandezze ricostruite sono quindi confrontate con le distribuzioni previste dal Monte Carlo in ciascuna delle due ipotesi, usando una funzione di massima verosimiglianza, L (likelihood). Il logaritmo del rapporto Q L s b L b tra le likelihood calcolate nell ipotesi di segnale più fondo e di solo fondo è definito come test statistico. In Fig..5 è riportato in funzione di M H il valore atteso di 2ln Q per la sola ipotesi di fondo (linea tratteggiata) e di segnale più fondo (linea tratto punto). Le bande colorate verde e gialla indicano, rispettivamente, l intervallo di una e due deviazioni standard intorno al valore atteso del fondo. In figura è riportato in linea continua, in funzione della massa del bosone di Higgs, il valore di 2ln Q misurato al LEP. Il

28 22 Il Modello Standard e la ricerca del bosone di Higgs -2 ln(q) LEP Observed Expected for background Expected for signal plus background m H (GeV/c 2 ) Figura.5: Andamento del test statistico 2ln Q in funzione della massa M H, sia per gli eventi attesi che per quelli osservati al LEP, utilizzando i dati dei quattro esperimenti. La linea tratteggiata (tratto-punto) è il valore atteso nell ipotesi di solo fondo (segnale+fondo). Le bande colorate indicano l intervallo al 68% e 95% di probabilità intorno al valore atteso del fondo [37]. limite inferiore su M H, al 95% di C.L., è dato dall intersezione della curva dei dati osservati con la linea orizzontale, ed è pari a M H 4 4 GeV c 2 (.28) con il valore più probabile pari a 5 GeV c 2, corrispondente al minimo della curva. Nell ipotesi di solo fondo, il p-valore -C.L., che esprime la consistenza dei dati con l ipotesi di fondo è.9, mentre il livello di confidenza per l ipotesi di segnale più fondo è.5 [3]. Ricerca diretta al Tevatron Il meccanismo principale di produzione del bosone di Higgs al Tevatron è la fusione di gluoni (gluon fusion), gg H, ma il meccanismo che offre le più

29 .4 Strategie di ricerca del bosone di Higgs al LHC 23 promettenti possibilità di scoperta è la produzione in associazione con un bosone vettore (p p HW HZ) dove il decadimento leptonico del bosone vettore può essere sfruttato per la selezione di trigger dell evento. La sezione d urto per i processi di produzione del bosone di Higgs all energia di s 2 TeV è riportata in Fig..6. In una prima fase (RUN I), all energia s 8 TeV, sono stati raccolti circa pb di dati da ciascun esperimento (CDF e D). Dal 2 è partita la seconda fase di presa dati (RUN II), all energia di s 96 TeV, dopo aver migliorato le prestazioni dei rivelatori di tracciamento, in particolare nel b-tagging. In Fig..7 [38] è riportata, in funzione di M H, la luminosità integrata richiesta per ciascun esperimento per escludere l esistenza del bosone di Higgs del Modello Standard al 95% di C.L., per osservarlo a 3σ e a 5σ. Le bande rappresentano l errore statistico sui dati attesi senza includere gli effetti sistematici. La luminosità richiesta per ciascun esperimento per escludere al 95% di C.L. un bosone di Higgs di massa 5 GeV c 2 è di.5 fb, mentre un osservazione a 3σ richiede circa 2 fb..4 Strategie di ricerca del bosone di Higgs al LHC La ricerca del bosone di Higgs al LHC è una sfida impegnativa poiché occorre individuare eventi rari (σ BR fb) immersi in un ampio fondo di QCD (σ mb). Nelle sezioni precedenti si è avuto modo di discutere dei meccanismi di produzione e decadimento del bosone di Higgs, e risulta evidente che le strategie di ricerca variano a seconda della regione di massa in cui si suppone esista il bosone di Higgs. Sulla base dei branching ratio mostrati in Fig.. si possono individuare tre principali regioni di massa: regione di bassa massa (M H 3 GeV c 2 ), in cui domina il processo di decadimento H b b; regione di massa intermedia (3 GeV c 2 M H 2M Z ), dominato dal decadimento H ZZ WW ; regione di alta massa (M H 2M Z ), in cui il bosone di Higgs decade principalmente in una coppia W W o ZZ con entrambi i bosoni on-shell. Sebbene gli stati finali della catena di decadimento del bosone di Higgs siano principalmente adronici, la difficoltà che insorge nel discriminare questi eventi dal fondo di QCD induce a preferire delle topologie con leptoni o fotoni isolati nello stato finale, benché caratterizzati da un più basso branching ratio. In alternativa si possono sfruttare i meccanismi di produzione associata con bosoni W e Z o coppie t t e b b, per favorire particolari topologie di fisica, nonostante la più bassa sezione d urto di produzione rispetto alla fusione di gluoni.

30 24 Il Modello Standard e la ricerca del bosone di Higgs 2 gg h SM σ(pp _ h SM +X) [pb] s = 2 TeV M t = 75 GeV CTEQ4M - qq h SM qq qq _ h SM W -2 gg,qq _ h SM tt _ bb _ h SM qq _ h SM Z -3 gg,qq _ h SM bb _ M h [GeV] SM Figura.6: Sezione d urto di produzione del bosone di Higgs in funzione della sua massa, per i più rilevanti processi di produzione nelle collisioni p p a s 2 TeV. Figura.7: Luminosità integrata per esperimento necessaria per escludere al 95% di C.L. l esistenza del bosone di Higgs, o per stabilirne l esistenza a 3σ e 5σ. Le curve più strette sono il risultato dell analisi più recente (23), mentre quelle più ampie sono relative ad un precedente studio (999) [39].

31 .4 Strategie di ricerca del bosone di Higgs al LHC 25 Nel seguito vengono descritti i principali metodi di ricerca adottati nelle tre regioni di massa. Regione di bassa massa Sulla base delle indicazioni fornite dai precedenti esperimenti e dai limiti teorici (.3) il bosone di Higgs del Modello Standard ha con molta probabilità bassa massa, quindi questa è la regione favorita per la scoperta. Allo stesso tempo è la regione di ricerca più ardua da esplorare al LHC, in quanto il principale canale di decadimento del bosone di Higgs in questa regione è H b b. Sebbene la sezione d urto del processo pp H b b sia di circa 28 pb per M H 5 GeV c 2, questo canale è completamente sommerso dal fondo b b, la cui sezione d urto di produzione al LHC è oltre sei ordini di grandezza superiore al segnale atteso. Dato che l elevato fondo b b impedisce di applicare un criterio di trigger inclusivo, si possono ottenere prestazioni migliori restringendo la ricerca ai meccanismi di produzione associata del bosone di Higgs (t t H, WH e ZH), in cui vi sia almeno un leptone ad alto p T nel decadimento dei bosoni vettori o dei quark top. In questo modo è possibile selezionare a livello di trigger gli eventi di Higgs e poi discriminarli dal fondo sfruttando la particolare topologia con due o quattro jet di quark b, leptoni ad alto p T ed energia mancante dovuta ai neutrini. Il canale di decadimento che offre la migliore possibilità di scoperta del bosone di Higgs in questo intervallo di massa è il decadimento in due fotoni (H γγ). Sebbene la probabilità di decadimento sia dell ordine di.2%, questo canale risulta essere particolarmente pulito. Inoltre i fotoni sono direttamente rivelabili, per cui la sezione d urto complessiva del processo non deve essere riscalata per il branching ratio dell ulteriore decadimento negli stati finali. A M H 3 GeV c 2 la sezione d urto complessiva è σ BR 68 fb. La ricerca del bosone di Higgs attraverso questo canale di decadimento richiede un eccellente risoluzione nella misura dell energia e della direzione dei fotoni, perciò impone dei requisiti stringenti nella costruzione del calorimetro elettromagnetico, che deve possedere un elevato livello di calibrazione e buona segmentazione laterale per misurare la direzione dei fotoni. I processi di fondo per questo canale sono distinti in una componente irriducibile, caratterizzata dai processi pp γγ X e pp γ jet X con l emissione di un fotone di bremsstrahlung dal jet, ed una componente riducibile, dovuta agli eventi con più jet di QCD o γ jet, in cui uno o più π isolati sono ricostruiti come singoli fotoni. Il fondo riducibile è circa il 4% del fondo totale, e per la sua reiezione è richiesta una buona discriminazione π γ. Altro canale di decadimento interessante in questa regione è H ττ. Questo canale ha un branching ratio di circa 7%, ma è possibile rigettare efficacemente il fondo concorrente di QCD se è studiato in concomitanza con la produzione del bosone di Higgs attraverso la fusione di bosoni vettori. In questo caso infatti

32 26 Il Modello Standard e la ricerca del bosone di Higgs la topologia dell evento è caratterizzata da due jet nella regione ad alto η, non presenti in genere nel fondo di QCD. Regione di massa intermedia In questa regione di massa predomina il decadimento del bosone di Higgs in una coppia WW o ZZ. I canali più promettenti per la ricerca del bosone di Higgs sono i canali leptonici H WW ν ν e H ZZ. Il primo è caratterizzato da un più alto numero di eventi attesi, ma permette di ricostruire solo la massa trasversa del bosone di Higgs a causa dei due neutrini nello stato finale. Il canale H ZZ fornisce, invece, la più chiara segnatura sperimentale, poiché l evento può essere ricostruito completamente grazie alla presenza di quattro leptoni carichi nello stato finale. In questa regione di massa, in cui la larghezza naturale del bosone di Higgs (Γ H GeV c 2 ) è inferiore alla risoluzione del rivelatore, è importante che i quattro leptoni siano ricostruiti con la migliore risoluzione d impulso possibile. La selezione degli eventi è basata sull identificazione di due coppie di leptoni provenienti dallo stesso vertice. La massa invariante di una delle coppie deve essere compatibile con la massa della Z. I principali processi di fondo da cui occorre discriminare il segnale sono il fondo continuo, irriducibile, ZZ e i processi riducibili t t 4 X e Zb b 4 X, che vengono rigettati imponendo condizioni sull isolamento e sull impulso trasverso dei quattro leptoni, sulla massa invariante di ciascuna coppia di leptoni, e sulla massa invariante dei quattro leptoni. In corrispondenza di 7 GeV c 2 si nota una brusca riduzione del branching ratio del decadimento H ZZ, a causa dell apertura del canale WW con entrambi i bosoni on-shell. Regione di alta massa Nell ipotesi di un bosone di Higgs ad alta massa, i decadimenti dominanti sono quelli in W W e ZZ, con entrambi i bosoni on-shell, per cui la ricerca del bosone di Higgs è condotta principalmente attraverso la ricostruzione del canale H ZZ, definito il golden channel per la ricerca del bosone di Higgs. È infatti possibile rigettare efficientemente il fondo riducibile richiedendo che la massa invariante di ciascuna coppia di leptoni sia prossima al valore di M Z. Inoltre per M H 2 GeV c 2 l ampiezza invariante del bosone di Higgs (Γ H ) è maggiore della risoluzione sperimentale, per cui le prestazioni del rivelatore non sono critiche. In questo intervallo anche il canale di decadimento H W W lν jet jet,

33 .5 La fisica oltre il Modello Standard 27 in cui il bosone di Higgs è prodotto attraverso il meccanismo di fusione di bosoni vettori, offre buoni risultati. Per un bosone di Higgs di massa superiore a 6 GeV c 2, subentra il problema della riduzione significativa della sezione d urto di produzione e dell allargamento dell ampiezza invariante al punto che è difficile rivelare il picco di massa. In questo caso la ricerca del bosone di Higgs è condotta attraverso esperimenti di conteggio, sfruttando altri canali di decadimento oltre a H ZZ, favoriti per un più alto branching ratio: H Z Z ν ν, H Z Z q q e H W ν W q q. I Capitoli 5 e 6 di questa tesi sono dedicati allo studio delle potenzialità di scoperta del bosone di Higgs attraverso il canale H ZZ e e µ µ, nella regione di massa compresa tra 5 e 6 GeV c 2..5 La fisica oltre il Modello Standard La validità del Modello Standard è stata testata attraverso un elevato numero di misure, principalmente effettuate al LEP, ma anche al SLC e al Tevatron. In particolare, gli esperimenti in corrispondenza della risonanza Z hanno contribuito a migliorare enormemente l accuratezza dei dati nel settore delle correnti neutre. Oggi il Modello Standard mostra un accordo impressionante con tutte le misure di precisione effettuate, che supportano lo schema di una teoria perturbativa con un Higgs fondamentale a bassa massa. Nonostante ciò, ci sono forti argomenti teorici che spingono a pensare che il Modello Standard non sia la teoria definitiva che descrive le interazioni fondamentali. Il Modello Standard lascia infatti irrisolte alcune questioni, come l origine e la violazione di CP, l esistenza di sole tre famiglie di quark e leptoni, l inclusione della gravità nel modello e la presenza di 9 parametri liberi che vengono fissati dalle misure sperimentali. Esistono inoltre altre ragioni concettuali che inducono a ritenere che oltre la scala del TeV vi siano nuovi fenomeni fisici. Un primo problema sorge se si vuole includere la gravità, i cui effetti, a livello di particelle elementari, divengono rilevanti per scale dell ordine della massa di Planck ( 9 GeV). Ma il Modello Standard, che prevede un bosone di Higgs di massa inferiore al TeV, difficilmente può essere ritenuto valido sino a queste energie, senza l introduzione di nuova fisica. Se così fosse, si avrebbe una teoria basata su una particella scalare fondamentale che ha massa molto inferiore rispetto alla massima scala di energia a cui la teoria stessa rimane valida (problema gerarchico [4]). A questo si affianca il principio di semplicità: è difficile accettare che le divergenze quadratiche legate a questo scalare fondamentale possano essere riassorbite ad ogni ordine perturbativo

34 28 Il Modello Standard e la ricerca del bosone di Higgs attraverso cancellazioni di una parte su 5. Una seconda considerazione riguarda l andamento delle costanti di accoppiamento del gruppo SU 3 U 2 U che, estrapolato ad alta energia, mostra che a nessuna scala d energia tali costanti si unificano nell ambito del Modello Standard. Quindi il Modello Standard, piuttosto che una teoria definitiva, sembra essere una teoria efficace, valida sino ad una scala di energia Λ, oltre la quale emerge nuova fisica. L accordo delle misure sperimentali con il Modello Standard pone comunque forti limitazioni alle possibili forme di nuova fisica: sono favoriti i modelli che preservano la struttura del Modello Standard e la modificano in modo delicato, come nel caso delle teorie Supersimmetriche. Più sfavoriti sono i modelli dinamici con una ulteriore interazione forte non perturbativa, che inevitabilmente influenzerebbe le correzioni radiative. Nei modelli dinamici, come il technicolor [4] il bosone di Higgs non è più una particella elementare ma un condensato o uno stato legato di fermioni. Alla base del modello c è un nuovo gruppo di gauge non abeliano, che introduce una nuova forza forte, molto più intensa dell usuale forza forte, e prevede l esistenza di nuove particelle nell intervallo di massa tra GeV c 2, con ampie sezioni d urto e chiara evidenza sperimentale. La più popolare estensione al Modello Standard è la Supersimmetria (SUSY) [3], in cui viene stabilita la simmetria tra bosoni e fermioni introducendo per ciascuna particella nota una super-particella (s-particella), più massiva della prima: ai fermioni e ai bosoni sono associate rispettivamente s-particelle scalari e fermioniche. Se le s-particelle esistono, la particella supersimmetrica più leggera dovrebbe essere stabile, e dovrebbe permeare in gran numero l universo. La simmetria bosoni-fermioni rende stabile la teoria poiché riduce le divergenze da quadratiche a logaritmiche. La SUSY è un estensione del Modello Standard, e prevede l esistenza di particelle scalari di Higgs. Seguendo un meccanismo simile a quello del Modello Standard, le masse delle s-particelle emergono dalla rottura della supersimmetria alla scala del TeV, ad energie cioè in cui la simmetria SU 2 U è ancora esatta, e le particelle convenzionali sono prive di massa. Solo alla scala di energia elettrodebole, la simmetria SU 2 U viene rotta e sono generate le masse delle particelle ordinarie. Esiste così un criterio semplice per giustificare la separazione tra particelle e s-particelle nello spettro di energia. Il LEP ha escluso l esistenza di tali s-particelle nell intervallo di massa inferiore a GeV c 2, ma se la SUSY è corretta, un gran numero di particelle si trova nella regione esplorata dal LHC, e quindi se ne dovrà avere evidenza nei dati che verranno acquisiti. Qualunque sia la teoria che meglio descrive la fisica, SUSY o technicolor, un gran numero di nuove particelle, evidenza di questa nuova fisica, è atteso essere prodotto e rivelato al LHC.

35 Capitolo 2 L esperimento CMS ad LHC Nei prossimi anni, il principale obiettivo degli esperimenti di fisica delle alte energie sarà la ricerca di eventi rari (σ BR fb) attraverso cui poter confermare il Modello Standard delle interazioni elettrodeboli e inferire sulla presenza di nuova fisica, indagando oltre le scale di energia a cui gli esperimenti hanno potuto sinora accedere. Queste motivazioni hanno spinto la comunità dei fisici delle particelle a concepire e costruire un nuovo, potente acceleratore, il Large Hadron Collider (LHC) e quattro rivelatori di particelle che saranno installati in altrettanti punti lungo l acceleratore. Uno dei quattro rivelatori è il Compact Muon Solenoid (CMS), nella cui realizzazione sono coinvolto e sulle cui prestazioni verte il contenuto di questa tesi. In questo capitolo vengono descritte le principali caratteristiche del LHC e del rivelatore CMS, ponendo particolare attenzione ai requisiti che devono essere soddisfatti per raggiungere gli obiettivi di fisica prefissati. 2. Il Large Hadron Collider Il termine collisore adronico è usato per descrivere gli acceleratori in cui un fascio di protoni è fatto collidere con un secondo fascio di protoni o antiprotoni, accelerato nel verso opposto al primo. Lo scenario di fisica delle alte energie dei prossimi anni sarà dominato da questo tipo di macchine: il Tevatron [29], già operante al Fermilab [42] sin dal 992 e, a partire dal 27, il Large Hadron Collider [43] al CERN. Storicamente c è sempre stata complementarità tra collisori adronici e leptonici. Le macchine adroniche, permettendo l accesso a scale di energia più elevate, enfatizzano la possibilità di scoperta di nuova fisica, mentre le macchine leptoniche tendono ad avere una minore energia nel centro di massa ma eventi più puliti, ed offrono quindi l ambiente ideale dove effettuare misure di precisione. Le macchine adroniche hanno il vantaggio che i protoni possono essere accumulati

36 3 L esperimento CMS ad LHC in anelli circolari ed accelerati ad energie superiori al TeV, senza subire significative perdite d energia dovute all emissione di radiazione di sincrotrone. Hanno però lo svantaggio che se si usano gli antiprotoni è necessario prima produrli in numero elevato, facendo collidere un fascio a più bassa energia e ad alta intensità su un bersaglio fisso. Ciò può essere evitato realizzando acceleratori protone-protone, al costo di un secondo anello di magneti deflettori e di due tubi a vuoto per i fasci. Un altra peculiarità dei collisori adronici è che nell interazione l energia totale dei protoni (costituiti da quark e gluoni) non è concentrata in una singola collisione puntuale. Ne consegue che il quadrimpulso del centro di massa del sistema partonepartone non è noto. Questa caratteristica consente però di scansionare un ampio spettro di energia simultaneamente a partire da due fasci di protoni monoenergetici. Inoltre quark e gluoni sono particelle che interagiscono fortemente e, oltre il regime di libertà asintotica, frammentano e producono jet. A seguito dell interazione protone-protone viene quindi prodotto un gran numero di particelle a bassa energia, che si sovrappone al processo fisico principale, causando un evento finale più complicato rispetto ai collisori leptonici. 2.. L acceleratore LHC Il Large Hadron Collider, attualmente in costruzione presso i laboratori del CERN di Ginevra, sarà installato nel tunnel che sino al 2 ha ospitato il Large Electron-Positron Collider (LEP) [27]. Mentre l energia massima raggiunta da elettroni e positroni al LEP era dell ordine di GeV, limitata dalla perdita di energia per radiazione di sincrotrone, i protoni al LHC saranno accelerati sino all energia di 7 TeV e fatti collidere frontalmente in modo da produrre interazioni tra i fasci con energia del centro di massa s = 4 TeV. Questa macchina sarà in grado di accelerare anche fasci di ioni pesanti (Pb) all energia di 574 TeV, per studiare il deconfinamento quantistico nel plasma di quark e gluoni. In definitiva, il LHC sarà il più potente acceleratore di particelle mai costruito. Per raggiungere l energia nominale di 7 TeV è necessario che i fasci di protoni siano pre-accelerati dalle macchine già esistenti al CERN, che a tal fine verranno adattate e potenziate. In Fig. 2. è riportata una visione d insieme degli impianti di accelerazione del CERN. I protoni saranno accelerati sino a 5 MeV dall acceleratore lineare LINAC e quindi immessi nel BOOSTER che li porterà sino all energia di.4 GeV, prima di iniettarli nell anello di accumulazione del Proton Synchrotron (PS). Qui verranno accelerati sino a 25 GeV e poi iniettati nel Super Proton Synchrotron (SPS), che infine introdurrà nel LHC due fasci di protoni da 45 GeV. Il tunnel del LHC è lungo km, è composto da otto sezioni curvilinee (2.84 km) ed otto sezioni rettilinee, in quattro delle quali i fasci collideranno frontalmente. Nelle sezioni curvilinee i protoni saranno mantenuti in traiettoria da 232 dipoli magnetici, operanti alla temperatura dell elio superfluido

37 2. Il Large Hadron Collider 3 Figura 2.: Vista d insieme del complesso degli acceleratori del CERN. Sono indicate le traiettorie percorse da e ed e al LEP e dai protoni e ioni di Pb al LHC. (.9 K) e generanti un campo magnetico di 8 T. La stabilità del fascio sarà garantita da 386 quadrupoli, 36 sestupoli e 336 ottupoli. I tubi dei due fasci e i magneti superconduttori saranno inseriti in una singola struttura criogenica, di cui è riportata una vista schematica in Fig L accelerazione dei fasci sarà fornita nelle sezioni lineari da cavità superconduttrici a radiofrequenza (4 MHz), con campi elettrici da 3 sino a 6 MV m. In Tab. 2. sono riportate le principali caratteristiche del LHC. Ciascun fascio sarà diviso in 288 pacchetti (bunch), ognuno contenente protoni. Nei punti di interazione i due fasci saranno collimati al punto che la loro ampiezza nel piano perpendicolare alla direzione del fascio sarà circa σ x σ y 5 µm, con una dispersione longitudinale di circa 7.5 cm. La frequenza di collisione dei fasci sarà di 4 MHz. Oltre all energia nel centro di massa fornita dall acceleratore, una grandezza importante, che dipende solo dai parametri della macchina, è la luminosità L. Per due fasci che collidono a piccolo angolo (3 µrad), con i bunch dal profilo gaussiano nel piano trasverso, la luminosità è definita come [43]: L f n n 2 L 4πσ x σ y 2 T (2.) dove f è la frequenza di collisione dei due fasci, n e n 2 sono il numero di protoni per ciascun bunch. La luminosità è il fattore di proporzionalità che lega la sezione d urto (σ i ) di un processo ( i ) alla frequenza di produzione (R i ), secondo

38 32 L esperimento CMS ad LHC Figura 2.2: Sezione del criodipolo del LHC lungo 5 m. l espressione: R i L σ i (2.2) Il numero totale di eventi prodotti in un periodo di presa dati è dato da: N i σ i Ldt (2.3) dove la quantità Ldt è detta Luminosità Integrata, ed è misurata in barn inversi (b ). Per i primi tre anni di attività è prevista una luminosità di 2 33 cm 2 s corrispondente ad una luminosità integrata di 2 fb all anno. La luminosità sarà gradualmente aumentata sino al valore di progetto di 34 cm 2 s negli anni successivi. I due regimi di luminosità sono rispettivamente indicati come bassa luminosità e alta luminosità Requisiti sperimentali In Fig. 2.3 è riportata la sezione d urto di alcuni processi prodotti nelle collisioni protone-protone e protone-antiprotone, in funzione dell energia del centro di massa. Sono indicati i principali processi che saranno studiati ad LHC, nonché la sezione

39 2. Il Large Hadron Collider 33 Tabella 2.: Principali parametri tecnici del LHC. Circonferenza Massimo dipolo magnetico Temperatura del criostato km 8.33 T.9 K pp Pb Pb Energia del fascio all iniezione [TeV] Energia del fascio alla collisione [TeV] 7 574(2.76 ATeV) Luminosità massima [cm 2 s ] Numero di bunch Distanza dei bunch [cm] Separazione dei bunch [ns] Numero di particelle per bunch 8 7 Angolo di collisione [µrad ] 3 < Lunghezza del bunch (r.m.s.) [cm] Minima dimensione trasversa del fascio [µm] 5 5 Tempo di vita medio della luminosità [h] 4.2 Tempo di accumulazione di un anello [min] Energia persa per giro [kev] 7 Potenza totale irradiata per fascio [kw] 3.8 Energia immagazzinata per fascio [MJ] 35 d urto totale pp, che per s 4 TeV è stimata essere circa mb. Sul grafico sono anche mostrate le sezioni d urto misurate dai precedenti esperimenti. È indicativo notare che le sezioni d urto misurate all energia del Tevatron sono almeno un ordine di grandezza inferiori rispetto a quelle attese ad LHC. Allo stesso modo è importante sottolineare come la sezione d urto di produzione dell Higgs è minore di pb, e quindi è molti ordini di grandezza inferiore rispetto ad altri processi concorrenti (t t e b b). Le interazioni inelastiche, σ in 6 mb, possono essere distinte in due classi: collisioni periferiche e centrali. Al LHC la maggior parte delle collisioni tra i protoni saranno periferiche e produrranno solo un limitato trasferimento di energia, generando particelle con ampio impulso longitudinale e ridotto impulso trasverso (p T 5 MeV c). La diffusione ad ampi angoli sarà quindi sfavorita e la maggior parte delle particelle rimarrà confinato nella regione del tubo del fascio. Questo tipo di eventi è detto di Minimum Bias. Più raramente avverrano collisioni centrali tra i protoni, con un ampio trasferimento di energia e impulso. In questo caso il protone appare come un fascio di partoni aventi un ampio spettro di energia; la

40 34 L esperimento CMS ad LHC collisione avviene tra due partoni e determina la produzione di particelle d alta massa e con un elevato p T. Questi sono gli eventi di fisica che verranno cercati al LHC, e che saranno sommersi dagli eventi di Minimum Bias, molto più probabili (Fig. 2.3). Al LHC, ad alta luminosità, avverranno in media 7.2 collisioni ad ogni bunch crossing (3.4 a bassa luminosità), essenzialmente di Minimum Bias. È stato dunque necessario progettare dei rivelatori con elevata granularità al fine di discriminare il segnale delle particelle che attraversano contemporaneamente due regioni ravvicinate del sistema. Per ottenere in breve tempo una popolazione statistica ragionevole dei processi centrali, è necessaria un elevata luminosità, oltre che l alta energia del centro di massa. Ciò comporta però degli aspetti collaterali che devono essere considerati nella progettazione dell esperimento. Con una sezione d urto totale di mb, ad alta luminosità si avranno circa 9 interazioni al secondo, di cui solo un centinaio potrà essere acquisito, a causa dei limiti tecnologici nella velocità di scrittura dei dati e nella capienza dei supporti fissi. È quindi necessario ridurre la frazione di eventi accettati di circa 7 ordini di grandezza, utilizzando un sistema di trigger selettivo, che permetta la scrittura dei soli eventi di interesse. Al LHC, inoltre, le interazioni si susseguiranno alla frequenza di 4 MHz, per cui all arrivo di una nuova interazione pp le particelle della precedente interazione staranno ancora propagandosi nel rivelatore, causando una sovrapposizione dei segnali (pile-up). Infine questo ambiente particolarmente denso di particelle richiede che i rivelatori siano in grado di resistere all elevata dose di radiazioni che assorbiranno. I collisori adronici sono, dunque, la migliore via per esplorare le frontiere della fisica, ma richiedono la realizzazione di esperimenti che soddisfino stringenti requisiti. I rivelatori devono avere un elevata granularità, cioè un elevato numero di elementi sensibili per area unitaria, per risolvere i segnali di particelle distinte, e ridurre ad almeno. la probabilità che due particelle producano segnale sulla stessa cella sensibile, nel medesimo istante. Inoltre i rivelatori devono fornire una risposta veloce ed avere un elevata risoluzione temporale, per minimizzare gli effetti del pile-up e distinguere così gli eventi appartenenti a bunch crossing consecutivi. Altresì devono possedere una buona resistenza alle radiazioni, dato che saranno immersi in un elevato flusso di particelle, soprattutto nelle regioni più vicine alla linea dei fasci. Infine devono avere un sistema di trigger ed acquisizione veloce ed efficiente, in modo da selezionare solo gli eventi di interesse. Lungo il tunnel del LHC verranno installati quattro rivelatori (Fig. 2.4), progettati con diverse finalità: ALICE (A Large Ion Collider Experiment) [44] sarà dedicato allo studio del plasma di quark e gluoni nelle collisioni tra ioni pesanti, LHCb [45] studierà la fisica del quark b e la violazione di CP, CMS [46] e ATLAS (A Toroidal LHC ApparatuS) [47] avranno scopi generali, come sarà discusso nella successiva sezione.

41 2.2 Il rivelatore CMS 35 Fermilab CERN LHC σ tot UA4/5 E7 9 mb σ b b 7 (proton - proton) σ µ b nb σ (W ν) σ t t m = 75 GeV top UA/2 (p p) UA CDF, D (p p) Events / sec for = cm sec CDF, D (p p) - pb σ Higgs m = 5 GeV H -3 MAX σ BR γγ : mh= GeV.... s TeV SM σ BR 4l : mh=8 GeV ycpauss Figura 2.3: Sezioni d urto dei principali processi che hanno luogo nell interazione pp e pp, in funzione dell energia nel sistema del centro di massa [48]. 2.2 Il rivelatore CMS Il rivelatore CMS è stato progettato per permettere di rivelare il bosone di Higgs e dare indicazioni della presenza di nuova fisica sin dal periodo di bassa luminosità

42 36 L esperimento CMS ad LHC Figura 2.4: Rappresentazione del LHC e dei quattro esperimenti che saranno realizzati. del LHC. Molti dei processi cercati sono caratterizzati dall avere stati finali con leptoni ad alto impulso trasverso, jet adronici provenienti dalla frammentazione dei quark ed energia mancante; pertanto il rivelatore deve possedere i seguenti requisiti. Innanzitutto deve disporre di un sistema di rivelazione di muoni efficiente e ridondante. Questo ha portato alla realizzazione di uno spettrometro di muoni compatto, in campo magnetico di 4 T. Il rivelatore deve inoltre possedere un calorimetro elettromagnetico ad alta risoluzione energetica per l individuazione e la ricostruzione di elettroni e fotoni, e un sistema di tracciamento capace di ricostruire le tracce di elettroni e muoni ad alto p T, e di misurarne l isolamento dai jet adronici. Infine deve disporre di un calorimetro adronico ermetico, per rendere possibile la misura dell energia mancante (E miss T ) e la discriminazione degli sciami elettromagnetici da quelli adronici. Il rivelatore avrà geometria cilindrica coassiale alla direzione dei fasci, e sarà disposto lungo il tunnel di LHC in modo che le collisioni tra i bunch avvengano nel suo piano mediano. In Fig. 2.5 è riportata la vista tridimensionale di tutto il rivelatore; in Figg. 2.6 e 2.7 sono riportate le sezioni longitudinali e trasversali, con

43 2.2 Il rivelatore CMS 37 SUPERCONDUCTING COIL CALORIMETERS ECAL HCAL Scintillating PbWO4 crystals Plastic scintillator/brass sandwich IRON YOKE TRACKER Silicon Microstrips Pixels Total weight : 2,5 t Overall diameter : 5 m Overall length : 2.6 m Magnetic field : 4 Tesla MUON BARREL Drift Tube Resistive Plate Chambers (DT) Chambers (RPC) MUON ENDCAPS Cathode Strip Chambers (CSC) Resistive Plate Chambers (RPC) Figura 2.5: Vista schematica del rivelatore CMS al LHC. il dettaglio dei sotto-rivelatori e delle loro posizioni spaziali. Il rivelatore CMS è lungo 2 6 m, ha un diametro di 4 6 m e pesa circa 25 tonnellate. Il suo cuore è un solenoide superconduttore che genera un campo magnetico di 4 T parallelo alla direzione dei fasci, in modo da curvare le traiettorie delle particelle cariche prodotte, e renderne possibile la misura dell impulso. Al suo interno sono disposti il sistema tracciante, il calorimetro elettromagnetico (ECAL) e il calorimetro adronico (HCAL). Un giogo cilindrico di ferro dolce posto all esterno del solenoide costituirà il materiale di ritorno del campo magnetico. Tra gli strati di ferro dolce sono inserite le stazioni di muoni. Il sistema è chiuso ai due estremi (endcap) da strati di rivelatori disposti nel medesimo ordine della regione centrale (barrel): ciò garantisce la totale ermeticità dell intero apparato, ed un accettanza di quasi 4π (esclusa la regione della beam-pipe) Il magnete Il magnete [49] di CMS è realizzato con un solenoide superconduttore della lunghezza di 3 m e del diametro di 5.9 m. Il conduttore che costituisce l avvolgimento del solenoide consta di tre parti concentriche: un cavo centrale superconduttore di NiTb, uno stabilizzatore di alluminio ad elevata purezza e una guaina esterna in lega di alluminio che rende più resistente l intero conduttore. Il solenoide è inserito in un sistema criogenico alla temperatura dell elio liquido. Il campo magnetico all esterno del solenoide è confinato nel giogo di ferro dolce che racchiude il sistema. L intero sistema del magnete, il solenoide, il criostato, lo scudo

44 38 L esperimento CMS ad LHC 4.56 m 4.96 m 4.53 m.9 m.63 m.83 m 9.75 m m 7.24 m 6.66 m 6.45 m 5.68 m.86 m ME//3 6.6 m m.268 m C.M.S. Compact Muon Solenoid Longitudinal View HF/ YE/ movement with field on:.5 cm, distributed 4.95 m ME/4/ ME/4/2 ME/3/2 ME/2/2 HE/.8 m ME/3/ ME/2/ EB/ ME// YE/2 YE/3 ME//2 HB/.945 m CB/ EE/.23 % g Y Z η = 5.3 SE/ CMS - PARA- 3-4//97 PP /pg/hr SB/ m 3.9 m. m 7.43 m m η =.479 η =. η = η =.5 Field off movement with field on: cm YB/2/3 YB/2/2 MB/2/4 MB/2/3 MB/2/2 YB/2/ MB/2/.7 m Field off 2.7 m YB//3 YB//2 YB// MB//4 MB//3 MB//2 MB// Fig...2(color): Longitudinal view of one quadrant of the CMS detector. MB//4 YB//3 MB//3 YB//2 MB//2 YB// MB// 7.38 m 7. m m 4.2 m 2.95 m.29 m.44 m. m 3.8 m m.85 m m. m All dimensions are indicated with field off η = 2.4 η = 3. Figura 2.6: Vista longitudinale di un quarto dell esperimento CMS. I rivelatori e le parti passive sono indicate con un codice di due lettere: la prima lettera indica il sotto-rivelatore (S=Silicon tracker, E=Electromagnetic calorimeter, H=Hadron calorimeter, C=magnet Coil, Y=magnet iron Yoke, M=Muon chambers), la seconda si riferisce alla posizione occupata (B=Barrel, E=Endcap, F=Forward region).

45 2.2 Il rivelatore CMS 39 µ C.M.S. Compact Muon Solenoid Transversal View MB/Z/4/4 MB/Z/4/6 YB/Z/3/6 MB/Z/3/6 YB/Z/2/6 MB/Z/4/5 YB/Z/3/5 MB/Z/3/5 YB/Z/2/5 MB/Z/2/5 MB/Z/2/6 MB/Z//6 TC YB/Z//6 YB/Z//5 MB/Z//5 TC YB/Z/3/4 MB/Z/3/4 YB/Z/2/4 MB/Z/2/4 YB/Z//4 MB/Z//4 TC COIL HB EB YB/Z/2/3 MB/Z/2/3 YB/Z//3 MB/Z//3 TC MB/Z/4/3 YB/Z/3/3 MB/Z/3/3 MB/Z/4/2 YB/Z/3/2 MB/Z/3/2 YB/Z/2/2 MB/Z/2/2 YB/Z//2 MB/Z//2 TC MB/Z/4/7 YB/Z/3/7 MB/Z/3/7 YB/Z/2/7 MB/Z/2/7 YB/Z//7 MB/Z//7 TC MB/Z/4/ YB/Z/3/ MB/Z/3/ YB/Z/2/ MB/Z/2/ YB/Z// MB/Z// TC MB/Z/4/8 YB/Z/3/8 MB/Z/3/8 YB/Z/2/8 MB/Z/2/8 YRB/Z//8 MB/Z//8 TC MB/Z/4/9 YB/Z/3/9 MB/Z/3/9 YB/Z/2/9 MB/Z/2/9 YB/Z//9 MB/Z//9 TC MB/Z/3/ YB/Z/2/ MB/Z/2/ YB/Z// MB/Z// TC YB/Z/3/ MB/Z// TC MB/Z/2/ YB/Z// YB/Z/2/ MB/Z/3/ YB/Z/3/ MB/Z/4/ MB/Z//2 TC YB/Z//2 MB/Z/2/2 YB/Z/2/2 MB/Z/3/2 YB/Z/3/2 MB/Z/4/2 Z+ Y ϕ X Towards Center of LHC MB/Z/4/ Z = -2, -,,, 2 according to the Barrel wheel concerned Figura 2.7: Vista Fig. trasversale..3(color): Transversal di unaview regione of the CMS detector del barrel di CMS. I sotto-rivelatori sono indicati con lo stesso codice di due lettere di Fig I numeri individuano la posizione occupata nella direzione z. termico, costituiscono anche la struttura rigida di supporto per gli apparati collocati all interno del magnete Il sistema tracciante Il sistema tracciante di CMS [5, 5] è il rivelatore più vicino al punto di interazione primario. È stato concepito per ricostruire le particelle cariche ed i vertici di interazione, per identificare elettroni e muoni con l ausilio dei calorimetri e del

46 4 L esperimento CMS ad LHC Figura 2.8: Vista longitudinale di un quarto del sistema tracciante di CMS, comprensivo della struttura di supporto, dei cavi e dei servizi. sistema di muoni, e per individuare i vertici di decadimento dei mesoni B e del leptone τ. Il sistema tracciante ricopre un ruolo chiave nella ricerca del bosone di Higgs nei canali H b b e H ZZ 4l, nelle ricerche di supersimmetria e nello studio del Modello Standard (studio del quark top e della violazione di CP). Deve possedere elevata granularità e ottima risoluzione spaziale, per garantire la ricostruzione di tracce nella regione a più alta densità di radiazione di tutto CMS. A tal fine è stato organizzato in due differenti sistemi: rivelatori a pixel di silicio in prossimità del fascio (beam-pipe), e rivelatori al silicio a microstrisce nella restante regione (Fig. 2.8). Il suo volume attivo è un cilindro di raggio cm e lunghezza 54 cm. Il sistema tracciante permette di ricostruire tracce isolate ad alto impulso trasverso (p T 2 GeV c) con efficienza superiore al 98% e risoluzione pari a δp T nella regione centrale di η 6, che si riduce a δp T p T 5 p T GeV c 5 (2.4) p T 6 p T GeV c 5 (2.5) per η sino a 2.5. Il sistema tracciante sarà descritto con maggior dettaglio nel capitolo 3, dove verranno riportate le caratteristiche dei rivelatori al silicio, la loro disposizione nel volume di CMS, e le prestazioni del sistema di tracciamento. Il simbolo indica la somma in quadratura: a b c a 2 b 2 c 2.

47 2.2 Il rivelatore CMS 4 Figura 2.9: Vista longitudinale di un quarto del calorimetro elettromagnetico di CMS Il calorimetro elettromagnetico Il calorimetro elettromagnetico (ECAL) [52] ha la finalità di identificare elettroni e fotoni, e misurarne posizione ed energia, discriminandoli efficientemente dai pioni. Deve inoltre contribuire, in combinazione con il calorimetro adronico, alla misura dell energia delle particelle adroniche. L ECAL è un elemento essenziale per la ricerca del bosone di Higgs nei canali H γγ e H ZZ 2e2µ 4e. Dato che nella regione di massa M H 2 GeV c 2 l ampiezza naturale del bosone di Higgs è inferiore a GeV c 2, la risoluzione del rivelatore è il contributo dominante nella larghezza del picco di massa invariante ricostruito. È quindi essenziale che il calorimetro elettromagnetico abbia un eccellente risoluzione nella misura dell energia e una buona risoluzione spaziale. Per raggiungere questi obiettivi è stato progettato un calorimetro omogeneo ad elevata granularità, costituito da più di 8 cristalli di tungstanato di piombo (PbWO 4 ), un materiale resistente alle radiazioni e chimicamente inerte, quindi adatto alle estreme condizioni di lavoro del LHC. Inoltre il tungstanato di piombo è un materiale scintillante, con breve tempo di decadimento ( ns), che permette di raccogliere 85% della luce nei 25 ns successivi ad un bunch crossing. Il raggio di Molière contenuto (R M 2 9 mm) e la piccola lunghezza di radiazione (X 8 9 mm), permettono di contenere la cascata elettromagnetica in uno spazio limitato e quindi di poter realizzare un calorimetro compatto. In Fig. 2.9 è mostrata una sezione del calorimetro elettromagnetico. La regione del barrel, composta da 62 cristalli, copre l intervallo di η 48; negli endcap 2528 cristalli occupano la regione 65 η 3. I cristalli hanno forma

48 42 L esperimento CMS ad LHC trapezoidale con facce quadrate. Nel barrel sono lunghi 23 mm, per una lunghezza totale di radiazione di 25.8 X, ed hanno sezione di mm 2, pari al raggio di Molière. La granularità η ϕ è sufficientemente elevata per garantire la separazione π γ. La lettura è effettuata con fotodiodi a valanga che amplificano i piccoli segnali di luce prodotti nei cristalli e si prestano ad operare in un campo magnetico intenso. La granularità del calorimetro decresce con η, sino a raggiungere il valore di η ϕ 5 5 negli endcap, per η 3. Per migliorare la reiezione dei π nella regione degli endcap è utilizzato un preshower, collocato davanti ai cristalli e costituito da due piani di rivelatori a microstrisce al silicio interposti a due piani di piombo. In questa regione i cristalli sono più corti (22 mm) ed hanno una sezione maggiore mm 2. La loro lunghezza totale di radiazione è di 24.7 X, quindi leggermente inferiore rispetto a quella del barrel. Il contenimento della cascata elettromagnetica è comunque assicurato dalla presenza del preshower che introduce ulteriori tre lunghezze di radiazione. L alto livello di radiazione presente negli endcap non consente la lettura con fotodiodi al silicio, per cui vengono utilizzati dei fototriodi a vuoto. La risoluzione energetica del calorimetro può essere parametrizzata in tre termini indipendenti σ E E a E GeV b E GeV c (2.6) dove a, b e c sono rispettivamente il contributo stocastico, quello di rumore e quello costante di calibrazione. Il termine stocastico tiene conto delle fluttuazioni nel numero di processi elementari di fotoemissione; il termine di rumore è legato al rumore elettronico e agli effetti del pile-up; il termine costante è legato alle disuniformità nella raccolta di luce, agli errori di intercalibrazione tra i cristalli, alle imperfezioni geometriche. I valori attesi dei termini a, b e c sono rispettivamente 2.7%, 55 MeV e.55% nel barrel e 5.7%, 2 MeV,.55% negli endcap Il calorimetro adronico Il calorimetro adronico (HCAL) [53] è usato insieme con il calorimetro elettromagnetico per misurare l energia e la direzione dei jet, e l energia trasversa mancante, (E miss T ). A tal fine il rivelatore deve essere sufficientemente spesso da contenere completamente la cascata adronica, deve possedere una buona granularità nella direzione trasversa, ed essere completamente ermetico. Il calorimetro adronico consta di due sistemi (Fig. 2.): un calorimetro centrale ( η 3 ) collocato all interno del magnete, ed un calorimetro in avanti (HF) (3 η 5 ), che garantisce la completa ermeticità del rivelatore.

49 2.2 Il rivelatore CMS 43 Figura 2.: Vista longitudinale di un quarto del calorimetro adronico, suddiviso in barrel e endcap, collocati all interno del solenoide, il tailcatcher all esterno del magnete nella regione del barrel, e il calorimetro in avanti, alla distanza di m dal punto di interazione. 4 Il calorimetro centrale è suddiviso in un barrel ( η 4) e due endcap ( η 3 ). È un calorimetro a campionamento, fatto di strati di assorbitore spessi 5 cm alternati con strati attivi di scintillatore plastico dello spessore di 3.7 mm. Il segnale è letto attraverso delle fibre wavelength-shift. Essendo collocato all interno del magnete, non può essere realizzato in materiale ferromagnetico, per cui lo strato di assorbitore è d ottone. La granularità degli elementi attivi ( η ϕ 87 87) garantisce una buona separazione spaziale tra due jet. Il calorimetro centrale ha uno spessore che varia da 8.9 lunghezze di interazione (λ I ) nel barrel a λ I negli endcap. La regione del barrel non è sufficientemente spessa per contenere tutta la cascata adronica dei jet particolarmente energetici. Perciò all esterno del magnete viene aggiunto un calorimetro addizionale (detto tail-catcher ) che copre la regione di η 5. Il calorimetro in avanti è collocato all esterno del giogo di ritorno, alla distanza di m dal punto di interazione nominale, in una regione sottoposta all elevato flusso di particelle di minimum bias. È un calorimetro a campionamento, i cui elementi attivi sono fibre di quarzo alternate ad assorbitori di rame. Le fibre di quarzo emettono luce Čerenkov, convertita tramite convenzionali fotomoltiplicatori. Il rivelatore ha una granularità di η ϕ Con questa configurazione il calorimetro adronico di CMS fornisce una copertura sino ad η 5 con uno spessore equivalente ad almeno λ I. In base alle misure dei beam test, la risoluzione nella misura dell energia, combinata con

50 44 L esperimento CMS ad LHC l ECAL, è prevista essere: σ E E % E GeV 4 5% (2.7) Una sensibile riduzione della risoluzione è però attesa nella regione η 4, dove passano i cavi e i sistemi di servizio, a causa dell elevata quantità di materiale inattivo. Il calorimetro in avanti ha risoluzione sufficiente sia nella misura d energia di elettroni che di adroni per garantire una buona risoluzione nella misura di E miss T : σ E E 82% E GeV 9% adroni σ E E 38% E GeV 5% elettroni (2.8) Il sistema di muoni Il compito del sistema di muoni [54] è quello di identificarli e, insieme con il rivelatore di tracce, fornire un accurata misura del loro impulso. Esso deve inoltre fornire il segnale di trigger di primo livello per gli eventi con muoni ed avere un eccellente risoluzione temporale per distinguere due bunch crossing consecutivi. Il sistema di muoni è integrato nel giogo di ritorno del magnete. Sia nella regione del barrel che degli endcap è costituito da quattro strati attivi interposti a tre strati di ferro. In fig. 2. è riportato uno spaccato del sistema di muoni. Esso utilizza diversi sottosistemi per garantire la risoluzione spaziale ( µm) e temporale ( 2ns) desiderate. Nella regione del barrel, dove il flusso di muoni è basso ( Hz cm 2 ) sono utilizzati tubi a drift (DT), mentre nella regione degli endcap, dove il flusso di particelle è maggiore ( Hz cm 2 ) e il campo magnetico più intenso, vengono utilizzate le Cathode Strip Chamber, che forniscono in queste condizioni migliori prestazioni rispetto alle DT. Il sistema è completato dalle Resistive Plate Chamber (RPC), che hanno una limitata risoluzione spaziale, ma sono più veloci nella risposta ed hanno un eccellente risoluzione temporale (-2 ns). La regione del barrel si estende sino a η 3, ed è suddivisa in cinque segmenti. Ciascuna unità di rivelazione contiene 2 strati di DT, raggruppati in tre moduli di quattro strati ciascuno. Il primo e terzo modulo forniscono la misura di ϕ, mentre quello centrale la misura di z. La risoluzione spaziale dei DT è di 25 µm per tubo, per una risoluzione complessiva di ricostruzione dei segmenti di traccia di µm nel piano r ϕ e 5 µm in z. Con una risoluzione temporale di 5 ns ed un tempo di deriva di circa 4 ns, i DT sono sufficientemente veloci per fornire una prima misura dell impulso del muone nel tempo previsto dal Livello di trigger.

51 2.2 Il rivelatore CMS 45 R (cm) 8 7 Drift Tubes η=.8 η=.4 η=.2 RPC MB4 6 5 MB3 MB2 ME/3 ME2/2 ME3/2 ME4/2 4 MB 3 ME/2 ME2/ ME3/ ME4/ 2 ME/ CSC Z (cm) Figura 2.: Vista longitudinale di un quarto del sistema di muoni, costituito da drift tube (DT) e resistive plate chamber (RPC) nel barrel, da cathode strip chamber (CSC) e RPC negli endcap. Le CSC collocate negli endcap assicurano una copertura sino a η 2 4. Ad eccezione dello strato più interno, in cui i rivelatori sono disposti su tre anelli, gli altri tre strati sono costituiti da un disco interno di 8 rivelatori e un disco esterno di 36 rivelatori. Ciascuna CSC ha forma trapezoidale, ed è fatta con sei strati di fili anodici e piani catodici. Le CSC sono progettate per operare in un campo magnetico non uniforme che va da a 3 T, e fornire una misura della posizione con risoluzione di 75 µm nei due strati più interni, e 5 µm negli altri due. Con una risoluzione temporale di 6 ns contribuiscono all identificazione dei bunch crossing, fornendo una risposta nei tempi del Livello di trigger. Le RPC affiancano DT e CSC in ogni strato di rivelazione, eccetto il terzo layer del barrel. Ciascuna camera è costituita da due piani di bachelite distanti qualche mm e ricoperti da uno strato di grafite. Sulla superficie esterna dei piani sono collocate le strisce di lettura in alluminio, isolate dalla bachelite con una pellicola in materiale plastico. Le RPC sono riempite con una miscela gassosa al 95% di freon e al 4.5% di isobutano e.5% di SF 6 [55], ed operano nel regime di scarica a valanga.

52 3% 46 L esperimento CMS ad LHC K&LM:ONP > ABC = =& $&%('*)*+,.- / 2 - 8#9& :<;9; = E=? =GF HI LOUVEW? ;& :D %7 / 2 - "!# Figura 2.2: Sistema di trigger e DAQ di CMS. È mostrato il flusso dei dati attraverso i vari livelli di trigger. Sulla destra, per ogni livello di selezione è indicata la frequenza dei dati trasmessi allo stadio successivo dell acquisizione. L efficienza del sistema di muoni è migliore del 9% per tracce di impulso inferiore a GeV c. La risoluzione intrinseca nella misura di p T è p T p T 6 per p T GeV c, a seconda della pseudorapidità della traccia, e migliora sino al -6% se si combina l informazione dei rivelatori di muoni con quella del sistema tracciante Il sistema di trigger Alla luminosità del LHC, la frazione di eventi prodotti al secondo sarà di circa 9 Hz, di cui solo una piccola parte sarà costituita dagli eventi di interesse per gli obiettivi di fisica che l esperimento CMS si propone di raggiungere. Dato che la dimensione dei dati relativi ad un evento e già zero soppressi 2, è dell ordine di MB, risulta improponibile, con le tecnologie attuali, poter scrivere su disco più di eventi al secondo. È quindi necessario eseguire una selezione on-line degli eventi interessanti, che abbia elevata efficienza e potere di reiezione degli eventi di fondo. La procedura di selezione/reiezione degli eventi è organizzata in varie fasi successive (livelli di trigger), via via più accurate, che accedono solo ad una parte dell informazione acquisita dal rivelatore CMS. Si possono distinguere due livelli principali: il Livello- di trigger (Lvl-) e l High-Level Trigger (HLT) (Fig. 2.2). 2 La soppressione degli zeri (o zero-suppression) è un metodo di discriminazione a soglia che permette di ridurre il volume di dati acquisiti in un evento. L informazione relativa a ciascun canale di lettura è acquisita solo se il segnale elettronico del canale stesso è superiore ad una predefinita soglia.

53 2.2 Il rivelatore CMS 47 Figura 2.3: Struttura del Livello- di trigger, suddiviso in tre sottosistemi: il trigger calorimetrico (ECAL, HCAL, HF), quello di muoni (RPC, DT, CSC) e quello globale (Global Trigger). Livello- di Trigger Gli eventi prodotti nelle interazioni pp ogni 25 ns (4 MHz), sono filtrati dal Livello- (Lvl-) [56] in modo che la frequenza degli eventi accettati e trasmessi al HLT sia ridotta a Hz. Il Lvl- è implementato con hardware dedicato e programmabile (ASIC e FPGA) e prende la decisione di selezione/reiezione dell evento ad ogni bunch crossing, praticamente privo di tempi morti. Questo requisito è raggiungibile utilizzando un architettura sincrona di unità d elaborazione organizzate in sequenza. Ad ogni bunch crossing, un elemento della catena di elaborazione passa i suoi risultati all elemento successivo, e riceve dal precedente i dati di un nuovo evento. La decisione di Lvl- è presa entro 3.2 µs; nel frattempo i dati di tutti i rivelatori sono immagazzinati in memorie dedicate (pipeline) in attesa dell eventuale segnale positivo di trigger. Il periodo di 3.2 µs include anche il tempo necessario per trasmettere i dati dai rivelatori alla sala di controllo (attraverso cavi lunghi 9 m) e nel caso dei tubi a deriva del sistema di muoni, comprende anche il tempo di deriva di 4 ns. Per cui il tempo effettivo disponibile per l elaborazione dell informazione è inferiore a µs. Alla partenza del LHC, in condizioni di bassa luminosità, la frequenza di eventi che saranno selezionati è di 5 khz, e sale a khz in condizioni di alta luminosità. Solo un terzo della banda sarà effettivamente allocato, 6 khz e 33.5 khz rispettivamente a bassa e alta luminosità, mentre la restante parte

54 48 L esperimento CMS ad LHC Tabella 2.2: Requisiti del Livello- di trigger in condizioni di bassa [alta] luminosità. Sono riportate le soglie di trigger e la banda allocata per ciascuno degli oggetti fisici ricostruiti. Le soglie indicate corrispondono al 95% di efficienza di selezione [57]. Trigger Threshold Rate Cumulative Rate (GeV or GeV c) (khz) (khz) Inclusive isolated electron/photon 29 [34] 3.3 [6.5] 3.3 [6.5] Di-electrons/di-photons 7 [9].3 [3.3] 4.3 [9.4] Inclusive isolated muon 4 [2] 2.7 [6.2] 7. [5.6] Di-muons 3 [5].9 [.7] 7.9 [7.3] Single tau-jet trigger 86 [] 2.2 [5.3]. [22.6] Two tau-jets 59 [67]. [3.6].9 [25.] -jet, 3-jets, 4-jets 77, 86, [25,,95] [3.] [26.7] miss Jet * E T 88 * 46 [3 * 7] 2.3 [4.5] 4.3 [3.4] Electron * Jet 2 * 45 [25 * 52].8 [.3] 5. [3.7] Muons * Jet [5 * 4] [.8] 6. [32.5] Minimum-bias (calibration).9 [.] [32.5] TOTAL 6. [33.5] costituisce il margine di sicurezza per tener conto delle incertezze sistematiche nella simulazione e sul valore delle sezioni d urto attese. Il Lvl- accede ai dati dei calorimetri e del sistema di muoni, per ricostruire elettroni, fotoni, jet e muoni; esso è diviso in tre sottosistemi: il trigger calorimetrico, il trigger di muoni e il trigger globale (Fig. 2.3). I primi due hanno la funzione di individuare gli oggetti fisici, mentre il terzo effettua la selezione dell evento. Il Lvl- calorimetrico è così strutturato: l informazione delle torri calorimetriche (ECAL, HCAL e HF) è elaborata da un Regional Calorimeter Trigger che ricostruisce jet, leptoni e fotoni e li trasmette al Global Calorimeter Trigger. Allo stesso modo, nel trigger di muoni, le informazioni di DT, CSC e RPC sono combinate in un unico Global Muon Trigger. Il Global Trigger seleziona gli eventi esaminando sino a 28 diverse condizioni di trigger, in cui sono definite non solo le soglie di selezione per le quantità misurate, ma anche requisiti topologici e correlazioni tra gli oggetti ricostruiti. In Tab. 2.2 sono riportate le soglie di selezione (p T o E T ) e la banda allocata per ciascuno degli oggetti fisici ricostruiti al Lvl-, nello scenario di bassa e alta luminosità. Le soglie indicate corrispondono al valore del p T ed E T a livello di generatore in corrispondenza del quale si ha il 95% di efficienza di selezione degli oggetti ricostruiti.

55 2.2 Il rivelatore CMS 49 High-Level Trigger (HLT) L HLT [57] è il secondo passo della catena di trigger, concepito per ridurre il numero di eventi selezionati dai khz del Livello- ad una frequenza finale dell ordine di Hz. Il codice dell HLT, eseguito su una farm di processori commerciali, ricostruisce e seleziona gli oggetti fisici accedendo all informazione prodotta da tutti i rivelatori, con la massima granularità. Gli oggetti fisici sono elettroni e fotoni, muoni, jet adronici, energia mancante e tagged-jet, la cui selezione/reiezione consente di raggiungere la frequenza finale di eventi selezionati al secondo. Il flusso dei dati provenienti dall elettronica di front end è controllato da un event builder switching network (Fig. 2.2) che assembla e distribuisce l evento completo ai nodi della farm per mezzo di protocolli asincroni. La rete di switch ha un ampiezza di banda di Tbit/s. La scelta di eseguire l HLT su una farm di singoli processori permette di disegnare un sistema di trigger con la massima flessibilità e modularità, poiché non vi sono limitazioni architetturali oltre che l ampiezza di banda massima e il tempo di CPU necessario per elaborare i dati. In un ambiente completamente programmabile è possibile modificare gli algoritmi per adattarli ad eventuali condizioni sperimentali non previste, o alla selezione di un particolare canale di fisica. L HLT è stato progettato per realizzare il programma di fisica di CMS con la massima efficienza. Allo stesso tempo, la selezione degli eventi deve essere inclusiva, per selezionare anche nuovi fenomeni inattesi, e non deve dipendere fortemente dalla conoscenza delle costanti di calibrazione o dalle condizioni sperimentali. Gli eventi selezionati devono poter essere etichettati (tag) per risalire alle condizioni che hanno soddisfatto la selezione. Per minimizzare il tempo di elaborazione dei dati di un singolo evento sono state adottate varie strategie. Innanzitutto la ricostruzione e selezione è strutturata in una catena di livelli di trigger virtuali, basati su algoritmi di complessità crescente: il Livello-2 utilizza solo l informazione dei calorimetri e del sistema di muoni; nel Livello-2.5 viene aggiunta l informazione dei rivelatori a pixel, e nel Livello-3 si accede all informazione di tutto il tracker. In questo modo, i processi di fondo possono essere scartati rapidamente, senza dover prima ricostruire l intero evento. Altre strategie adottate per limitare il tempo di CPU sono la ricostruzione on demand e la ricostruzione regionale, per cui un particolare oggetto fisico viene ricostruito solo se necessario, e solo nella regione di interesse individuata dalla selezione del precedente livello di trigger. In Tab. 2.3 sono riportate varie informazioni sullo stadio di HLT: gli oggetti fisici ricostruiti, le soglie sul p T applicate per la selezione, la frequenza di eventi selezionati, il tempo di CPU richiesto per l analisi di un evento con un processore Pentium-III a GHz, la frazione di eventi che supera il Livello- ogni secondo. I valori sono riferiti allo scenario a bassa luminosità dei primi anni del LHC. Dalla

56 5 L esperimento CMS ad LHC Tabella 2.3: Requisiti del HLT in condizioni di bassa luminosità (2 33 cm 2 s ), per i vari oggetti ricostruiti. Sono riportate le soglie di trigger, la frequenza di eventi selezionati, il tempo di CPU necessario per analizzare un evento e il numero di eventi che devono essere elaborati al secondo dal HLT [57]. CPU time per Trigger HLT Threshold HLT Rate Lvl- event Lvl- Rate (GeV or GeV c) (Hz) (ms) (khz) e, 2e 29, 7 33, γ 2γ 8, (4,25) 4, 5 µ 2µ 9, 7 25, τ 2τ 86, 59 3, 3 3. jet E miss T , 3, 4 jets 657, 247, 3 9 e jet Inclusive b jets tabella risulta che il tempo medio necessario per analizzare un evento è di 27 ms, per cui la farm deve consistere di almeno 5 processori Pentium-III al fine di sostenere senza inefficienze la frequenza di 5 khz di eventi che passano il Livello-. Secondo la legge di Moore [58], la potenza dei processori raddoppia ogni 6 mesi, quindi alla partenza del LHC i processori saranno otto volte più potenti rispetto ad un Pentium-III, e la farm richiederà 2 CPU per adempiere ai medesimi compiti.

57 Capitolo 3 Il sistema di tracciamento di CMS Il rivelatore CMS è stato progettato per fornire chiara evidenza di eventi di nuova fisica ad LHC identificando e misurando con precisione muoni, elettroni, fotoni e jet. L esperienza alle precedenti macchine adroniche ha mostrato che un affidabile sistema di tracciamento in campo magnetico contribuisce a raggiungere questi obiettivi. In questo capitolo viene descritto in dettaglio il sistema di tracciamento (tracker) di CMS. Nella prima parte sono esaminati i requisiti che deve soddisfare e le scelte tecnologiche che hanno portato alla sua realizzazione. Nei successivi paragrafi sono descritti i sottosistemi di cui è composto, ed in particolare il sistema di tracciamento a microstrisce, alla cui realizzazione e validazione ho contribuito attraverso l analisi di beam test dedicati, oggetto del capitolo seguente. 3. Obiettivi di fisica Per realizzare gli studi di fisica in programma ad LHC è fondamentale che il rivelatore disponga di un robusto sistema di tracciamento con cui misurare accuratamente l impulso delle tracce cariche che attraversano il rivelatore, e poi risalire alle proprietà di eventuali risonanze prodotte nei processi intermedi. Una buona ricostruzione di traccia permette, inoltre, di definire la topologia degli eventi. Ad esempio, l individuazione della traccia di leptoni isolati ad alto p T è un importante metodo di selezione dei diversi modi di decadimento del bosone di Higgs. Inoltre questi eventi possono essere efficacemente discriminati da eventi di fondo in cui il leptone non è isolato, se si adotta un criterio di isolamento basato sull informazione del tracker. Ancora, lo studio della fisica del B richiede l identificazione (tagging) dei jet di b, ottenuta ricostruendo i vertici secondari o misurando il parametro d impatto delle tracce rispetto al vertice di interazione primario. Anche la risoluzione nella misura d impulso dei muoni

58 52 Il sistema di tracciamento di CMS migliora notevolmente quando l informazione del tracker viene aggiunta a quella del sistema dei µ. Infine, l uso congiunto del tracker con i calorimetri consente di identificare elettroni e fotoni e di discriminarli da eventi adronici ricostruiti erroneamente come elettroni dal calorimetro. Le figure di merito con cui viene valutata la bontà di un sistema tracciante sono da una parte l efficienza e la purezza nella ricostruzione di traccia, dall altra la risoluzione sulla misura d impulso e della posizione dei vertici primari e secondari. Una buona risoluzione d impulso è garantita dall uso di rivelatori con elevata granularità, l efficienza e la purezza richiedono molti punti per traccia, quindi molti piani di rivelazione. D altro canto la quantità di materiale introdotto nella regione di tracciamento (material budget) deve essere mantenuta quanto più bassa possibile, al fine di minimizzare la perdita di informazione causata da interazioni adroniche secondarie, conversione di fotoni ed emissione di radiazione di bremsstrahlung da parte di elettroni. Il sistema tracciante deve avere anche una buona risoluzione temporale al fine di distinguere gli eventi prodotti nei differenti bunch crossing che ad LHC si susseguono alla frequenza di 4 MHz. Infine i rivelatori con cui è realizzato il tracker devono essere resistenti all elevata dose di radiazioni che assorbiranno a causa delle particelle secondarie prodotte nell interazione pp e dei neutroni di albedo generati dal calorimetro elettromagnetico. 3.2 Il layout del tracker di CMS Per soddisfare i requisiti richiesti, il sistema tracciante di CMS è stato progettato interamente con sensori al silicio [5]. I rivelatori al silicio sono dispositivi eccellenti per la misura di posizione, poiché hanno un eccellente risoluzione spaziale (sino a µm) e tempi di risposta abbastanza brevi ( ns). La lunghezza di radiazione relativamente grande (X 9 8 cm) e l ottima tolleranza alle alte dosi di radiazione li rende adatti alle condizioni ambientali in cui sarà immerso il tracker. La semplificazione delle tecniche di fabbricazione e la riduzione dei costi di produzione ne hanno da tempo decretato la diffusione negli esperimenti di fisica delle alte energie. Un sensore di silicio per la rivelazione di particelle cariche è essenzialmente un diodo planare, realizzato con un substrato di silicio di tipo n (p) sulla cui superficie sono impiantate delle regioni di tipo p (n ) opportunamente segmentate e connesse ad elettrodi. Il principio di funzionamento è basato sulle proprietà della giunzione pn polarizzata inversamente ad una tensione tale da ottenere il completo svuotamento del substrato. Al passaggio di una particella ionizzante, le coppie elettrone/lacuna prodotte nel substrato migrano agli estremi della giunzione, sotto

59 3.2 Il layout del tracker di CMS 53 l azione del campo elettrico presente nella regione di svuotamento e inducono un segnale elettrico sugli elettrodi vicini al punto di passaggio della particella. I sensori devono essere sottili, dell ordine di qualche centinaio di µm, per ridurre al massimo il contributo al material budget e il rumore termico del rivelatore. Allo stesso tempo, la quantità di carica prodotta al passaggio di una particella ionizzante dipende dallo spessore del rivelatore. Ad esempio, in un sensore di 3 µm di spessore, attraversato da una particella al minimo di ionizzazione, sono generate circa 24 coppie elettrone/lacuna. I dispositivi al silicio richiedono, dunque, un elettronica di lettura molto sensibile e di basso rumore per rivelare i piccoli segnali prodotti. In base alla geometria delle impiantazioni il rivelatore permette di misurare un diverso numero di coordinate del punto di passaggio della particella. Nei rivelatori a pixel le impiantazioni hanno forma rettangolare e permettono di ricostruire entrambe le coordinate nel piano del sensore, a cui si aggiunge la terza coordinata data dalla posizione del rivelatore stesso. I rivelatori a pixel forniscono quindi la posizione tridimensionale del punto di passaggio della particella. Nei rivelatori a microstrisce le impiantazioni hanno la forma di lunghe strisce parallele. Questi rivelatori permettono di ricostruire due coordinate, una attraverso la posizione delle strisce su cui è indotto il segnale, l altra attraverso la posizione del rivelatore stesso. Il sistema tracciante di CMS ha simmetria cilindrica intorno alla linea del fascio, e occupa la regione di raggio cm e lunghezza 54 cm. I rivelatori sono disposti su strati (layer) cilindrici nella regione del barrel e in dischi nella regione degli endcap. Nella regione più interna (r cm e z 47 cm) sono disposti i rivelatori a pixel, la restante parte del tracker è equipaggiata con rivelatori a microstrisce. Il material budget introdotto dal sistema tracciante è stato calcolato attraverso una dettagliata simulazione del sistema tracciante, che include non solo gli elementi sensibili, ma anche l elettronica di lettura, il supporto ed i servizi (raffreddamento e cavi). In Fig. 3. è riportata la distribuzione del material budget espresso in termini di lunghezze di radiazione (a) e d interazione nucleare (b), in funzione di η. Il material budget è maggiore nella regione di transizione tra barrel e endcap in cui passano i cavi ed i servizi che connettono il tracker con l esterno. Questi rivelatori devono inoltre resistere, nei anni di presa dati di LHC, ad una fluenza equivalente di 4 neutroni di un MeV per cm 2. L alto livello di radiazione cui sono sottoposti crea nei cristalli di silicio sia danni a livello degli strati superficiali del cristallo, sia a livello della struttura reticolare del substrato. I danni di superficie sono dovuti all accumulo di cariche positive, prodotte dalla radiazione ionizzante, nello strato di ossido che ricopre il cristallo. Queste cariche attraggono cariche negative sulla superficie del sensore, nella regione tra le strisce, aumentandone così l accoppiamento capacitivo e, di conseguenza, il rumore elettronico del sistema. Il danno prodotto al substrato del rivelatore è causato dal dislocamento degli ioni di silicio dalle loro posizioni reticolari, a seguito dell urto

60 54 Il sistema di tracciamento di CMS Figura 3.: Material budget nella regione del tracker, in funzione della pseudorapidità, per le differenti componenti del tracker. Il material budget è espresso in unità di lunghezza di radiazione (a) e d interazione nucleare (b). con le particelle incidenti. Lo spostamento degli ioni distrugge la simmetria del cristallo e porta alla formazione di nuovi livelli energetici nella banda proibita. Questi livelli causano l aumento della corrente di perdita del sensore ed anche la diminuzione dell efficienza di raccolta della carica poiché divengono dei centri di intrappolamento delle cariche prodotte nel sensore. Infine il dislocamento ha lo stesso effetto del drogaggio con impurità di tipo p, ed ha effetto sull estensione della regione di svuotamento e sulle tensioni necessarie per svuotare completamente il rivelatore. Il processo può essere ridotto mantenendo i sensori a temperature inferiori a C. Per garantire nel tempo prestazioni accettabili il tracker di CMS opererà alla temperatura di - C, polarizzato ad una tensione sino a due, tre volte superiore a quella minima necessaria per lo svuotamento completo del sensore. 3.3 Il rivelatore a pixel Il rivelatore di vertice è fondamentale per la ricostruzione di vertici primari e secondari attraverso cui individuare le particelle a lunga vita media (τ, b-jet) e discriminarle dall elevato fondo di jet di gluoni e quark leggeri. Perché il b (τ)-tagging dei jet sia efficiente i dispositivi di tracciamento devono essere collocati quanto più vicino possibile al vertice di interazione primario. Data l elevata densità di particelle presente in prossimità del vertice primario è

61 3.3 Il rivelatore a pixel 55 Figura 3.2: Vista prospettica del sistema di rivelazione a pixel. importante che i rivelatori deputati alla ricostruzione siano ad alta risoluzione e misurino tutte e tre le coordinate del punto di passaggio delle particelle. Al fine di soddisfare questi requisiti il rivelatore di vertice è realizzato con dispositivi a pixel. Esso copre la regione di η 2 4 e deve fornire almeno due hit per le tracce di pseudorapidità η 2 2. È suddiviso in tre layer nel barrel, chiusi da due dischi per parte. I layer sono lunghi 53 cm e sono posizionati ad una distanza radiale dalla linea del fascio rispettivamente di 4.4, 7.3 e.2 cm. I dischi sono collocati a z 34 5 cm e 46.5 cm, ed hanno rispettivamente raggio di 6 e 5 cm. Nella fase iniziale dell esperimento, a bassa luminosità, il rivelatore di vertice sarà costituito di soli due layer nel barrel e un disco per ciascun end-cap. Una vista prospettica del sistema di rivelazione a pixel è mostrata in Fig Ciascuno strato è composto da unità di rivelazione modulari. Un modulo consiste di un sensore di silicio e dei chip di lettura, connessi a ciascun pixel attraverso una tecnica di incollaggio detta bump bonding. Uno schema di un elemento del rivelatore a pixel è mostrata in Fig Il sensore è costituito da un cristallo di silicio di tipo n dello spessore di 25 µm. Su un lato è impiantato uno strato continuo di tipo p per la polarizzazione del sensore, sul lato di lettura è presente l impiantazione n segmentata in pixel di forma rettangolare, di dimensioni 5 µm 2. Ciascun pixel è coperto da una metallizzazione seguita da uno strato isolante su cui è presente una protuberanza per la saldatura a pressione dell elettronica. Ciascun pixel è letto da una Pixel Unit Cell (PUC), integrata nel chip di lettura, e saldata direttamente al pixel attraverso la saldatura a pressione. Un singolo chip legge 46 pixel attraverso altrettante PUC disposte su una griglia di

62 56 Il sistema di tracciamento di CMS Figura 3.3: Schema di un elemento del rivelatore a pixel. 52 colonne per 8 righe. Dato che viene utilizzata un unica geometria di chip per tutti i moduli, la minima ampiezza dei pixel è dettata dall area minima di ciascuna PUC. La lettura dei pixel è analogica, ma per gestire l elevato numero di canali dell intero sistema ( ) la zero-suppression è applicata già nell elettronica di front end, al fine di ridurre il volume di dati ad una dimensione ragionevole. Ciascuna PUC produce due tipi di segnale. Oltre al segnale analogico della carica raccolta, opportunamente formato e amplificato, viene prodotto un segnale logico ogni volta che la carica raccolta dal pixel supera una soglia regolabile. Per ridurre il numero di canali da leggere, le colonne di pixel del chip sono lette a coppie da una fila di circuiti periferici posti ad un estremo del chip. Il segnale logico notifica al circuito periferico l avvenuta risposta di almeno un pixel nella coppia di colonne, ed avvia la memorizzazione di tutti i segnali analogici sopra soglia e della posizione dei relativi pixel in un buffer di dati. In caso di risposta positiva del Livello di trigger i dati sono trasferiti attraverso una linea ottica analogica all unità di digitizzazione posta in sala conteggio. Sebbene le dimensioni dei pixel siano 5 µm 2, è possibile migliorare di molto la risoluzione del rivelatore sfruttando la divisione di carica tra pixel adiacenti e la lettura analogica per interpolare la posizione tra i pixel che ne hanno raccolto il segnale. La divisione di carica è enfasizzata dalla presenza del campo magnetico di 4 T, che causa un ampio angolo di Lorentz nel moto di deriva dei portatori di carica. Per gli elettroni tale angolo è tre volte maggiore rispetto a quello delle lacune: ai fini della risoluzione, quindi, è meglio raccogliere il segnale indotto dagli elettroni. Per questo motivo è l impiantazione n ad essere segmentata in pixel. La divisione di

63 3.4 Il rivelatore al silicio a microstrisce (SST) 57 Figura 3.4: Schema di un quarto della sezione longitudinale del SST. carica è favorita lungo la vista perpendicolare al campo magnetico. Così nel barrel, l angolo di Lorentz nella direzione rϕ è 26 [59], e consente di raggiungere una risoluzione di 5 µm. Nella direzione z la divisione di carica, presente per tracce inclinate, consente di ottenere una risoluzione simile. Nella regione dei dischi, la divisione di carica nelle due direzioni r e rϕ è ottenuta ruotando i rivelatori di un angolo di 2 intorno al loro asse radiale. Sebbene la divisione di carica sia minore rispetto alla regione del barrel, è prevista una risoluzione di 5 µm per entrambe le coordinate alla partenza di LHC, ed una degradazione a circa 2 µm a causa dei danni da radiazione. 3.4 Il rivelatore al silicio a microstrisce (SST) Con un area totale di 2 m 2 e più di 5 moduli a singola faccia il Silicon Strip Tracker (SST) di CMS sarà il più grande rivelatore al silicio a microstrisce mai costruito. Esso occupa la regione del sistema tracciante di raggio compreso tra 2 e cm per una lunghezza di 54 cm e fornisce una copertura in η sino a 2.4. In Fig. 3.4 è mostrato un quarto della sezione longitudinale del SST. Esso è diviso in quattro sottosistemi: Tracker Inner Barrel (TIB), Tracker Inner Disk (TID), Tracker Outer Barrel (TOB) e Tracker End Caps (TEC). Il TIB è costituito da quattro layer cilindrici concentrici; chiusi su ciascun lato da tre dischi del TID. Sei strati cilindrici del TOB circondano TIB e TID, e 8 dischi del TEC (nove per ciascun lato) chiudono la struttura su entrambi i lati del barrel. I dischi del TID e TEC sono divisi rispettivamente in tre e sette anelli. La più semplice unità di rivelazione completa del SST è chiamata modulo (Fig. 3.5), ed è costituita da un supporto in fibra di carbonio (frame), da uno o due sensori a singola faccia e dall elettronica di front end, detta ibrido per le diverse tecnologie adottate nell integrazione dei dispositivi elettronici. Sul frame

64 58 Il sistema di tracciamento di CMS Figura 3.5: Sezione trasversale di un sensore a microstrisce di CMS. sono incollati e allineati il sensore e l ibrido. La linea di tensione per polarizzare i sensori viene portata da un sottile circuito in Kapton, anch esso incollato sul frame. Le strisce del sensore sono connesse agli ingressi dei chip di lettura tramite un adattatore di passo. Ciascun chip contiene 28 ingressi analogici, per cui il numero di chip alloggiati sull ibrido di lettura è di quattro o sei in relazione al numero di strisce del sensore. I moduli sono diversi in forma e dimensioni a seconda della regione del SST in cui devono essere installati. Nel barrel hanno forma rettangolare con le strisce parallele alla direzione del fascio, in modo da misurare la coordinata ϕ nel piano del sensore. Negli end cap hanno forma trapezoidale per consentire la misura di ϕ attraverso la disposizione radiale delle strisce. In Fig. 3.6 sono mostrati tre moduli completamente assemblati del SST, rispettivamente un TIB (in alto), un TOB (al centro) ed un TEC (in basso). I moduli del TIB, del TID, e dei quattro anelli più interni del TEC hanno spessore di 32 µm, e sono realizzati con un unico sensore. I moduli del TOB e degli ultimi tre anelli del TEC, avendo superficie maggiore rispetto agli altri moduli, sono realizzati con due sensori. I sensori vengono incollati sul frame in modo che le strisce dell uno siano la naturale continuazione di quelle dell altro. Le strisce corrispondenti vengono quindi saldate tra loro. In questo modo si copre la regione più ampia con strisce più lunghe (sino a 2 cm) e si riduce il numero di canali di lettura. L uso di strisce più lunghe causa, però, un aumento del rumore del sensore, compensato dallo spessore maggiore dei sensori impiegati (5 µm) che consente la formazione di un numero maggiore di coppie elettrone-lacuna. I primi due layer del TIB e del TOB, i primi due anelli del TID, e il primo, il secondo e il quinto anello del TEC, montano moduli a doppia faccia, realizzati incollando due moduli a singola faccia back-to-back sullo stesso supporto. I moduli sono ruotati di mrad l uno rispetto all altro. Questa configurazione permette di

65 3.4 Il rivelatore al silicio a microstrisce (SST) 59 Figura 3.6: I moduli TIB (in alto), TOB (al centro) e TEC (in basso) del SST. misurare la seconda coordinata nel piano di rivelazione: z nel barrel e r negli end cap. In Tab. 3. sono riportate le principali caratteristiche geometriche dei moduli del SST. I sensori del SST sono realizzati impiantando le microstrisce di tipo p su un substrato di tipo n a bassa resistività (ρ 2 4 kωcm) tagliato con l orientazione dei piani cristallini <> [5]. Questo tipo di sensore ha migliori prestazioni in condizioni di intenso e prolungato irraggiamento, rispetto a quelli ad alta resistività

66 6 Il sistema di tracciamento di CMS Tabella 3.: Principali caratteristiche geometriche dei moduli del SST. detectors thickness [µm] pitch [µm] strips per sensor TIB /8 52/768 TOB /83 52/768 TID /28/43 52/768 TEC /26/28/43 52/768 TEC /58/83 52/768 Figura 3.7: Sezione trasversale di un sensore a microstrisce di CMS. ed orientazione <>. Infatti nei rivelatori a bassa resistività l inversione di popolazione del substrato avviene dopo una più lunga esposizione alle radiazioni, e dopo l inversione le tensioni di polarizzazione sono più basse, a parità di fluenza, che nei rivelatori ad alta resistività. L orientazione <> limita il danno di superficie, poiché si riduce il numero di cariche intrappolate nell ossido. In Fig. 3.7 è mostrata una sezione trasversale di un sensore a microstrisce di CMS. Sul lato della giunzione, tra le impiantazioni p e gli elettrodi di alluminio, viene depositato un sottile strato di dielettrico (SiO 2 e Si 3 N 4 ) che disaccoppia l elettronica di lettura dalla corrente di saturazione inversa del sensore. Le strisce di alluminio sono più ampie delle impiantazioni p al fine di ridurre la possibilità di breakdown. Tutta la superficie del sensore è delimitata da due impiantazioni p concentriche. Quella interna (bias ring) è la linea di polarizzazione delle strisce, attraverso le resistenze di polisilicio di.5 MΩ impiantate nel substrato. L anello esterno (guard ring) è introdotto per limitare gli effetti delle correnti di bordo. Sul lato opposto del sensore, l impiantazione uniforme di tipo n permette la formazione di un contatto ohmico con l elettrodo di alluminio, attraverso cui il sensore viene polarizzato inversamente. L impiantazione n impedisce l iniezione nel sensore di carica proveniente dall elettrodo.

67 3.5 Il sistema di lettura 6 Figura 3.8: Diagramma a blocchi di un canale dell APV Il sistema di lettura Il sistema di lettura ha la funzione di amplificare, formare ed acquisire i segnali provenienti dai rivelatori, con una frequenza di campionamento di 25 ns. Il dispositivo di front end deve operare in un ambiente esposto ad una fluenza equivalente di 4 neutroni cm 2 MeV-equivalenti, mantenendo per tutta la durata ( dell esperimento un consumo di potenza contenuto ( 2 mw canale) e un basso livello di rumore 2 ENC). Sulla base di questi requisiti è stato sviluppato l APV25 (Analogue Pipeline Voltage) [6, 6] un circuito integrato costruito con tecnologia CMOS a 25 µm, che garantisce resistenza alle radiazioni, basso rumore e basso consumo. L APV25 è un dispositivo di lettura analogico a 28 canali di ingresso, ciascuno dei quali contiene un preamplificatore sensibile alla carica, uno stadio invertitore, un formatore, una memoria di 92 elementi (pipeline), un processore di segnali analogici (APSP - Analog Pulse Shape Processor), seguiti da un multiplexer. In Fig. 3.8 è riportato lo schema di un canale di lettura. Ciascuna striscia del rivelatore è microsaldata ad un ingresso. Il segnale indotto sulla striscia è convertito in un segnale di tensione a gradino dall amplificatore sensibile alla carica. A seconda di quale lato della giunzione p n del rivelatore è letto, la polarità del segnale che arriva al preamplificatore è positiva o negativa. Al fine di sfruttare al massimo il range dinamico degli stadi successivi di amplificazione, è stato inserito uno stadio di invertitore con guadagno unitario, così da rendere comunque positivo il segnale a gradino in ingresso al formatore. Segue quindi un filtro formatore CR-RC con costante di tempo τ 5 ns. Il segnale d uscita del formatore è campionato alla frequenza di 4 MHz, e i campioni sono registrati temporaneamente nelle celle della pipeline, in attesa del segnale di trigger. La lunghezza della pipeline permette di conservare i dati per una latenza di trigger sino a 4 µs.

68 62 Il sistema di tracciamento di CMS ADC counts time [nsec] 5.pF 9.9pF 3.4pF 5.2pF 2 25 ADC counts time [nsec] 5.pF 9.9pF 3.4pF 5.2pF 2 25 Figura 3.9: Segnale dell APV25 in peak e deconvolution mode Se l APV25 riceve un segnale di trigger, il filtro APSP analizza i segnali relativi all evento registrati nella pipeline. L APV25 può operare in due modi, detti peak mode e deconvolution mode. In peak mode solo un campione è letto dalla pipeline, quello corrispondente al picco del segnale del formatore. Il peak mode è usato quando la frequenza di trigger è bassa e la probabilità di sovrapposizione di due segnali consecutivi non è significativa. In deconvolution mode dalla pipeline sono letti i tre campioni in anticipo sul campione di picco di 25 ns, 5 ns e 75 ns. I tre campioni sono elaborati dal filtro APSP che produce un segnale con un tempo di picco di 25 ns, il cui valore di picco è proporzionale all ampiezza del segnale in ingresso. In figura 3.9 è mostrata la forma dell impulso in peak e deconvolution mode. La forma dell impulso in peak mode corrisponde in buona approssimazione, ad un impulso ideale in uscita da un filtro CR-RC con un tempo di picco di 5 ns. La forma dell impulso nel deconvolution mode illustra l efficacia di questa tecnica nell ottenere un impulso stretto in tempo, per permettere la risoluzione temporale del singolo bunch crossing, anche se a scapito di un aumento del rumore. Il segnale di tensione all uscita del filtro APSP è campionato al picco e convertito in un segnale di corrente. Il guadagno nominale all uscita di questo stadio di amplificazione è di µa MIP. I segnali dei 28 canali sono quindi trasmessi dall APV25 in sequenza attraverso un multiplexer 28:. I dati di due chip adiacenti sono trasmessi su una singola linea differenziale da un multiplexer 256: (APVmux), e quindi convertiti in segnali ottici analogici da un trasduttore optoelettronico, l Analog Opto-Hybrid (AOH), che opera alla lunghezza d onda di 3 nm. Attraverso una fibra ottica di m, i segnali ottici sono tramessi senza grandi distorsioni ed attenuazioni nella sala di controllo adiacente alla caverna di CMS.

69 3.5 Il sistema di lettura 63 Detector DCU PLL Tx/Rx CLK CCU PLL T I2C Control module Optical transmitter APV APV MUX 256: analogue optical link Front End Module ADC DSP Tx/Rx digital optical link TTCrx RAM TTCrx µp Front End Driver Front End Controller Figura 3.: Schema del sistema di lettura del SST di CMS. Il sistema di lettura e controllo del SST è mostrato in Fig. 3.. In sala controllo i dati sono processati da dispositivi su bus VME, i Front End Driver (FED), che effettuano la conversione opto-elettrica, la digitizzazione e la ricerca dei soli segnali di particella (zero-suppression). Il sistema di lettura di front end è monitorato e controllato da dispositivi su bus VME, i Front End Controller (FEC). Il FEC agisce anche come interfaccia con il Timing Trigger Command (TTC) che distribuisce il clock dell acceleratore e il trigger di Livello- di CMS. Attraverso una linea ottica digitale, il FEC comunica con diverse Communication and Control Unit (CCU), ciascuna delle quali fornisce ad una serie di moduli i segnali di controllo per ciascun APV25, mentre i segnali di clock e trigger sono distribuiti al Phase Locked Loop (PLL) presente sull ibrido. Il PLL è l unità di sincronizzazione locale dei segnali di clock e trigger, che permette di ridurre al minimo lo sfasamento dei segnali degli APV25 con il clock dell acceleratore (phase jitter). Il sistema di lettura completamente analogico permette di ridurre la complessità del chip di front end e quindi anche la dissipazione di potenza entro il volume del tracker; garantisce una migliore risoluzione spaziale, attraverso la divisione di carica tra le strisce del rivelatore, ed una più efficiente sottrazione del rumore. La lettura analogica permette anche un miglior controllo del comportamento dei rivelatori, fornendo un ottimo strumento per seguire i cambiamenti di

70 64 Il sistema di tracciamento di CMS Figura 3.: Formato dei dati in uscita dall APV25 (frame). funzionamento del sistema indotti dalla radiazione. 3.6 Il formato dei dati in uscita dall APV25 In figura 3. è riportato il formato dei dati (frame) che l APV25 trasmette quando riceve un segnale di trigger. Il frame, della durata di 7 µs, consta di 2 segnali digitali seguiti da 28 segnali analogici relativi a ciascun canale dell APV25. Dei 2 segnali digitali, i primi tre indicano l inizio del frame, i successivi otto codificano l indirizzo della cella di memoria letta nella pipeline e l ultimo bit lo stato d errore. I segnali sono inviati su due linee differenziali, per agevolare la sottrazione del rumore. Il livello logico (digital-) corrisponde a 4 ma su ciascuna linea differenziale. Quando non ci sono dati da trasmettere, l uscita degli APV25 è al livello logico (digital-), e viene trasmesso un segnale digitale della durata di 5 ns ogni 75 µs, utile per la sincronizzazione del chip con tutto il sistema di acquisizione. I segnali analogici (raw data) sono dati dalla somma di più contributi: (i) il segnale prodotto dal passaggio di una particella, che interessa un numero limitato di canali, (ii) il rumore intrinseco del rivelatore e dell elettronica di lettura, presente su tutti i canali. Si distinguono due fondamentali forme di rumore: - il rumore di piedistallo, indipendente per ogni striscia, è distribuito gaussianamente intorno ad un valor medio detto piedistallo (baseline); - il rumore di modo comune (common mode), dovuto ad una fluttuazione coerente di tutte le strisce dell APV25, è distribuito gaussianamente con valore medio zero.

71 3.6 Il formato dei dati in uscita dall APV25 65 Il livello della baseline può essere regolato tra il livello e il livello digitale, al fine di sfruttare tutto il range dinamico dell amplificatore dell APV25 a seconda della polarità in cui lavora. Il segnale di ciascuna striscia (S i ) è calcolato sottraendo dai raw data il valore del piedistallo e del common mode. Il rumore di ogni striscia (N i ) è definito come la deviazione standard delle fluttuazioni del segnale. L insieme delle strisce contigue su cui è stato indotto segnale al passaggio della particella è detto cluster. In App. A è riportata una descrizione dettagliata degli algoritmi di estrazione del segnale e di ricostruzione del cluster Valutazione del rumore Una delle principali caratteristiche dell elettronica del SST è il basso livello di rumore (minore di 2 ENC) che deve essere garantito durante tutta la vita dell esperimento. Il valore del rumore è dunque uno dei parametri essenziali per la qualificazione dei moduli del tracker; esso viene misurato sia in laboratorio, per ogni modulo realizzato, che nelle analisi dei dati acquisiti nei beam test. Il livello di rumore di un modulo del SST può anche essere stimato analiticamente [63], come somma in quadratura dei seguenti contributi indipendenti: rumore termico (thermal noise) delle resistenze di polarizzazione (R p ) e di metallizzazione (R s ); rumore dovuto alla corrente di polarizzazione inversa attraverso la singola striscia (I s ) (shot noise); rumore del chip di front end. Il rumore dovuto alla resistenza di polarizzazione e alla corrente inversa di saturazione sono introdotti nel modello attraverso due generatori di corrente posti in parallelo al rivelatore. Il rumore elettronico e quello della resistenza di metalizzazione sono schematizzati con due generatori di tensione posti in serie tra il rivelatore e l ingresso dell amplificatore. La principale sorgente di rumore è quella elettronica del preamplificatore di front end. Questo rumore è dominato dal contributo del transistor di ingresso dell amplificatore, poiché esso viene amplificato dai successivi elementi della catena di amplificazione. Il rumore elettronico è proporzionale alla capacità d ingresso all amplificatore, C tot che, a sua volta dipende sensibilmente dalla capacità di accoppiamento tra le strisce. In Tab. 3.2 sono riportati i diversi contributi di rumore, le formule analitiche con cui stimarli, il valore in peak mode alla temperatura di - C, e il fattore

72 66 Il sistema di tracciamento di CMS Tabella 3.2: Sorgenti di rumore e relative formule espresse in ENC. e è la costante di Nepero, q e la carica dell elettrone, τ il tempo di formazione del segnale, C tot la capacità totale vista in ingresso dall amplificatore. I fattori moltiplicativi nell ultima colonna tengono conto dell effetto della deconvoluzione. Sono riportati anche gli ordini di grandezza di ciascuna componente di rumore, calcolati sulla base dei valori tipici di C tot I s R p R s per un rivelatore TIB del terzo e quarto layer del barrel [64]. L effetto della resistenza R s distribuita lungo la striscia è tenuto in conto sostituendo nelle formule R s R n R s 3. Sorgente di rumore ENC [e ] Peak (ENC) Deconv. T = - C e Corrente di qe polarizzaz. inversa Resistenza di polarizzazione e Resistenza di qe C tot metallizzazione q e I s τ 4 8 I s µa τ ns e qe KT τ 2R p 22 5 KT R s 6τ 3C tot pf τ ns R p MΩ R s Ω τ ns Elettronica di front end a b C tot (pf) a a b 36 pf b 6 pf C tot 5 pf I s 2 na R p 5 MΩ R s 2 Ω R n R s 3 moltiplicativo da inserire in deconvolution mode per tener conto del più breve tempo di formazione del segnale. Il rumore legato agli stadi successivi della catena elettronica può essere considerato trascurabile. 3.7 Le prestazioni del tracker In questa sezione sono descritte le prestazioni del tracker di CMS in termini di efficienza di ricostruzione di tracce e di risoluzione nella misura dei loro parametri caratteristici (impulso trasverso, direzione, parametro di impatto). I risultati riportati sono relativi agli studi effettuati a livello di Monte Carlo per la stesura del Technical Design Report sull High-Level Trigger [57]. Gli algoritmi sviluppati dalla collaborazione CMS per la ricostruzione di traccia partono dal comune formalismo del Kalman Filter [65] e lo estendono con opportuni raffinamenti legati alla particolare situazione in cui sono impiegati. In questo modo sono stati implementati con successo algoritmi come il Deterministic Annealing Filter e il Multi Track Filter [66]. La ricostruzione di traccia è basata sulle equazioni del moto di una particella

73 3.7 Le prestazioni del tracker 67 Figura 3.2: Esempio della procedura di ricerca del trajectory seed interno. carica in campo magnetico. La traiettoria descritta è un elica, ciascun suo punto è descritto da cinque parametri indipendenti che ne individuano il vettore di stato. Le equazioni del moto determinano l evoluzione del vettore di stato da una superficie di misura all altra. L interazione della particella con il materiale del tracker è poi tenuta in conto considerando i processi di scattering multiplo e di perdita di energia. La perdita di energia per ionizzazione è espressa dalla formula di Bethe-Bloch [67]. Per gli elettroni si adotta, invece, la funzione di distribuzione di probabilità di Bethe e Heitler [68], poiché il contributo maggiore è dato dall emissione di radiazione di bremsstrahlung. La ricostruzione di traccia è effettuata in quattro fasi successive: generazione del seme delle potenziali tracce (trajectory seed generation); a partire dai seed, costruzione di tutte le possibili tracce che attraversano il tracker (trajectory building); risoluzione delle ambiguità per la selezione delle tracce migliori (trajectory cleaning); misura finale dei parametri della traccia (trajectory smoothing). La generazione del seed permette di individuare le traiettorie candidate e di ricavare una stima iniziale dei loro parametri. Essa può essere esterna o interna al tracker. Nel primo caso sono utilizzate le informazioni provenienti da altri rivelatori, come la misura di energia e posizione nei calorimetri o i segmenti di traccia ricostruiti nel sistema di muoni. La generazione interna del seed utilizza una coppia di hit ricostruiti su due diversi layer e il vincolo che la traccia passi per la

74 68 Il sistema di tracciamento di CMS regione di collisione dei fasci ed abbia impulso trasverso superiore ad un assegnata soglia (p min T 9 GeV c). La regione di collisione (beam spot) è contenuta in un cilindro di 5 µm di raggio e 3 cm di lunghezza, coassiale alla direzione dei fasci. In Fig. 3.2 è mostrato il principio della generazione del seed: sono selezionate tutte le coppie di hit compatibili con una traccia uscente dalla regione del beam spot e avente impulso trasverso superiore a p min T. La scelta delle dimensioni del beam spot e del p min T influenza il numero di seed generati e quindi il tempo totale di CPU necessario per la ricostruzione delle tracce in un evento. Il p min T e le dimensioni del cilindro dipendono quindi dai particolari oggetti fisici che devono essere ricostruiti: ad esempio, nel caso della ricostruzione dei muoni isolati nell HLT, il p min T è posto a 2 GeV c. La ricerca degli hit per la definizione del seed è condotta nei rivelatori a pixel, che permettono di avere migliore efficienza ed accuratezza nella ricostruzione e minor impiego di tempo di CPU. I rivelatori a pixel infatti, avendo maggiore granularità rispetto ai rivelatori a microstrisce, presentano una minore densità di hit per canale. Inoltre la qualità della misura bidimensionale è migliore nei rivelatori a pixel che misurano entrambe le coordinate attraverso il medesimo sensore con un accuratezza di circa 2 µm. Infine essendo più vicini alla regione di collisione dei fasci, il numero di seed individuati è minore rispetto a quelli che verrebbero individuati con gli altri layer del tracker, e questo riduce il numero di combinazioni che devono essere verificate. Nella fase del trajectory building, a partire da ciascun seed, sono ricostruite tutte le possibili tracce che attraversano il tracker. Il trajectory building è basato sul formalismo del Kalman Filter ed è composto di due fasi: la propagazione della traccia dall interno del tracker verso l esterno (Propagator) e l aggiornamento dei parametri in corrispondenza di ogni layer sulla base degli hit misurati (Updator). La propagazione della traccia comporta l estrapolazione geometrica dei parametri sulla successiva superficie di rivelazione e la loro correzione sulla base degli effetti del materiale attraversato. Il valore dell impulso viene ridotto in proporzione all energia media depositata nel sensore al silicio, la matrice di covarianza è affetta dalle fluttuazioni statistiche sul deposito di energia e dalla deflessione della traiettoria, causata dallo scattering multiplo. Nella fase di aggiornamento dei parametri, vengono individuati nel rivelatore gli hit compatibili con lo stato predetto della traiettoria. Per ogni hit compatibile viene creata una nuova traccia candidata, il cui stato sulla superficie di misura è aggiornato usando l informazione dell hit stesso. Lo stato aggiornato è quindi propagato al layer successivo, dove la procedura viene ripetuta. Per evitare l aumento ad ogni layer del numero di possibili tracce, solo i migliori N candidati (ordinati in χ 2 ) sono utilizzati nella successiva fase di propagazione. Inoltre vengono scartate le traiettorie che non hanno hit compatibili su due layer consecutivi.

75 3.7 Le prestazioni del tracker 69 Algorithmic Efficiency Global Efficiency µ, p T = GeV/c µ, p T = GeV/c µ, p T = GeV/c η µ, p T = GeV/c µ, p T = GeV/c µ, p T = GeV/c a) b) Figura 3.3: Efficienza di ricostruzione di traccia, algoritmica (a) e globale (b) [57]. η Nel trajectory building alcune tracce ricostruite hanno uno o più hit in comune: la fase di trajectory cleaning elimina questa duplicazione, selezionando la traccia con il χ 2 migliore tra tutte quelle che hanno più della metà degli hit in comune. Dopo la fase di trajectory building e trajectory cleaning i parametri della traccia sono stimati correttamente in corrispondenza dell ultima misura effettuata (in genere il layer più esterno del tracker), ma l accuratezza nella misura all origine è scarsa. La procedura di trajectory smoothing effettua un doppio fit della traiettoria (dall esterno verso l interno e viceversa) utilizzando tutte le informazioni acquisite nel trajectory building. Combinando statisticamente i risultati dei due fit è possibile ottenere la migliore stima dei parametri della traccia in corrispondenza di ogni superficie di misura nel tracker. I parametri della traccia possono quindi essere estrapolati su qualunque superficie del rivelatore, ed in particolare in corrispondenza del punto di impatto della traiettoria (impact point, IP), definito come il punto di minima distanza della traccia dall asse del fascio, nel sistema di riferimento globale del rivelatore. I cinque parametri utilizzati per descrivere lo stato della traccia all IP sono: gli angoli azimutale (φ) e polare (θ) e la componente trasversa (p T ) del vettore impulso, la coordinata longitudinale (z ) del punto di impatto e il parametro di impatto trasverso (d ), definito come la distanza dall origine della retta passante per l IP e parallela alla direzione dell impulso trasverso. L efficienza di ricostruzione delle tracce di muoni con p T, e GeV c è mostrata in Fig. 3.3, dove è distinto il solo contributo algoritmico, (a), dall efficienza globale, (b). Il primo determina le prestazioni degli algoritmi di ricostruzione, mentre la seconda tiene conto di tutti gli aspetti che influenzano

76 7 Il sistema di tracciamento di CMS σ(p T )/p T - µ, p T = GeV/c µ, p T = GeV/c µ, p T = GeV/c -2 a) η σ(φ) µ, p T = GeV/c µ, p T = GeV/c µ, p T = GeV/c σ(cot θ) -2 µ, p T = GeV/c µ, p T = GeV/c µ, p T = GeV/c b) η c) η σ(z ) (µm) 3 µ, p T = GeV/c µ, p T = GeV/c µ, p T = GeV/c σ(d ) (µm) µ, p T = GeV/c µ, p T = GeV/c µ, p T = GeV/c 2 2 d) η e) η Figura 3.4: Risoluzione nella misura dei parametri di una traccia: p T (a), φ (b), coth θ (c), z (d), d (e). Le risoluzioni sono state ricavate per tracce di muoni con p T,, GeV c [57].

77 3.7 Le prestazioni del tracker 7 la ricostruzione di traccia, come l accettanza del rivelatore e l efficienza di ricostruzione dei singoli hit. L efficienza è definita come la frazione delle tracce simulate a cui corrisponde una traccia ricostruita. L associazione tra una traccia simulata ed una ricostruita richiede che siano condivisi almeno il 5% dei loro hit. Dalla figura si evince che l efficienza algoritmica è superiore al 98% per i muoni da a GeV c, nella regione di η 2 4. Oltre questo valore di pseudorapidità si ha una riduzione dell efficienza a causa della mancanza di copertura geometrica offerta dai dischi degli end-cap. La stessa riduzione si osserva per l efficienza globale. In questo caso si ha una riduzione anche in corrispondenza di η, dovuta alla mancanza di copertura in corrispondenza del piano mediano dei rivelatori a pixel, lì dove si congiungono i due settori di cui è composto ciascun layer. Questa ristretta regione risulta inefficiente nella ricostruzione degli hit. In Fig. 3.4 è riportata la risoluzione con cui sono misurati i cinque parametri della traccia, nel caso di tracce di singoli muoni con p T, e GeV c. La risoluzione dell impulso trasverso è mostrata in Fig. 3.4 a). Ad alto impulso (p T GeV c), la risoluzione è circa -2% sino ad η 75, poi il braccio di leva si riduce e la risoluzione peggiora. La degradazione a partire da η è dovuta al passaggio dal barrel agli end-cap, dove la risoluzione nella ricostruzione degli hit è inferiore. Per i muoni ad alto impulso l effetto del materiale attraversato incide del 2-3% sulla risoluzione d impulso; invece a più basso impulso la risoluzione è dominata dallo scattering multiplo. Le risoluzioni sui parametri di impatto longitudinale e trasverso sono mostrate in Fig. 3.4 d) ed e). Ad alto impulso la risoluzione su d è abbastanza costante ed è dominata dalla risoluzione con cui è ricostruito il primo hit nel rivelatore a pixel. A basso impulso lo scattering multiplo è il contributo dominante alla risoluzione sulla misura di d e z. La risoluzione su z migliora all aumentare della pseudorapidità sino a η 5. Ciò è dovuto alla più accurata misura della posizione degli hit allorché le tracce attraversano i rivelatori leggermente inclinate e producono cluster più ampi.

78 72 Il sistema di tracciamento di CMS

79 Capitolo 4 Studio dei rivelatori al silicio a microstrisce La costruzione del Silicon Strip Tracker (SST), attualmente in corso, si articola in diverse fasi: i singoli componenti di un modulo (sensori, frame, elettronica) sono prodotti da industrie specializzate e qualificati in laboratorio, prima di essere assemblati in moduli e integrati sulla struttura meccanica di supporto. Ogni passo della procedura è controllato attraverso accurati test e registrato nel database della produzione, al fine di conoscere le prestazioni di ogni singolo modulo del sistema tracciante. Lo studio delle prestazioni dei rivelatori è condotto sia sui singoli moduli, nei centri deputati alla costruzione, sia attraverso la realizzazione di beam test dedicati. In questo capitolo vengono riportati i risultati di due differenti studi su fascio, a cui ho contribuito direttamente nella fase di realizzazione ed analisi dei dati. Nella sezione seguente viene descritto il primo test su fascio di un settore del terzo layer del TIB, eseguito nel Maggio 23. Segue l esposizione di uno studio dettagliato condotto nell anno 22 per comprendere l effetto delle particelle altamente ionizzanti (HIP) sulla risposta degli APV25, e di conseguenza sulle prestazioni del tracker. 4. Il test di sistema con fascio da 25 ns (beam test 23) Nella costruzione di ciascun sottosistema del SST (TIB, TOB, TEC) è previsto, dopo il montaggio dei rivelatori sulla struttura meccanica di supporto, un test globale, la cui finalità è quella di qualificare le specifiche di disegno del sistema. Il test consiste nello studio delle prestazioni dell apparato sotto il profilo elettrico

80 74 Studio dei rivelatori al silicio a microstrisce Figura 4.: Vista prospettica e frontale della struttura TIB installata nell area sperimetale X5 del CERN. La struttura corrisponde ad un settore del terzo layer del SST. Percorrendo la stringa superiore da sinistra verso destra, i suoi tre moduli sono indicati rispettivamente con le sigle TIB, TIB2, TIB3. Allo stesso modo, i moduli della stringa inferiore sono individuati dalle sigle TIB4, TIB5, TIB6 ( 4..4). (misure di rumore, rapporto segnale/rumore) e termico (raffreddamento). Data la completezza dell indagine, si parla di test di sistema (system test). Per il TIB il più completo test di sistema sinora realizzato, è stato effettuato durante un beam test con fascio da 25 ns, avvenuto nel Maggio 23 presso l area sperimentale X5 del CERN. In tale occasione, per la prima volta, un settore del terzo layer del barrel è stato assemblato con i componenti finali del SST: il supporto meccanico, i rivelatori, i dispositivi di lettura ottica, i cavi e il power supply. In quanto segue sarà descritta la struttura assemblata, il setup sperimentale del beam test e l analisi effettuata sui dati acquisiti. 4.. La struttura In Fig. 4. è mostrata la struttura assemblata e collocata nella zona sperimentale del beam test. È visibile il supporto meccanico in fibra di carbonio che sostiene i tubi di raffreddamento, i rivelatori e l elettronica di front-end. I componenti sono disposti su quattro stringhe. Ciascuna stringa contiene una serpentina per il raffreddamento, tre rivelatori corredati di AOH, un chip CCU25 ed una mother cable attraverso cui i rivelatori ricevono le tensioni di alimentazione ed i segnali digitali provenienti dalla CCU25 ( 3.5). Sei rivelatori a microstrisce a singola faccia sono stati montati nelle due stringhe centrali della struttura. Come da progetto del terzo layer TIB, i sensori avevano spessore di 32 µm, 52 strisce di lettura e passo di 2 µm. I dati acquisiti erano trasmessi dagli AOH ai FED in formato analogico attraverso fibre ottiche della versione finale. Allo stesso modo i segnali digitali di controllo e comunicazione trasmessi tra le CCU25 ed i FEC viaggiavano su un

81 4. Il test di sistema con fascio da 25 ns (beam test 23) 75 link ottico dopo essere stati convertiti dal Digital Opto-Hybrid (DOH) posto vicino alla struttura. La principale differenza tra il setup del beam test e la versione finale della catena di lettura e controllo é che FED e FEC erano integrati su schede PCImezzanine (PMC) [69], anzicché su schede VME-bus. Le schede PMC non hanno implementazione ottica, per cui é stato necessario un convertitore opto-elettronico aggiuntivo. I rivelatori erano alimentati con due differenti prototipi delle unità finali di power supply (CAEN e LABEN) [7]. Le tensioni (sia alte che basse) erano trasmesse dai power supply ai rivelatori attraverso un cavo lungo 25 m a bassa induttanza, del tipo finale Setup e DAQ La struttura è stata montata su un supporto meccanico in alluminio e collocata sulla linea del fascio, in modo che la stringa superiore fosse perpendicolare al fascio. La struttura è stata chiusa in una scatola metallica, in cui veniva fatto flussare azoto, per mantenere l ambiente secco. Un sistema di raffreddamento permetteva di disperdere il calore prodotto dall elettronica, in modo che l interno della scatola fosse a temperatura ambiente. Le condizioni termiche erano controllate con sensori di umidità e temperatura posti all interno della scatola. Per l acquisizione dei dati è stata usata la più recente versione del software di DAQ, basato su XDAQ [7], un sistema di acquisizione dati che sarà usato nel DAQ di CMS. Attraverso una linea di trasmissione ottica era garantita la comunicazione tra l elettronica di front end e i FEC e FED, collocati nella sala di controllo. Una Trigger Sequencer Card (TSC) distribuiva il segnale di trigger e il clock ai FEC e FED. Tutta l elettronica è stata sincronizzata: (i) individuando il punto di campionamento ottimale per ciascun FED; (ii) effettuando una scansione della latenza di trigger degli APV25 e del ritardo dei PLL per garantire l acquisizione del segnale all istante di tempo in cui si ha il massimo rapporto segnale/rumore; (iii) ottimizzando il guadagno del diodo laser dell AOH. Tutte queste procedure sono state eseguite in modo automatico usando il software di acquisizione. Il trigger era fornito dalla coincidenza dei segnali di due scintillatori plastici posti a valle della scatola, lungo la linea del fascio. Durante lo stesso beam test è stato effettuato lo studio di un analoga struttura per il TEC e per sei moduli TOB. Il setup sperimentale di questi sistemi era del tutto simile a quello descritto per il TIB Caratteristiche del fascio L area sperimentale X5 del CERN riceve un fascio di pioni e muoni, prodotti nel decadimento delle particelle secondarie che vengono generate nell urto su bersaglio

82 76 Studio dei rivelatori al silicio a microstrisce dei protoni estratti dall SPS [72]. La struttura temporale del fascio é legata alla frequenza di rivoluzione e alla struttura temporale del fascio primario di protoni nell SPS. Durante il beam test del Maggio 23, l SPS forniva per la prima volta protoni in bunch spaziati 25 ns l uno dall altro, con la stessa struttura temporale dei fasci del LHC. Un treno di 48 bunch (della durata di 2 µs) veniva estratto ogni 23 µs durante un periodo totale d estrazione (spill) di 2.37 s ogni 4.4 s. La durata di ciascun bunch era di 4.3 ns Valutazione delle prestazioni della struttura Un ampio programma di misure è stato realizzato al fine di verificare le prestazioni della struttura in diverse condizioni sperimentali, variando i parametri degli APV25, le tensioni di alimentazione, la configurazione di trigger. Le prestazioni del sistema sono state valutate attraverso lo studio delle grandezze ricostruite al passaggio di una particella, quali: il segnale della particella, il rumore del rivelatore, il rapporto segnale/rumore, la divisione di carica tra le strisce di un cluster. Una descrizione dettagliata degli algoritmi di ricostruzione è riportata in App. A. In quanto segue sono descritti solo alcuni dei risultati ottenuti [73], quelli cioè relativi all analisi da me condotta. Profilo del fascio Facendo riferimento alla Fig. 4., percorrendo le stringhe a partire dal lato delle connessioni, si indicano in successione i moduli della prima (seconda) stringa con i seguenti nomi: TIB, TIB2, TIB3 (TIB4, TIB5, TIB6). La struttura è stata posta lungo il fascio in modo da illuminare il modulo centrale di ciascuna stringa. Gli altri moduli della struttura, sebbene non fossero attraversati dalle particelle, erano comunque alimentati e letti. Quindi il test dei moduli TIB2 e TIB5 si configura come un test sulle prestazioni dell intera struttura, in cui si può individuare l effetto di eventuali cross-talk tra i sei moduli. In Fig. 4.2 è riportato il profilo verticale del fascio di muoni (a-b) e di pioni (c-d), ottenuto dalla distribuzione delle posizioni dei cluster ricostruiti nei moduli TIB2 e TIB5. È stata accumulata statistica sul terzo e quarto chip del modulo TIB2 e sul primo chip del modulo TIB5. Il fascio di muoni dell SPS é ottenuto dal decadimento dei pioni rallentati e fermati in blocchi di ferro e calcestruzzo antistanti l area sperimentale. Per questo motivo esso è meno collimato rispetto al fascio di pioni e illumina uniformemente i due rivelatori per tutta la superficie coperta dallo scintillatore di 4.5 cm usato per il trigger. Il fascio di pioni ha profilo gaussiano, La frequenza di rivoluzione dei protoni nell SPS é di 43 khz

83 4. Il test di sistema con fascio da 25 ns (beam test 23) 77 Entries/(.48 mm) TIB2 µ beam Entries = 2849 Entries/(.48 mm) TIB5 µ beam Entries = a) 5 b) Cluster Position (mm) Cluster Position (mm) Entries/(.48 mm) TIB2 π beam Entries = 8693 c) Cluster Position (mm) Entries/(.48 mm) TIB5 π beam Entries = 7688 d) Cluster Position (mm) Figura 4.2: Profilo verticale del fascio di muoni (a-b) e di pioni (c-d), ottenuto dalla distribuzione delle posizioni dei cluster ricostruiti nei moduli TIB2 e TIB5. centrato sul TIB2. Esso ha un estensione maggiore di quella dello scintillatore: infatti la distribuzione in Fig. 4.2 (c) si interrompe in maniera improvvisa in corrispondenza del bordo dello scintillatore. Le due stringhe hanno una regione di sovrapposizione (overlap) di circa.5 mm. In Fig. 4.3 è mostrata la correlazione della posizione dei cluster ricostruiti nei moduli TIB2 e TIB5 al passaggio di una particella nella zona di sovrapposizione. Segnale e Rumore Il rapporto segnale/rumore del cluster è uno dei parametri caratterizzanti un rivelatore al silicio a microstrisce, poiché determina la capacità di discriminare dal rumore intrinseco il segnale prodotto al passaggio di una particella ionizzante. In Fig. 4.4 è riportata la distribuzione del rapporto segnale/rumore per il modulo TIB2

84 78 Studio dei rivelatori al silicio a microstrisce Cluster Position on TIB5 (mm) 2.5 π beam Entries = Cluster Position on TIB2 (mm) Figura 4.3: Correlazione delle posizione dei cluster ricostruiti nei moduli TIB2 e TIB5 al passaggio di una particella nella zona di sovrapposizione. Entries Entries / 22 P.264E+5 P P3.339 Entries 4 2 Entries / 6 P.263E+5 P P a) b) S/N Figura 4.4: Distribuzione del rapporto segnale/rumore del cluster per il modulo TIB2 polarizzato a 35 V, con gli APV25 operanti sia in peak (a) che in deconvolution mode (b). S/N polarizzato a 35 V, con gli APV25 operanti sia in peak (a) che in deconvolution mode (b). Il valore più probabile della distribuzione, ottenuto dal fit dei dati con la funzione di Landau, 2 è definito rapporto segnale/rumore del rivelatore. Per i rivelatori esaminati esso vale 26 in peak e 7 in deconvolution mode. Dai medesimi campioni di dati sono state estratte le distribuzioni del rumore 2 Nel fit della distribuzione la funzione di Landau è approssimata dalla funzione a tre parametri: f x p exp 2 λ exp λ dove λ x x p 3 p 2

85 4. Il test di sistema con fascio da 25 ns (beam test 23) 79 Entries Entries Mean RMS E- Entries Entries Mean RMS E a) 5 25 b) Noise (ADC counts) Noise (ADC counts) Figura 4.5: Distribuzione del rumore del cluster per il modulo TIB2 polarizzato a 35 V, con gli APV25 operanti sia in peak (a) che in deconvolution mode (b). Il valore di rumore è normalizzato ad ampiezza del segnale digitale (TickMark) di 23 ADC counts dei cluster riportate in Fig Le distribuzioni sono con buona approssimazione gaussiane, con valor medio.9 in peak e.3 in deconvolution mode. La leggera asimmetria sulla destra del picco è dovuta agli effetti di bordo, che causano un rumore maggiore sui canali periferici dell APV25 (come verrà discusso nell ambito della misura dell uniformità della risposta del rivelatore). A differenza della misura del rapporto segnale/rumore, la misura del rumore (così come quella del segnale) è legata al fattore di guadagno del diodo laser dell AOH, attraverso cui i dati dell APV25 sono convertiti da elettrici ad ottici e trasmessi al FED. Il fattore di guadagno è stato ottimizzato indipendentemente per ogni AOH, per cui la piccola differenza di guadagno tra due AOH non permette di confrontare direttamente il rumore di più APV25. Le misure di segnale e rumore sono state normalizzate ad uno fattore di guadagno di riferimento, tale da uniformare per tutti gli APV25 l ampiezza del TickMark digitale a 23 ADC counts. Dato che il guadagno di ciascun AOH varia con le condizioni termiche, il fattore di normalizzazione con cui vengono riscalati i dati di ciascun APV25 è stato ricalcolato ad ogni run. In Fig. 4.6 è riportato il fattore di normalizzazione calcolato per tutti i moduli TIB in uno stesso run (a), e per un solo modulo TIB in vari run acquisiti in momenti diversi del beam test (b). I fattori di normalizzazione sono uguali per gli APV25 delle coppie -2, 3-4 di ciascun modulo, poiché i dati sono convertiti dallo stesso AOH. Dalla Fig. 4.6 (b) è evidente come il guadagno di un AOH sia stabile per run contigui, acquisiti nelle stesse condizioni termiche, ma può variare sensibilmente per run acquisiti in momenti diversi.

86 8 Studio dei rivelatori al silicio a microstrisce Factor APV APV2 APV3 APV4 a) Module Factor Factor.4 TIB2 APV runnb.4 TIB2 APV b) runnb Figura 4.6: Fattori di normalizzazione del giadagno dell AOH, per tutti i moduli TIB in uno stesso run (a), e per un solo modulo TIB in vari run acquisiti in momenti diversi del beam test (b). I (na) Dec Mode - String Dec Mode - String V bias (V) Figura 4.7: Andamento della corrente di ciascuna stringa in funzione della tensione di polarizzazione del sensore. Scansione della tensione di polarizzazione Sono stati acquisiti dati in corrispondenza di diversi valori della tensione di polarizzazione dei sensori, al fine di stimarne l effetto sulle grandezze ricostruite. In Fig. 4.7 è riportata, al variare della tensione di polarizzazione, la corrente assorbita da ciascuna stringa, pari alla somma delle correnti di saturazione inversa dei tre rivelatori montati sulla stringa stessa. A 3 V le due stringhe assorbono nell insieme.4 µa.

87 4. Il test di sistema con fascio da 25 ns (beam test 23) 8 Noise (ADC counts) Peak Mode - TIB2 Peak Mode - TIB5 Dec Mode - TIB2 Dec Mode - TIB5 S/N Peak Mode - TIB2 Peak Mode - TIB5 Dec Mode - TIB2 Dec Mode - TIB a) b) V bias (V) V bias (V) Figura 4.8: Distribuzione del rumore normalizzato, (a), e del rapporto S/N, (b), del rivelatore in funzione della tensione di polarizzazione. In Fig. 4.8 (a) è mostrata la distribuzione del rumore normalizzato del rivelatore in funzione della tensione di polarizzazione. Le varie curve sono relative ai dati acquisiti dai moduli TIB2 e TIB5, con gli APV25 operanti in peak e deconvolution mode. Le curve relative ai due moduli operanti nello stesso modo di lettura si sovrappongono come atteso. In tutte le configurazioni si osserva al crescere della tensione una graduale riduzione del livello di rumore sino a raggiungere il valore asintotico di 6 ADC counts ( 38 ADC counts) in peak (deconvolution) mode. Infatti, all aumentare della tensione di polarizzazione la regione di svuotamento nel sensore tende ad estendersi lungo tutto il volume tra due strisce contigue, isolandole e riducendo l accoppiamento capacitivo interstriscia a cui è principalmente legata la componente di rumore elettronico ( 3.6.). Avendo adottato la normalizzazione del livello di rumore, è possibile confrontare le misure ottenute nei due modi di lettura dell APV25: il rumore in deconvolution mode è un fattore.3 maggiore di quello in peak mode, in buon accordo con le predizioni teoriche di.4. In Fig. 4.8 (b) sono riportati i valori del rapporto segnale/rumore del rivelatore in funzione della tensione di polarizzazione, per i moduli TIB2 e TIB5, operanti in peak e deconvolution mode. Due fattori contribuiscono alla crescita monotona delle curve: la riduzione del livello di rumore già descritta, e l allargamento della regione attiva del rivelatore, sino al suo totale svuotamento. Tale allargamento garantisce una più efficiente raccolta di carica. La tensione di svuotamento dei sensori utilizzati nei moduli TIB2 e TIB5 è di 83 V e 38 V, rispettivamente: i grafici in figura mostrano che è necessario sovrasvuotare i rivelatori al fine di ottenere il massimo valore di segnale/rumore. Alla tensione di svuotamento viene raccolto 85% della carica raccolta nella regione asintotica. In tutte le successive

88 82 Studio dei rivelatori al silicio a microstrisce misure effettuate la tensione di polarizzazione dei moduli TIB è stata fissata ad un valore di 3 V. A parità di tensione di polarizzazione, il rapporto S/Ndel rivelatore è minore in deconvolution che in peak mode: nella regione asintotica si ha una riduzione del 3%. Il filtro di deconvoluzione, infatti, permette di avere una curva di segnale più stretta nel tempo ma introduce un rumore maggiore e produce un segnale meno ampio rispetto al peak mode. Infine, in Fig. 4.9 è riportata la distribuzione dell ampiezza media del cluster in funzione della tensione di polarizzazione, per i moduli TIB2 e TIB5, operanti in deconvolution mode. All aumentare di V bias la divisione di carica tra strisce adiacenti si riduce per effetto del minore accoppiamento capacitivo tra le strisce e della più veloce raccolta di carica, con quindi una più contenuta diffusione della nube di carica. L ampiezza media del cluster raggiunge il valore asintotico di.5 (.7) per il modulo TIB2 (TIB5). La disposizione delle stringhe della struttura è tale che due stringhe contigue formano tra loro un angolo di circa 7.8. Gli angoli di incidenza delle particelle del fascio sui due rivelatori sono dunque differenti, per il TIB2 e 7.8 per il TIB5, e di conseguenza la carica prodotta nel sensore si ripartisce tra due strisce con maggiore probabilità nel TIB5. Il rapporto dell ampiezza del cluster nei due moduli, riportato in figura, mostra come sistematicamente nel modulo TIB5 i cluster sono più ampi del 3% rispetto al TIB2, indipendentemente dalla tensione di polarizzazione, purché il sensore sia già sovrasvuotato. Un analogo andamento si ha in peak mode. Evoluzione temporale del Segnale Lo scopo è studiare l evoluzione temporale del segnale del cluster e delle singole strisce che lo costituiscono per misurare il tempo di formazione del segnale con gli APV25 operanti sia in peak che in deconvolution mode. Sono stati acquisiti eventi in condizioni sperimentali stabili, variando periodicamente, attraverso i registri del PLL, la differenza di fase tra il clock degli APV25 e quello dell SPS. In questo modo è possibile campionare il segnale in diversi punti della sua curva temporale e ricostruirne il profilo. Il PLL permette di introdurre ritardi multipli di.4 ns. In Fig. 4. è riportata la distribuzione del segnale del cluster in funzione del ritardo introdotto con il PLL (a), e la corrispondente curva di ritardo ricostruita (b). I dati sono relativi al modulo TIB2, in un acquisizione in peak mode, con sensore polarizzato a 3 V. Il segnale è stato normalizzato al guadagno di riferimento dell AOH. Ciascun punto S t della Fig. 4. (b) è ottenuto selezionando gli eventi mostrati t in Fig. 4. (a) nell intervallo t 2 ;t t 2, con t 2 5 ns, e misurando il valore più probabile della corrispondente distribuzione di segnale. Al profilo temporale del

89 4. Il test di sistema con fascio da 25 ns (beam test 23) 83 Width (stripnb) Dec Mode - TIB2 Dec Mode - TIB5 ratio TIB5/TIB V bias (V) Figura 4.9: Distribuzione dell ampiezza media del cluster in funzione della tensione di polarizzazione, per i moduli TIB2 e TIB5, operanti in deconvolution mode. Il rapporto tra le due curve è riportato con i punti in nero. segnale è stata adattata la curva prodotta da un formatore CR-RC 3 con costante di tempo τ. Il valore di τ ottenuto dal best fit è di 46 ns, rispetto al valore di progetto di 5 ns. L ampiezza al picco del segnale è di 25 ADC counts. In effetti il valore della costante di tempo può essere variato modificando i valori di due parametri dell APV25, V FS e I 4 SHA In Tab. 4. è riportato il valore di τ ottenuto dall analisi di vari run di dati, acquisiti mantenendo fisso V FS 6 e modificando il parametro I SHA. Nella stessa tabella è riportato l incremento percentuale dell ampiezza al picco ( S), rispetto al valore di riferimento di 23.3 ADC counts. All aumentare del valore di I SHA si ha un più veloce tempo di salita, ed un segnale più ampio di un fattore 8%. Lo studio è stato compiuto anche in deconvolution mode, con V FS 6 e I SHA 4. In Fig. 4. è mostrata la curva di ritardo del segnale prodotto nel modulo TIB2 polarizzato a 3 V. Ai dati è sovrapposta la curva gaussiana di best fit, avente ampiezza al picco di 24 ADC counts e σ 3 2 ns. Il tempo di salita (τ) è convenzionalmente definito come l intervallo di tempo necessario perchè il segnale passi da / del suo valore di picco al valore di picco stesso. Dall assunzione di profilo gaussiano risulta che τ 2 5 σ, e quindi nella misura riportata in figura si ha τ 28 3 ns, circa il 2% maggiore del valore di disegno, pari a 25 ns. 3 Uno stadio formatore CR-RC con costante di tempo τ ha funzione di trasferimento t t h t S p t t τ exp τ, dove S peak è l ampiezza del segnale al picco. 4 I parametri I SHA e V FS regolano, rispettivamente, il livello di corrente e di tensione con cui è alimentato lo stadio formatore dell APV25.

90 84 Studio dei rivelatori al silicio a microstrisce Signal(ADC counts) ID 222 ENTRIES a) PLL Delay (ns) Norm.Signal(ADC counts) Ampl = 25.9 ADCcounts τ = 46.5 ns T peak = 7.27 ns b) PLL Delay (ns) Figura 4.: Distribuzione del segnale del cluster in funzione del ritardo introdotto con il PLL, (a), e corrispondente curva di ritardo ricostruita, (b), per il modulo TIB2, in peak mode, con sensore polarizzato a 3 V. Il valore del segnale è normalizzato al guadagno di riferimento dell AOH. Tabella 4.: Tempo di formazione (τ) e incremento percentuale dell ampiezza al picco ( S) del segnale, risultato del fit delle curve di ritardo in peak mode, in corrispondenza di diversi valori del parametro I SHA dell APV25. I SHA τ [ns] S [%] S= Sono stati acquisiti vari run, con differenti tensioni di polarizzazione del sensore. In Tab. 4.2 è riportato il valore di τ e di S per i differenti valori della tensione di polarizzazione. Sovrasvuotando il rivelatore si osserva l incremento del segnale, come già discusso, e una lieve riduzione del tempo di salita, legato ad una più veloce raccolta di carica. È stata studiata anche l evoluzione temporale del rumore e della larghezza del cluster. Il rumore è indipendente dal tempo di campionamento, essendo non correlato al segnale di trigger. In Fig. 4.2 è riportata la distribuzione dell ampiezza media del cluster in funzione del tempo di campionamento, per il modulo TIB2, operante in peak (a) e deconvolution mode (b). In figura è indicato anche il tempo di picco della curva del segnale del cluster: si nota che, quando l APV25 opera in peak (deconvolution) mode, le curve raggiungono il massimo circa 25 ns ( ns) prima che il segnale sia al picco. Se ne deduce che i segnali di ciascuna striscia del

91 4. Il test di sistema con fascio da 25 ns (beam test 23) 85 Norm.Signal(ADC counts) Ampl = 24. ADCcounts τ = ns σ = 3.2 T peak = 26.6 ns PLL Delay (ns) Figura 4.: Curva di ritardo del segnale (normalizzato) del cluster per il modulo TIB2, in deconvolution mode, con sensore polarizzato a 3 V. Tabella 4.2: Tempo di formazione (τ) e incremento percentuale dell ampiezza al picco ( S) del segnale, risultato del fit delle curve di ritardo in deconvolution mode, in corrispondenza di diversi valori della tensione di polarizzazione. V bias [V] τ [ns] S [%] S= cluster hanno tempi di formazione differenti. Per investigare questo comportamento è stata studiata l evoluzione temporale del segnale di ciascuna striscia del cluster. Individuata la striscia del cluster avente segnale maggiore (seed), sono state considerate le due strisce ad essa adiacenti, non importa se appartenenti o meno al cluster. Tra queste due strisce è stata individuata quella con segnale maggiore (S H ) e minore (S L ). Usando la stessa procedura descritta per lo studio del segnale del cluster, è stato ricostruito il profilo temporale del segnale del cluster (S C ), del seed (S Seed ) e delle strisce adiacenti (S H e S L ). Gli eventi sono stati divisi in due categorie, a seconda che la carica prodotta nel rivelatore sia raccolta principalmente da una sola striscia o da più strisce. Per discriminare questi eventi è stata usata la funzione di risposta η, definita come η S r S l S r, con S l e S r rispettivamente il segnale sulla striscia a sinistra

92 86 Studio dei rivelatori al silicio a microstrisce Mean Width ns a) PLL Delay (ns) Mean Width ns a) PLL Delay (ns) Figura 4.2: Distribuzione dell ampiezza media del cluster in funzione del tempo di campionamento, per il modulo TIB2, operante in peak (a) e deconvolution mode (b). La freccia indica il tempo di picco della curva del segnale del cluster. e destra della posizione del cluster. In Fig. 4.3 è mostrata la distribuzione di η per il modulo TIB2, in peak mode. La regione piatta centrale (η 2; 8 ) corrisponde ad una divisione lineare di carica tra le due strisce, mentre i picchi (η 2; 8 ) corrispondono alla raccolta di carica principalmente da parte di una sola striscia: in figura è evidenziata in blu la distribuzione di η relativa ai cluster di ampiezza pari a. La dispersione gaussiana dei picchi è dovuta al computo di η usando una striscia con segnale di particella ed una con solo rumore. In Fig. 4.4 è riportato il profilo temporale del segnale di ciascuna striscia del cluster per i soli eventi nella regione η 2; 8. Nelle due colonne sono distinte le misure effettuate con l APV25 operante in peak (a sinistra) e deconvolution mode(a destra). In questa regione di η il segnale del seed coincide con quello del cluster al 95% circa. Il segnale sulle strisce adiacenti raggiunge il valore massimo in anticipo rispetto a S Seed di circa 22 ns in peak e 8 ns in deconvolution mode. 2; 8 (Fig. 4.5) la striscia adiacente con segnale più alto Nella regione η appartiene al cluster e il suo tempo di formazione è confrontabile con quello del seed. La seconda striscia adiacente continua, invece, ad essere in anticipo rispetto a S Seed di circa 25 ns in peak e 7 ns in deconvolution mode. Inoltre quando il segnale è indotto su più strisce, il suo tempo di formazione è sistematicamente più lungo rispetto a quello in cui il cluster è di una striscia. È dunque di fondamentale importanza la sincronia del sistema di lettura con il tempo di formazione del segnale: il campionamento del segnale al picco garantisce un rapporto S/N maggiore e un cluster più stretto, con un conseguente

93 4. Il test di sistema con fascio da 25 ns (beam test 23) Entries eta Figura 4.3: Distribuzione della funzione di risposta η per il modulo TIB2, in peak mode. miglioramento sulla risoluzione nella posizione del cluster, sulla capacità di separare due cluster adiacenti e sulla riduzione del volume di dati da digitizzare. Migliora anche la risoluzione temporale e quindi la capacità di discriminare i segnali relativi a due bunch crossing consecutivi. Questo requisito è determinante quando gli eventi si susseguono alla frequenza di 4 MHz. In Fig. 4.6 è mostrata, su un periodo più lungo di 5 ns, la distribuzione del segnale del cluster al variare del ritardo di fase introdotto dal PLL, in un run acquisito in deconvolution mode con fascio impulsato a 25 ns. La struttura periodica della distribuzione riproduce l evoluzione temporale del segnale delle particelle che hanno attraversato il rivelatore nei bunch crossing successivi all istante di trigger. Infatti, in deconvolution mode, se nel sistema di lettura già sincronizzato viene introdotto uno sfasamento superiore a 25 ns, è possibile acquisire l informazione relativa ai bunch crossing precedenti o successivi a quello di trigger. Alla distribuzione in Fig. 4.6, è stato sovrapposto il valore di picco del segnale dei cluster, acquisiti in intervalli consecutivi della durata di 5 ns. Per distinguere i bunch crossing adiacenti, sono stati usati alternativamente punti di colore rosso e blu. Si nota che il profilo del segnale di una particella si estende nella finestra temporale dei bunch crossing adiacenti, causando da una parte l aumento dei cluster individuati allo stesso istante, dall altra la sottostima del segnale del cluster stesso. La contaminazione è tanto maggiore quanto più il campionamento avviene lontano dal valore di picco del segnale, e provoca l aumento del data rate e la mancata assegnazione dell evento al bunch crossing corretto.

94 88 Studio dei rivelatori al silicio a microstrisce Norm.Signal(ADC counts) Ampl = ADCcounts τ = ns T peak = 7.4 ns Norm.Signal(ADC counts) Ampl = 24.3 ADCcounts τ = ns σ = 2.9 T peak = 26. ns 5 5 Norm.Signal(ADC counts) 5 5 S Clus Ampl = 24.9 ADCcounts 35 τ = 47.3 ns T peak = 7. ns Norm.Signal(ADC counts) S Clus Ampl = ADCcounts 35 τ = ns σ = T peak = 26.4 ns Norm.Signal(ADC counts) Norm.Signal(ADC counts) 5 S Seed Ampl = 2.78 ADCcounts T peak = 49.8 ns S High Ampl =.73 ADCcounts T peak = 45.6 ns 3 2 Norm.Signal(ADC counts) Norm.Signal(ADC counts) 5 S Seed Ampl = 3.69 ADCcounts 3 T peak = 9.87 ns S High Ampl = 2.2 ADCcounts T peak = 8.74 ns S Low -3-4 S Low PLL Delay (ns) PLL Delay (ns) 2; 8, in peak (a sinistra) e Figura 4.4: Evoluzione temporale del segnale del cluster e delle tre strisce maggiori, per gli eventi nella regione η deconvolution mode(a destra).

95 4. Il test di sistema con fascio da 25 ns (beam test 23) 89 Norm.Signal(ADC counts) Ampl = ADCcounts τ = 52.3 ns T peak = ns Norm.Signal(ADC counts) Ampl = 23.5 ADCcounts τ = 3.44 ns σ = 4.6 T peak = ns 5 5 Norm.Signal(ADC counts) 5 5 S Clus Ampl = 4.37 ADCcounts 7.5 τ = 56.5 ns T peak = 72.7 ns Norm.Signal(ADC counts) S Clus Ampl = 4.73 ADCcounts 7.5 τ = ns σ = T peak = ns S Seed 5 S Seed Norm.Signal(ADC counts) Ampl = 8 ADCcounts 7.5 τ = 48.9 ns T peak = 7.89 ns Norm.Signal(ADC counts) Ampl = 7.2 ADCcounts τ = ns 2 σ = 5.7 T peak = ns S High -2-4 S High Norm.Signal(ADC counts) Ampl = 2.3 ADCcounts T peak = 48.4 ns 3 2 Norm.Signal(ADC counts) Ampl = 2.68 ADCcounts T peak = 8.72 ns S Low -3-4 S Low PLL Delay (ns) PLL Delay (ns) 2; 8, in peak (a sinistra) e Figura 4.5: Evoluzione temporale del segnale del cluster e delle tre strisce maggiori, per gli eventi nella regione η deconvolution mode(a destra).

96 9 Studio dei rivelatori al silicio a microstrisce Signal (ADC counts) TIB2 Deconvolution Mode HV = 4 V I SHA = 5 V FS = PLL Delay (ns) Figura 4.6: Distribuzione del segnale del cluster in deconvolution mode al variare del ritardo di fase inserito dal PLL. Alla distribuzione è sovrapposto il valore di picco del segnale valutato in intervalli consecutivi della durata di 5 ns. La distribuzione è tagliata a 6 ADC counts, per effetto dei tagli di selezione del cluster. Uniformità della risposta del rivelatore Scopo di questo studio è verificare quanto la risposta del rivelatore dipende dalla posizione di passaggio della particella attraverso il sensore. Il rumore e il rapporto S/N del cluster sono stati analizzati in funzione della posizione del cluster stesso nella direzione ortogonale alle strisce di lettura. Ciascun cluster è stato associato alla striscia n-sima se la sua posizione (in unità di passo) cade nell intervallo n 2 ;n 2. Al fine di accumulare una sufficiente popolazione statistica su ciascuna striscia, è stato acquisito un gran numero di eventi mantenendo stabili le condizioni sperimentali per tutta la durata del run. L uso del fascio di pioni, più intenso di quello di muoni, ha permesso di acquisire rapidamente gli eventi e di soddisfare il requisito di stabilità. Sono state prese in considerazione per l analisi solo le regioni dei rivelatori illuminate dal fascio: il terzo e quarto chip del modulo TIB2 e il primo

97 4. Il test di sistema con fascio da 25 ns (beam test 23) 9 Noise (ADC counts) Entries unif. =.2 unif. =.25 Entries 2446 Mean RMS.336E / 8 P P2.265 P3.335E Noise (ADC counts) a) Cluster position (stripnb) Noise (ADC counts) unif. =.3 b) Cluster position (stripnb) Figura 4.7: Distribuzione del rumore del cluster in funzione della sua posizione, per i moduli TIB2 (a) e TIB5 (b), operanti in deconvolution mode. In (c) è riportato un esempio del fit gaussiano sui dati relativi ad una striscia, utilizzato per estrarre il rumore medio. chip del TIB5 (Fig. 4.2). Per ciascuna striscia sono stati acquisiti più di 3 eventi. I moduli sono stati polarizzati con una tensione di 35 V. Per ciascuna grandezza ricostruita, l uniformità di risposta del rivelatore è stata stimata come rapporto rms/media dei valori misurati sulle varie strisce. In Fig. 4.7 è mostrata la distribuzione del rumore del cluster in funzione della striscia a cui è associato, per i moduli TIB2 (a) e TIB5 (b), operanti in deconvolution mode. Gli effetti di bordo presenti nell APV25 possono produrre un aumento del rumore del cluster in corrispondenza dei suoi estremi; però con l opportuna configurazione del grounding del modulo e l uso di condensatori di disaccoppiamento che filtrano il rumore indotto dall esterno, l incremento del rumore è mantenuto sotto controllo e non desta preoccupazione. In Fig. 4.7 (a) è mostrato anche un esempio del fit gaussiano sui dati relativi ad una striscia, utilizzato per estrarre il rumore medio. In ciascuna figura è indicato anche il valore del parametro di uniformità calcolato per ciascun APV25. L uniformità media del rivelatore nella regione letta da un APV25 è di 2 6, dove si è indicato l errore statistico sulle misure relative ai tre chip. Nella misura sono inclusi i canali periferici degli APV25, purchè sia stata raccolta sufficiente statistica su di essi. La stessa analisi condotta su un campione di dati in peak mode, fornisce un fattore di uniformità di 8 3. In Fig. 4.8 è riportata la distribuzione del rapporto S/N del cluster in funzione della striscia a cui è associato, per i moduli TIB2 (a) e TIB5 (b), operanti in deconvolution mode. La distribuzione del rapporto S/N per i cluster relativi ad

98 92 Studio dei rivelatori al silicio a microstrisce S/N 3 25 unif. =.28 unif. =.8 S/N 3 25 unif. = Entries 3 25 Entries / P P P a) 5 b) S/N Cluster position (stripnb) Cluster position (stripnb) Figura 4.8: Distribuzione del rapporto S/Ndel cluster in funzione della striscia a cui è associato, per i moduli TIB2 (a) e TIB5 (b), operanti in deconvolution mode. La distribuzione del rapporto S/N per i cluster relativi ad una striscia è riportato in (c) una striscia è riportato in Fig. 4.8 (c). Il rapporto S/N è leggermente inferiore in prossimità dei bordi dei chip, a causa del maggiore rumore, ma complessivamente il fattore di uniformità è di In peak mode è di Conclusioni I risultati di questo test di sistema hanno messo in evidenza le prestazioni di alto livello di una struttura complessa di moduli TIB. La struttura soddisfa i requisiti di basso rumore, uniformità e stabilità richiesti per operare nell ambiente complesso di LHC. Sulla base dei risultati ottenuti si è quindi proceduto alla produzione in massa dei rivelatori ed all integrazione dei componenti sulla struttura di supporto finale, in prospettiva di studi più complessi prima della fase di installazione e commissioning del SST.

99 4.2 Effetto delle HIP sulle prestazioni del SST Effetto delle HIP sulle prestazioni del SST Le collisioni nucleari inelastiche di adroni incidenti sui sensori di silicio possono generare particelle secondarie altamente ionizzati (Highly Ionising Particles, HIP) che depositano nel sensore una quantità di energia pari a diverse centinaia di volte quella relativa a particelle al minimo di ionizzazione (MIP). L ampio segnale generato da questi eventi di HIP può temporaneamente saturare l APV25, causando tempo morto ed inefficienza nel sistema d acquisizione dati del SST. In questa sezione viene riportato lo studio di tale fenomeno condotto attraverso l analisi di due beam test dedicati. [74]. Nel paragrafo seguente viene riportata la problematica generale. Il set-up sperimentale ed il sistema di acquisizione dati sono descritti nel Nel è presentata la misura della probabilità di un evento HIP. Lo studio della fase di recupero dell APV25 dopo un evento di HIP è riportata nei due successivi paragrafi, in cui si esamina l evoluzione temporale della baseline ( 4.2.4) e l efficienza di ricostruzione del segnale di MIP ( 4.2.5). Infine nel vengono esaminate le implicazioni di un evento di HIP per le prestazioni attese del SST Fenomenologia degli eventi di HIP Le interazioni inelastiche tra gli adroni ed i nuclei di silicio possono ionizzare sensibilmente il volume del sensore attraverso la produzione di HIP, quali nuclei di rinculo e frammenti nucleari. Sebbene siano eventi rari, dell ordine di 3 per adrone incidente, l energia depositata è sino a tre ordini di grandezza maggiore di quella tipicamente rilasciata da una particella al minimo di ionizzazione 5. Si é osservato che, a seguito di un evento di HIP, l APV25 satura introducendo un significativo tempo morto nel sistema di lettura del rivelatore. Gli eventi di HIP sono facilmente identificabili grazie alla caratteristica risposta dell APV25. Un tipico evento di HIP è mostrato in Fig. 4.9, in cui è riportata l ampiezza d impulso dei dati letti in un sensore affetto da un evento di HIP per i 52 canali dell APV25 (dopo la sottrazione del valore di piedistallo). Nel secondo chip si osserva un ampio segnale in corrispondenza dei canali su cui è stato raccolto il deposito di energia indotto dalla HIP, mentre l ampiezza del segnale per tutti i rimanenti canali è significativamente soppressa. I chip adiacenti a quello interessato dall evento di HIP non subiscono, invece, alcun effetto. 5 Una particella al minimo di ionizzazione deposita 44 kev in 5 µm di silicio e produce 4 coppie e h.

100 94 Studio dei rivelatori al silicio a microstrisce ADC counts Ped APV APV2 APV3 APV4 CM = Strip number Figura 4.9: Ampiezza d impulso dei dati sottratti di piedistallo, per i 52 canali di un APV25 in un modulo TOB. Il secondo chip mostra l andamento del segnale a seguito del passaggio di una HIP. Il cluster sulla destra dell APV25 consta di diverse strisce di lettura saturate. L ampio valore negativo del common mode è riportato nella figura. Simulazione delle interazioni nucleari nei sensori al silicio Attraverso studi di simulazione [76] è stato possibile comprendere la fenomenologia delle interazioni nucleari nei sensori al silicio, e stimare il rilascio medio d energia nei sensori del SST. Si è così appreso che lo spettro di energia dei frammenti nucleari pesanti (Z ) prodotti nel silicio é abbastanza indipendente dall energia della particella incidente e non si estende oltre MeV: un maggiore deposito a d energia richiede, quindi, la presenza di più particelle. Inoltre, i frammenti nucleari pesanti hanno un cammino medio inferiore µm [77]. Lo spettro d energia delle particelle leggere (pioni, protoni) dipende invece dall energia della particella incidente, e la massima densità lineare di energia persa a kev è dell ordine di kev µm. Quindi le particelle leggere hanno generalmente un lungo range nel silicio, e possono contribuire significativamente al deposito totale di energia in un sensore al silicio di CMS. In Fig. 4.2 (linea continua) è riportata, in funzione dell energia minima depositata (E dep ), la probabilità che nell interazione πsi si verifichi un deposito di energia maggiore del valore E dep. I pioni considerati hanno energia di 2 MeV ed incidono perpendicolarmente su un sensore di 5 µm di spessore. Al grafico sono sovrapposte le medesime curve di probabilità per sensori TIB e TOB, ricavate simulando lo scenario di LHC: i moduli sono quindi attraversati da tutti i tipi di adroni che è previsto passino nella regione del TIB e del TOB ad LHC, con lo spettro di energia predetto e una distribuzione isotropica dell angolo di incidenza, per tener conto dei differenti angoli di incidenza attesi ad LHC. Tutte le probabilità sono normalizzate ad uno spessore di silicio di 5 µm. Le curve sono relativamente piatte sino a circa MeV e si riducono rapidamente oltre questa energia. Il deposito massimo d energia previsto è 2 MeV, che corrisponde a 4 MIPs

101 4.2 Effetto delle HIP sulle prestazioni del SST 95 Probability(E > E dep ) [per 5 µm] MeV at normal incidence CMS TIB (32 µm) CMS TOB (5 µm) Energy deposition (E dep ) per event [MeV] Figura 4.2: Curve di probabilità integrale del deposito di energia per gli adroni incidenti sui sensori TIB e TOB, con lo spettro di energia atteso nelle regioni del TIB e TOB. Per confronto è mostrata la curva relativa a pioni da 2 MeV incidenti su un sensore spesso 5 µm [76]. in 5 µm di silicio. Le distribuzioni di probabilità relative agli adroni che attraversano i sensori TIB e TOB sono più basse rispetto alla distribuzione relativa ai pioni da 2 MeV a causa della minore sezione d urto media d interazione: infatti il campione di adroni contiene particelle di diverso tipo e con energia anche inferiore a 2 MeV. Il flusso di adroni per il più interno ed il più esterno layer di sensori del SST è riportato in Tab. 4.3; il flusso di pioni costituisce nel primo layer circa 8% del totale, mentre l effetto del campo magnetico da 4 T riduce il flusso di particelle cariche a meno del 4% nell ultimo layer. Descrizione del comportamento dell APV25 Le simulazioni predicono che il deposito di energia più probabile a seguito delle interazioni nucleari inelastiche nei sensori al silicio è di MeV. A seguito di un tale rilascio di energia si ha saturazione dei canali dell APV25 che processano il segnale indotto dalla HIP. Questi canali sono dunque insensibili alla rivelazione di ulteriori segnali per diverse centinaia di ns. Anche i rimanenti canali dello stesso chip subiscono l effetto della HIP a causa del crosstalk tra canali adiacenti

102 96 Studio dei rivelatori al silicio a microstrisce Tabella 4.3: Flusso di adroni [cm 2 s ] previsto attraverso i sensori dei layer più interno e più esterno del SST di CMS (nella regione del barrel) al LHC, alla luminosità di 34 cm 2 s. Gli errori riportati riflettono le fluttuazioni statistiche della simulazione [76]. Raggio [cm] 22 5 Pioni Protoni Kaoni Neutroni 2 MeV Adroni 2 MeV Figura 4.2: Schema di alimentazione dello stadio di invertitore di un canale dell APV25. Tutti i 28 invertitori di un APV25 sono alimentati con una tensione di 2 5 Volt, attraverso una singola resistenza R inv. enfatizzato dallo schema di alimentazione degli stadi di invertitore (inverter) e formatore (shaper). Per tutti i 28 canali di un chip tale alimentazione é derivata da una stessa linea di tensione di +2.5 V, attraverso una singola resistenza di invertitore (R inv ) che all epoca di questo studio (nel 22) aveva valore nominale di Ω (Fig. 4.2). Questo schema di alimentazione ha il vantaggio di rimuovere efficacemente la

103 4.2 Effetto delle HIP sulle prestazioni del SST 97 6 Number of Events CM min Common Mode (ADC counts) Figura 4.22: Distribuzione del rumore di common mode per un APV25 di un modulo TOB. La coda è conseguenza del comportamento dell APV25 in risposta ad un evento di HIP. La freccia punta al valore di common mode in corrispondenza del quale il chip satura. componente di common mode dal segnale di ciascuna striscia, comportando una baseline stabile nelle normali condizioni operative del chip [79]. Tale stabilità è messa in evidenza dall ampio picco a zero nella distribuzione del rumore di common mode osservato per un rivelatore illuminato con un fascio di pioni da 3 MeV c (Fig. 4.22). Tuttavia, in presenza di un ampio segnale su uno o più canali dell APV25, si osserva una importante variazione d ampiezza dei segnali processati dai restanti canali del chip stesso (Fig. 4.9). Tale variazione, di polarità opposta all ampio segnale in ingresso, è interpretata come un valore di common mode negativo, che riduce il livello della baseline ed è responsabile della lunga coda negativa presente nella distribuzione in Fig Il picco osservato nella distribuzione in corrispondenza del valore minimo del common mode (CM min ) è dovuto alla saturazione di tutti i canali del chip. L ampiezza di impulso non può infatti ridursi oltre il livello di tensione corrispondente al digital dell APV25 ( 3.6). Perciò il deposito di energia causato da una HIP può essere sufficientemente ampio da rendere tutto il chip, temporaneamente, insensibile a segnali successivi, il che si traduce in un tempo morto per la regione del rivelatore letta dal chip stesso. Studi di simulazione [8] e misure di laboratorio [75, 8] predicono che una resistenza di invertitore inferiore a quella nominale di Ω è in grado di moderare l influenza degli eventi di HIP sull APV25, poiché fornisce maggiore potenza all inverter e allo shaper. Riducendo il valore di R inv, si ottiene una minore variazione dell ampiezza di impulso del segnale di ciascun canale, tempi morti più brevi, ed un aumento dell energia di soglia che causa inefficienza.

104 98 Studio dei rivelatori al silicio a microstrisce Il setup sperimentale e il sistema di acquisizione dei beam test Il beam test al PSI Dalle simulazioni Monte Carlo, risulta che la più importante sorgente di eventi di HIP nel SST saranno i pioni di bassa energia presenti negli eventi di minimum bias. È per questo motivo che è stato effettuato un beam test dedicato allo studio delle HIP con il fascio di pioni da 3 MeV c prodotto dall acceleratore del Paul Scherrer Institut (PSI, Villigen - Svizzera) [82]. Al valore di 3 MeV c corrispondono sia il valore più probabile per i pioni generati negli eventi di minimum bias ad LHC, sia il massimo della sezione d urto di interazione πsi in corrispondenza della risonanza 232. L esperimento è stato condotto nell area sperimentale πm che fornisce un fascio di pioni ad alta risoluzione, con impulso compreso tra e 5 MeV c. Il sistema può operare in entrambe le polarità, dando così accesso a π, π e protoni da 3 MeV c; per i protoni questo corrisponde ad una energia cinetica di circa 5 MeV. Dodici moduli non irraggiati sono stati esposti simultaneamente al fascio. I moduli appartengono ad una serie prototipo prodotta all inizio del 22 ed erano equipaggiati con le più recenti componenti allora disponibili: erano dunque quanto di più possibile vicino ai moduli che verranno usati nel SST. Il fascio incideva perpendicolarmente sui moduli disposti in cascata lungo la linea del fascio nel seguente ordine: tre moduli TIB, tre moduli TEC e sei moduli TOB. Ciascuno dei dodici moduli ha 52 strisce, ed è letto da quattro APV25. Al fine di studiare la dipendenza del tempo morto e dell efficienza dell APV25 da R inv, alcuni moduli sono stati equipaggiati con resistenza di invertitore di valore diverso da quello nominale di Ω. I tre moduli TIB hanno dimensione cm 2, spessore di 32 µm ed un passo di lettura di 2 µm. Il secondo modulo (seguendo la direzione del fascio) era equipaggiato con resistenze di invertitore da 5 Ω. I moduli erano polarizzati alla tensione di 24 V (il secondo modulo) e 3 V (gli altri due) 6. I tre moduli TEC hanno le dimensioni caratteristiche di un modulo del ring 6 (W6A+B): di forma trapezoidale (di cm di larghezza e 8.7 cm di altezza) e con passo variabile da 63 a 24 µm, montano sensori da 5 µm di spessore. La tensione di lavoro per i tre moduli era di 5 V. Tutti e tre i moduli erano equipaggiati con resistenze R inv del valore nominale di Ω. I sei moduli TOB hanno dimensioni cm 2, e sensori di 5 µm di spessore e 83 µm di passo. Quattro moduli erano equipaggiati con resistenze 6 A causa di problemi di trasporto i due APV25 centrali del primo modulo erano disconnessi, per cui il primo modulo TIB non è stato utilizzato nell analisi.

105 4.2 Effetto delle HIP sulle prestazioni del SST 99 Figura 4.23: Schema della disposizione dei moduli sul fascio. Sono mostrate le due scatole, ciascuna contenente sei moduli, ed il sistema di scintillatori/fotomoltiplicatori (PM, PM2, PM3) del sistema di trigger. R inv modificate, rispettivamente da 5 Ω (il primo, il secondo e il quinto modulo) e da 75 Ω (il terzo). I moduli erano polarizzati con una tensione di 2 V. I dodici moduli, ciascuno fissato su un supporto metallico, erano collocati in due scatole di bachelite (Fig. 4.23). Nelle scatole veniva fatto flussare azoto per mantenere l ambiente secco, ed era usato un sistema di raffreddamento ad acqua per rimuovere il calore dell elettronica. Il sistema era termostatato alla temperatura ambiente. In aggiunta al modulo, ciascun supporto metallico montava una scheda elettronica di interfaccia per il controllo dell elettronica di front end e per il trasferimento dei segnali dagli APV25 agli ADC, attraverso un cavo in rame di.5 m di lunghezza. Solo i sensori e gli ibridi erano esposti al fascio, tutte le componenti elettroniche non radiation hard erano protette dall alone del fascio con un collimatore in rame. In Fig è riportato il profilo del fascio ricostruito attraverso la posizione dei cluster negli undici moduli funzionanti. Si nota l effetto dello scattering multiplo coulombiano che tende a rendere gaussiano il profilo del fascio negli ultimi moduli. La frequenza dei bunch dell acceleratore era di 5 Mhz, mentre la frequenza dell elettronica è di 4 Mhz (pari alla frequenza di clock del LHC). Per garantire l acquisizione dei soli eventi in fase con il clock dell elettronica, il trigger era consentito solo quando il clock del PSI e degli APV25 coincidevano, quindi ogni ns. Il trigger era ottenuto con la coincidenza dei segnali di due fotomoltiplicatori connessi allo stesso scintillatore (85 x 3 x 3 mm 3 ), posto davanti alle due scatole. Un secondo contatore di area più ampia, posto a valle del sistema sperimentale, è

106 Studio dei rivelatori al silicio a microstrisce Figura 4.24: Profilo del fascio attraverso tutti i piani di rivelazione (eccetto il primo TIB non funzionante). Si nota l effetto dello scattering multiplo coulombiano che tende a rendere gaussiano il profilo del fascio negli ultimi moduli. stato utilizzato, in alcuni studi, per arricchire il campione di eventi e per rimuovere la contaminazione di protoni dal campione di π. Inoltre, nella logica di trigger è stato introdotto un pre-filtro per evitare di acquisire eventi quando ancora i chip stavano recuperando dall effetto di un precedente evento di HIP. Il pre-filtro, consistente in un veto della durata di 32 ns prima di qualsiasi trigger acquisito, assicura che nessuna particella abbia attraversato il sistema nei 32 ns precedenti l evento acquisito. I dati sono stati acquisiti secondo due diverse modalità di trigger, a seconda degli studi condotti. Per misurare la probabilità degli eventi di HIP, il segnale di trigger era prodotto dalla coincidenza dei due fotomoltiplicatori posti davanti alle scatole (PM e PM2). Al fine di studiare la fase di recupero dell APV25 successiva ad un evento di HIP, è stata introdotta una sequenza di trigger che consente di generare dopo un trigger di particella una sequenza di trigger software separati l uno dall altro da 75 ns. Usando l APV25 nella modalità multi-mode [6], è possibile acquisire tre campioni di dati consecutivi in peak mode per ciascun trigger ricevuto. Questa configurazione è detta multi-trigger mode e permette di studiare l evoluzione temporale degli APV nei 75 ns successivi all evento di HIP, attraverso 3 istantanee consecutive (frame). Dato che negli eventi di HIP la particella viene fermata nel rivelatore, per arricchire il campione è stato utilizzato il contatore posteriore in anticoincidenza con i due anteriori. La modalità multi-trigger non è stata usata in deconvolution mode, dove è richiesta una sincronizzazione del sistema al meglio dei 5 ns, che non è stato possibile raggiungere con l elettronica modificata per l adattamento alle condizioni del PSI. Ne consegue che lo studio dell evoluzione temporale dell APV25 è stato effettuato solo in peak mode. Nella misura della frequenza degli eventi di HIP, sono state impiegate diverse

107 4.2 Effetto delle HIP sulle prestazioni del SST tipologie di fascio, π da 3 MeV/c a bassa intensità (I 5 KHz, con pre-filtro), media intensità (I 3 KHz, con e senza pre-filtro), alta intensità (I.2 MHz, con prefiltro), π da 3 MeV/c (I 25 KHz, con pre-filtro, con gli APV25 operanti in modalità invertente e no) e fascio di protoni da 5 MeV di energia cinetica. Il beam test ad X5 Un ampio programma di misure è stato realizzato durante il beam test condotto al PSI. Al fine di fornire delle nuove misure complementari ad una energia diversa è stato realizzato un secondo beam test presso l area sperimentale X5 del CERN. Il setup era essenzialmente lo stesso che nel beam test del PSI. Nel seguito verranno descritti solo le differenze e le principali caratteristiche che distinguevano questo beam test dal precedente. È stato utilizzato un fascio impulsato di π di 2 GeV/c di momento, avente struttura temporale analoga a quella del fascio utilizzato nel beam test del Maggio 23. Il fascio aveva un intensità totale di 6 π per ciclo, ed una sezione trasversa di circa cm 2, per un intensità istantanea di circa 2 KHz/mm 2, confrontabile con le condizioni di LHC. Sono stati testati su fascio solo sei moduli TOB con resistenze R inv = Ω, eccetto che il secondo e il quarto (lungo la linea del fascio) equipaggiati con resistenze da 5 Ω 7. Di fronte alla scatola contenente i moduli era posta una struttura con moduli TEC sotto test: l aumento della quantità di materiale di fronte al sistema di moduli rovinava la purezza del fascio. Il trigger era ottenuto con un contatore a scintillazione di dimensioni 5 cm 2. Non essendoci problemi di sincronizzazione tra il clock dell acceleratore e quello dell elettronica, entrambi a 4 MHz, è stata utilizzata l elettronica di trigger standard, che ha permesso una opportuna sincronizzazione del sistema e l uso degli APV25 in deconvolution mode, con lo stadio invertente sia abilitato che disabilitato, per studiarne l effetto in un evento di HIP Misura della probabilità di un evento di HIP Gli eventi di HIP sono identificati sulla base della risposta dell APV25 in corrispondenza dell elevato rilascio di energia avvenuto nel sensore. L evento di HIP è individuato da un ampio spostamento verso il basso del livello della baseline dell APV25, e da un segnale maggiore di ADC counts su un numero limitato di canali dell APV25, indicante l avvenuto rilascio di una grande frazione d energia. La concomitanza di queste due condizioni e l uso del pre-filtro nel 7 Il quinto modulo ha manifestato da subito problemi, per cui é stato escluso dall acquisizione dati, e non è stato usato nell analisi

108 2 Studio dei rivelatori al silicio a microstrisce trigger assicurano di non individuare erroneamente come nuovo evento di HIP, un caso in cui l APV25 sta ancora recuperando dopo un precedente evento di HIP. Come già discusso nel 4.2., lo spostamento della baseline è trattato come un caso particolare di fluttuazione di common mode (CM). Il CM è valutato evento per evento come la mediana della distribuzione dei raw data sottratti di piedistallo. Sono escluse dal calcolo le 32 strisce con segnale più elevato e le 6 con segnale più basso, in modo da trascurare i canali morti o quelli con il segnale di particella. La probabilità integrale di un evento di HIP (P hip ) è misurata contando il numero di eventi (N hip ) in cui il livello di common mode è inferiore alla soglia CM cut. N hip è quindi normalizzato al numero totale di particelle incidenti su un singolo sensore (N track ), secondo la formula: N hip P hip CM cut CM CM cut (4.) N track Il numero totale di particelle incidenti è definito come il prodotto N track N tot trig M clust del numero totale di trigger esaminati (N tot trig ) e della molteplicità media (M clust ) di cluster prodotti nel modulo per evento. La molteplicità dipende sia dalla configurazione del fascio che dalle condizioni del trigger. Una maniera alternativa di esprimere il livello di common mode è quella di normalizzare il valore di CM al modulo del minimo valore possibile (CM min ) che dipende dai parametri dell APV25, in particolare il parametro VPSP 8. Si introduce il common mode ratio (CMR) definito come CMR CM CM min (4.2) La variabile CMR fornisce l informazione di quanto la baseline si è spostata nel range dinamico dell APV25, trattando tutti i chip in maniera consistente. In questo modo un CMR corrisponde a dei dati in cui la baseline è al suo valore nominale, mentre un CMR corrisponde ad una baseline completamente soppressa al valore minimo del range dinamico dell APV25. La probabilità degli eventi di HIP può essere espressa anche in funzione della soglia CMR cut. Misura con pioni da 3 MeV/c La probabilità di un evento di HIP al passaggio di pioni da 3 MeV c è stata misurata sia con il fascio di π, a bassa ed alta intensità, che di π a diverse 8 Il parametro VPSP permette di variare la posizione della baseline dell APV25 agendo sui livelli di tensione del filtro di deconvoluzione APSP ( 3.6).

109 ) 4.2 Effetto delle HIP sulle prestazioni del SST 3 Prob. per particle ( -3 ) TOB R inv = Ω TOB R inv = 75 Ω TOB R inv = 5 Ω TEC R inv = Ω TIB R inv = Ω TIB R inv = 5 Ω High-I π - 3 MeV/c CMR cut Figura 4.25: Probabilità integrale di un evento di HIP [per pione da 3 MeV c e per sensore] in funzione di CMR cut, misurata nelle varie configurazioni dei moduli, con un fascio di π ad alta intensità. Gli APV25 operavano in peak e inverting mode. Le barre d errore rappresentano gli errori statistici. intensità; con gli APV25 operanti in peak mode, sia con lo stadio di invertitore abilitato che disabilitato. In Fig e 4.26 sono riportate le curve di probabilità integrale per un evento di HIP, misurate rispettivamente in funzione del CMR cut e CM cut, con il fascio di π ad alta intensità. Le curve forniscono la probabilità per pione incidente e per sensore di osservare un CMR (CM) inferiore alla soglia CMR cut (CM cut ). Le curve sono distinte a seconda del tipo di modulo (TIB, TOB, TEC) e del valore di R inv (5, 75 e Ω). In Fig il punto più a sinistra di ciascuna curva rappresenta il minimo valore osservabile di common mode (CM min ). Quando si considerano moduli di diverso spessore, equipaggiati con lo stesso valore di resistenza di invertitore, si osserva che la probabilità di HIP scala con il P TOB hip Tale risultato è atteso, dato che la probabilità di un fattore P TIB hip evento di HIP dipende da due fattori legati allo spessore del sensore: la lunghezza di interazione nucleare πsi e la perdita di energia per ionizzazione dei frammenti nucleari prodotti. La probabilità di osservare un evento con la baseline completamente soppressa (CMR cut è minore di 3 per pione e per sensore, per tutte le configurazioni studiate. In Tab. 4.4 è riportata in dettaglio la probabilità di eventi di HIP misurata per

110 4) 9) 4 Studio dei rivelatori al silicio a microstrisce Prob. per particle ( -3 ) TOB R inv = Ω TOB R inv = 75 Ω TOB R inv = 5 Ω TEC R inv = Ω TIB R inv = Ω TIB R inv = 5 Ω High-I π - 3 MeV/c CM cut (ADC counts) Figura 4.26: Probabilità integrale di un evento di HIP [per pione da 3 MeV c e per sensore] in funzione di CM cut, misurata nelle varie configurazioni dei moduli, con un fascio di π ad alta intensità. Gli APV25 operavano in peak e inverting mode. Le barre d errore rappresentano gli errori statistici. Tabella 4.4: Probabilità di un evento di HIP, P hip, in corrispondenza di diverse soglie, misurate per varie configurazioni dei moduli, illuminati da un fascio di π da 3 MeV c Modulo P hip [ 4 per pione per sensore] e R inv [Ω] CM cut ( CM cut ( CMR cut (.8) TIB TIB TEC TOB TOB TOB vari valori di CM cut e CMR cut. Ciascuna misura corrisponde al valor medio delle misure per ogni categoria di moduli, e gli errori riportati sono di tipo statistico. La principale incertezza sistematica nella misura della probabilità di HIP è la determinazione della molteplicità media M clus. Le misure includono tutti gli effetti indotti dal fascio primario di pioni nel passaggio attraverso i dodici moduli testati. Sono incluse situazioni come la formazione di frammenti nucleari che emergono dal volume del sensore in cui è avvenuto l evento di HIP, attraversano i moduli

111 4.2 Effetto delle HIP sulle prestazioni del SST 5 Prob. per particle ( -3 ) R inv = Ω R inv = 5 Ω low-i π - low-i π - high-i π - high-i π - π + π + π + (Inv. OFF) π + (Inv. OFF) TIB π 3 MeV/c CM cut (ADC counts) Figura 4.27: Probabilità integrale di un evento di HIP [per pione da 3 MeV c e per sensore] in funzione di CM cut, misurata per moduli TIB nelle varie configurazioni del fascio. Gli APV25 operavano in peak e inverting mode. Le barre d errore rappresentano gli errori statistici. successivi rilasciandovi una gran parte della loro energia. Vi sono poi eventi in cui le tracce non sono ortogonali ai sensori, e di conseguenza percorrono più spazio al loro interno, e ancora back-scattering di pioni a seguito dell interazione nel sensore o nella struttura di supporto. Confrontando le misure su un medesimo modulo e nelle stesse condizioni sperimentali, ma in diversi run di dati, si osserva una variazione del 5 %. La consistenza delle misure ottenute variando la configurazione degli APV25 e del fascio è un importante test per stimare le incertezze sistematiche e verificare la riproducibilità della misura. In Fig sono riportate in dettaglio le curve di probabilità, in funzione di CM cut, per i moduli TIB equipaggiati con R inv =5 Ω e R inv = Ω. Allo stesso modo in Fig sono riportate le curve per i moduli TEC e TOB equipaggiati con R inv =5 Ω e R inv =75 Ω. Le curve mostrano che c è una ragionevole consistenza tra i risultati ottenuti in differenti condizioni: la probabilità di HIP è indipendente dalla carica del pione (il che riflette la confrontabile sezione d urto π Si e π Si ), dall intensità del fascio e dalle condizioni operative dell APV25 (stadio di invertitore abilitato o meno). Il rapporto P 5Ω hip P Ω hip tra le misure effettuate su moduli con R inv =5 Ω e R inv = Ω mette in evidenza l effetto dovuto alla sola resistenza di invertitore nella probabilità di generare uno spostamento della baseline 9. Il rapporto medio 9 Per definizione, la probabilità di un evento di HIP dipende sia dalle sezioni d urto del processo

112 6 Studio dei rivelatori al silicio a microstrisce Rate per module ( -3 ) high-i π - π + π + (Inv. OFF) TEC R inv = Ω π 3 MeV/c (a) CM cut (ADC counts) Rate per module ( -3 ) low-i π - high-i π - π + π + (Inv. OFF) TOB R inv = 5 Ω π 3 MeV/c (b) CM cut (ADC counts) Prob. per particle ( -3 ) low-i π - TOB R inv = 75 - Ω high-i π - π + π + (Inv. OFF) π 3 MeV/c (c) CM cut (ADC counts) Figura 4.28: Probabilità integrale di un evento di HIP, in diverse condizioni del fascio e dei parametri degli APV25 per (a) moduli TEC, (b) moduli TOB equipaggiati con R inv =5 Ω e (c) con R inv =75 Ω Per ciascun gruppo dei tre moduli é riportato il valor medio e l errore sulla media. Un lieve spostamento del punti rispetto al valore CM cut è stato applicato al fine di evitare la sovrapposizione delle barre d errore. πsi e dalla conseguente ionizzazione del mezzo, sia dalla risposta dell APV25 a questo rilascio di energia.

113 4) 9) 4.2 Effetto delle HIP sulle prestazioni del SST 7 Tabella 4.5: Probabilità di un evento di HIP, P hip, in corrispondenza di diverse soglie, misurate per varie configurazioni dei moduli, illuminati da un fascio di π da 2 GeV c. Gli APV25 operavano in deconvolution inverting mode. Gli errori riportati sono di tipo statistico. Modulo P hip [ 4 per pione per sensore] e R inv [Ω] CM cut ( CM cut ( CMR cut (.8) TOB TOB P 5Ω hip P Ω hip su tutto l intervallo di CM cut, è uguale a 8 6 per i moduli TOB e 59 per i moduli TIB. Misura con pioni da 2 GeV/c Durante il beam test eseguito ad X5 sono stati acquisiti dati in tre distinte condizioni operative degli APV25: in deconvolution mode, con stadio d invertitore sia abilitato che disabilitato, e in peak mode con stadio d invertitore disabilitato. In Fig sono riportate le curve di probabilità integrale in funzione di CM cut per i moduli TOB, distinti in base al valore di R inv (5 o Ω) e alle condizioni operative degli APV25. La Tab. 4.5 riporta i valori dettagliati di probabilità per vari valori di CM cut e CMR cut. Le misure di probabilità sono compatibili con quelle effettuate al PSI, ma sono meno evidenti le differenze tra moduli operanti nelle diverse modalità, con R inv =5 Ω o Ω. Questa differenza rispetto alle misure ottenute nel precedente beam test è dovuta alla presenza di maggiori sorgenti di incertezza. La presenza di altro materiale a monte del sistema sperimentale, agisce come pre-shower, creando un alta molteplicità di particelle per evento (M clus 2 35); particelle a basso impulso e molto inclinate. Queste particelle hanno un elevata probabilità di rilasciare molta energia nei sensori, e quindi di introdurre effetti sistematici nelle misure. Selezionando solo eventi in cui è presente un solo cluster nei primi due moduli TOB, la misura di probabilità si riduce del 3-4 %. Inoltre l assenza di un opportuno pre-filter nella logica di trigger, rende non trascurabile la possibilità di sovrapposizione di eventi di HIP. Infatti si osserva una variazione del 22 % nella misura di probabilità, se si varia da 4 a 2 ADC counts, la soglia sul segnale del cluster di HIP, usata per selezionare l evento.

114 8 Studio dei rivelatori al silicio a microstrisce Rate per module ( -3 ) Rate per module ( -3 ) dec. Inv. ON dec. Inv. OFF Peak Inv. OFF π 2 GeV/c R inv = 5 Ω dec. Inv. ON dec. Inv. OFF Peak Inv. OFF CM cut (ADC counts) π 2 GeV/c R inv = Ω CM cut (ADC counts) (a) (b) Figura 4.29: Probabilità integrale di un evento di HIP [per pione da 2 GeV c e per sensore] in funzione di CM cut, misurata per moduli TOB equipaggiati con R inv = 5Ω (a) e R inv = Ω (b). Le barre d errore rappresentano gli errori statistici sulle misure ottenute da moduli nelle stesse condizioni. Confronto delle misure di probabilità con le simulazioni Al fine di confrontare le misure di probabilità ottenute nei beam test con le previsioni delle simulazioni descritte in 4.2., è necessario stabilire una relazione tra l energia depositata e lo spostamento della baseline. Assumendo che tale relazione sia lineare [74, 79], è possibile calibrare la costante di proporzionalità usando i dati acquisiti al PSI in alcuni run con protoni da 5 MeV di energia cinetica ( 3 MeV c di impulso). L equazione di Bethe-Bloch [83] predice che i protoni

115 9 2; 4.2 Effetto delle HIP sulle prestazioni del SST 9 TEC TEC 2 TEC 3 CM (ADC counts) Figura 4.3: Distribuzione del valore di common mode per i moduli TEC con fascio di protoni da 3 MeV/c. da 3 MeV c rilasciano per ionizzazione in 5 µm di silicio una energia media di circa MeV ( 6 MIPs). Il deposito d energia è sufficientemente elevato da poter osservare uno spostamento della baseline. In Fig. 4.3 è mostrata la distribuzione del common mode nei moduli TEC esposti al fascio di protoni. Un chiaro accumulo di eventi è visibile per CM ADC counts. L assunzione di relazione lineare implica che il deposito di energia necessario per avere uno spostamento della baseline da -9 a -3 ADC counts è di 6-9 MeV. Questo valore è dello stesso ordine di grandezza del valore di energia necessario per causare la saturazione dell APV25 ottenuto da misure di laboratorio [75]. La probabilità di osservare un rilascio di energia di almeno MeV, come mostrato in Fig. 4.2, è predetta 8 4 per pione per 5 µm di spessore di silicio. Questo valore è da confrontare con la misura sperimentale di (7.9.5) 4 per i moduli TOB in corrispondenza della soglia CM cut ADC counts, come riportato in Tab Tenendo in conto le incertezze della simulazione e delle misure sperimentali si può affermare che la misura di probabilità degli eventi di HIP generati da pioni è in buon accordo con la

116 Studio dei rivelatori al silicio a microstrisce predizione della simulazione Evoluzione della baseline dell APV25 dopo un evento di HIP A seguito di un evento di HIP, la baseline dell APV25 si sposta verso il basso, per poi ritornare lentamente, ed in maniera non uniforme, al suo livello di partenza. In questo paragrafo si riporta lo studio dell evoluzione temporale della baseline indirizzando l attenzione prima alla distorsione subita dalla baseline, poi al tempo necessario al recupero dell APV25. Distorsione della baseline I dati dei beam test mostrano che il livello di common mode di un APV25, dopo un evento di HIP, non è uniforme sui 28 canali del chip (Fig. 4.3). Questo è un problema serio, dato che durante la presa dati nell esperimento CMS, la sottrazione del common mode sarà eseguita dai FED come parte dell algoritmo di zero-suppression ( 3.5). L algoritmo usato deve essere efficiente ed allo stesso tempo semplice al fine di essere implementato nel FPGA dei FED. L attuale algoritmo stima il valore di common mode come la mediana dei raw data sottratti di piedistallo dei 28 canali. Implicitamente si assume che il livello di common mode sia uniforme su tutto il chip. Un rumore di common mode non uniforme può comportare la perdita di efficienza di rivelazione per alcuni canali e la comparsa di falsi cluster su altri canali. Per stimare la non uniformità della baseline il valore di common mode è stato calcolato usando l algoritmo della mediana su gruppi contigui di 6 canali. La dispersione di questi valori, valutata misurandone l rms, è stata riportata in Fig in funzione del tempo trascorso dall evento di HIP, espresso in ns. I dati sono relativi ai moduli equipaggiati con R inv = 5 Ω, operanti in deconvolution mode. Per confronto, in figura è riportata la medesima misura relativa ad un APV25 non affetto da HIP. La massima deformazione della baseline la si riscontra subito dopo l evento di HIP, e perdura in maniera consistente per oltre 3 ns. Dopo 7 ns non si ha ancora la totale scomparsa della deformazione. La formazione di falsi cluster (fake cluster) a seguito di un evento di HIP può influenzare in modo significativo il data rate atteso nel SST. È stato quindi stimato il numero di fake cluster (e di fake strip componenti il cluster), in funzione del tempo trascorso da un evento di HIP. La ricostruzione dei cluster e la sottrazione del common mode é stata eseguita usando gli algoritmi attualmente implementati per la zero-suppression nel FED [62]. I cluster sono definiti come gruppi di canali aventi rapporto S/N maggiore di 2 ed almeno un canale con S N 5. La misura del

117 4.2 Effetto delle HIP sulle prestazioni del SST Pedestal Subtr. Data (ADC counts) Spread APV with HIP Standard APV Module Channel Time (ns) Figura 4.3: Esempio di andamento della baseline in un modulo affetto da un evento di HIP al PSI. Il terzo APV25 del modulo mostra una significativa distorsione della baseline. Figura 4.32: Evoluzione temporale della dispersione dei valori di CM calcolati su gruppi contigui di 6 canali dell APV25. Sono messi a confronto gli andamenti in corrispondenza di un APV25 operante in condizioni standard e dopo un evento di HIP. La dispersione è stimata come rms della distribuzione dei valori. common mode è effettuata usando l algoritmo della mediana sui segnali delle 28 strisce. Per verificare se si può trarre beneficio da algoritmi più complessi, l analisi è stata ripetuta valutando il common mode su gruppi di 64, 32 o 6 canali contigui. Nella costruzione del cluster è stato introdotto l ulteriore taglio sull ampiezza massima del cluster pari a 5, o 5 strisce. Nella misura di fake cluster e fake strip sono stati esclusi i cluster veri dovuti al passaggio di particelle, individuati usando l informazione del modulo anteriore a quello che ha subito un evento di HIP. In Fig è riportato il numero medio di fake cluster e fake strip in funzione del tempo trascorso dall evento di HIP. I dati sono relativi al beam test condotto a X5 con gli APV25 operanti in deconvolution mode con lo stadio di invertitore abilitato. I risultati sono distinti in base al valore della R inv =5 e Ω e del numero di strisce su cui é stato calcolato il common mode (28 o 6 strisce). Nel caso di 28 strisce, i moduli equipaggiati con R inv =5 Ω presentano molti più fake cluster e fake strip nei primi 3 ns rispetto ai moduli con R inv = Ω. In Tab. 4.6 è riportato il numero totale di fake cluster (N cluster ) e fake strip (N strip )

118 2 Studio dei rivelatori al silicio a microstrisce 28 strip grouping for CM 6 strip grouping for CM Nclusters a) 5 Ω Ω Nclusters.8 b) 5 Ω Ω Time (ns) Time (ns) 28 strip grouping for CM 6 strip grouping for CM Nstrips 4 2 c) 5 Ω Ω Nstrips.8 d) 5 Ω Ω Time (ns) Time (ns) Figura 4.33: Numero medio di fake cluster (a,b) e fake strip (c,d) in funzione del tempo trascorso da un evento di HIP, per dati acquisiti in deconvolution mode e invertitore abilitato. Si notino le differenti scale verticali. prodotti per HIP, nei 7 ns successivi ad un evento di HIP. Tali valori saranno usati nel per determinare l effetto dei fake cluster sul data rate atteso per il SST. I risultati della tabella sono suddivisi in diverse categorie in base alle differenti condizioni che possono influenzare la misura. Le categorie sono distinte a seconda della configurazione dell APV25 (peak o deconvolution mode, invertitore abilitato

119 4.2 Effetto delle HIP sulle prestazioni del SST 3 Tabella 4.6: Numero totale di fake cluster (N cluster ) e di fake strip (N strip ), nei 75 ns successivi ad un evento di HIP. I risultati sono suddivisi sulla base della configurazione degli APV25, del valore di R inv, e dell algoritmo di zero suppression adottato. I risultati relativi al beam test di X5, in deconvolution mode, sono stati moltiplicati per un fattore tre, per rapportarli ai risultati in peak mode. Test-Beam R inv APV config. Zero Suppression N cluster N strip (Ω) Deconv. Inv. X5 5 y y standard X5 5 y y N CM strip X5 5 y y Width clus X5 5 y y Width clus X5 y y standard X5 y y N CM strip X5 y y Width clus X5 y y Width clus X5 5 y n standard X5 y n standard X5 5 n n standard X5 n n standard PSI 5 n y standard PSI n y standard o disabilitato), del valore di R inv (5 o Ω), del tipo di algoritmo di ricerca del cluster e di misura del common mode. Durante il beam test di X5 i dati erano acquisiti ogni 75 ns, a differenza del beam test del PSI in cui erano acquisiti ogni 25 ns. Ne consegue che il numero di fake cluster e fake strip in quest ultimo caso è circa tre volte di più rispetto al primo caso. Per riportare tutto a 25 ns, i dati di X5 sono stati moltiplicati per tre, supponendo che, in prima approssimazione, il numero di fake cluster e fake strip non vari su una scala temporale inferiore a 75 ns. In Fig si può notare che il numero di fake cluster e fake strip non va a zero entro il periodo d osservazione di 7 ns. Di conseguenza i risultati della Tab. 4.6 sottostimano il numero di fake cluster e fake strip.

120 ), 4 Studio dei rivelatori al silicio a microstrisce Fase di recupero della baseline L evoluzione temporale della baseline dell APV25 dopo un evento di HIP è stata studiata nelle diverse configurazione dell APV25, e per i diversi valori di R inv. Il comportamento della baseline viene qui descritto attraverso il common mode ratio (CMR) (definito in eq. 4.2) che permette di trattare in maniera uniforme tutti gli APV25, indipendentemente dal valore di CM min di ciascuno. Risultati in peak mode Nelle Fig (a-d) è riportata l evoluzione del CMR dopo un evento di HIP, osservata negli eventi in peak mode, per i moduli TOB equipaggiati con R inv = 5 e Ω, e con lo stadio di invertitore abilitato. Gli eventi in cui la baseline è all inizio solo parzialmente soppressa (CMR 95) sono riportati nelle figure a) e c). Nelle figure b) e d) é mostrato l andamento temporale della baseline negli eventi in cui si ha una completa saturazione dell APV25 (CMR 95). Si possono distinguere due classi di eventi: nella prima sono inclusi tutti gli eventi in cui la baseline ha recuperato in circa 25 ns dopo l evento di HIP, indipendentemente dal minimo valore raggiunto dalla baseline; nella seconda classe la baseline è inizialmente saturata (CMR vi rimane per circa 2 ns, e quindi torna lentamente al suo valore standard. In alcuni eventi la baseline ha un overshoot prima di tornare al suo livello standard. Il tempo in cui la baseline è completamente saturata fornisce una indicazione del tempo morto dell APV25 a seguito di un evento di HIP. In Fig è riportato il valor medio di CMR in funzione del tempo trascorso dall evento di HIP, per gli eventi in cui inizialmente CMR 95. Le curve distinguono i moduli TIB, TOB e TEC equipaggiati con R inv = 5 e Ω. Dalla figura risulta che i moduli con R inv = 5 Ω recuperano più rapidamente, raggiungendo il valore CMR = in circa 3 ns, rispetto ai 4 ns dei moduli con R inv = Ω. In entrambi i casi si osserva un overshoot non trascurabile, che perdura per diverse centinaia di ns. Risultati in deconvolution mode L evoluzione temporale dell APV25 in deconvolution mode è stata studiata per i moduli TOB attraverso i dati acquisiti nel beam test ad X5, ed è riportata nelle Fig (a-d), relative alla acquisizione con l invertitore abilitato. Confrontando queste misure con quelle relative alla lettura in peak mode è evidente che il tempo di recupero degli APV25 è più lungo in deconvolution che in peak mode. Allo stesso modo il tempo di saturazione degli APV25 è più lungo, come risulta evidente dal confronto delle Fig (b,d) con le Fig (b,d).

121 4.2 Effetto delle HIP sulle prestazioni del SST 5 CMR Ω a) t (ns) CMR Ω c) t (ns) CMR Ω b) t (ns) CMR Ω d) t (ns) Figura 4.34: Evoluzione temporale della baseline degli APV25 operanti in peak mode, espressa in termini di CMR, per i moduli TOB equipaggiati con R inv Ω (sinistra) and R inv 5 Ω (destra), con l invertitore abilitato. Gli eventi di HIP sono distinti a seconda che CMR 95 (a,c) e CMR 95 (b,d) CMR TIB 5 Ω TOB 5 Ω TOB 75 Ω TOB Ω TEC Ω t (ns) Figura 4.35: Evoluzione temporale del CMR medio dopo un evento di HIP, per i moduli TIB, TOB e TEC equipaggiati con R inv 5 e Ω.

122 6 Studio dei rivelatori al silicio a microstrisce CMR CMR Ω Ω a) t (ns) b) t (ns) CMR CMR Ω 5 Ω c) t (ns) d) t (ns) Figura 4.36: Evoluzione temporale della baseline degli APV25 operanti in deconvolution mode, espressa in termini di CMR, per i moduli TOB equipaggiati con R inv Ω (sinistra) and R inv 5 Ω (destra), con l invertitore abilitato. Gli eventi di HIP sono distinti a seconda che CMR 95 (a,c) e CMR 95 (b,d) CMR TOB 5 Ω TOB Ω t (ns) Figura 4.37: Evoluzione temporale del CMR medio dopo un evento di HIP, per i moduli TOB equipaggiati con R inv 5 e Ω.

123 4.2 Effetto delle HIP sulle prestazioni del SST 7 In Fig è riportato il valor medio di CMR in funzione del tempo trascorso dall evento di HIP, per gli eventi in cui inizialmente CMR 95. Le curve distinguono i moduli TOB equipaggiati con R inv = 5 Ω da quelli con R inv = Ω. Come nei dati in peak mode, la riduzione del valore di R inv comporta una riduzione del tempo di recupero della baseline. La frazione di eventi in cui la baseline é completamente saturata è abbastanza dipendente dai parametri degli APV25. In media si trova che in circa il 4% degli eventi di HIP la baseline è saturata. Risultati con l invertitore disabilitato Nelle Fig e 4.39 è riportata l evoluzione temporale della baseline dell APV25, rispettivamente in peak e deconvolution mode, nella configurazione con lo stadio di invertitore disabilitato, (R inv and 5 Ω). Dalle figure risulta che il tempo di recupero in deconvolution mode è più lungo che in peak mode. Confrontando le varie classi di eventi con le corrispondenti classi mostrate nelle Fig e 4.36, si evince che il tempo di recupero dell APV25 è più rapido se il chip opera con lo stadio di invertitore disabilitato Misura dell efficienza dell APV25 In questa sezione viene esaminata l evoluzione temporale dell efficienza di rivelazione di una MIP da parte di un APV25 affetto da un evento di HIP. L uso dei dati acquisiti in multi-trigger mode consente di seguire tale evoluzione durante i 75 ns successivi all evento di HIP, in 3 successive istantanee (frame) acquisite ad intervalli di 25 ns l una dall altra. Il metodo seguito per la misura dell efficienza richiede che siano ricostruite le tracce delle MIP che attraversano il sistema nei 75 ns successivi all evento di HIP. Le tracce sono ricostruite utilizzando le informazioni di tutti i moduli, eccetto quello affetto da HIP. Su quest ultimo si estrapola il punto di passaggio di ciascuna traccia e si verifica che nell intorno sia stato ricostruito un cluster. Sono stati studiati solo i dati acquisiti al PSI in peak mode, poiché nel beam test condotto ad X5 il fascio era poco intenso e la probabilità di avere una particella nei 75 ns successivi all evento di HIP era pressoché nulla. La ricostruzione di traccia richiede la conoscenza accurata delle posizioni dei rivelatori lungo il fascio. Lo studio è stato dunque condotto solo sui moduli TOB di cui erano note con precisione le posizioni relative all interno della scatola che li conteneva.

124 8 Studio dei rivelatori al silicio a microstrisce CMR CMR Ω Ω a) t (ns) b) t (ns) CMR CMR Ω 5 Ω c) t (ns) d) t (ns) Figura 4.38: Evoluzione temporale della baseline degli APV25 operanti in peak mode, espressa in termini di CMR, per i moduli TOB equipaggiati con R inv Ω (sinistra) and R inv 5 Ω (destra), con l invertitore disabilitato. Gli eventi di HIP sono distinti a seconda che CMR 95 (a,c) e CMR 95 (b,d). CMR CMR Ω Ω a) t (ns) b) t (ns) CMR CMR Ω 5 Ω c) t (ns) d) t (ns) Figura 4.39: Evoluzione temporale della baseline degli APV25 operanti in deconvolution mode, espressa in termini di CMR, per i moduli TOB equipaggiati con R inv Ω (sinistra) and R inv 5 Ω (destra), con l invertitore disabilitato. Gli eventi di HIP sono distinti a seconda che CMR 95 (a,c) e CMR 95 (b,d).

125 4.2 Effetto delle HIP sulle prestazioni del SST 9 L algoritmo di ricostruzione di traccia Il multi-trigger mode è una configurazione speciale, che ha consentito di effettuare questi studi di efficienza, ma non fa parte della normale acquisizione dati dai rivelatori del SST. Per effettuare la ricostruzione di traccia è stato necessario sviluppare un algoritmo di tracciamento diverso da quelli comunemente adottati nei beam test, adeguato alle peculiarità dei dati raccolti. In multi-trigger mode, infatti, la ricostruzione di traccia può essere inficiata dalle seguenti sorgenti d errore: comparsa di falsi cluster, dovuti all andamento irregolare della baseline come discusso al 4.2.4; persistenza della stessa traccia in molti frame consecutivi: a causa della bassa risoluzione temporale dell APV25 quando opera in peak mode (in questo caso i segnali persistono per oltre ns). Nel calcolo del numero totale di MIP che attraversano il sistema è importante non utilizzare la stessa traccia anche nei frame precedenti e successivi a quello in cui il segnale è campionato al picco; molteplicità di cluster ricostruiti nello stesso istante: l intensità elevata del fascio e la persistenza delle tracce, rende molto probabile che in uno stesso istante siano individuati i cluster di più tracce. Nella ricostruzione di traccie aumenta il numero di combinazioni possibili tra cluster e la probabilità di ricostruire false tracce. Nell algoritmo di ricostruzione sono state adottate varie soluzioni per risolvere questi problemi. Sono considerati solo eventi in cui un solo modulo è affetto da HIP. Gli altri cinque moduli contribuiscono tutti alla ricostruzione delle tracce, che si richiede abbiano cinque cluster ciascuna. Sono esclusi tutti i cluster presenti nell evento di HIP, sia nel frame della HIP che in quelli seguenti, per evitare di ricostruire la traccia della HIP. La ricostruzione parte dal modulo su cui sono stati individuati più cluster. Ciascuno di questi cluster è detto seed della traccia. Utilizzando i cluster degli altri moduli, in tutte le combinazioni possibili, vengono ricostruite tutte le possibili tracce con un fit lineare. Nel caso alla fine della procedura vi siano più tracce ricostruite, viene selezionata la combinazione cui corrisponde il χ 2 minore. Per ogni seed cluster è dunque ricostruita al più una traccia. Al fine di ridurre il numero di combinazioni da provare e per evitare la selezione di false tracce si richiede che sia soddisfatto un requisito geometrico: la traccia ricostruita deve aver attraversato tutto il sistema di dodici moduli. Ciò definisce

126 2 Studio dei rivelatori al silicio a microstrisce Figura 4.4: Esempio dell algoritmo di ricostruzione regionale di traccia applicato ad un tipico evento. Per ciascuno dei seed cluster nel modulo di riferimento (in questo caso il TOB) sono state evidenziate le regioni entro cui viene eseguita la ricostruzione di traccia. Le frecce puntano ai bordi del primo modulo TIB, e definiscono due degli angoli di accettanza geometrica. una regione fiduciale a partire da ciascun seed cluster, al cui interno avviene la ricostruzione delle possibili tracce. Un esempio della ricostruzione regionale è riportato in Fig Nel caso di più tracce presenti nello stesso frame, viene effettuato il controllo che nessuna sia costruita a partire dagli stessi cluster, altrimenti viene eliminata quella con il χ 2 peggiore. Le tracce di una stessa particella, i cui segnali persistono in frame consecutivi, sono individuate sulla base di un confronto geometrico e sono utilizzate una sola volta, nel frame in cui è massimo il segnale della traccia, definito come la media dei segnali dei suoi cluster. In Fig. 4.4 è riportata l evoluzione temporale del segnale della traccia, nei frame precedenti e successivi a quello in cui la traccia è stata utilizzata ( t ). Ciascun punto corrisponde al valore di picco della distribuzione del segnale della traccia. Il profilo temporale è quello tipico di un segnale di MIP formato dallo stadio di amplificazione CR-RC dell APV25. Si richiede infine che le tracce ricostruite abbiano un χ dof 2 2. L algoritmo è stato implementato in linguaggio. Le distribuzioni dei residui tra la posizione estrapolata della traccia su un rivelatore e la posizione del corrispondente cluster ricostruito dal rivelatore stesso (Fig. 4.42) sono piccate a zero, con RMS.57 in unità di passo. Un valore ottimo considerato che la ricostruzione di traccia avviene solo su una vista prospettica

127 4.2 Effetto delle HIP sulle prestazioni del SST 2 Signal (ADC counts) Standard APV APV with HIP t (ns) Figura 4.4: Evoluzione temporale del segnale della traccia, definito come la media dei segnali dei cluster che definiscono la traccia stessa. L origine dell asse temporale corrisponde all istante in cui la traccia è utilizzata. e non sono state corrette eventuali rotazioni relative dei moduli. L allineamento dei moduli è stato eseguito utilizzando iterativamente lo stesso programma di ricostruzione, correggendo volta per volta l offset di ciascun modulo. Le distribuzioni del segnale dei cluster con cui sono state ricostruite le tracce sono riportate in Fig. 4.43, e mostrano l andamento tipico della distribuzione di Landau. Allo stesso modo in Fig sono mostrate le distribuzioni di Landau del segnale del cluster che è stato ricostruito sul modulo affetto da HIP ed associato ad una traccia di MIP. Le due distribuzioni distinguono il caso in cui la MIP ha attraversato l APV25 affetto da HIP, (a), o uno in condizioni standard, (b). L eccesso di eventi in Fig (a), in corrispondenza di 5 ADC counts è relativa ad eventi avvenuti nei frame finali del treno di trigger quando, a causa dell overshoot della baseline, non è stato possibile stimare correttamente il valore della raccolta di carica. Efficienza di rivelazione di MIP L efficienza di un APV25 di rivelare il passaggio di una MIP è ottenuta considerando tutte le tracce di MIP che attraversano la regione del rivelatore letta dal chip stesso. L efficienza è definita come la frazione di eventi in cui almeno un cluster è individuato nell intorno della posizione estrapolata dalla traccia sul

128 4ADC 22 Studio dei rivelatori al silicio a microstrisce Number of events TOB TOB2 TOB TOB4 TOB5 TOB x (number of strips) Figura 4.42: Distribuzione dei residui tra la posizione attesa e quella osservata dei cluster associati ad una traccia, per ciascun modulo TOB, in unità di passo (83 µm). piano di rivelazione del modulo. Poiché la distribuzione dei residui tra la posizione estrapolata e misurata dei cluster ha RMS di 5 strisce, l intorno della posizione estrapolata in cui cercare un cluster è stato scelto in modo conservativo pari a 5 strisce. Nell eventualità di due tracce che attraversano contemporaneamente la stessa regione del rivelatore, uno stesso cluster non può essere associato ad entrambe le tracce. È stata così esclusa la possibilità di doppi conteggi. Per valutare l effetto delle HIP sull efficienza dell APV25 è necessario rendere la misura indipendente dalle altre possibili fonti di inefficienza, sia quelle intrinseche dei rivelatori, sia quelle dovute all algoritmo di ricostruzione dei cluster e delle tracce. A tal fine l efficienza di un APV25 affetto da un evento di HIP è stata normalizzata all efficienza di rivelazione di un APV25 standard, non affetto da HIP. I risultati riportati nelle successive figure sono ottenuti selezionando gli eventi di HIP con il taglio CM cut counts. A causa del ritardo inserito nel

129 4.2 Effetto delle HIP sulle prestazioni del SST 23 Entries TOB 4 TOB2 4 TOB TOB4 4 TOB5 4 TOB Signal (ADC counts) Figura 4.43: Distribuzione del segnale dei cluster associati ad una traccia, per ciascun modulo TOB. sistema di trigger, l evento di HIP in genere avviene a circa ns dopo la partenza del treno di 3 trigger. Per cui il taglio CM cut è applicato al valore minimo del common mode, piuttosto che in corrispondenza del primo trigger, e la scala dei tempi mostrata nelle successive misure è riferita all istante del minimo, ragion per cui il fondoscala non è a 75 ns. In Fig (a) è riportata l efficienza di rivelazione di MIP per gli APV25 non affetti da un evento di HIP. L efficienza è 98, indipendentemente dal tempo trascorso dall evento di HIP al passaggio della MIP. In figura è anche mostrata l efficienza di ricostruzione per gli APV25 affetti da HIP, distinguendo gli eventi in cui l APV25 inizialmente è in saturazione da quelli in cui non lo è. Nel primo caso, l efficienza è prossima a zero nei ns successivi all evento di HIP, ed aumenta quando la baseline inizia a recuperare. Nel caso di APV25 non saturati, il tempo di recupero è più breve: il valore iniziale della curva d efficienza è 5, e supera.9 già dopo 25 ns. Purtroppo la durata di soli 75 ns della sequenza di multi-trigger

130 24 Studio dei rivelatori al silicio a microstrisce 7 Entries Entries Number of events a) Number of events b) Signal (ADC counts) Signal (ADC counts) Figura 4.44: Distribuzione del segnale dei cluster di MIP ricostruiti dagli APV25 affetti dall evento HIP (a) e in quelli standard (b) Efficiency.6.4 Efficiency Standard APV.2 5 Ω Not saturated APV Saturated APV t (ns) a) Ω t (ns) b) Figura 4.45: Efficienza di rivelazione di un cluster di MIP, in funzione del tempo trascorso dall evento di HIP, distinta per APV25 standard e affetti da HIP, indipendentemente dal valore di R inv (a) e per APV25 affetti da HIP, equipaggiati con R inv = 5 o Ω (b). non permette di osservare la saturazione ad. della curva di efficienza. In Fig (b) è riportato l andamento dell efficienza per gli APV25 affetti da un evento di HIP, distinti in base al valore di R inv con cui erano equipaggiati i rispettivi moduli (indipendentemente dal livello di saturazione della baseline). L efficienza dei moduli con R inv = 5 Ω è maggiore di circa il 2% rispetto a quella dei moduli con R inv = Ω. Dopo circa 5 ns, l efficienza raggiunge.95 per gli

131 4.2 Effetto delle HIP sulle prestazioni del SST strips grouping.2 6 strips grouping.8.8 Efficiency.6.4 Efficiency Standard APV APV with HIP a).2 Standard APV APV with HIP b) t (ns) t (ns) Figura 4.46: Efficienza di rivelazione di un cluster di MIP, in funzione del tempo trascorso dall evento di HIP, per APV25 standard e affetti da HIP, con sottrazione del common mode su 28 (a) o 6 (b) strisce. APV25 con R inv = 5 Ω, mentre è solo.8 per quelli con R inv = Ω. Le misure mostrate nelle precedenti figure sono state ottenute calcolando il livello del common mode su 28 canali, nell ipotesi di baseline uniforme. Tuttavia durante la fase di recupero la baseline dell APV25 non è uniforme ( 4.2.4) e la sottrazione di common mode su gruppi inferiori di canali permette di seguire meglio l andamento della baseline, migliorando l efficienza di ricostruzione. In Fig (a,b) è riportata l efficienza globale di un APV25 affetto da HIP, indipendentemente dal valore di R inv e dal livello di saturazione della baseline. Le due figure mostrano l effetto della sottrazione di common mode rispettivamente su 28 e 6 canali. La maggiore differenza si nota nei primi ns successivi all evento di HIP, quando la baseline è più distorta. Applicando la sottrazione su un solo gruppo di 28 canali l efficienza risulta essere minore di.35 nei primi ns (a), mentre agendo su gruppi di 6 canali è circa.5. In Fig è riportato, per un APV25 affetto da HIP, il valore del common mode all istante in cui una traccia di MIP ha attraversato il sensore nella regione letta dal chip stesso. L intervallo di tempo è misurato rispetto all evento di HIP. Le due distribuzioni distinguono il caso in cui l APV25 è efficiente (a), e quindi un cluster è stato individuato nell intorno della traccia, rispetto al caso in cui l APV25 è inefficiente (b). Nel primo caso, si osserva che il common mode ritorna al suo valore standard in circa 25 ns dall evento di HIP. Gli APV25 inefficienti hanno tipicamente la baseline completamente saturata nei 2 ns successivi all evento di HIP, e tendono a recuperare in un tempo più lungo rispetto al caso (a).

132 26 Studio dei rivelatori al silicio a microstrisce CM value (ADC counts) Ω Ω a) CM value (ADC counts) Ω Ω b) t (ns) t (ns) Figura 4.47: Livello di common mode all istante di passaggio di una MIP per un APV25 affetto da HIP in t ns. Sono distinti i casi in cui il chip ha rivelato la MIP (a) e quelli in è stato inefficiente (b). È stato distinto il contributo dei moduli con R inv = 5 e Ω. Tabella 4.7: Inefficienza media di ricostruzione di MIP nei 75 ns successivi ad un evento di HIP. I risultati riportati, relativi ai moduli TOB e distinti per valore di R inv e metodo di sottrazione del common mode, corrispondono a due valori di taglio di selezione delle HIP (CM cut ). CM cut R inv Sottrazione del CM su gruppi di strisce (ADC counts) Ω Ω Ω Ω L inefficienza media nei 75 ns successivi all evento di HIP è ottenuta mediando le inefficienze calcolate su intervalli successivi di ns. In Fig è riportata l inefficienza media in funzione del valore di CM cut con cui sono stati selezionati gli eventi di HIP. Le barre d errore rappresentano l errore statistico propagato dai singoli contributi alla media. Le diverse curve distinguono i moduli equipaggiati con R inv = 5 e Ω, e la sottrazione di common mode su 6 e 28 canali. L inefficienza di ricostruzione di traccia è inferiore per i moduli con R inv = 5 Ω, a parità di metodo di sottrazione del CM. Per i moduli equipaggiati con la medesima R inv, la sottrazione del CM su 28 canali è più inefficiente rispetto a quella su 6 canali. Questi valori delle inefficienze medie sono riportati anche in Tab. 4.7 per due valori di CM cut.

133 4.2 Effetto delle HIP sulle prestazioni del SST Ω - 6 strips grouping 5 Ω - 28 strips grouping Ω - 6 strips grouping Ω - 28 strips grouping Inefficiency CM cut (ADC counts) Figura 4.48: Inefficienza media di un APV25 nei 75 ns successivi all evento di HIP, in funzione del valore di taglio con cui sono selezionati gli eventi di HIP. Le curve sono relative a moduli TOB equipaggiati con R inv = 5 e Ω, con sottrazione del common mode su 6 e 28 canali Effetto sulle prestazioni del SST L effetto degli eventi di HIP sulle prestazioni del SST può essere valutato in termini del suo contributo sia all inefficienza di ricostruzione di hit e tracce che all incremento del data rate a causa dell aumento dei fake cluster. Tali stime saranno dedotte in questo paragrafo utilizzando i risultati delle misure precedentemente descritte, per ricavare quantità come la lunghezza d interazione, la probabilità di un evento di HIP in CMS, l inefficienza media di un APV25 nel SST. Per adattare le misure effettuate alle condizioni di CMS, si fa uso anche dell informazione ottenuta da eventi simulati. La lunghezza di interazione (λ hip ) di un evento di HIP dovuto a pioni di 3 MeV c incidenti sul silicio é calcolata normalizzando la probabilità di un evento di HIP allo spessore di silicio attraversato (d), secondo l equazione: λ hip P hip d

134 4 28 Studio dei rivelatori al silicio a microstrisce Tabella 4.8: Lunghezza di interazione nucleare dei pioni da 3 MeV c (λ hip ), inefficienza media su 75 ns ( η) e η recovery corrispondenti ad un evento di HIP che causa uno spostamento della baseline di almeno -4 ADC counts. Sono distinti i casi R inv = 5 () Ω. Gli errori sono statistici. R inv (Ω) λ hip (cm) η η recovery 2 ) Nei due beam test eseguiti, le particelle incidevano perpendicolarmente sul silicio, quindi d è lo spessore del sensore. In Tab. 4.8 è riportata la misura media di λ hip per i moduli con R inv = 5 e Ω, ottenuta dalle misure di P hip in Tab. 4.4, in corrispondenza di CM cut ADC counts. Il rapporto dei valori di λ hip in corrispondenza di R inv = 5 e Ω è di 4 4. Sulla base delle misure di calibrazione effettuate con il fascio di protoni ( 4.2.3), un livello di common mode pari a -4 ADC counts equivale ad un deposito di energia di circa 3 MeV. La lunghezza d interazione predetta dalla simulazione in corrispondenza di E dep 3 MeV è 35 cm, in buon accordo con i valori riportati in Tab Quando si estrapolano queste misure alla condizione sperimentale di CMS, occorre considerare la dipendenza di λ hip dal tipo di particella e dallo spettro di energia. Come mostrato in Fig. 4.2, trascurando la dipendenza dal tipo di particella e dal valore d impulso si introduce circa il 5% di incertezza rispetto alla curva ottenuta con un fascio di pioni mono-energetici. Molto più importante è l effetto delle particelle a basso impulso, che rilasciano diversi MeV per ionizzazione, così come è stato osservato per il fascio di protoni nel beam test del PSI. L effetto di questi eventi non è incluso nella lunghezza di interazione λ hip misurata per un fascio di pioni, poiché l impulso di 3 MeV/c dei pioni era troppo elevato per causare questo effetto. Lo studio di eventi simulati di minimum bias nel SST mostra che solo i protoni possono rilasciare più di MeV per ionizzazione, con una probabilità che è circa volte maggiore della probabilità di un uguale rilascio a causa di interazione nucleare. Sotto i MeV le misure di laboratorio mostrano che non c è una significativa inefficienza indotta nell APV25 [75]. Gli eventi di pura ionizzazione sono tenuti in conto, dunque, applicando un fattore al cammino medio dei protoni nel silicio del SST. Ad LHC, sia a bassa che ad alta luminosità, la maggior parte delle interazioni tra particelle e sensori al silicio sarà dovuta agli eventi di minimum biase solo in ristrette regioni intorno ai jet adronici gli eventi di segnale contribuiranno significativamente alla densità di hit. Gli eventi di minimum bias consistono principalmente di pioni di

135 P η 4.2 Effetto delle HIP sulle prestazioni del SST 29 bassa energia, confinati dal campo magnetico di 4 T nella parte interna del SST. La probabilità media per APV25 che ad LHC, in un bunch crossing, avvenga un evento di HIP è data da: P hip i w i D i λ hip (4.3) dove la somma è estesa a tutti i tipi di particelle. Il parametro w i è il peso assegnato alle particelle di tipo i, corrispondente alla probabilità che questa particella produca ogni tipo di HIP (a seguito di interazione nucleare o per ionizzazione) rispetto alla probabilità che produca un evento di HIP solo per effetto della interazione nucleare. La variabile D i rappresenta il percorso totale medio nel sensore di tutte le particelle di tipo i che attraversano il sensore nella regione letta da un APV25. Il valore di i w i D i nel layer più interno (più esterno) del barrel del SST è pari a 48 µm ( µm). La stima è stata ottenuta simulando le condizioni di CMS in un run ad alta luminosità [74]. Inefficienza di ricostruzione di hit P hip rappresenta quanto un APV25 è inefficiente nel ricostruire il segnale di MIP in un bunch crossing, a causa di un evento di HIP avvenuto nel medesimo bunch crossing. Come mostrato in un APV25 può rimanere inefficiente per diversi bunch crossing successivi ad un evento di HIP (oltre 75 ns). L inefficienza dovuta ad un evento di HIP avvenuto in un precedente bunch crossing è: η recovery P hip 3 i η i 3 P hip η dove η i é l inefficienza misurata nell i-simo bunch crossing successivo ad un evento di HIP, e η è il valor medio su 3 bunch crossing successivi ad un evento di HIP, come misurato in e riportato in Tab L inefficienza totale di un APV ad un dato istante è la combinazione dei due effetti: η tot hip recovery P hip η recovery L inefficienza dovuta agli eventi di minimum bias nel primo layer del TIB è riportata in Tab. 4.8 per due diversi valori di R inv. Il rapporto dell inefficienza osservata con R inv = Ω rispetto a 5 Ω è L inefficienza dell APV25 dovuta ad un eventi di HIP è stata implementata nel codice di simulazione di CMS [85]. Nella fase di digitizzazione della simulazione ciascun APV25 è disabilitato con probabilità η tot, che varia da APV25 ad APV25

136 3 Studio dei rivelatori al silicio a microstrisce Tabella 4.9: Inefficienza di ricostruzione di hit causata da un evento di HIP nei moduli del SST equipaggiati con R inv = 5 Ω e attraversati da muoni isolati e da jet di b con energia trasversa di GeV. Senza eventi di HIP Con eventi di HIP Layer Muoni Isolati Muoni Isolati b-jet e da evento ad evento, dato che la componente P hip dipende dal numero di tracce che attraversano ciascun APV25 nell evento considerato. In Tab. 4.9 è riportata l inefficienza di ricostruzione degli hit delle tracce di un evento di segnale per i vari layer del barrel. Sono considerati due tipi di eventi di segnale: singolo muone e jet b b con energia trasversa E T GeV. I valori di inefficienza usati sono relativi alle misure P hip e η recovery relative alla configurazione con R inv = 5 Ω. L inefficienza raddoppia approssimativamente se si usano i valori relativi a R inv = Ω. Inefficienza di ricostruzione di tracce Nella ricostruzione di traccia in CMS, si dispone in media di più di punti per traccia, per cui la perdita di un hit non influenza l efficienza di ricostruzione di traccia. A seguito di scelte algoritmiche, perché il sistema tracciante sia inefficiente nella ricostruzione di una traccia è necessario che due piani consecutivi di rivelazione non abbiano rivelato il passaggio della traccia. Questa eventualità avviene con una probabilità η 2 tot. Usando i valori stimati in Tab. 4.9, tale inefficienza risulta essere dell ordine di.2% per eventi di singolo muone e.4% per eventi con b-jet. Usando una resistenza di invertitore da Ω l inefficienza può raggiungere il 2%. Questi valori sono stati verificati simulando gli eventi di HIP nel programma di ricostruzione di CMS. Persino nelle stime più conservative dell inefficienza di ricostruzione di hit, non si osservano variazioni importanti delle prestazioni del tracker. Effetto sul Data Rate del SST Nel è stato descritto il problema della generazione di fake cluster e fake hit a seguito di un evento di HIP. Questo fenomeno causa un aumento dell informazione

137 4.2 Effetto delle HIP sulle prestazioni del SST 3 Tabella 4.: Fake Data Rate per FED, dovuto ai fake cluster prodotti dalla baseline non uniforme, nella fase di recupero dopo un eventi di HIP. I risultati sono suddivisi sulla base della configurazione degli APV25, del valore di R inv, e dell algoritmo di zero suppression adottato. R inv APV config. Zero Suppression Fake data rate (Ω) Deconv. Inv. (MB/s/FED) 5 y y standard y y N CM strip y y Width clus 5 5 y y Width clus 6 y y standard 2 y y N CM strip 6 3 y y Width clus 5 7 y y Width clus 5 y n standard 8 y n standard 2 5 n n standard 6 2 n n standard n y standard 6 9 n y standard 7 6 che deve essere organizzata e trasferita dai FED allo stadio di HLT, quando un evento supera il L di trigger. La banda allocata per il trasferimento e la successiva analisi dei dati è limitata, e dunque il sistema potrebbe risultare sottodimensionato qualora vi fosse una elevata produzione di fake cluster e fake hit. Per ogni cluster il FED codifica l informazione ad esso relativa usando 2 byte per la posizione del cluster (posizione della prima striscia e ampiezza del cluster) e byte per ogni striscia del cluster stesso. Si definisce fake data rate il contributo dei fake cluster e dei fake hit al data rate di ciascun FED. Il fake data rate è stimato come Rate MB s T N apv P hip 2N cluster N strip 24 dove N apv 92 é il numero di APV25 letti da uno stesso FED, e T = 5 Hz é la frequenza di eventi che passano il L di trigger. In Tab. 4. è riportato il fake data rate calcolato per i moduli TIB del primo layer, in condizioni di alta luminosità, usando P hip se R inv = 5 Ω e se R inv = Ω. 2

138 32 Studio dei rivelatori al silicio a microstrisce Il fake data rate è di 3.3 (.2) MB/s per i sensori con R inv = 5 () Ω operanti in deconvolution mode. Questa quantità è meno del 3% del data rate atteso per il segnale e le altre sorgenti di rumore [84]. L uso di algoritmi di zero suppression più complicati di quello standard riducono ulteriormente tale contributo a spese di un aumento in complessità che non è giustificato dato il peso trascurabile del fake data rate. I dati in peak mode presentano un fake data rate maggiore rispetto al deconvolution mode, ma non è un problema visto che CMS acquisirà dati in deconvolution mode, a meno dei periodi di calibrazione Conclusioni L effetto degli eventi di HIP sul SST di CMS è stato studiato in modo dettagliato attraverso l analisi dei dati dei beam test condotti al PSI e nella zona X5 del CERN. Sono state valutate quantità come la probabilità di un evento di HIP e l inefficienza media indotta sull APV25 nei 75 ns successivi all evento. Queste misure sono state quindi combinate con la stima Monte Carlo del flusso di particelle atteso attraverso il SST, al fine di predire l inefficienza totale di ricostruzione di hit a causa di eventi di HIP. Nel layer più interno del barrel dell SST, dove l effetto è maggiore, l inefficienza di ricostruzione è.9.2 % (.8. %) per R inv = Ω (5 Ω). Dall insieme delle misure effettuate è emerso che un modulo equipaggiato con R inv = 5 Ω è meno affetto da eventi di HIP rispetto ad un modulo analogo equipaggiato con R inv = Ω. A seguito di questo risultato è stato modificato il disegno di progetto degli APV25, ponendo R inv = 5 Ω.

139 Capitolo 5 Simulazione e ricostruzione degli eventi nel rivelatore CMS Il canale di decadimento H ZZ è il canale favorito per la ricerca del bosone di Higgs nella regione di massa compresa tra 3 e 6 GeV c 2, poiché la particolare topologia, con quattro leptoni carichi e isolati nello stato finale, fornisce chiara evidenza sperimentale della sua esistenza. Se si distinguono poi i tre possibili stati finali (2e 2e, 2µ 2µ, e e µ µ ), si constata che il canale misto e e µ µ offre le migliori possibilità di scoperta, poiché permette di avere, a parità di luminosità integrata, una maggiore significatività statistica grazie al branching ratio doppio rispetto agli altri due canali di decadimento. Nell ambito della collaborazione CMS ho studiato la potenzialità di scoperta del bosone di Higgs nella regione di massa compresa tra 5 e 6 GeV c 2, attraverso il canale H ZZ e e µ µ. Per la prima volta questo canale di decadimento viene affrontato in modo dettagliato, utilizzando cioè la simulazione completa sia degli eventi fisici, di segnale e di fondo, che della risposta del rivelatore CMS. Il rivelatore, infatti, è descritto con la più accurata geometria disponibile che include, oltre alle parti attive dei sottorivelatori, anche le strutture di supporto, i cavi, l elettronica di front end. Infine gli algoritmi di ricostruzione utilizzati per l analisi sono l ultima versione disponibile dei programmi ufficiali della collaborazione CMS. In questo capitolo sono descritti gli strumenti software utilizzati per la generazione Monte Carlo degli eventi, per la simulazione del passaggio delle particelle attraverso il rivelatore CMS e per la simulazione della risposta del rivelatore stesso. Verranno inoltre introdotti gli algoritmi di ricostruzione di elettroni e muoni che sono stati utilizzati nello studio del canale di decadimento H ZZ e e µ µ. Nella seconda parte del capitolo sono affrontate due problematiche connesse con

140 34 Simulazione e ricostruzione degli eventi nel rivelatore CMS la ricostruzione e l identificazione degli elettroni, e vengono presentate le procedure sviluppate in questo lavoro di tesi al fine di superarle. La prima problematica è legata all emissione di radiazione di bremsstrahlung nella regione del tracker, che comporta un errata stima dell energia degli elettroni prodotti nel vertice di interazione primario. La seconda problematica riguarda la ricostruzione e la reiezione di falsi elettroni, cioé di jet ad elevata componente elettromagnetica che producono un segnale simile a quello di un elettrone isolato. 5. Simulazione degli eventi La simulazione Monte Carlo degli eventi pp all interno del rivelatore CMS è realizzata utilizzando in sequenza diversi software, ciascuno deputato alla realizzazione di uno specifico aspetto della simulazione. Si distinguono tre fasi: generazione dell evento, simulazione del rivelatore, simulazione della risposta del rivelatore (digitizzazione). Generazione dell evento La collisione tra due protoni con energia nel centro di massa di 4 TeV è simulata usando i generatori Monte Carlo di uso comune in fisica delle alte energie, quali PYTHIA [86] e CompHEP [87]. Il programma CMKIN [88] fornisce, all interno della collaborazione CMS, un interfaccia universale per l accesso ai generatori, per la scelta dei processi da generare e per la definizione dei parametri specifici della simulazione (funzioni di struttura, canali di decadimento, tagli cinematici). H Questi generatori simulano, ad ogni evento, un interazione pp con produzione degli stati finali richiesti (nel nostro caso pp X con H ZZ e e µ µ ). Al fine di rendere più realistica la simulazione dell ambiente del LHC, è necessario includere l effetto degli eventi di minimum bias, prodotti contemporaneamente all evento di interesse a seguito delle collisioni periferiche tra gli altri protoni dei due bunch. A bassa (alta) luminosità sono previsti in media 3.4 (7.2) eventi di minimum bias ad ogni collisione dei fasci, che si sovrappongono all evento di interesse influendo sensibilmente sulla capacità di ricostruirlo completamente ( 2..2). In questo stadio della catena di simulazione gli eventi di minimum bias (altrimenti detti eventi di pile-up ), sono stati generati separatamente dagli eventi di segnale, e vengono poi ad essi sovrapposti in una fase successiva. In tutti gli studi di fisica eseguiti dalla collaborazione CMS si utilizza il medesimo campione di eventi di minimum bias, prodotto con PYTHIA e contenente 2 k eventi di interazione inelastica pp con produzione di jet di QCD. Il processo da simulare in PYTHIA è selezionato attraverso il parametro MSEL. Nel caso della generazione degli eventi di minimum bias si è usato MSEL =.

141 y 5. Simulazione degli eventi 35 Simulazione del rivelatore La propagazione delle particelle generate attraverso il rivelatore è gestita dal pacchetto di simulazione CMSIM [89], un applicazione basata su GEANT3 [9]. CMSIM è utilizzato per descrivere i materiali e la geometria del rivelatore. La descrizione non si limita alle parti attive del rivelatore, ma include anche le strutture di supporto, i cavi e i servizi necessari per il funzionamento dei sottorivelatori. La geometria comprende inoltre una dettagliata mappa del campo magnetico all interno del rivelatore. CMSIM legge ciascun evento prodotto da CMKIN e simula gli effetti dell attraversamento del materiale: perdita di energia, scattering multiplo, formazione di sciami. Per ogni elemento attivo attraversato, tutte le informazioni relative al rilascio d energia (ampiezza, posizione, istante di tempo in cui è avvenuta) sono immagazzinate in un formato detto SimHit, in modo da disporre di tutti i dettagli necessari per simulare, nella successiva fase, la risposta del rivelatore. Al LHC le collisioni pp non avverranno esattamente nel centro del rivelatore CMS, ma saranno distribuite intorno ad esso, in una regione di dimensioni finite (beam spot). Tale effetto è incluso in questa fase della simulazione: il punto di collisione, generato da CMKIN nell origine del sistema di riferimento di CMS, viene disperso da CMSIM in modo casuale utilizzando tre distribuzioni di probabilità gaussiane indipendenti a media nulla. La dispersione lungo l asse z ha deviazione standard σ z 5 3 cm, la dispersione nel piano x ha σ x σ y 5 µm. A questo livello della catena di simulazione gli eventi di segnale e di minimum bias continuano ad essere simulati separatamente e solo nella successiva fase di digitizzazione vengono accorpati. Di recente è stato sviluppato un altro programma per la simulazione del rivelatore, OSCAR [9], basato su GEANT4 [92] e scritto in linguaggio. Un lungo e approfondito confronto tra CMSIM ed OSCAR ha dimostrato la compatibilità dei risultati ottenuti con i due programmi di simulazione [93], pertanto le future simulazioni saranno eseguite con OSCAR. Simulazione della risposta del rivelatore Il software di ricostruzione di CMS, ORCA (Object-oriented Reconstruction for CMS Analysis) [85] oltre agli strumenti propriamente finalizzati alla ricostruzione include anche il codice per la simulazione della risposta di ciascun sottorivelatore e per l applicazione della selezione di Livello- di trigger, che nell esperimento CMS sarà invece eseguita da sistemi hardware dedicati ( 2.2.6). Gli strumenti di ricostruzione implementati in ORCA sono utilizzati sia per la selezione di HLT che per la ricostruzione off-line e l analisi. In ORCA sono adottate le più moderne tecnologie di programmazione, tra cui

142 36 Simulazione e ricostruzione degli eventi nel rivelatore CMS la filosofia Object-Oriented e l implementazione in linguaggio. La struttura omogenea e modulare è garantita da un ulteriore software, COBRA (Coherent Object-oriented Base for simulation Reconstruction and Analysis) [94], che fornisce i servizi di base (accesso e scrittura dei dati, flusso dell informazione, ecc.) e gli strumenti (algoritmi matematici, istogrammi, routine di calcolo, ecc.) necessari alle funzionalità di ORCA. La risposta del rivelatore è simulata in ORCA a partire dall informazione contenuta nei SimHit, relativa all interazione delle particelle con il materiale attivo di ogni sottorivelatore. Per ciascun canale di lettura questa informazione è opportunamente convoluta con il meccanismo di formazione del segnale elettrico, che è specifico per ogni sottorivelatore. Il segnale risultante viene poi formato in base alla funzione di trasferimento dell elettronica di front end e ad esso è aggiunto il contributo di rumore del dispositivo. Date le dimensioni del rivelatore CMS e la frequenza di bunch crossing, all istante di un nuovo bunch crossing le particelle relative al bunch crossing precedente si staranno ancora propagando nel rivelatore e i relativi segnali saranno ancora in fase di formazione. Nella simulazione della risposta del rivelatore si tiene conto della corretta sincronizzazione temporale dei processi riprodotti, considerando il tempo di volo delle particelle, la risoluzione temporale degli apparati e i tempi di formazione del segnale che, a seconda del sottorivelatore, vanno da qualche decina di nanosecondi (RPC, ECAL, SST) a diverse centinaia di nanosecondi (DT). A questo livello della simulazione, all evento di segnale viene sovrapposto un numero definito di eventi di pile-up, dipendente dallo scenario di bassa o alta luminosità in cui lo studio è svolto. Per simulare correttamente i dati acquisiti dal rivelatore ed in particolare il numero di canali di lettura occupati, sono considerati tutti gli eventi di minimum bias prodotti nell intervallo di accettanza temporale degli apparati. Perciò all evento di segnale sono sovrapposti, con la corretta sincronizzazione temporale, gli eventi di minimum bias relativi ai cinque bunch crossing che precedono e ai tre che seguono l evento selezionato. Gli eventi di pile-up sono estratti a caso dal campione di 2 eventi di QCD: è così possibile riutilizzare gli stessi eventi più volte, con un risparmio di risorse di calcolo e di spazio disco. Questa procedura è giustificata dal fatto che il campione utilizzato contiene un numero elevato di eventi e pertanto l assegnazione casuale non introduce effetti sistematici negli eventi studiati. Infine per gli eventi che superano la selezione del Livello- di trigger viene riprodotta la fase di acquisizione dei dati, convertiti in formato digitale e zero soppressi 2 (digitizzazione). 2 La soppressione degli zeri (o zero-suppression) consente di ridurre il volume di dati acquisiti in un evento, rigettando i segnali che sono sotto una predefinita soglia.

143 5.2 Ricostruzione dell evento Ricostruzione dell evento Dal punto di vista algoritmico, la ricostruzione è un processo di riduzione dei dati che ha come principale obiettivo l individuazione di un fenomeno fisico. In questo processo rientra anche la fase di selezione di trigger, necessaria per ridurre la mole di dati prodotta al LHC (O 9 eventi/s), sino ad una quantità che possa essere scritta su disco (O eventi/s), per poi essere ricostruita integralmente nella fase off-line. Perché la procedura di trigger sia efficiente l HLT impiega un codice di ricostruzione quanto più possibile vicino al codice standard della ricostruzione offline. La velocità della selezione di trigger è garantita dalla ricostruzione parziale dell evento, nelle sole regioni di interesse indicate dal precedente livello di trigger ( 2.2.6). Allo stato attuale dello sviluppo del codice di ricostruzione, si utilizzano i medesimi algoritmi sia per la ricostruzione offline che per l HLT. Il processo di ricostruzione dell evento consiste di due fasi. Prima viene eseguita una ricostruzione locale, separatamente per ciascun sottorivelatore, utilizzando i risultati della fase di digitizzazione. In questo modo sono ricostruiti gli hit conseguenti al passaggio delle particelle nel rivelatore (RecHit). La seconda fase è la ricostruzione globale, che produce gli oggetti fisici utilizzabili per l analisi fisica dell evento. In questa fase l informazione dei vari sottorivelatori è usata in modo congiunto: ad esempio, la ricostruzione delle tracce dei muoni sfrutta le misure di posizione effettuate nel tracker e nel sistema di muoni, la ricostruzione degli elettroni utilizza sia l informazione calorimetrica che quella del tracker. Poiché la ricostruzione di elettroni e muoni riveste un ruolo fondamentale nello studio del canale di decadimento H ZZ e e µ µ, in quanto segue sono presentate le procedure adottate nell esperimento CMS per la loro ricostruzione e selezione. Una più dettagliata descrizione di questi algoritmi è presente nel DAQ-HLT TDR [57] di CMS Ricostruzione dei muoni La ricostruzione dei muoni per la selezione di HLT procede in due fasi, indicate convenzionalmente come Livello-2 e Livello-3 di trigger. Al livello-2 è utilizzata solo l informazione del sistema di muoni, a cui si aggiunge nel Livello-3 l informazione del sistema di tracciamento al silicio. Le tracce dei muoni sono ricostruite utilizzando la tecnica del Kalman filter (già descritta nel 3.7), che consiste nel propagare il vettore di stato della traccia attraverso i vari rivelatori di posizione e nell aggiornarlo, in corrispondenza di ogni rivelatore, con le misure di posizione ivi effettuate. Al Livello-2 la procedura utilizza i segmenti di traccia ricostruiti in ciascuna stazione del sistema di muoni, nella regione di interesse individuata dai candidati

144 38 Simulazione e ricostruzione degli eventi nel rivelatore CMS Figura 5.: Schema dell algoritmo di ricostruzione dei muoni a Livello-2 di trigger. Sono descritte le seguenti fasi: (i) propagazione del vettore di stato dalla prima stazione dei muoni verso l esterno; (ii) ad ogni stazione aggiornamento del vettore di stato con i segmenti di traccia ivi ricostruiti; (iii) fit all indietro della traccia, dall esterno verso l interno, con il vincolo che la traccia passi per la regione di interazione. del Livello- di trigger. La costruzione della traccia avviene propagando il vettore di stato dalle stazioni più interne verso l esterno (Fig. 5.). A questo punto viene eseguito un ulteriore fit dei parametri della traccia procedendo dall esterno verso l interno, con l ulteriore vincolo che il candidato muone sia stato prodotto nella regione di interazione dei fasci (di dimensioni σ xy 5µm e σ z 5 3 cm) La propagazione della traccia attraverso il giogo di ritorno del campo magnetico è gestita dal pacchetto GEANE [95] che tiene conto della perdita di energia nel materiale, dello scattering multiplo e dell effetto del campo magnetico non costante. In ogni fase della ricostruzione il χ 2 delle tracce accettate deve essere inferiore a 25. I vettori di stato misurati in corrispondenza della regione di interazione sono usati per la selezione dell evento prima dell ulteriore fase di ricostruzione del 2 Livello-3. La misura dell impulso trasverso dei muoni ha una risoluzione di % nella regione del barrel ( η 8), 6% nella regione degli end-cap ( η 2 ) e 5% nella regione di passaggio tra barrel ed end-cap. La risoluzione migliora di circa un ordine di grandezza quando si include l informazione del tracker, nella ricostruzione di Livello-3. La ricostruzione di Livello-3 è eseguita solo nella regione di interesse individuata dai candidati di Livello-2, secondo la procedura descritta nel 3.7. I segmenti di traccia (seed) da cui parte la ricostruzione sono definiti a partire dagli hit individuati nei rivelatori a pixel e nei rivelatori a doppia faccia del tracker.

145 5.2 Ricostruzione dell evento 39 (a) 4 35 (b) 8 7 (c) Figura 5.2: Distribuzione di p rec T 8 p gen T p gen T 2 in tre intervalli di pseudorapidità: η 8 (a), η 2 (b), η 2 (c). p gen T e p rec T sono rispettivamente l impulso trasverso del muone generato e ricostruito a Livello-3, nello scenario di alta luminosità [57]. Infine viene eseguito un ultimo fit dei parametri della traccia includendo anche l informazione del sistema di muoni. L intera procedura garantisce un efficienza algoritmica di circa 99% su tutto l intervallo di pseudorapidità η 2 4, eccetto che nella regione di passaggio tra barrel ed end-cap, dove l efficienza è 97%. In Fig. 5.2 è mostrata la risoluzione nella misura dell impulso trasverso dei muoni espressa in termini della quantità p rec T p gen T p gen T, dove p gen T e p rec T sono rispettivamente l impulso trasverso generato e ricostruito. Si osserva che la risoluzione della misura d impulso è % nella regione del barrel,.4% nella regione degli end-cap e.7% nella regione di passaggio tra barrel ed end-cap [57]. Nella fase di selezione, sia di Livello-2 che di Livello-3, è applicato un criterio di isolamento sui candidati ricostruiti, in modo da rigettare i muoni prodotti all interno dei jet o provenienti dal decadimento di K e π. Al Livello-2 è adottata la tecnica di isolamento calorimetrico, mentre l isolamento con il tracker è applicato a Livello-3. Ciascuno dei due metodi utilizza una variabile di isolamento, il cui valore è calcolato in un cono definito intorno alla direzione del muone (nel piano η φ). Nel caso dell isolamento calorimetrico questa variabile è il deposito di energia all interno del cono, nell altro caso è la somma dell impulso trasverso delle tracce interne al cono. La ricostruzione offline 3 dei muoni utilizza gli stessi algoritmi adottati a Livello-2 e Livello-3, ma per poter ricostruire tutti i possibili muoni presenti 3 La ricostruzione offline dei muoni è implementata in ORCA nel pacchetto GlobalMuonReconstructor.

146 4 Simulazione e ricostruzione degli eventi nel rivelatore CMS nell evento non viene eseguita la ricostruzione regionale a partire dal Livello-, bensì è utilizzata tutta l informazione acquisita dal sistema di muoni, su tutta la sua accettanza geometrica ( η 2 4) Ricostruzione degli elettroni La ricostruzione degli elettroni 4 nello stadio di HLT procede in tre fasi. La prima fase, Livello-2, accede solo all informazione del calorimetro elettromagnetico. La fase successiva, Livello-2.5, ricerca nei rivelatori a pixel eventuali hit compatibili con il candidato elettrone. L accoppiamento tra informazione calorimetrica e pixel permette di distinguere il segnale degli elettroni da quella dei fotoni, e di procedere con due distinte ricostruzioni. Nella fase finale, Livello-3, viene inclusa l informazione di tutto il tracker per ricostruire la traccia del candidato elettrone a partire dagli hit individuati nei pixel 5. Il primo stadio della ricostruzione di un elettrone nell HLT è l individuazione dei cristalli in cui è avvenuto il deposito di energia e il loro raggruppamento in cluster. La ricerca parte dai cristalli in cui è avvenuto il maggiore deposito di energia (seed), e procede includendo nel cluster i cristalli adiacenti in cui l energia misurata è al di sopra di una data soglia [96]. Un aspetto chiave della ricostruzione a livello calorimetrico è il recupero dell energia di bremsstrahlung irradiata dagli elettroni nell attraversamento del sistema di tracciamento. La cinematica del processo è tale che i fotoni di bremsstrahlung sono irradiati lungo la tangente alla traiettoria dell elettrone, e si propagano in linea retta. L elettrone invece curva nel campo magnetico di 4 T, per cui il punto di impatto del fotone nel calorimetro è tanto più distante dal punto di impatto dell elettrone quanto più precoce è stata l emissione del fotone (cioè all inizio della traiettoria), con conseguente perdita dell informazione dell energia irradiata. Nel caso invece di emissione in corrispondenza della parte finale della traiettoria, il cluster del fotone è almeno parzialmente sovrapposto a quello dell elettrone, per cui l energia ricostruita fornisce una migliore stima dell energia iniziale dell elettrone. Il campo magnetico ha dunque l effetto di disperdere l energia che raggiunge l ECAL. Lo stesso effetto si ha nel caso di conversione dei fotoni in coppie e e. Dato che la dispersione è con buona approssimazione solo nella direzione φ, l energia iniziale dell elettrone (o del fotone) può essere recuperata raggruppando i cluster calorimetrici ricostruiti lungo φ in una regione di φ 75 a fissato η. Tale insieme di cluster è chiamato supercluster. L energia raccolta nel supercluster, opportunamente calibrata e corretta, fornisce 4 In questo contesto con il termine elettrone si fa riferimento sia a e che a e. 5 Gli algoritmi di ricostruzione degli elettroni sono implementati nel pacchetto ElectronPhoton di ORCA

147 5.3 Miglioramento della ricostruzione dell elettrone 4 la migliore misura calorimetrica dell energia iniziale dell elettrone. La posizione del supercluster è ottenuta come media pesata delle posizioni dei cluster che lo compongono, dove i pesi coincidono con l energia misurata da ciascun cluster. A Livello-2.5, partendo dalla misura d energia e posizione del supercluster viene stimata la direzione originale dell elettrone nel vertice, propagando l informazione all indietro attraverso il campo magnetico e il sistema di tracciamento. La propagazione all indietro è effettuata due volte, considerando le due possibili curvature della traccia, nell ipotesi che la particella sia un elettrone o un positrone. Intorno a questa direzione è poi definita una regione d interesse, al cui interno sono cercati eventuali hit prodotti dall elettrone nei rivelatori a pixel. La presenza di hit compatibili con il supercluster, su almeno due distinte superfici del rivelatore a pixel, indica che il candidato ricostruito è un elettrone piuttosto che un fotone. Questo metodo di discriminazione è efficiente poiché gran parte del materiale del tracker si trova all esterno della regione dei pixel e, quindi, è poco probabile che un fotone converta prima con conseguente produzione di hit nei rivelatori a pixel. Da questo punto in poi la ricostruzione di elettroni e fotoni segue due differenti percorsi. Ai fotoni è applicato il taglio d energia per la selezione di HLT. Per gli elettroni, dopo aver individuato nel rivelatore a pixel gli hit con cui definire un segmento di traccia (seed), la ricostruzione passa al Livello-3 ed impiega l informazione di tutto il sistema di tracciamento. La ricostruzione utilizza la tecnica del Kalman filter e gli algoritmi descritti nel 3.7, eseguiti a partire dai seed individuati al Livello-2.5. L emissione di bremsstrahlung influenza anche la ricostruzione di traccia, causando la sottostima dell impulso originale dell elettrone e, nei casi peggiori, la mancata ricostruzione della traccia stessa. Per ottenere un alta efficienza di ricostruzione ed un accurata misura dell impulso gli algoritmi di tracciamento sono eseguiti con dei valori di taglio diversi rispetto a quelli adottati per la ricostruzione delle altre particelle. Il numero minimo di punti di misura necessari per ricostruire la traccia è ridotto da otto a tre, e il taglio sul χ 2 del fit è abbassato a 5, in modo da interrompere la ricostruzione di traccia prima che sia avvenuta una significativa perdita di energia per bremsstrahlung. 5.3 Miglioramento della ricostruzione dell elettrone Quanto discusso nei precedenti paragrafi mostra il livello di accuratezza raggiunto nello sviluppo degli strumenti di ricostruzione e di analisi per l esperimento CMS. Lo sviluppo procede ancora e, dopo una prima fase in cui ha avuto priorità la definizione e l implementazione degli algoritmi di selezione dell HLT, adesso

148 42 Simulazione e ricostruzione degli eventi nel rivelatore CMS assume maggiore importanza la ricostruzione offline degli eventi, al fine di ottenere una misura accurata delle grandezze fisiche necessarie all analisi. In quest ambito si inserisce il lavoro descritto in quest ultima parte del capitolo, in cui presento il mio contributo agli algoritmi di ricostruzione dell elettrone, attraverso l indagine di due aspetti cruciali nell analisi del canale H ZZ e e µ µ : il miglioramento della risoluzione con cui viene misurata l energia dell elettrone e la definizione di un metodo di identificazione degli elettroni L estimatore combinato dell energia dell elettrone La qualità della ricostruzione degli elettroni nell esperimento CMS è legata alle prestazioni sia del calorimetro elettromagnetico che del sistema di tracciamento; prestazioni che sono influenzate dalla non trascurabile emissione di radiazione di bremsstrahlung nell attraversamento del sistema di tracciamento stesso. In questa sezione è presentato lo studio condotto per migliorare la misura dell energia dell elettrone, utilizzando l informazione congiunta del calorimetro elettromagnetico e del sistema di tracciamento 6. Nello studio sono stati utilizzati due campioni di eventi Monte Carlo, ciascuno contenente k eventi e e generati con direzione d impulso opposta (backto-back). Il primo campione ha impulso distribuito uniformemente in modulo, nell intervallo [5, ] GeV c, e in direzione, nell intervallo di pseudorapidità η 2 6 corrispondente all intera regione di accettanza geometrica dell ECAL. Il secondo campione ha distribuzione d impulso uniforme nell intervallo [, 5] GeV c e η 479, che coincide con la regione del barrel dell ECAL. I campioni sono stati simulati con OSCAR e digitizzati con ORCA 7.6., senza l aggiunta del pile-up. L effetto del materiale presente nella regione del tracker è evidente se si considera il numero medio di fotoni di bremsstrahlung emessi in questa regione in funzione della pseudorapidità (Fig. 5.3 a). Questo valore varia da 4 a 2 fotoni a seconda della direzione in η e riproduce l andamento del material budget al variare di η (Fig. 5.3 b). Il contributo maggiore al material budget è dato dai sistemi di servizio (cavi, raffreddamento, supporto) necessari al funzionamento del tracker, che si addensano nella regione di passaggio tra barrel ed end-cap, dove la quantità di materiale attraversato raggiunge il valore di.4 lunghezze di radiazione. In Fig. 5.4 a) è mostrata la frazione totale d energia di bremsstrahlung emessa dagli elettroni generati nella regione del barrel con impulso trasverso compreso tra 6 Nell ambito della collaborazione CMS sono in corso altri studi per migliorare la ricostruzione dell elettrone. In particolare uno studio propone un metodo di ricostruzione di traccia alternativo al Kalman Filter, in grado di fornire una più dettagliata descrizione statistica del meccanismo di perdita di energia dell elettrone (Gaussian Sum Filter [98]).

149 5GeVc 5.3 Miglioramento della ricostruzione dell elettrone 43 > MeV) <N brem > (E γ a) b) η Figura 5.3: Numero medio di fotoni di bremsstrahlung (E γ MeV) emessi da un elettrone avente pseudorapidità η (a). Quantità di materiale presente nella regione del tracker al variare di η, espresso in termini di lunghezze di radiazione. 7 P E brem E true 9% P E brem E true P E brem E true 5 6% 9 2% E.2 E Brem true a).2 b) E E Brem true Figura 5.4: Frazione di energia di bremsstrahlung emessa da elettroni di p T (a) e sua distribuzione cumulativa (b). E γ MeV. e 5 GeV c. La distribuzione è ottenuta sommando il contributo di tutti i fotoni di bremsstrahlung d energia maggiore di MeV. Dalla distribuzione integrale (Fig. 5.4 b) è evidente che 6% ( 2%) degli elettroni perde piu del 5%(9%)

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