SISMICITÀ MINORE RECENTE: DEFINIZIONE DEI PARAMETRI E CONSIDERAZIONI RETROSPETTIVE

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1 E. Ercolani, F. Bernardini e R. Camassi Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, sezione di Milano SISMICITÀ MINORE RECENTE: DEFINIZIONE DEI PARAMETRI E CONSIDERAZIONI RETROSPETTIVE Riassunto. Sono qui prese in esame due sequenze sismiche che nel 2003 hanno colpito l Appennino settentrionale, causando danni rilevanti in due distinte aree al confine tra Emilia Romagna e Toscana. In entrambe le occasioni è stata condotta un indagine macrosismica per accertare gli effetti causati dai terremoti. Pur trattandosi di eventi minori, non fortemente distruttivi (Imax VII grado MCS), il quadro degli effetti che ne è risultato in entrambi i casi si è rivelato estremamente significativo, con alcune caratteristiche simili. Le situazioni di danneggiamento più grave sono state riscontrate per lo più in piccolissimi insediamenti o addirittura in singoli edifici, situazione questa che ha richiesto particolari attenzioni e cautele nella valutazione delle intensità macrosismiche. A questo si sono aggiunte difficoltà legate alla diffusa presenza di condizioni di degrado preesistente e di situazioni di elevata vulnerabilità sismica, nonché alla sporadicità del danneggiamento. Situazioni di questo tipo non solo richiedono cautele e indagini approfondite, ma offrono anche sicuri spunti di riflessione e discussione in relazione allo studio della sismicità storica e all'utilizzo che viene fatto delle scale macrosismiche per concretizzare in un dato quantitativo (il grado di intensità) le informazioni descrittive contenute nelle fonti storiche. Le cautele adottate per la stima delle intensità in presenza di casi particolari non solo sono legittime, ma sembrano portare anche a risultati comunque incoraggianti e validi. Nel caso del terremoto del 14 settembre nell'appennino bolognese, infatti, la stima dei parametri (epicentro e magnitudo) ottenuta dai dati macrosismici ricavati dal rilievo ha fornito valori assolutamente confrontabili con quelli dei parametri strumentali dell'evento (Me = ), mentre nel caso dei terremoti di gennaio nel Forlivese, la chiara presenza di effetti cumulativi non ha consentito di effettuare una tale stima dei parametri su base macrosismica. RECENT MINOR SEISMICITY: DEFINITION OF PARAMETERS AND RECTROSPECTIVE CONSIDERATIONS Abstract. After two light to moderate earthquake sequences which struck the mountainous area of the northern Apennines (Italy), causing significant damage in two distinct small zones of the Emilia Romagna-Tuscany border area, a macroseismic survey was soon carried out. In both cases, a few problems were encountered due to the particular damage distribution patterns. Indeed, both the events caused the worst damage effects onto very small settlements, in several cases made up even by one or two remoted buildings only. Such situation, along with the diffuse presence of both preexisting decay and high seismic vulnerability conditions, as well as the sporadic and irregular damage distribution, required special care in assessing the intensities observed. However, such a cautious approach has led to results that seem to be valid and encouraging as well. As for the earthquake occurred on 14 th September between Bologna and Florence, the estimates of the main shock parameters obtained by the macroseismic felt report data are consistent with the instrumental parameters (M = ), allowing a number of considerations and hypotheses. INTRODUZIONE La sismicità recente del versante emiliano e romagnolo dell Appennino settentrionale si è mantenuta su livelli abbastanza modesti. Negli ultimi anni le principali sequenze sismiche si sono verificate nell area reggiano-parmense (1987, 1996 e 2000) e nel faentino (2000). La concentrazione dei terremoti nella bassa Reggiana nel corso degli anni 80 e 90 ha anche creato qualche problema e malumore fra le amministrazioni locali, poiché negli anni successivi all entrata in vigore della classificazione sismica del 1984 la Romagna zona classificata come

2 tra le più pericolose dell Appennino settentrionale paradossalmente presentava una sismicità decisamente minore di quella dell Emilia, zona non classificata. A partire dal 2000, però, l area romagnola ha visto un incremento dell attività sismica, prima con gli eventi della primavera-estate del 2000 tra Faenza e Forlì, e successivamente con il terremoto del gennaio 2003 nell alto Appennino forlivese. Nel frattempo, come è noto, è cambiata la classificazione e si è verificato il terremoto del 14 settembre 2003 nell Appennino bolognese, ancora ai margini della vecchia classificazione. A seguito dei due eventi del 2003, alcuni ricercatori del gruppo di lavoro QUEST (QUick Earthquake Survey Team) hanno condotto un indagine macrosismica al fine di accertarne gli effetti e verificare l entità del danneggiamento (Camassi e Ercolani, 2003; Camassi et al., 2003). In entrambe le occasioni il rilievo ha presentato alcuni aspetti problematici, che tuttavia hanno fornito lo spunto per fare alcune considerazioni e riflessioni sull utilizzo delle scale macrosismiche oggi maggiormente diffuse in Italia (MCS e EMS98), anche in relazione alla sismicità storica. In questo lavoro, accanto ai risultati dei due rilievi macrosismici e ai problemi incontrati, vengono esposte tali considerazioni. IL MONITORAGGIO DEGLI EFFETTI: PROBLEMI DI METODO Nel caso di terremoti relativamente piccoli (M 5.0), come i due eventi qui trattati, la valutazione del danneggiamento (spesso eseguita in modo necessariamente speditivo, a causa dei tempi ristretti e del numero comunque consistente di località da raggiungere e vedere) presenta alcuni classici aspetti problematici che possono essere raggruppati in due categorie principali: problemi legati alla distribuzione dei livelli di danneggiamento e problemi legati alle dimensioni e alla tipologia degli insediamenti colpiti. Nel primo gruppo rientrano le difficoltà dovute a tutta una serie di fattori che possono essere così riassunti: 1) presenza di livelli di danneggiamento generalmente modesto, che per quanto possa essere diffuso non sempre risulta facilmente visibile, e per questo richiederebbe lunghe indagini accurate (metodicamente eseguite anche negli interni degli edifici); 2) sporadicità della comparsa del danneggiamento, molto spesso distribuito in modo irregolare e a macchia di leopardo, e perciò ancora più difficilmente individuabile; 3) presenza di condizioni di degrado preesistente e di situazioni di elevata vulnerabilità sismica, particolarmente frequenti in area appenninica, dove insistono situazioni geo-morfologiche spesso critiche (frane, instabilità dei versanti, dissesto idrogeologico, ecc.). Al secondo gruppo appartengono invece le difficoltà legate alla tipologia e alle dimensioni estremamente modeste di molti insediamenti, in particolar modo nelle aree rurali dell Italia centro-settentrionale, dove, oltre alle piccole frazioni, sono diffusissimi gli agglomerati isolati composti da soli 3 o 4 edifici, o addirittura gli edifici singoli sparsi. Un discorso a parte meritano invece le condizioni, spesso disastrose e di estrema vulnerabilità, in cui versa gran parte dell edilizia monumentale, a cominciare dalle chiese, come vedremo più avanti. L insieme di tutte queste situazioni richiede particolari attenzioni e cautele nella valutazione delle intensità macrosismiche. La classificazione degli effetti secondo una scala macrosismica, sia che si tratti della classica MCS sia della più recente

3 EMS98, presume infatti una valutazione complessiva dell'impatto del terremoto su un insieme di edifici sufficientemente consistente e rappresentativo (almeno unità, ma la valutazione è lasciata al buon senso degli operatori), in modo che gli effetti non siano eccessivamente influenzati da situazioni anomale in termini di condizioni di sito (morfologia, instabilità o altro) o di vulnerabilità sismica. La risposta sismica di un singolo edificio, infatti, può essere influenzata in modo decisivo da singole condizioni particolari, che riguardano quello specifico edificio e non altri (è il caso, come già accennato, degli effetti sull'edilizia monumentale e in particolare sulle chiese, edifici che in Italia spesso presentano un'alta vulnerabilità sismica). I due terremoti in oggetto, entrambi di entità medio-bassa, presentano un quadro complessivo che raggruppa numerose situazioni di questo tipo. LE DUE SEQUENZE DEL 2003: VALUTAZIONE DEGLI EFFETTI A partire dalla serata del 26 gennaio 2003 l alto Appennino forlivese è stato interessato da una sequenza sismica che è iniziata con due eventi di Ml = 4.3 e ha avuto il suo massimo risentimento nell area compresa fra i comuni di Santa Sofia e Bagno di Romagna. Gli effetti più gravi si sono avuti nel territorio di Santa Sofia (FC): il danno più vistoso si è manifestato nella frazione Spinello e in alcuni piccoli insediamenti nei dintorni, ma danni leggeri e diffusi sono stati riscontrati anche nella stessa Santa Sofia; danni più lievi e sporadici hanno interessato una vasta area, estesa da Civitella di Romagna a Verghereto (Fig. 1). Fig. 1 - Terremoto del , Ml 4.3; numerosi piccoli insediamenti fra Santa Sofia e Bagno di Romagna presentano danni. Spinello è un piccolo nucleo storico, costituito da edifici, ove si sono presentati danni abbastanza importanti, sia su edifici in muratura che molto più leggeri su edifici recenti in cemento armato. L abitato storico sorge su una paleofrana, elemento che potrebbe essere all'origine di effetti di amplificazione locale. Questo potrebbe spiegare i ripetuti e documentati danneggiamenti sismici che

4 hanno interessato questa località nel corso dei secoli e che l'hanno portata ad avere, nonostante le sue modeste dimensioni, un rilievo particolare nella storia sismica dell'area forlivese. Le maggiori difficoltà del rilievo macrosismico del terremoto di gennaio si sono incontrate nella classificazione del danno per una serie di piccoli insediamenti sparsi distribuiti fra Santa Sofia e Bagno di Romagna, costituiti da 2-3 fino a 7-8 edifici. In tutti questi siti sono stati rilevati danni, in qualche caso anche vistosi (è il caso di Citerno, piccolissimo insediamento nei pressi di Spinello). La scala EMS98 esclude che si possano assegnare intensità per edifici singoli o per "small seattlements", mentre la scala MCS non dice nulla di esplicito; tuttavia, per quanto detto nel precedente paragrafo, abbiamo ritenuto opportuno non assegnare a queste località un valore di intensità macrosismica. Una situazione analoga, ma con qualche particolarità, si è presentata anche con il terremoto che nella tarda serata del 14 settembre ha colpito un'area comprendente l'appennino Bolognese e parte dell'alto Mugello. L'evento principale (ore 21:43 GMT del con Ml = 5.0 e Mw = 5.3; dati MEDNET) è stato localizzato ad una trentina di Km a sud di Bologna ed è stato avvertito in una vastissima area dell'italia centro-settentrionale, dalla Toscana alla Lombardia, dalle Marche al Veneto, fino al Friuli-Venezia Giulia. In questo caso l indagine macrosismica è stata eseguita in due tempi. Un primo rilievo, condotto in modo molto speditivo il 15 settembre, ha permesso di individuare un picco di danneggiamento a Zaccarlina e a Sant Andrea Val Savena, due piccole frazioni di Monghidoro (BO), e qualche lievissimo danno a Monzuno, Loiano e Monghidoro. Nel caso di Zaccarlina, un piccolo nucleo di edifici, i danni causati dal terremoto sono stati in alcuni casi anche seri (2-3 edifici sono risultati inagibili), sebbene strettamente riconducibili a condizioni di degrado preesistente elevato, in buona parte dovuto a condizioni di sito del tutto particolari (instabilità e terreno franoso). Più leggeri i danni a Sant Andrea Val Savena, dove l edificio maggiormente danneggiato è risultata la Chiesa, anche in questo caso con forti problemi di instabilità preesistente. Un secondo rilevo a distanza di alcune settimane dal primo ha permesso di approfondire il quadro degli effetti, facendo emergere altri danni, distribuiti a spot in un'area molto più vasta di quanto era sembrato all indomani del terremoto. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, i danni sono risultati molto leggeri e difficilmente rilevabili dall esterno. Una particolarità del quadro di danneggiamento (osservata anche nelle ore immediatamente successive all evento) è che sono mancati del tutto alcuni effetti indicati dalle scale macrosismiche come tipici markers del basso livello di danneggiamento: caduta di comignoli, di tegole, crolli di parti di cornicione, ecc. Ciò è in parte spiegabile con il fatto che, rispetto ai tempi in cui le scale soprattutto la MCS furono compilate dai loro ideatori, il modo di costruire e stabilizzare certi elementi architettonici, come appunto camini e coperture in tegole, è molto cambiato, ma ciò non toglie che in questo modo l utilizzo delle scale stesse in caso di danneggiamento modesto sia divenuto più complesso. Un capitolo a parte merita l edilizia monumentale, in particolar modo quella religiosa: moltissime le chiese che sono state danneggiate dal terremoto del bolognese, in qualche caso in modo anche molto serio. I danni più significativi sono consistiti in lesioni anche gravi alle volte (che sulla stampa locale sono diventate crolli, Fig. 2) e in problemi alle facciate, come lesioni diffuse e sintomi di distacco.

5 Fig. 2 - Prime pagine e articoli di alcuni giornali in edicola il 15 e il 16 settembre Fig. 3 - Distribuzione sul territorio delle chiese danneggiate. Tuttavia, non si può non tener conto che, nel caso specifico, si tratta di edifici generalmente con problemi preesistenti, stante anche il cattivo stato di manutenzione per condizioni di parziale abbandono; in diversi casi, infatti, le lesioni alle facciate presentavano sintomi di cedimenti preesistenti. Nel complesso, un ottantina di chiese hanno riportato danni a seguito del terremoto di settembre, e di queste 4 sono risultate inagibili e 10 parzialmente inagibili (Fig. 3). Nella maggior parte dei casi, però, quello alla chiesa è risultato l'unico danno accertato in una data località. Anche in questo caso sono sorti problemi nella valutazione dell intensità macrosismica: la scala EMS98, infatti, esclude questo tipo

6 di effetti dalla stima del grado di intensità, mentre se si usa la scala MCS in modo letterale si rischia di amplificare radicalmente l'immagine del terremoto, e dunque di sovrastimarne la portata. Dopo l approfondimento del rilievo eseguito ai primi di novembre, lo scenario degli effetti espressi in gradi MCS è risultato quello riportato in Fig. 4a danni (in molti casi leggerissimi) alle chiese hanno influito sulla valutazione di intensità per una data località solo quando erano presenti anche lesioni ad edifici ordinari. Fig. 4a - Il terremoto del , rilievo aggiornato al 7 novembre Ad esempio, a Bologna sono state segnalate lesioni (in un caso certamente imputabili a questo evento) in almeno 3 chiese, ma abbiamo ugualmente classificato gli effetti con il grado V della scala MCS, dato che sull edilizia ordinaria la scossa ha avuto effetti pressoché trascurabili. Sulla base della distribuzione di intensità, utilizzando il programma Boxer proposto da Gasperini et al. (1999), è stato fatta una stima macrosismica della localizzazione epicentrale (Fig. 4b). L epicentro ricade nel punto di coordinate N e E, circa 6 km a W- NW dell epicentro strumentale (44.22 N E, dati da Sala Sismica INGV). Anche la stima di magnitudo macrosismica (la cosiddetta magnitudo equivalente Me), ottenuta mediante il medesimo algoritmo, risulta prossima alla magnitudo strumentale (Me = 4.8). Utilizzando invece le stime di intensità espresse in gradi della scala EMS98, il quadro complessivo sostanzialmente non varia, mentre l epicentro macrosismico si sposta leggermente verso NE (44.25 N E).

7 Fig. 4b - Il terremoto del , zoom sull area epicentrale. Fig. 5 - I terremoti storici (CPTI, 1999) che interessano l area epicentrale. IL TERREMOTO DEL CONFRONTATO CON LA SISMICITÀ STORICA DELL APPENNINO BOLOGNESE: CONSIDERAZIONI E ESPERIMENTI L area appenninica maggiormente interessata dall evento del 14 settembre, quella compresa tra i 3 comuni di Loiano, Monzuno e Monghidoro, risulta una delle

8 zone dell Appennino settentrionale per le quali abbiamo conoscenze sismologiche storiche tra le più scarse: se mettiamo su carta gli epicentri estratti dal più recente ed aggiornato catalogo sismico italiano (Gruppo di Lavoro CPTI, 1999) si può facilmente notare che nessun evento in catalogo ricade in prossimità dell epicentro del terremoto recente (Fig. 5). A parte un paio di casi ottocenteschi (una piccola replica della sequenza del 1878 e il terremoto del gennaio 1881), che hanno interessato con effetti modesti l area di Loiano (Boschi e Guidoboni, 2003), questa zona risulta praticamente risparmiata da danni sismici fino all evento del Dopo il lungo e difficoltoso lavoro di rilievo degli effetti, ci siamo chiesti cosa avremmo saputo di questo terremoto se, per esempio, esso fosse accaduto a metà Settecento. Per questa sorta di esperimento, abbiamo quindi provato a simulare uno scenario il più possibile realistico, "spegnendo" nella carta delle intensità quelle osservazioni che probabilmente avremmo perso, sia per la marginalità economicoculturale di quegli insediamenti sia per l'essere ignorate abitualmente dai canali di informazione (ad es. le gazzette settecentesche). In un ottica molto ottimistica (terremoti così piccoli in realtà si perdono facilmente nell informazione storica), si può allora immaginare che le località lungo la via Emilia, importante via di comunicazione, e quindi compresa nella rete di scambio di lettere e gazzette, avrebbero fatto pervenire informazioni sul risentimento della scossa. Allo stesso modo, con tutta probabilità non avremmo perso le informazioni provenienti da centri culturalmente e politicamente rilevanti, come Ravenna e Firenze. Tutta l area appenninica, invece, profondamente marginale, economicamente e culturalmente depressa (con l eccezione, forse, di qualche isolata località come Porretta Terme) e tendenzialmente esclusa dalla rete di circolazione delle notizie, sarebbe stata verosimilmente silente, con la conseguenza che avremmo perso le informazioni sugli effetti più significativi. È inoltre ragionevole ipotizzare che le fonti coeve locali avrebbero probabilmente teso ad enfatizzare gli effetti riscontrati a Bologna e in alcune località della pianura, soprattutto per quel che concerne i danni sull edilizia monumentale: a Bologna, per esempio, come abbiamo visto il terremoto ha causato danni leggeri in qualche chiesa e, in modo molto sporadico e lieve, in alcuni edifici civili. Un enfatizzazione di questi effetti da parte dei testimoni dell epoca potrebbe spingere nella direzione di una leggera sovrastima delle intensità, arrivando ad assegnare un grado di intensità fino al VI della scala MCS. Ne risulterebbe allora uno scenario macrosismico molto diverso da quello odierno, e l'epicentro calcolato con l algoritmo Boxer si sposterebbe in direzione del versante imolese (44.25 N E), ai margini dell area nella quale abbiamo notizie di terremoti storici (Fig. 6). Se tuttavia proviamo a fare una stima della magnitudo macrosismica sulla base di questo scenario settecentesco, si ottiene un risultato che paradossalmente non cambia in modo sostanziale: si ottiene infatti una magnitudo Me = 5.0, valore del tutto identico a quello ottenuto strumentalmente per la Magnitudo Locale Ml, e prossimo a quello macrosismico ricavato sulla base dei dati di intensità reali e completi (Me = 4.8). Possiamo quindi ragionevolmente ipotizzare che, se non fosse stato profondo come invece è risultato essere (15-20 km di profondità, un evento settecentesco di questo genere sarebbe andato senz'altro perso, perché i suoi effetti maggiormente significativi sarebbero rimasti confinati alla sola area appenninica; con queste caratteristiche, invece, lo avremmo probabilmente trovato fra i terremoti del pedeappennino imolese o faentino, e tuttavia la stima della sua magnitudo su base macrosismica sarebbe stata molto vicina alle dimensioni reali del main shock.

9 Fig. 6 - Ipotesi della rappresentazione che si avrebbe per un terremoto settecentesco. CONCLUSIONI Il rilievo degli effetti di due eventi di energia moderata nell'appennino Settentrionale ha rappresentato l'occasione per approfondire alcuni problemi di metodo nell'applicazione rigorosa delle scale macrosismiche di uso corrente (MCS e EMS) e insieme di ipotizzare un analogo scenario proiettato in un diverso contesto storico. L'evento forlivese del 26 gennaio 2003 ha interessato una zona classificata sismica, ha visto una concentrazione del danneggiamento nell'abitato di Spinello (la cui vulnerabilità sismica è chiaramente influenzata dalla presenza di una paleofrana), ha prodotto effetti di danneggiamento nell'abitato di Santa Sofia (ove è presente una percentuale significativa di edifici costruiti secondo la normativa sismica) e ha manifestato alcuni effetti in una serie di piccoli e piccolissimi insediamenti compresi fra Santa Sofia e Bagno di Romagna. Questi piccoli centri fra Settecento e Ottocento avevano tutt'altra rilevanza e per questa ragione compaiono negli scenari di danneggiamento di alcuni forti terremoti del passato (es e 1918). Oggi, tuttavia, la loro consistenza è talmente modesta da non consentire una stima di intensità vera e propria, perlomeno secondo la scala EMS. Nel caso del terremoto bolognese del 14 settembre 2003 l'aspetto più significativo è rappresentato dalla assoluta sporadicità e irregolarità della distribuzione del danneggiamento, contrapposto alla rilevanza attribuita inevitabilmente dagli organi di informazione e dai meccanismi amministrativi al danneggiamento subito da edifici monumentali. Sul piano dell'uso corretto delle scale macrosismiche in questa situazione, l'elemento che si è rivelato più critico è stata la capacità di discriminare il danneggiamento preesistente (ampia presenza di seconde case, di edifici in disuso o privi di manutenzione regolare), insieme all'assenza di

10 danno concentrato su località di dimensioni significative. La estrema prudenza utilizzata nella valutazione dei dati raccolti non ci pare rappresenti una discontinuità con le modalità di valutazione degli effetti di terremoti storici attraverso l'interpretazione della documentazione disponibile. Nel caso che un terremoto di queste 'dimensioni' si fosse verificato uno o due secoli fa, probabilmente la documentazione residua (memorialistica, materiali giornalistici e documentazione amministrativa) avrebbe enfatizzato alcuni effetti ad esempio alcuni casi isolati di danneggiamento strutturalmente significativo a edifici monumentali ma avrebbe verosimilmente del tutto ignorato una serie di effetti minori e sporadici (il lesionamento leggero di edifici rurali sparsi in area appenninica), 'bilanciando' in questo modo l'immagine dell'impatto del terremoto. Questo significa che un uso rigoroso e più attento delle scale macrosimiche è doveroso, in presenza di una sovrabbondanza di informazioni che tendono a deformare il quadro degli effetti, e costituisce un elemento essenziale specularmente corrispondente all'atteggiamento rigidamente critico che uno storico deve avere nei confronti delle fonti. Del resto, se ci si fosse trovati nella condizione di doversi fare un'idea delle caratteristiche di questo evento attraverso le sole corrispondenze giornalistiche, senza verifiche su documentazione amministrativa né riscontri diretti, sarebbe stato pressoché inevitabile concludere che si trattava di un terremoto distruttivo (VIII grado della scala Mercalli, Fig. 2). Simulando la potenziale conoscenza che avremmo avuto di questo terremoto attraverso canali giornalistici duecento anni fa, e tenendo conto quindi delle particolari caratteristiche del territorio, delle vie di comunicazione e della rilevanza culturale di alcuni centri interessati, ne risulta che con tutta probabilità l'evento sarebbe stato localizzato leggermente più a est, verso l'appennino faentino, un'area che attualmente ha in catalogo una storia sismica nettamente più ricca di quella in cui oggi abbiamo localizzato questo evento. BIBLIOGRAFIA Boschi E. e Guidoboni E.; 2003: I terremoti a Bologna e nel suo territorio. ING, SGA, Bologna, 600 pp. Camassi R., Bernardini F. e Ercolani E. (a cura di); 2003: Rilievo macrosismico degli effetti prodotti dalla sequenza sismica iniziata il 14 settembre 2003 (Appennino Bolognese). Camassi R. e Ercolani E. (a cura di); 2003: Rilievo macrosismico del terremoto del 26 gennaio 2003 (ore 20:15 GMT). Gasperini, P., Bernardini F., Valensise G., and Boschi E.; 1999: Defining seismogenic sources from historical earthquake felt reports. Bull. Seismol. Soc. Am., 89(1), Gruppo di Lavoro CPTI; 1999: Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani, ING, GNDT, SGA, SSN, Bologna, 92 pp.

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